CAPITOLO I

Mamme e lavoro

La nostra storia

Diventare mamma è sempre stato il mio più grande desiderio. Fin da bambina, ho desiderato una famiglia numerosa e una vita il più possibile vicina alla natura.


Dopo aver concluso gli studi e viaggiato per l’Europa imparando diverse lingue, il mio sogno stava finalmente per realizzarsi. Aspettavo un bambino. Avevo un buon lavoro nel Principato di Monaco al quale intendevo tornare due mesi dopo il parto, come previsto dalla legge monegasca. Sembrava così semplice: lo facevano tutte.


Io però non ce l’ho fatta. Dopo un parto difficile e pieno di complicazioni, il bambino dormiva pochissimo e piangeva quasi ininterrottamente, calmandosi solo tra le mie braccia o attaccato al seno. Avevo provato a seguire i consigli degli “esperti” e impostare orari regolari per le poppate. Ma c’era senz’altro qualcosa che mi sfuggiva, perché il mio piccolo continuava a reclamare nei momenti più impensati. Non prendeva ciuccio né si accontentava di un oggetto transizionale. Per lui c’erano solo le braccia e il latte della mamma.


Il grande giorno si avvicinava e io non riuscivo ad immaginare di affidare quel piccolino alle cure di qualcun altro. Lui aveva bisogno di continue attenzioni e un’educatrice di nido con tanti bambini a cui badare non avrebbe certo potuto tenerlo in braccio tutto il giorno. C’è stato anche chi ha ipotizzato che fosse proprio quello il problema: troppe attenzioni = bambino viziato e iper-esigente.


Questo genere di osservazione, quando è rivolto a una neomamma fragile e stanca, può avere effetti devastanti. Io ho iniziato infatti a sentirmi inadeguata. Incapace di comprendere, di calmare, di “gestire” il mio bambino. La mia reazione è stata però opposta a quella suggerita: se con mio figlio non ci sapevo fare, la soluzione non era senz’altro lasciare che fossero altri a farlo al mio posto. Per me era ancora più evidente il fatto di dover restare con lui per poterlo comprendere, consolare, confortare.


La legge monegasca all’epoca non prevedeva congedi parentali oltre i due mesi canonici. Ho così provato a chiedere qualche mese di aspettativa. In seguito alla risposta negativa, non ho potuto fare altro che dare le dimissioni. A casa con il piccolo, le giornate sembravano non finire mai. Lui voleva stare sempre in braccio. E per quanto io stessa amassi averlo tra le mie braccia, in alcuni momenti era difficile e faticoso fare tutto con una mano sola.


Della meravigliosa carrozzina da corsa a tre ruote, che gli avevamo comprato prevedendo scorrazzate sulla promenade, non voleva nemmeno sentir parlare. Addio passeggiate in riva al mare: le nostre giornate si limitavano a gironzolare per casa con il bebè appoggiato sull’avambraccio.


Nella continua ricerca di una soluzione che potesse facilitare la vita a entrambi, ho acquistato il mio primo marsupio. Indicato dai cinque mesi in su. Leonardo ne aveva solo tre, ma ho voluto provare. Solo provare. È stato come premere su un magico pulsante che ha istantaneamente calmato il mio bambino. L’idea di dover aspettare ancora due mesi prima di poter utilizzare quel magico supporto non mi allettava affatto. Ho quindi iniziato subito a portare Leonardo, sorreggendogli la testa con una mano. L’ho portato finché non è stato in grado di camminare, e anche dopo.


Erano in molti a mettermi in guardia sulla dannosità di questa pratica: un bambino sempre attaccato alla mamma sarebbe diventato un mammone, viziato e capriccioso. Ero certa che queste persone, tutte più esperte di me, avessero ragione. Mi sentivo terribilmente in colpa ma, purtroppo, non ero riuscita a trovare un altro modo per calmare il mio bambino.


Diciannove mesi dopo Leonardo, è arrivata Gloria. Un giorno, durante la gravidanza, mi sono imbattuta in un uomo che portava un neonato di pochi giorni, avvolto in una fascia stretta stretta (al mio occhio inesperto sembrava addirittura troppo stretta).


Il bambino sembrava essere assolutamente sereno e soddisfatto e così anche il papà. Non ho potuto trattenermi dal fermarlo per domandargli dove avesse preso la sua fascia. Lui mi disse di essere tedesco, e di aver acquistato la sua fascia in Germania. Mi consigliò di cercare informazioni in rete. A volte penso che vorrei poter ringraziare quella persona che, senza saperlo, ha dato una vera e propria svolta alla mia vita.


Tornata a casa, ho iniziato la mia ricerca. Ho scoperto non solo la fascia ma anche l’universo del portare. Mi sono resa conto che esisteva anche un’altra scuola di pensiero rispetto a quella del “bambino portato = bambino viziato”. C’era chi pensava che portare fosse giusto, bello, naturale e benefico, tanto per la mamma che per il bambino.


