seconda parte

Americs

America centrale e Messico

Ovunque, come il caso del Messico, “le violenze fisiche e sessuali in famiglia e al di fuori di essa costituiscono un problema serio.” In Costa Rica le punizioni corporali “fanno parte della cultura” e sono “un metodo disciplinare del tutto normale.” In Honduras, e probabilmente anche negli altri Stati, il problema è talmente serio che la violenza in famiglia è considerata una delle cause che “costringe molti bambini a vivere e/o a lavorare in strada.” Ovunque inoltre “permane l’idea che i bambini non sono individui autonomi, ma proprietà della famiglia.”


L’Honduras, il Messico e il Nicaragua hanno preso delle misure per tentare di limitare le punizioni corporali. Altri Paesi invece, come Panama, insistono sul dovere del bambino di rispettare e obbedire ai genitori, dimenticando completamente il dovere dei genitori di rispettare i figli. In Belize, durante una consultazione sulla Convenzione, molti genitori hanno espresso il timore di vedersi limitare i diritti genitoriali, in particolare per quanto riguarda la punizioni corporali.


In Nicaragua nel 1996 è stata votata una legge per tentare di limitare l’uso delle punizioni corporali. Il rappresentante di questo Paese riconosce tuttavia che “siccome l’idea secondo cui il bambino è proprietà dei genitori è ancora fortemente ancorata nella mentalità, le disposizioni legislative non bastano a sradicare queste pratiche.”


In Guatemala, “il maltrattamento dei bambini sembra avere un carattere endemico. Permane l’idea che i bambini non siano individui autonomi, ma proprietà della famiglia.” La violenza famigliare viene illusoriamente attribuita a “decenni di conflitto che hanno pervaso la società e dato luogo a frequenti ricorsi alla violenza, compreso l’interno delle famiglie.” Come se i genitori avessero bisogno dei conflitti e delle guerre per picchiare i bambini!


In Equador, le punizioni corporali sono “una pratica culturalmente accettata e giustificata”, sono “legate a una tradizione di disciplina educativa” e la loro pratica può essere qualificata, secondo l’espressione di uno dei membri del Comitato, come “cultura della violenza contro i bambini nelle famiglie.” Un membro del comitato sottolinea che “trattandosi di maltrattamento di bambini, sembra che le famiglie chiudano gli occhi sulle punizioni impartite ai figli a scuola, e che alcuni genitori chiedano espressamente agli insegnanti di vigilare affinché i propri figli siano puniti come si deve.” Il Governo ha creato nel maggio del 1998 una “Commissione per l’eliminazione dei maltrattamenti sui bambini.”


In Salvador, il rapporto iniziale mostra che “gli autori dei maltrattamenti sono più spesso le madri che i padri. Forse perché sovente sono le donne ad essere il capofamiglia. In ogni caso, bisogna constatare che per ragioni che restano in gran parte inesplicate, le donne contribuiscono a perpetuare il maschilismo.” (Seduta del 5 ottobre 1993).

Caraibi

In tutti gli Stati di questa regione, “la frequenza delle sevizie e dei maltrattamenti inflitti ai bambini all’interno della famiglia sono fonte di preoccupazione.” Un membro del Comitato parla di una vera e propria “consuetudine di violenza” che imperversa in questa regione.


Alle Bahamas, in una scuola degli Avventisti del 7° giorno, un bambino di 12 anni è stato picchiato con 70 colpi di canna nel febbraio del 1999. La pubblicazione di questa punizione da parte della stampa ha provocato un dibattito nell’aprile dello stesso anno, in seguito al quale il “caning” è stato vietato. Ma l’utilizzo del righello piatto rimane “normale”.


