La situazione italiana
Dal punto di vista legislativo, l’Italia si trova sempre in una situazione ambigua. Nel 1996 infatti un giudice della Corte di Cassazione ha dichiarato illecito l’uso della violenza nell’educazione dei bambini (sentenza della Corte di Cassazione del 18 marzo 1996 letta dal giudice Ippolito). La punizione corporale non può quindi essere difesa con il pretesto del “diritto di correzione” (jus corrigendi). Tuttavia non è stata promulgata alcuna legge per confermare tale sentenza dal punto di vista legislativo. Nel 2008 tre membri del Parlamento hanno firmato una petizione del Consiglio d’Europa contro qualsiasi forma di punizione corporale inflitta ai bambini. Nel 2010 il governo ha comunque statuito che, poiché la punizione corporale è illecita in virtù della sentenza della Corte di Cassazione, non c’è alcun bisogno di vietarla apportando una modifica alla legge.
Eppure, varie indagini condotte nel corso di questi ultimi anni mostrano che i bambini italiani sono esposti, come in tutti quei casi in cui la legge non li protegge attivamente, a violenze proprio in ambito famigliare.
Un’analisi dei dati di Telefono Azzurro (linea telefonica di aiuto per l’infanzia), realizzata tra gennaio 2000 e giugno 2002, su richiesta del Comitato per i diritti dei bambini, ha rivelato che il 40% dei maltrattamenti erano di tipo fisico, e che il 78% della totalità degli abusi aveva avuto luogo in casa, con un rischio maggiore di esposizione nei bambini di 10 anni (Analisi presentata dal rapporto di Telefono Azzurro al Comitato dei Diritti dei Bambini, febbraio 2003).
Nel 2009 è stato realizzato un altro studio da parte dell’Istituto di sondaggi Ipsos, su richiesta dell’associazione Save the Children Italia. Sono state realizzate più di 1.000 interviste telefoniche a un campione rappresentativo della popolazione italiana, con 600 interviste a genitori e 500 a bambini e ragazzi dagli 11 ai 16 anni, attraverso Internet.
Il risultato emerso dice che il 63% dei genitori con bambini dai 3 ai 5 anni, il 55% con bambini dai 6 ai 10 anni e il 40% con bambini dagli 11 ai 16 anni, ha picchiato i propri figli.
A propria volta, il 34% dei bambini dagli 11 ai 13 anni e il 24% dai 14 ai 16 anni, ha dichiarato di essere stato picchiato dai genitori. Il 2% dei bambini dagli 11 ai 13 anni e l’1% di quelli dai 14 ai 16, ha riferito di essere picchiato quasi ogni giorno. Si nota come il numero di bambini che ha dichiarato di essere stato picchiato sia molto inferiore a quello dichiarato dai genitori. Questo dato può essere spiegato dal fatto che i bambini, quando sono interrogati sul modo in cui vengono trattati in famiglia, spesso tendono a proteggere i propri genitori da qualsiasi accusa.
La stessa indagine ha mostrato che il 70% dei genitori con bambini dagli 11 ai 16 anni e circa il 13% dei bambini dagli 11 ai 16 anni pensano che sia essenziale che le punizioni corporali siano vietate per legge.
La prima percentuale è molto simile a quella dei genitori con bambini dagli 11 ai 16 anni che dichiarano di aver picchiato i propri figli. La seconda percentuale potrebbe sembrare sorprendente: perché così pochi bambini, il 13%, è favorevole a un divieto delle punizioni corporali? In realtà ciò si spiega facilmente visto che i bambini, totalmente dipendenti dai genitori, in genere prendono le loro parti e credono che ci sia un valido motivo, se vengono picchiati. Circa il 26% dei genitori e dal 30 al 37% dei giovani hanno dichiarato che una legge di divieto delle punizioni corporali sarebbe inutile. Questo risultato non consente di comprendere perché questa legge sia considerata inutile.
Infine, il 67% dei genitori con figli dagli 11 ai 16 anni, il 62% con figli dai 6 ai 10 anni e il 59% con figli dai 3 ai 5 anni approvano con forza l’idea che non sia né accettabile né legittimo picchiare un bambino.