Leggendo le argomentazioni pro-fascia mi sono chiesta come avessi potuto dubitare anche solo un secondo. Mi sono resa conto che il posto di ogni bambino è tra le braccia della sua mamma (o del suo papà). Semplice buon senso, certo. Ma non è sempre facile ragionare in modo sensato quando si è stanchi, frustrati e quando la soluzione ci viene presentata, già bella e confezionata, da persone che riteniamo più competenti di noi.


Del resto Leonardo stava smentendo le terribili previsioni. Era infatti un bambino molto vivace ma tutt’altro che viziato. Allegro e socievole, era curioso e assolutamente aperto al mondo.


Dopo essermi informata in modo approfondito e avendo compreso i limiti del marsupio classico, ho acquistato una fascia lunga nella quale ho portato Gloria fin dai primissimi giorni, senza senso di colpa e senza dare ascolto ai “presunti” esperti, secondo i quali la bambina avrebbe avuto troppo caldo, troppo freddo, avrebbe rischiato di soffocare, così stretta, e (ovviamente) sarebbe diventata mammona e viziata.


Eravamo entrambe felici della nostra fascia, e così pure Leonardo, che aveva una mamma serena e disponibile, con entrambe le mani libere. La fascia aveva per me un solo difetto: l’aspetto un po’ troppo “etnico” che stonava con il mio stile personale. Durante la mia terza gravidanza ho quindi pensato di crearne una io stessa, con un tessuto scelto da me. Cercando informazioni in rete ho scoperto il mei tai, e anche un tutorial per realizzarlo da sé. Ho deciso di provare.


Il mei tai è stato una grande scoperta per me: comodo e “fisiologicamente corretto” come la fascia, pratico e maneggevole come il marsupio. Una vera rivelazione. Ho portato Chiara nel mei tai fin dal primo momento e ho continuato fino ai diciotto mesi circa.


Nel frattempo avevo traslocato due volte e aperto il blog “La Casa nella Prateria” per restare in contatto con amici e parenti, tenendoli aggiornati con fotografie dei bambini e racconti della nostra quotidianità. Con mia grande sorpresa, il blog iniziava a ricevere visite anche da persone estranee alla mia cerchia familiare, e quando ho parlato del mio mei tai fatto in casa ho iniziato a ricevere richieste di persone che desideravano acquistarne uno.


Ho contattato l’autrice del tutorial e le ho chiesto il permesso di poterlo tradurre in italiano, condividendo il suo cartamodello. Grazie a questo semplice gesto di condivisione, molte mamme come me hanno scoperto questo meraviglioso supporto e hanno iniziato a portare.


Ma non tutti hanno il tempo, la voglia o la capacità di cucire da sé un mei tai. Di fronte alle continue richieste decisi quindi di realizzarne alcuni destinati alla vendita. Senza nemmeno rendermene conto, dopo sei anni trascorsi a fare la mamma a tempo pieno, stavo ricominciando a lavorare.


Un lavoro nuovo, completamente diverso da quelli che avevo svolto fino a quel momento, che mi avrebbe dato grandissime soddisfazioni. Ho deciso quindi di mettermi in regola e di aprire una partita IVA. Insieme all’attività commerciale, anche il blog cresceva piano piano, e ho iniziato a ricevere proposte di collaborazione in qualità di web editor. Quasi senza accorgermene, ho messo su una piccola impresa che contribuiva, nel suo piccolo, al bilancio familiare.


Qualche mese dopo, per via della crisi, il datore di lavoro di mio marito ha dato un taglio al personale. In quanto ultimo arrivato, è stato lui il primo ad essere “tagliato”.


La situazione rischiava di diventare difficile. Il suo stipendio era infatti essenziale per coprire le nostre spese. Dopo qualche settimana di curriculum, colloqui e code all’ufficio di collocamento, ci siamo detti che forse era il caso di guardare il lato positivo di quella condizione apparentemente critica. E se fosse stato lui, per un po’, a restare a casa, mentre io mi concentravo sulla mia piccola impresa in modo da farla crescere?


Non è facile convincere un uomo a fare “il casalingo”, ma il gioco valeva la candela. Abbiamo deciso quindi di concederci qualche mese perché io potessi concentrarmi sulla mia attività. In questo libro desidero condividere la nostra esperienza perché possa essere d’aiuto e d’ispirazione a chi volesse tentare un passo del genere. Non sono un’esperta in creazione d’impresa e lo scopo di questo libro non è indicarvi la strada sicura verso il successo. Sono semplicemente una mamma che è riuscita a conciliare la cura della famiglia con le necessità economiche che questa comporta e spero che, attraverso la nostra esperienza e la condivisione di ciò che ho imparato finora, altre mamme troveranno il coraggio, l’idea, l’opportunità che stanno cercando.