A Barbados la Corte Suprema ha pronunciato una sentenza in cui riconosce il diritto degli insegnanti a infliggere punizioni corporali ai bambini (Rapporto dell’11 febbraio 1997). Le punizioni corporali possono essere somministrate a scuola “a titolo di procedura disciplinare. Tuttavia, in nessun caso bisogna usare più forza di quanto non sia ragionevolmente necessaria”. Un membro del Comitato si è chiesto: “Che succede quando questi limiti ragionevoli – difficili da stabilire – vengono oltrepassati dagli insegnanti?” La rappresentante di Barbados ha precisato allora che “la legge ordinaria di Barbados sulla Prevenzione della crudeltà inflitta ai bambini si riferisce ancora alla nozione di punizione moderata (moderate chastisement), concetto un po’ troppo soggettivo come metodo di punizione e di disciplina. È stato portato davanti ai tribunali un certo numero di casi e, nella maggior parte di essi, è stato deciso che la punizione era stata abbastanza eccessiva da costituire un abuso fisico. Tuttavia in altri casi si è deciso che, per esempio, se la pelle del bambino non era stata tagliata (“broken”) e se il bambino aveva avuto delle leggere contusioni, ciò costituiva una punizione moderata”. A tutto questo la signora Karp, membro del Comitato, ha risposto che “se i tribunali ritengono che finché ai bambini non vengono rotte le ossa si tratta di punizioni moderate e non di abusi, ciò riduce a niente tutti gli sforzi per creare un’atmosfera di non violenza”. Il governo di Barbados si dice tuttavia deciso “a operare energicamente per l’abolizione delle punizioni corporali”; e considera “la pratica delle punizioni corporali nociva e controproducente, incoraggia i genitori ad utilizzare altri metodi educativi e disciplinari e ad instaurare, fin dalla più tenera età, un dialogo continuo con i propri figli.” “Sconsiglia vivamente il ricorso alle punizioni corporali negli asili nido e nelle scuole.” Ma le punizioni corporali “restano tuttavia raccomandate come metodo educativo da alcune autorità religiose del Paese.”

Il peggio è che le famiglie immigrate, residenti in Gran Bretagna e originarie di Barbados, rimandano i figli al Paese di origine perché le scuole inglesi, secondo loro, mancano di disciplina e perché il regime delle scuole a Barbados include la fustigazione, che viene applicata, tra l’altro, se non si presta attenzione, si indossano gioielli o si fa uso di trucco15.
Nel Belize il delegato riconosce che “per quanto concerne le pratiche pregiudizievoli nei confronti del bambino, l’unica che esiste nel Belize è la punizione corporale.” Il rappresentante del governo del Belize insiste inoltre sul fatto che “al di fuori delle consultazioni che hanno avuto luogo a proposito della Convenzione, molti genitori hanno espresso il timore di vedersi limitare i diritti genitoriali, in particolare per quanto riguarda le punizioni corporali.” “Il regolamento scolastico del ministero dell’Istruzione prevede, come ultima risorsa, il ricorso alle punizioni corporali” (inferte solamente dal preside), “prestando attenzione a non cagionare alcuna lesione fisica al bambino.” Come ha fatto notare uno dei membri del Comitato, “si tratta di un limite molto difficile da rispettare” (Seduta del 22 gennaio 1999).
Nelle Bermude, nel giugno 1996 il governo ha preso la decisione di mantenere le punizioni corporali a scuola. È stato così permesso di dare colpi di canna o di correggia. Il pediatra americano Vincent Fontana ha vivamente disapprovato questa misura e ha aggiunto che i problemi scolastici trovano la loro origine nelle famiglie. La direttrice di una scuola privata, Suor Judith Rollo, ha pienamente condiviso questo parere, sostenendo che dovrebbero essere i genitori ad andare a scuola per imparare come allevare i loro figli16.

Per quanto riguarda Cuba, il Comitato ha fatto fatica a condividere l’ottimismo ufficiale dei rappresentanti di questo Stato i quali affermano che “non ci sono punizioni corporali a scuola, che sono vietate e non sono mai state tollerate”, che “la violenza all’interno della famiglia non costituisce un fenomeno sociale a Cuba, ma esiste invece un meccanismo di prevenzione e di sanzioni per i singoli casi che potrebbero presentarsi”. Davanti a questo scetticismo, il rappresentante di Cuba acconsente a mala pena a riconoscere che “evidentemente, è successo che dei genitori siano perseguiti per aver inflitto delle punizioni corporali ai figli, ma ciò non è un problema molto diffuso” (Seduta del 26 maggio 1997). Ci piacerebbe crederlo.


