Prefazione all'edizione italiana

La situazione nel mondo

Dal 2005, anno dell’ultima edizione francese di questo libro, il numero di Paesi che ha vietato qualsiasi forma di punizione corporale a scuola e in famiglia è passato in sette anni da 13 a 33. Questa progressione è incoraggiante, ma quando vediamo che ci sono 194 Stati nel mondo, si capisce che c’è ancora tanta strada da fare. La maggior parte dei Paesi abolizionisti si trova in Europa (23), ma ce ne sono anche 5 in Africa, 3 in America Latina, uno in Oceania e uno in Medio Oriente. Per ora nessun Paese asiatico ne fa parte.


Il Consiglio d’Europa, che aveva preso una netta posizione nel giugno 2004 chiedendo a tutti gli Stati europei di vietare le punizioni corporali, ha fatto un ulteriore passo avanti, dando il via all’iniziativa di una campagna per mettere al bando le punizioni corporali e umilianti, e promuovendo quella che viene chiamata la “genitorialità positiva”. Questa campagna è stata lanciata il 15 giugno 2008 a Zagabria, e consiste in uno spot televisivo sul tema delle mani che dovrebbero proteggere e non picchiare, e in un importante materiale d’informazione1

La situazione italiana

Dal punto di vista legislativo, l’Italia si trova sempre in una situazione ambigua. Nel 1996 infatti un giudice della Corte di Cassazione ha dichiarato illecito l’uso della violenza nell’educazione dei bambini (sentenza della Corte di Cassazione del 18 marzo 1996 letta dal giudice Ippolito). La punizione corporale non può quindi essere difesa con il pretesto del “diritto di correzione” (jus corrigendi). Tuttavia non è stata promulgata alcuna legge per confermare tale sentenza dal punto di vista legislativo. Nel 2008 tre membri del Parlamento hanno firmato una petizione del Consiglio d’Europa contro qualsiasi forma di punizione corporale inflitta ai bambini. Nel 2010 il governo ha comunque statuito che, poiché la punizione corporale è illecita in virtù della sentenza della Corte di Cassazione, non c’è alcun bisogno di vietarla apportando una modifica alla legge.


Eppure, varie indagini condotte nel corso di questi ultimi anni mostrano che i bambini italiani sono esposti, come in tutti quei casi in cui la legge non li protegge attivamente, a violenze proprio in ambito famigliare.


Un’analisi dei dati di Telefono Azzurro (linea telefonica di aiuto per l’infanzia), realizzata tra gennaio 2000 e giugno 2002, su richiesta del Comitato per i diritti dei bambini, ha rivelato che il 40% dei maltrattamenti erano di tipo fisico, e che il 78% della totalità degli abusi aveva avuto luogo in casa, con un rischio maggiore di esposizione nei bambini di 10 anni (Analisi presentata dal rapporto di Telefono Azzurro al Comitato dei Diritti dei Bambini, febbraio 2003).


Nel 2009 è stato realizzato un altro studio da parte dell’Istituto di sondaggi Ipsos, su richiesta dell’associazione Save the Children Italia. Sono state realizzate più di 1.000 interviste telefoniche a un campione rappresentativo della popolazione italiana, con 600 interviste a genitori e 500 a bambini e ragazzi dagli 11 ai 16 anni, attraverso Internet.


Il risultato emerso dice che il 63% dei genitori con bambini dai 3 ai 5 anni, il 55% con bambini dai 6 ai 10 anni e il 40% con bambini dagli 11 ai 16 anni, ha picchiato i propri figli.


A propria volta, il 34% dei bambini dagli 11 ai 13 anni e il 24% dai 14 ai 16 anni, ha dichiarato di essere stato picchiato dai genitori. Il 2% dei bambini dagli 11 ai 13 anni e l’1% di quelli dai 14 ai 16, ha riferito di essere picchiato quasi ogni giorno. Si nota come il numero di bambini che ha dichiarato di essere stato picchiato sia molto inferiore a quello dichiarato dai genitori. Questo dato può essere spiegato dal fatto che i bambini, quando sono interrogati sul modo in cui vengono trattati in famiglia, spesso tendono a proteggere i propri genitori da qualsiasi accusa.


La stessa indagine ha mostrato che il 70% dei genitori con bambini dagli 11 ai 16 anni e circa il 13% dei bambini dagli 11 ai 16 anni pensano che sia essenziale che le punizioni corporali siano vietate per legge.


La prima percentuale è molto simile a quella dei genitori con bambini dagli 11 ai 16 anni che dichiarano di aver picchiato i propri figli. La seconda percentuale potrebbe sembrare sorprendente: perché così pochi bambini, il 13%, è favorevole a un divieto delle punizioni corporali? In realtà ciò si spiega facilmente visto che i bambini, totalmente dipendenti dai genitori, in genere prendono le loro parti e credono che ci sia un valido motivo, se vengono picchiati. Circa il 26% dei genitori e dal 30 al 37% dei giovani hanno dichiarato che una legge di divieto delle punizioni corporali sarebbe inutile. Questo risultato non consente di comprendere perché questa legge sia considerata inutile.


Infine, il 67% dei genitori con figli dagli 11 ai 16 anni, il 62% con figli dai 6 ai 10 anni e il 59% con figli dai 3 ai 5 anni approvano con forza l’idea che non sia né accettabile né legittimo picchiare un bambino.