Se oggi il nostro sembra un mondo perfetto e dorato, tutto questo è nato dalla “cenere” della stanchezza, dello sconforto e del senso di inadeguatezza di fronte all’incapacità di calmare i pianti del nostro bambino. Dalle notti insonni, dallo sfinimento e dalla depressione. Dal coraggio di portare avanti le nostre scelte, allora considerate “controcorrente”, per preservare l’equilibrio della nostra famiglia.


Ogni esperienza, per quanto difficile, può nascondere nuove, meravigliose opportunità. Basta cercare l’ispirazione nella nostra vita di tutti i giorni.

Se siete stanche, frustrate, scoraggiate e tutto questo vi sembra un sogno irrealizzabile, sappiate che ci sono passata anch’io. E che a volte basta solo guardare le cose da un’angolazione diversa per uscire dal circolo vizioso della depressione. Risolvendo un mio problema pratico e immediato (necessità di portare il bambino) e condividendo i frutti della mia ricerca, ne ho risolto automaticamente un altro (cosa fare dopo la maternità, come contribuire al bilancio familiare).


Un percorso come questo è alla portata di tutti. Bisogna solo trovare la propria idea, la propria strada, il proprio problema da risolvere.


Perché imbarcarsi in questa avventura?

Vengo da una famiglia di commercianti. Fin da bambina li ho visti lavorare instancabilmente, e portarsi dietro le preoccupazioni legate al lavoro anche dopo aver abbassato la serranda. Io non volevo fare quella vita. Ho sempre detto che mai e poi mai mi sarei messa in proprio. E invece, eccomi qui.


Per noi non è stata una scelta: è capitato. Sono le circostanze che ci hanno portati a iniziare questa avventura. Ma ora che ci siamo dentro, possiamo valutare i pro e i contro. Se, come noi, non avete scelta, non vi resta che tentare. Se invece avete già un lavoro ma desiderate cambiare vita, pensateci bene:


  • Siete soddisfatte del vostro lavoro?

  • Lavorate per vivere o vivete per lavorare?

  • Il vostro lavoro vi fa sentire realizzate?

  • Vi permette di perseguire i vostri obiettivi?


Se amate il vostro lavoro è possibile che possiate continuare a svolgerlo. Elencate le vostre competenze, le vostre esperienze, le vostre passioni e valutate se la vostra attività possa essere svolta in modo indipendente, da casa.


Se invece il vostro lavoro è solo un modo come un altro per guadagnarvi da vivere, o addirittura un fardello, è il caso di valutare la possibilità di un cambio di rotta. Roba da matti? Può darsi, ma se non ci credete voi, chi volete che ci creda?


Lavorare da casa: pro e contro

I Pro

  • Eco-compatibilità

Lavorando da casa inquinate meno, non perdete tempo in mezzo al traffico o alla fermata dell’autobus e siete più efficienti.


  • Produttività

Le ore di lavoro sono più produttive: non c’è bisogno di “far vedere” che si sta lavorando, ma è necessario ottenere determinati risultati.


  • Riduzione dello stress

Se è vero che gestire la propria impresa è una grande responsabilità, lavorando da casa eviterete i rapporti forzati e conflittuali con colleghi e superiori e le ore trascorse nel traffico. Queste sono tra le principali cause di stress ai giorni nostri. Se vi svegliate al mattino con l’angoscia, se l’idea di trovarvi davanti al vostro capo vi paralizza e quella di lasciare il piccolo al nido vi tormenta, lavorare da casa può essere una soluzione ad alcuni dei vostri problemi.


  • Flessibilità

Lavorando da casa non ridurrete, come molti pensano erroneamente, il numero di ore di lavoro. Al contrario, nella maggior parte dei casi, lavorerete di più. Ma potrete organizzarvi in modo da far corrispondere gli orari lavorativi con i ritmi familiari. Questo significa solitamente lavorare mentre i bambini sono a scuola, durante il riposino, o la sera quando sono a letto. Significherà lavorare in condizioni impensabili (a me è capitato di cucire con Chiara che dormiva nel mei tai). Non è certo una passeggiata, ma la possibilità di gestire liberamente i vostri orari può rivelarsi un grande vantaggio.


  • Disponibilità

Lavorare da casa vi permette di occuparvi dei vostri figli, di partecipare alle riunioni di classe, di accudirli quando sono malati, di accompagnarli a lezione di danza o di judo. Ovviamente poi dovrete recuperare, magari nelle ore notturne.


  • Libertà

Potete scegliere i vostri collaboratori e persino i vostri clienti. Nessuno vi obbligherà a trattare con persone con le quali non vi sentite a vostro agio. Sarete libere di accettare o rifiutare un determinato incarico senza dover rendere conto a nessuno.