A Grenada, un tentativo di divieto delle punizioni corporali a scuola si è scontrato contro l’opposizione delle Chiese e dei genitori. Una clausola speciale riguarda le punizioni corporali nel codice penale, ed esse sono accettate dalle famiglie, spesso in forme estreme. Un progetto di legge sull’educazione le elimina, ma non è stato ancora votato e si registra una forte opposizione delle Chiese e dei genitori. Viene utilizzato un film, Olivia’s Plight, come mezzo di incoraggiamento a utilizzare sanzioni alternative. Il film mostra che un bambino maltrattato può diventare un adulto che maltratta, e che l’approccio a tolleranza zero nei confronti della violenza contro le donne deve darsi la mano con l’abolizione delle punizioni corporali (Seduta del 28 febbraio 2000).


Ad Haiti un rapporto di inchiesta reso pubblico nel febbraio 2002 dall’Istituto Haitiano dell’Infanzia (IHE) rivela che gli haitiani restano affezionati alle punizioni corporali. Nove adulti su dieci pensano che sia normale sculacciare i bambini che rifiutano di obbedire. Un’associazione di giuristi si prepara a intraprendere una campagna per lottare contro la violenza educativa.


In Giamaicala frequenza delle sevizie e dei maltrattamenti inflitti ai bambini in seno alla famiglia sono oggetto di preoccupazione”. Un dibattito sulle punizioni corporali a scuola ha suscitato nel “Jamaique Gleaner”, giornale di Kingston, il 30 gennaio 1997, un articolo in cui l’autore prende ingenuamente le difese delle punizioni corporali a scuola per averle subite lui stesso. Non pensa che “una ferita che al massimo dura qualche giorno” rischi di destabilizzare gli scolari. Egli pensa di “non aver alcuna tendenza alla violenza”, ma… non vede niente di male al fatto che venga applicato il “caning” ai bambini. Da parte sua, il Comitato dei diritti del bambino sottolinea che il divieto di infliggere punizioni corporali “eccessive” ai bambini non sia sufficiente. “Possiamo chiederci dove si situi la linea di confine tra l’eccessivo e il tollerabile e cosa penseremmo di una legge che autorizzasse il marito ad esercitare delle violenze nei confronti della moglie, a condizione che tali violenze non fossero ‘eccessive’”.


Nella Repubblica Dominicanail maltrattamento fisico, psicologico o sessuale dei minori o delle donne è abbastanza frequente da costituire un serio problema di salute pubblica.”


A Saint-Kitts e Nevis, “le punizioni corporali sono ancora largamente praticate” e il delegato riconosce che “non sarebbe onesto dichiarare che non esistono più o che presto spariranno.” Più di metà della popolazione come minimo sarebbe favorevole alle punizioni corporali.


A Trinidad e Tobago, la Signora Sardenberg, membro del Comitato, “è stata picchiata a causa della tradizione di violenza che esiste nel paese e della frequenza delle punizioni corporali, delle pratiche violente all’interno della famiglia e della criminalità”. “Per quanto riguarda la punizioni corporali, la delegata conferma che non esistono ancora studi su tale argomento, poiché la questione della supremazia della Convenzione sul diritto interno in tale campo, che tocca degli aspetti sociali e culturali, non ha ancora l’unanimità, né sul piano nazionale né su quello regionale. Il Ministero dello Sviluppo Sociale si impegna, di concerto con il Ministero dell’Istruzione, a trasmettere il messaggio secondo il quale le punizioni corporali non sono compatibili con i princìpi della Convenzione né con le pratiche moderne di educazione dei bambini. Tuttavia è difficile cambiare la mentalità, soprattutto quelle della generazione degli anni ’60-’70; gli sforzi del governo non bastano ed è necessaria una partecipazione più attiva della società civile e delle organizzazioni religiose.”


Secondo il “Trinidad Express” del 30 settembre 1999, un padre ha perdonato un professore per aver picchiato il figlio a colpi di cintura, a quanto pare illegalmente. Il giorno seguente un insegnante ha espresso nello stesso giornale ciò che rischia di essere il punto di vista di molti suoi colleghi:

La brutalità contro i bambini è ripugnante ma i bambini comprendono intuitivamente la dinamica umana meglio di quanto l’abbia mai fatto Machiavelli e, a volte, il righello o la cinghia fanno il punto molto più efficacemente di quanto mai potrebbe la persuasione dolce.


Infine, nel sistema penitenziario, la fustigazione è autorizzata come metodo disciplinare negli istituti carcerari.