Tuttavia in questo caso la risposta dipende dalla parola che è stata usata nel questionario. Non so se sia così anche in italiano, ma in francese, quando si chiede ai genitori se sia legittimo “picchiare” i bambini, le risposte sono ampiamente negative, mentre lo sono molto meno quando viene chiesto se sia legittimo sculacciarli o prenderli a sberle. Questi termini non vengono percepiti come l’equivalente del verbo “picchiare”. Eppure si tratta di dare dei colpi che nessun adulto sopporterebbe di ricevere2.


Per concludere, nel 2010 una grande inchiesta, condotta tra 4.000 genitori e bambini (questi ultimi tra i 7 a i 10 anni), ha mostrato che in Italia il 61% delle bambine e il 66% dei bambini ha subìto, nel corso dei mesi precedenti e da parte di un membro della propria famiglia, punizioni corporali “medie” (sculacciate, botte o schiaffi a mani nude; colpi sulle mani, sulle braccia o sulle gambe, scossoni o botte date con un oggetto), il 12% delle bambine e il 23% dei bambini ha subìto una punizione corporale severa (schiaffi o colpi al viso, sulla testa o sulle orecchie, botte ripetute con un oggetto). Una percentuale molto ridotta di genitori considera che sia necessario ricorrere alle punizioni corporali per farsi obbedire dai figli (per le femmine, il 5% delle madri e il 2% dei padri; per i maschi, il 4% delle madri e dei padri).

Anche qui possiamo notare una forte discrepanza fra le convinzioni dei genitori, che nella maggior parte non giudica necessario picchiare i bambini, e la pratica nelle relazioni coi figli3.


Come tutti gli altri Paesi, ogni cinque anni l’Italia deve presentare un rapporto al Comitato dei diritti dei bambini delle Nazioni Unite sul modo in cui viene applicata la Convenzione relativa ai loro diritti. In seguito a questo rapporto, il Comitato ha espresso nell’ottobre 2011 il proprio punto di vista ed emesso delle raccomandazioni:


Il Comitato è preoccupato dalla persistenza delle punizioni corporali in famiglia e, in particolare, del fatto che molti genitori reputino ancora appropriato l’uso degli schiaffi come mezzo disciplinare. Il Comitato è inoltre preoccupato dal fatto che lo Stato membro non abbia ancora promulgato una legge che vieti esplicitamente qualsiasi forma di punizione corporale in qualsiasi ambito, ivi compresa la famiglia (CRC/C/15/Add. 41, paragrafo 20) malgrado il divieto delle punizioni corporali da parte della Corte di Cassazione.
Il Comitato raccomanda che lo Stato membro riformi la legislazione di famiglia per assicurare il divieto esplicito di qualsiasi forma di punizione corporale in ogni ambito, ivi compresa la dimora, prendendo a riferimento il commentario generale n. 8 del Comitato sul diritto del bambino a essere protetto dalle punizioni corporali e da altre forme di punizioni crudeli e degradanti, e il commentario generale n. 13 (2011) sul diritto del bambino a essere protetto contro qualsiasi forma di violenza. Il Comitato raccomanda inoltre che lo Stato membro sensibilizzi i genitori sull’impatto delle punizioni corporali sul benessere dei bambini e sui metodi di disciplina alternativi in accordo con i diritti dei bambini.4

D’altra parte, l’Italia è stata esaminata nel corso del primo ciclo dell’Esame Periodico Universale nel 20105. Il governo ha respinto la raccomandazione di incorporare il giudizio della Corte di Cassazione del 1996 nella legislazione, vietando qualsiasi forma di punizione corporale dei bambini6. L’esame nel corso del secondo ciclo è previsto per il 2014.


È questa pertanto la situazione dell’Italia rispetto alle punizioni corporali. Come la Francia, anche l’Italia non ha votato una legge che le vieti; ma, grazie al giudizio della Corte di Cassazione, sembra che i bambini siano un po’ più protetti che in Francia.

La sculacciata
La sculacciata
Olivier Maurel
Perché farne a meno: domande e riflessioni.Le punizioni corporali sono dannose per il corpo e la psiche del bambino. Ma è possibile educare senza picchiare? Se sì, come? Le punizioni corporali sono pericolose per i bambini, in quanto le conseguenze della violenza rimangono permanenti sul corpo e nella psiche.Nel più lungo periodo, inoltre, molti studi dimostrano come questa pratica sia un fattore importante nello sviluppo di comportamenti violenti e sia associata ad altri problemi durante l’infanzia e nella vita. Come possiamo educare i bambini che mostrano un temperamento più aggressivi?Del resto, è stato forse dimostrato che schiaffi e sculacciate rendono più obbedienti i bambiniMigliorano forse l’apprendimento?La sculacciata di Olivier Maurel è una guida che ci permette di aprire gli occhi senza colpevolizzarci, rispondendo con chiarezza a queste e a molte altre domande. La prefazione è curata dalla celebre psicologa e psicanalista Alice Miller. Conosci l’autore Olivier Maurel è nato a Toulon nel 1937. Professore di Lettere al liceo Dumont d’Urville dal 1965 al 1997, è padre di cinque figli.Cresciuto in una famiglia numerosa, le letture dei libri di Alice Miller hanno accresciuto il suo interesse per il tema della violenza educativa, portandolo ad approfondirne le numerose ripercussioni sulla salute psico-fisica dei bambini e sul loro sviluppo. A partire dagli anni ’60, poi, si è fatto promotore di numerose battaglie sociali contro la violenza nel mondo e il traffico di armi.Ha fondato l’associazione Oveo (Osservatorio sulla violenza educativa ordinaria), con lo scopo di descrivere tutte le forme di violenza comunemente accettate in tutto il mondo, a scuola e in famiglia.