  • Soddisfazione personale

Probabilmente avrete scelto un mestiere che amate e per il quale siete portate. Questo farà sì che svolgiate la vostra attività con piacere ed entusiasmo, che trasmetterete a tutta la vostra famiglia.


I Contro

  • Rischio

La maggior parte delle nuove imprese fallisce nel giro di pochi mesi.


  • Flessibilità

Sì, la flessibilità era già elencata tra i pro. Ma se flessibilità significa poter gestire i propri orari di lavoro significa anche, molto spesso, essere disponibili 7 giorni su 7, a qualsiasi ora del giorno e della notte.


  • Difficoltà di organizzazione

Noi donne e mamme abbiamo un grande difetto. Troppo spesso aspiriamo alla perfezione. Se non la raggiungiamo, ci sentiamo frustrate, colpevoli, inadeguate. Vorremmo riuscire a cucinare, lavare, stirare, badare ai figli, lavorare, essere sempre impeccabili, disponibili e magari anche di buon umore. Questo ovviamente non è possibile. Una mamma che lavora (da casa e non) ha molti più impegni e responsabilità in un giorno di quante un essere umano possa assumersene realisticamente.


È quindi importante imparare a valutare le priorità, in modo da sbrigare le faccende più importanti senza sentirsi in colpa se non si riesce ogni giorno ad arrivare in fondo alla lista. Nessuno è mai morto per un pasto surgelato o per una maglietta non stirata.


Quando saranno grandi, i vostri figli si ricorderanno di una mamma che lavorava con impegno e passione per coltivare ciò in cui credeva. Si ricorderanno delle serate passate intorno al tavolo a ridere e a chiacchierare, delle passeggiate al parco nel fine settimana. Non si ricorderanno se i pavimenti erano lucidi e se avevate passato l’anticalcare in bagno. E nemmeno voi.


  • Difficoltà di gestione del tempo

Purtroppo, nonostante i nostri sforzi, le giornate si ostinano a durare 24 ore ciascuna.

Personalmente, ho seguito un allenamento intensivo (4 anni di notti insonni per via dei miei figli) imparando a ridurre al minimo le ore di sonno. Molte di voi avranno i loro trucchetti per ottimizzare il tempo e riuscire a sbrigare il maggior numero possibile di faccende.


È però importante riconoscere i propri limiti. Dopo un certo numero di nottate passate a lavorare, tutti abbiamo bisogno di riposo. Non ha senso sovraccaricarsi, perché questo influisce non solo sulla propria salute ma anche sulla produttività. Meglio un’ora di lavoro durante la quale siete fresche e concentrate che tre ore durante le quali faticate a tenere gli occhi aperti.


Quando non si ha un capo che gestisce gli orari e i compiti al posto nostro, è importante anche saper dire no, saper dire basta, saper spegnere il computer per godersi un bel bagno caldo, un buon libro o un film con tutta la famiglia.

Assicuratevi di non trascurare la vostra famiglia per via del lavoro. Ma è altrettanto importante non tralasciare il lavoro per dedicarsi a impegni che non richiedono necessariamente il nostro intervento. Potete provare a creare un grafico per misurare il tempo che dedicate a ciascuna attività.


Stabilite una “fetta” (di tempo e di impegno) da dedicare a ciascuna delle vostre attività. Riguardate il vostro grafico durante la giornata e chiedetevi se state rispettando la ripartizione stabilita o se state trascurando qualcosa di importante in favore di qualcosa che può aspettare.


La voce “famiglia” include anche voi stesse. Siete un membro della famiglia esattamente come tutti gli altri e avete il diritto e il dovere di prendervi cura anche di voi stesse.


  • Difficoltà nel separare il lavoro dalla famiglia

Per chi lavora fuori casa, la separazione fisica tra i due ambienti facilita il processo mentale di distinzione tra i ruoli (mamma, moglie, casalinga/lavoratrice). Chi lavora da casa deve invece fissare dei limiti per evitare che la mamma ostacoli il lavoro dell’imprenditrice, che le preoccupazioni legate al lavoro rovinino un bel pomeriggio insieme ai propri figli e così via.


L’ideale sarebbe avere una stanza da adibire ad ufficio. Quando varcate quella porta, siete al lavoro. Organizzatevi in modo da non essere interrotte. Al contrario, quando “uscite” dall’ufficio, chiudete la porta e cercate il più possibile di dimenticare le questioni di lavoro.

Cercate di restare il più possibile nel “qui e ora”. Quando state lavorando, evitate le distrazioni. Quando spegnete il pc (o la macchina da cucire, o qualunque sia il vostro strumento di lavoro) regalate alla vostra famiglia una moglie e mamma attenta e disponibile.


Se non avete una stanza a disposizione, ritagliatevi un angolo tranquillo in un luogo della vostra casa che sarà comunque dedicato al lavoro.