Un delinquente di sesso maschile che non abbia più di 16 anni può venire condannato ad essere frustato al posto di qualsiasi altra punizione. Il delinquente può ricevere fino a 6 frustate se ha 12 anni o meno e fino a 12 frustate se ha più di 12 anni. La pena deve essere applicata una sola volta ed entro un mese.

America del Sud

La famiglia in America latina sembra essere per molti bambini un luogo ad alto rischio. Ad esempio in Bolivia i maltrattamenti sono un “fenomeno sociale di grande portata e carico di conseguenze.”


In Equador, sono “una pratica culturalmente accettata e giustificata”, e sono “legate a una tradizione di disciplina educativa”. La loro pratica può essere anche qualificata, secondo l’espressione di uno dei membri del Comitato, come “cultura della violenza contro i bambini nelle famiglie.”


In Perù, sono un “metodo correttivo accettabile” e secondo alcuni sociologi riguardano il 60% dei bambini.

In Bolivia, Paese che ha fornito il rapporto più dettagliato, gli autori arrivano a parlare addirittura di “xenofobia degli adulti nei confronti dei bambini”. Tabelle statistiche mostrano che il 60% dei bambini boliviani subiscono dei maltrattamenti fisici in famiglia, più spesso da parte della madre (48%); colpi di frustino o di cintura: 18%; tirate d’orecchie: 11%; colpi di bastone o di pietra: 6%; schiaffi: 6%; colpi di canna o di cinghia: 5%; calci: 5%; pizzicotti: 4%; pugni: 3%; coltellate o altro: 2%17.
La maggior parte dei bambini all’interno della famiglia (79%) pensano che le punizioni che ricevono siano buone perché li educano, sono date nel loro interesse o li fanno riflettere, cosa che fa pensare che sia probabile che questi bambini a loro volta infliggeranno dei maltrattamenti una volta divenuti adulti.

In Colombia la frequenza dei maltrattamenti porta molti bambini in strada. Sotto la pressione del Comitato dei diritti del bambino, la Colombia, l’Equador e soprattutto la Bolivia hanno intrapreso delle azioni contro le punizioni corporali.


Tuttavia la situazione evolve, poiché l’Uruguay, il Venezuela e il Costa Rica hanno vietato le punizioni corporali, le prime due nel 2007, la terza nel 2008.

America del Nord

L’America del Nord ha il triste privilegio di rappresentare, con gli Stati Uniti e il Canada, due dei tre Paesi industrializzati al mondo che conservano ancora le punizioni corporali a scuola (il terzo è uno Stato dell’Australia).


In Canada, a voler credere a quanto scrive Suanne Kelman nel suo libro All in the Family: A Cultural History of Family Life18, i primi missionari francesi, che avevano incontrato delle tribù che non picchiavano mai i figli, avrebbero fatto di tutto “per correggere questa indulgenza eretica.” Con successo a quanto pare, da quanto dice uno studio pubblicato nel “Canadian Medical Association Journal”, il 5 ottobre 1999 e fatto su 4.888 persone dai 15 ai 64 anni in Ontario, che ha mostrato che dal 70 al 75% dei genitori canadesi sculacciano i figli. Il 41% delle persone intervistate ha detto di aver “di rado” schiaffeggiato o sculacciato, il 34% “qualche volta”, il 21% “mai” e il 6% “spesso”. Ma di fatto la sculacciata è molto più frequente di quanto non indichi il sondaggio, dato che l’età in cui i bambini vengono più spesso picchiati è tra i diciotto mesi e i quattro anni, ossia troppo presto perché da adulti possano ricordarsene. Kenneth Goldberg, responsabile dell’educazione dei genitori, direttore generale del “Child and Family Centre” di Toronto e membro del Comitato Nazionale per l’abrogazione dell’art. 43, dice: “In Canada i bambini sono gli unici cittadini a non beneficiare della sicurezza della persona – un diritto umano di cui godono ora le donne e i criminali condannati.” Infatti la punizione corporale è vietata dal Codice Civile. Ma il Codice Penale canadese contiene un articolo (il n. 43), incorporato al Codice penale nel 1892, che sancisce:

Qualunque istitutore, padre o madre, o qualunque persona che ne faccia le veci, è autorizzato ad impiegare la forza per correggere un allievo o un bambino, secondo il caso, affidato alle sue cure, purché la forza non oltrepassi la misura ragionevole nelle circostanze.