Se scegliete la vostra camera da letto, non dimenticate di spegnere il computer o gli eventuali macchinari quando andate a dormire. Se possibile, fissate una tenda per delimitare lo spazio di lavoro, o coprite il tutto con un telo. In questo modo eviterete che il vostro pc vi fissi “con aria minacciosa” mentre cercate di addormentarvi.


Lo yoga e la meditazione potranno aiutarvi a migliorare la concentrazione, a vivere il momento presente e a gestire le transizioni casa/lavoro – lavoro/casa.


  • Isolamento

Persino io, che sono un lupo solitario, ogni tanto mi sento un po’ “fuori dal mondo”. È vero che lavorando su internet è facile restare in contatto con amici e parenti e tenersi informati su ciò che accade nel mondo, ma mandarsi un poke su facebook non è certo come andare a prendere un caffè con le amiche.

In base alle vostre esigenze (lavorative, personali, affettive, sociali), concedetevi alcuni appuntamenti fissi ad intervalli regolari per interagire con il mondo esterno. Se non potete permettervi di uscire, invitate gli amici a casa. Non c’è niente di meglio che una bella cena in compagnia per dimenticare le preoccupazioni legate al lavoro e per rituffarsi nel “mondo reale”.


  • Tendenza a lasciarsi andare

Quando si passano giornate intere senza uscire di casa, è facile cedere alla tentazione di restare in vestaglia. Questo è assolutamente da evitare. Per se stessi, per il proprio marito (o moglie), e per i propri figli, ai quali dovete trasmettere un esempio positivo. Se non potete giocare con loro perché state “andando al lavoro”, non sarete credibili in vestaglia e bigodini!

Al mattino, preparatevi come se doveste uscire. Ovviamente non è il caso di indossare un tailleur. Scegliete abiti comodi (io amo molto i pantaloni ampi pensati per la danza o per lo yoga), nei quali potrete aprire la porta al postino senza vergognarvi.


  • Mancanza di riconoscimento sociale

Provate a dire che lavorate da casa e osservate le reazioni degli altri. Vi guarderanno con compassione o con invidia. Ma difficilmente vi prenderanno sul serio. C’è chi vi vedrà come una povera casalinga disperata che cerca di darsi un tono, chi come una specie di artista che vuol dare ai suoi hobby la dignità del lavoro.


I vostri cari vi manderanno alla posta a spedire raccomandate o in tintoria a ritirare le camicie. Visto che “siete a casa”.

Quando parlate della vostra attività, descrivete il lavoro che svolgete, lasciate trasparire il vostro entusiasmo e la passione che ci mettete. Volendo potete anche omettere, a meno che non vi venga chiesto esplicitamente, di precisare che lavorate da casa. Ovviamente, come dicevo poco sopra, un aspetto curato contribuisce a veicolare un’immagine seria e professionale.


Il coworking


Per evitare alcuni degli inconvenienti sopra elencati, una delle soluzioni possibili potrebbe essere il coworking. Si tratta di un concetto sempre più diffuso che consiste nel condividere il proprio spazio di lavoro con altri professionisti. Molto più economica dell’affitto di un ufficio individuale, questa soluzione permette inoltre di confrontarsi con altre persone.


Se invece siete voi ad avere un ufficio con dello spazio libero, potete metterlo a disposizione di altre persone che siano in cerca di una postazione lavorativa. Un’esperienza che vi arricchirà dal punto di vista personale permettendovi inoltre di ammortizzare le vostre spese.


E i bambini in tutto questo? Qualcuno ha già pensato a uno spazio di coworking dedicato alle mamme?


Trovare un’idea

C’è chi vuole dare una svolta alla propria vita.

C’è chi ha una passione e vorrebbe trasformarla in professione.

C’è chi ama il proprio lavoro, si sente competente e desidera continuare a svolgerlo, ma vorrebbe una maggiore libertà.

C’è chi ha un’idea geniale o chi si imbatte in un prodotto valido da distribuire.

La vostra idea può essere un’illuminazione improvvisa o il frutto di anni di riflessione.


L’importante è che sia la vostra. Le idee scopiazzate non portano mai molto lontano.


Se non avete un’idea originale potrete optare per un franchising, trovare un prodotto da commercializzare, offrire consulenze nel vostro settore. Le competenze richieste dal vostro lavoro attuale corrispondono con le vostre passioni e aspirazioni? Se così fosse potreste utilizzarle come punto di partenza per una nuova attività. Se invece il vostro attuale lavoro richiede di concentrarvi su argomenti che non vi appassionano e per i quali non siete portate, è il caso di considerare una riconversione.


Il mestiere di scrittore spesso mal si concilia con lo “sbarcare il lunario”. Daniela Sacerdoti, autrice del libro Watch Over Me (edito in Gran Bretagna dalla Black and White Publishing) ha deciso di compensare creando storie personalizzate destinate ai bambini. Un regalo originale per ogni bambino, una fonte di reddito supplementare per questa autrice di talento. Daniela propone i suoi servizi attraverso il suo sito web www.unastoriaperte.blogspot.com.