Tale articolo, che è stato nuovamente dichiarato costituzionale nel luglio 2000, è stato usato con successo nella difesa di adulti accusati di aver inflitto a bambini dei maltrattamenti causa di fratture, contusioni e segni sul corpo. La Federazione canadese degli insegnanti lo giudica necessario (un’inchiesta condotta in Ontario ha peraltro mostrato che il 69% degli insegnanti era favorevole alla sculacciata come misura disciplinare19). L’ONU ha già raccomandato al Canada nel 1998 di ritirare questo articolo e la Commissione del Quebec dei diritti dell’uomo ha depositato una simile domanda nel febbraio 1999. Alcuni consigli scolastici hanno comunque vietato le punizioni corporali (26 consigli su 65, per esempio, nello Stato di Alberta20). La fondatrice del Comitato per l’abrogazione dell’articolo 43, Corinne Robertshaw, ha ricordato che ogni anno avvengono almeno 10.000 casi di maltrattamenti fisici nel solo Stato dell’Ontario e che quasi tutti iniziano da tentativi di “correzione” attraverso la punizione corporale “ragionevole”. Osservazione particolarmente interessante che mostra, se ce ne fosse bisogno, quanto sia illusorio pretendere di mantenere all’interno di limiti “ragionevoli” un comportamento che deriva da tutto ciò che c’è di meno ragionevole! Curiosamente, il Child Management Policy del luglio 1993 vieta formalmente il ricorso alle punizioni corporali nelle famiglie di accoglienza, cosa di cui bisogna rallegrarsi, ma questo sembra significare che esista una sorta di “diritto di sangue” a picchiare i propri figli! Nel mese di giugno 2000 i giudici hanno nuovamente rifiutato di bandire la sculacciata. Hanno chiesto al legislatore di precisare l’art. 43 del Codice Penale più sopra citato21.

In questi ultimi anni i sostenitori della soppressione dell’art. 43 sperano in un cambiamento. Ma il 30 gennaio 2004, la Corte suprema ha mantenuto, per sei voti contro tre, il diritto dei genitori e degli istitutori ad utilizzare la forza per correggere i bambini. Le uniche restrizioni in rapporto a questa pratica rispetto a prima sono: la correzione non può essere inflitta a bambini sotto i due anni e deve risparmiare gli adolescenti, che potrebbero reagire a una punizione fisica con un “comportamento aggressivo o antisociale”; gli schiaffi, le botte in testa e l’utilizzo di oggetti per picchiare sono vietati. Anche se tale decisione segna un leggerissimo progresso, rischia di intralciare, per molti anni ancora, qualsiasi cambiamento nel senso di un’abrogazione.


Negli Stati Uniti, la sculacciata viene praticata ancora nelle scuole di 22 Stati su 50, in generale per mezzo di una stecca lunga 50 centimetri, larga 9 e spessa 2. Bambini di 5-6 anni vengono picchiati con questo strumento, al punto da subire delle contusioni alle natiche. 28 Stati, al contrario, hanno bandito tale pratica. Il primo Stato che vietò le punizioni corporali nelle scuole è stato il New Jersey nel 1867, seguito dal Massachusetts, più di un secolo dopo, nel 1971. Il Delaware è stato l’ultimo ad aver affrontato questo passo nell’aprile 2003. L’evoluzione prosegue ma… lentamente! Il Mississippi è in testa per quanto riguarda l’utilizzo delle punizioni corporali. Durante l’anno scolastico 1997, il 12,4% degli studenti degli istituti pubblici del Mississippi ha ricevuto una sculacciata. Seguito dall’Arkansas con il 10,8% di studenti picchiati. Poi l’Alabama con il 6,3%. In totale, a gennaio 2000, ogni giorno, 2500 studenti circa venivano picchiati nelle scuole americane. Secondo l’Accademia di Pediatria si stima che la punizione corporale sia applicata tra 1 e 2 milioni di volte l’anno, negli Stati in cui viene utilizzata. Tuttavia inizia a intravvedersi un cambiamento poiché secondo gli United States Education Departments il numero di studenti picchiati è passato da 1,4 milioni nel 1979-1980 (circa il 3,5% dei bambini) a 613.000 nel 1989-1990, e poi a 470.000 nel 1994-94 e infine a 365.000 (0,8% dei bambini) durante l’anno scolastico 1997-1998. Questa riduzione dipende in parte dal fatto che in molti Stati che autorizzano la punizione corporale, alcuni distretti l’hanno invece bandita. E nelle scuole che l’autorizzano ancora, i genitori che lo desiderino possono chiedere che i loro figli siano esentati da tale punizione. La punizione corporale è più comune negli istituti elementari e nei collegi piuttosto che nei licei. Viene utilizzata più massicciamente nelle scuole rurali piuttosto che in quelle cittadine. I bambini neri (17% della popolazione americana che studia) rappresentano il 39% degli allievi picchiati. I giovani neri americani hanno il doppio di probabilità di venire sculacciati rispetto ai loro compagni bianchi. Il 6% degli studenti neri riceve la punizione corporale nelle scuole, contro meno del 3% dei bianchi. George Bush ha promesso durante la campagna elettorale di proteggere gli insegnanti contro le proteste dei genitori che si lamentavano delle punizioni corporali ricevute dai loro figli, attraverso il Teacher Protection Act (Atto per la protezione degli insegnanti).


Per quanto riguarda la punizioni inflitte dai genitori, si stimava che nel 1985 più del 90% dei bambini venissero picchiati. Un altro studio indicava che in media l’80% dei genitori americani sculacciava i figli. Straus, autore di uno studio sulla punizione corporale nelle famiglie americane, ha condotto una ricerca su circa 1.000 madri di bambini tra i 2 e i 4 anni. Il 73% ha detto di aver dato uno sculaccione ai figli per disubbidienza ripetuta. I genitori e gli educatori fondano in generale il loro sostegno alla punizione corporale su due potenti fonti: la Bibbia e la propria esperienza. “È così che sono cresciuto, ed è sempre stato così in questa società.” “Se vi comportate male, se fate qualcosa di brutto, riceverete una frustata.” I movimenti fondamentalisti cristiani tengono in modo particolare a questa pratica. Possiamo trovare in una rivista cristiana una pubblicità che presenta un frustino in nylon di 56 centimetri di lunghezza chiamato “The Rod” ossia “La verga”. La pubblicità precisa che è destinato alla punizione dei bambini e cita un proverbio della Bibbia. È fabbricato da una coppia dell’Oklahoma.


I genitori però non sono sempre coscienti della propria violenza, come le contraddizioni di alcuni sondaggi mostrano con chiarezza. Ad esempio una debole maggioranza di genitori, il 55%, stimava nel 1995 che fosse “a volte necessario” dare una sculacciata a un bambino, contro il 94% nel 1968. Ma il 94% delle persone interrogate hanno detto che avevano dato una sculacciata ai propri figli, di 2 fino a 5 anni, l’anno precedente. “Le credenze e le opinioni cambiano più rapidamente dei comportamenti”, ha commentato l’autore del sondaggio. La norma a partire dalla quale la giustizia americana considera che ci sia abuso di violenza è molto elastica. Per principio l’abuso comincia quando vi sia una ferita. Ma una donna che aveva picchiato il figlio a colpi di cintura è stata rilasciata perché la condizione del bambino non aveva richiesto un trattamento medico.


Queste cifre abbastanza scoraggianti, che mostrano come la gran parte dei giovani americani del nord hanno subìto punizioni corporali a casa e/o a scuola, o ne sono stati minacciati, non devono tuttavia nascondere il cambiamento che si produce piano piano negli Stati Uniti sotto l’effetto cumulato dell’evoluzione dell’opinione pubblica, dell’incremento del numero di cause contro i consigli scolastici e gli insegnanti, e del numero crescente dei divieti legislativi. In 18 anni, tra il 1976 e il 1994, 25 Stati hanno rinunciato alle punizioni corporali. Negli Stati in cui sono consentite, molti consigli scolastici le vietano per decisione autonoma. Nel 1996 due tentativi per ristabilire la punizione corporale sono falliti: all’Assemblea della California un progetto di legge è stato rigettato da 49 voti contro 19; e nella più grande zona scolastica del Mississippi, la zona di Jackson, il voto del consiglio è stato di 3 contro 2. Nello Stato dell’Ohio, che autorizza le punizioni corporali, solo 40 zone scolastiche su 612 le permettono, e anche in queste zone il numero dei ricorsi ad esse continua a scendere. Alcune scuole cattoliche, da sempre grandi sostenitrici della sculacciata, l’hanno a poco a poco eliminata. Nel 1994, 469 delegati dell’Associazione Nazionale dei Direttori di Scuola Primaria riuniti a Orlando (Florida), hanno votato all’unanimità contro la punizione corporale, stimando che potesse aumentare la violenza in una società già violenta. In dieci anni, dal 1982 al 1992, i casi di punizioni corporali nelle scuole pubbliche sono passati da 1.415.540 a 555.531. Nel gennaio 1999, una proposta di fare di Oakland una zona senza sculacciata è stata discussa dal Consiglio municipale. Non è passata, ma la discussione è stata vivace.