Sylvie, instancabile viaggiatrice, ha creato un portale (www.monescapade.fr) sul quale segnala centinaia di agriturismi in tutta la Francia. Sfruttando la sua passione, condividendo la sua esperienza e la sua competenza in materia, contribuisce al bilancio familiare.


Il momento giusto

La voglia di cambiare, di ricominciare, è grande e potrebbe portarvi ad effettuare scelte avventate.

Più i vostri figli sono piccoli, meno tempo avrete da dedicare al lavoro. Siete proprio sicure di volervi lanciare adesso? Se aspettate un bambino o ne avete uno piccolo che assorbe tutte le vostre energie, la sfida sarà ancora più difficile da affrontare. Considerate in modo dettagliato i vostri impegni quotidiani; non solo quelli odierni, ma anche quelli che vi aspettano nei mesi a venire. Valutate l’eventualità di aspettare un momento migliore (ad esempio l’inizio della scuola).


La fretta è cattiva consigliera: concedetevi il tempo di valutare il vostro progetto, di raccogliere le idee, di analizzare il vostro stile di vita. Ancora una volta, siate obiettive: se avete scelto di stare a casa per occuparvi dei vostri figli non è il caso di assumersi un impegno che richiederà ogni giorno dieci ore del vostro tempo.


Valutare le proprie capacità

Circa un terzo delle nuove imprese fallisce nel giro di due anni. La metà non arriva a cinque. Ciò è spesso dovuto all’incompatibilità del progetto con le capacità gestionali e relazionali del suo fondatore.

L’entusiasmo è senz’altro qualcosa di molto positivo, ma quando si tratta di affari è necessario essere realisti. Quali sono le vostre competenze, le vostre capacità? Siete obiettive nel valutare voi stesse e i vostri progetti o vi lasciate prendere dall’impulsività?


Se così fosse, chiedete aiuto a una persona di cui vi fidate per effettuare un’analisi fredda e imparziale del vostro progetto. Valutate se esso sia adatto al vostro carattere e allo stile di vita che desiderate raggiungere o mantenere.

Valutate i vostri successi e fallimenti passati. Cercate di comprenderne le ragioni. Imparate dai vostri errori e fate tesoro delle esperienze positive.


Se nel compilare il proprio curriculum vitae si è portati a concentrarsi sulle esperienze positive, questo bilancio privato e personale dovrà accordare altrettanta importanza ai propri punti deboli. Se il lavoro al quale aspirate fa leva proprio su quelli, il successo potrebbe non essere così scontato.

Certo questa potrebbe anche essere l’occasione di lavorare sulle proprie debolezze per cercare di migliorare se stessi. È importante però valutare con imparzialità i rischi che questo comporta e chiedersi se siamo in condizione di correrli.


Trovare i fondi

La maggior parte dei piccoli e medi imprenditori ricorre ai propri risparmi per avviare la propria attività. È importante valutare bene i rischi prima di lanciarsi. È indispensabile che le vostre entrate (ad esempio lo stipendio di vostro marito o il posto fisso che per il momento avete deciso di conservare) o i vostri eventuali risparmi vi permettano di coprire le spese finché la vostra attività non diventerà redditizia.


Prevedete almeno sei mesi o un anno, a seconda del tipo di attività, durante i quali dovrete assicurarvi una fonte di sostentamento alternativa.

Se avete bisogno di un prestito, informatevi prima presso la vostra camera di commercio. Molti comuni e regioni prevedono aiuti e agevolazioni per le donne o altre formule che potrebbero esservi d’aiuto.


Esistono leggi specifiche volte a tutelare l’imprenditoria femminile. Per femminile si intende un’impresa individuale il cui titolare sia una donna o una società costituita in misura non inferiore al 60% da donne. Il requisito di partecipazione femminile deve sussistere alla data di presentazione della domanda ed essere mantenuto per un periodo di almeno tre anni a decorrere dalla data di concessione dell’agevolazione. Gli incentivi sono concessi, fino a concorrenza delle risorse disponibili, tramite procedura valutativa con procedimento a graduatoria.


In genere sono ammissibili a contributo le spese per l’acquisto di impianti, macchinari, attrezzature e licenze software, per l’acquisizione di consulenze per la creazione di un sito web orientato al commercio elettronico, l’acquisto di automezzi a condizione che gli stessi siano immatricolati come autocarri per il trasporto di materiale, spese notarili per la costituzione della società.


Tramite i bandi pubblicati regolarmente sulla Gazzetta Ufficiale è possibile ottenere finanziamenti a fondo perduto o a tasso agevolato. Per partecipare è necessario presentare una relazione illustrativa dell’attività svolta dall’impresa e dell’iniziativa e un preventivo analitico delle spese da sostenere.