Jordan Riak, instancabile militante della lotta contro le punizioni corporali, scriveva, il 1° luglio 2000, che se in Europa venisse scoperta una cura contro il cancro, tutti gli americani lo saprebbero la sera stessa ed esigerebbero all’istante di avere accesso alla cura. Perché dunque rifiutano ostinatamente e tragicamente l’educazione senza violenza dei bambini, che è un rimedio sicuro contro il cancro della violenza? Alcune statistiche, compilate da un gruppo universitario di studio delle prigioni americane, mostrano che l’85% dei delinquenti imprigionati per atti di violenza hanno ricevuto botte dai loro educatori durante la giovinezza. Secondo un altro studio governativo americano, ordinato in seguito a omicidi commessi nelle scuole con armi da fuoco, le statistiche mostrano che negli Stati nei quali la correzione fisica è regolarmente applicata, i tassi di violenza sono anche i più elevati.

Bisogna aggiungere che negli Stati Uniti sembra essere stato introdotto un abuso anche in medicina. Consiste nel disciplinare i bambini diagnosticati come iperattivi attraverso un medicinale: il ritalin. Uno studio recente22 rileva che negli Stati Uniti dei bambini dai 2 ai 3 anni, normalmente vivaci per tale età, sono diagnosticati come affetti da ADHD (Attention Deficit and Hyperactivity Disorder) e trattati di conseguenza: il numero di bambini dai 2 ai 4 anni trattati con il ritalin è triplicato tra il 1991 e il 1995, cosa che non sembra corrispondere a nessun aumento di numero di casi di ADHD23.

La sculacciata
La sculacciata
Olivier Maurel
Perché farne a meno: domande e riflessioni.Le punizioni corporali sono dannose per il corpo e la psiche del bambino. Ma è possibile educare senza picchiare? Se sì, come? Le punizioni corporali sono pericolose per i bambini, in quanto le conseguenze della violenza rimangono permanenti sul corpo e nella psiche.Nel più lungo periodo, inoltre, molti studi dimostrano come questa pratica sia un fattore importante nello sviluppo di comportamenti violenti e sia associata ad altri problemi durante l’infanzia e nella vita. Come possiamo educare i bambini che mostrano un temperamento più aggressivi?Del resto, è stato forse dimostrato che schiaffi e sculacciate rendono più obbedienti i bambiniMigliorano forse l’apprendimento?La sculacciata di Olivier Maurel è una guida che ci permette di aprire gli occhi senza colpevolizzarci, rispondendo con chiarezza a queste e a molte altre domande. La prefazione è curata dalla celebre psicologa e psicanalista Alice Miller. Conosci l’autore Olivier Maurel è nato a Toulon nel 1937. Professore di Lettere al liceo Dumont d’Urville dal 1965 al 1997, è padre di cinque figli.Cresciuto in una famiglia numerosa, le letture dei libri di Alice Miller hanno accresciuto il suo interesse per il tema della violenza educativa, portandolo ad approfondirne le numerose ripercussioni sulla salute psico-fisica dei bambini e sul loro sviluppo. A partire dagli anni ’60, poi, si è fatto promotore di numerose battaglie sociali contro la violenza nel mondo e il traffico di armi.Ha fondato l’associazione Oveo (Osservatorio sulla violenza educativa ordinaria), con lo scopo di descrivere tutte le forme di violenza comunemente accettate in tutto il mondo, a scuola e in famiglia.