Se avete un lavoro fisso che pensate di lasciare in un secondo momento, valutate l’eventualità di richiedere un prestito, se pensate che potreste averne bisogno in un prossimo futuro. Quando non avrete più uno stipendio sicuro, sarà molto più difficile ottenerne uno.


Se la somma di cui avete bisogno non è troppo ingente, potete chiedere un prestito ad amici o parenti. In questo caso, mettete tutto per iscritto nel modo più chiaro possibile, modalità e tempi di rimborso compresi. Litigi per motivi finanziari sono spesso causa di rotture, anche definitive, tra membri di una stessa famiglia.


Aprite un conto in banca esclusivamente dedicato alla vostra attività. Eviterete di fare confusione e avrete un maggior controllo della situazione. Alcuni tipi di attività non richiedono investimenti iniziali o richiedono materiali di cui disponete già. Io, ad esempio, avevo già in casa un pc e una macchina da cucire.


È necessario determinare l’entità dell’investimento iniziale, necessario per avviare l’attività e per mandarla avanti in attesa delle prime entrate.

Determinate le vostre fonti di finanziamento (apporto personale, prestiti, sovvenzioni, finanziamenti eccetera).


Quando iniziano a entrare i primi guadagni, è bene reinvestirli nell’impresa, magari per finanziare nuovi materiali. Potrete investire in macchinari deducendone il costo dalle tasse a fine anno. Troverete informazioni in merito sul sito dell’Agenzia delle entrate.


Volendo potrete valutare la possibilità di trovare un socio o un investitore. Se decidete di creare una società, fate molta attenzione: quello economico non è l’unico aspetto importante da considerare. Chiedetevi se siete disposti a lavorare insieme, a condividere le decisioni. Se desiderate avere il controllo totale della situazione, questa soluzione, seppur con i suoi innegabili vantaggi, non fa per voi. Se invece siete abituate (e propense) al lavoro di squadra, se amate potervi confrontare, se avete assoluta fiducia nella persona in questione, associarvi potrebbe avere numerosi vantaggi sia dal punto di vista economico che da quello organizzativo.


Il regime dei minimi

Rientrano nel regime dei contribuenti minimi i lavoratori autonomi e le persone fisiche residenti nel territorio italiano che nell’anno solare precedente non abbiano conseguito compensi superiori ai 30.000 euro. Il regime agevolato può essere applicato fin dall’inizio dell’attività, se si prevede di rispettare le suddette condizioni. Tale scelta va precisata nella dichiarazione di inizio attività.


I contribuenti che applicano il regime dei contribuenti minimi sono esenti dall’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) e dall’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) ed esonerati dalla maggior parte degli obblighi contabili e dichiarativi (registrazione delle fatture emesse, degli acquisti, delle scritture contabili). Sono invece soggetti all’applicazione di un’imposta sostitutiva del 20% sul reddito.


Il reddito imponibile verrà calcolato in base al principio di cassa:

compensi incassati - spese sostenute (durante l’anno)

Gli imprenditori che operano con il regime dei minimi devono comunque emettere fatture numerate, sulle quali deve essere precisato il regime stesso.

Per beneficiare del regime agevolato è necessario:

  • Non aver effettuato cessioni all’esportazione o altre operazioni di scambio internazionale
  • Non aver sostenuto spese per lavoro dipendente o collaboratori
  • Non aver erogato utili di partecipazione ad associati con apporto costituito da solo lavoro
  • Non aver acquistato, nei tre anni precedenti, beni strumentali del valore complessivo superiore a 15.000 euro

Il regime dei minimi non permette di esercitare il diritto di rivalsa né di detrarre l’Iva assolta sugli acquisti effettuati. È quindi sconsigliato per quelle attività che presentano elevati costi che potrebbero altrimenti essere detratti.


Lasciare il posto fisso

Se aspettate da anni una promozione o un trasferimento che, in cuor vostro lo sapete, non arriverà mai; se l’atmosfera è tesa, i rapporti sono incentrati sull’interesse e sulla competizione; se il lavoro invece di arricchirvi vi impoverisce; se vi alzate angosciati e vi coricate completamente “svuotati” quello non è senz’altro il lavoro per voi.


Mettersi in proprio è un rischio. Noi non avevamo nulla da perdere (o meglio, quello che c’era da perdere l’avevamo già perso). Sono molte le persone che invece hanno un posto fisso e sognano di lavorare da casa, ma temono di non farcela, di rimpiangere la propria scelta.


Purtroppo non ci sono garanzie. Sono molte le nuove attività imprenditoriali che falliscono ogni anno. Chi ha un posto sicuro (ammesso che questo esista ancora) può tentare in un primo momento di sondare il terreno, di avviare la propria attività mentre ancora lavora. I risultati ottenuti aiuteranno in seguito a prendere una decisione.


Ingrandirsi: sì o no?

La mia amica Eliane, che mi ha introdotta alle tecniche di visualizzazione creativa, mi ha messa subito in guardia “Bisogna fare attenzione a quello che si chiede all’Universo”. Attenzione a quello che desiderate, perché potreste ottenerlo. In tal caso, meglio essere preparate.


Probabilmente desiderate che la vostra azienda abbia un grande successo. Ma vi siete chieste come la gestirete quando questo avverrà? Se, come è successo a me con i mei tai, la richiesta supera l’offerta, bisogna decidere se ingrandirsi o meno.


A un certo punto ho considerato l’eventualità di affidare la realizzazione dei miei mei tai a qualcun altro, limitandomi a scegliere i tessuti e abbinare le fantasie. Su ogni singolo pezzo avrei guadagnato di meno (bisognava pagare la manodopera), ma avrei potuto produrre di più. Tuttavia, basandomi sul fatto che, come dicevo all’inizio, molti dei miei clienti scelgono i miei mei tai proprio perché sono io a confezionarli, ho preferito occuparmi personalmente della realizzazione, anche se questo limitava il numero di pezzi prodotti. Per ottimizzare i tempi, ho incaricato mio marito di tagliare la stoffa e di occuparsi dell’aspetto amministrativo della mia attività.


Non sempre ingrandirsi è la soluzione giusta. Fate bene i vostri conti per capire se vale davvero la pena di assumere qualcuno o di coinvolgere i vostri familiari nella vostra attività.


Ci sono anche altri fattori da considerare quando l’azienda cresce. Se gli affari vanno a gonfie vele, è possibile che qualcuno (un concorrente o un imprenditore a caccia di idee) desideri acquisire la vostra attività. Il solo pensiero potrebbe farvi rabbrividire. Cercate invece di trattare la vostra azienda come trattereste un figlio: proteggetelo più che potete ma siate pronte a lasciarlo andare quando sarà il momento.


Se avete deciso di mettervi in proprio per essere più disponibili con i vostri figli e vi ritrovate sommerse dal lavoro, vi state allontanando dal vostro obiettivo. Rivendere la vostra azienda potrebbe permettervi di dedicarvi maggiormente alla vostra famiglia.


Se il vostro obiettivo è quello di pagare il mutuo, la società che vuole acquisire la vostra impresa potrebbe permettervi di estinguerlo e di dedicarvi ad altro. Se avete voglia di una svolta, è il caso di farci un pensierino.

Se il vostro lavoro è diventato un peso, se lo svolgete meccanicamente senza l’entusiasmo e la passione dei primi tempi, forse potreste considerare l’offerta di un potenziale acquirente.


Il progetto d’impresa (o business plan)

Spiegate perché la vostra idea è buona
e perché siete voi la persona giusta per realizzarla.

(Maria T. Bailey)


Il Business Plan è un documento che descrive la vostra attività e i suoi obiettivi, valutandone la fattibilità e la redditività. Definisce il vostro target, ovvero il pubblico al quale vi rivolgete, gli eventuali concorrenti e le strategie per promuovere il vostro progetto.


Redigere un progetto d’impresa è indispensabile quando si richiede un finanziamento. I potenziali investitori devono infatti conoscere il vostro progetto in modo dettagliato per poter valutare l’eventualità di sostenerlo.

Se invece avviate una piccola attività senza bisogno di finanziamenti, il business plan vi sarà utile per analizzare il vostro progetto in modo critico e obiettivo, senza condizionamenti emotivi. Vi aiuterà inoltre a non perdere d’occhio i vostri obiettivi.


Nel suo libro The Right-Brain Business Plan, Jennifer Lee spiega: “Il business plan è come una mappa che vi aiuta a orientarvi, a sapere dove volete andare e come arrivarci”. Sempre secondo la Lee, la mancanza di organizzazione è uno dei motivi principali che causano il fallimento del 50% delle piccole imprese negli Stati Uniti. 


Non avere un business plan è come guidare senza sapere dove andate.


Il business plan va rivisto regolarmente (ogni 6-12 mesi) e adattato alle oscillazioni del mercato, ai risultati raggiunti che potrebbero portarvi a riconsiderare i vostri obiettivi, e ad eventuali altri fattori che influenzeranno l’evoluzione del vostro progetto.


Il vostro Business Plan

La tabella sottostante è un esempio con i punti salienti del business plan. Potrete sviluppare il vostro in maniera approfondita utilizzando la griglia in fondo a questo volume.


Titolo: Il nome della vostra attività o il titolo del progetto.

Descrizione del progetto: Obiettivi. Mission. Competenze dell’imprenditore.

Target: A chi è rivolto il vostro progetto?

Descrizione prodotto o servizio: Di che cosa si tratta? Che cosa lo rende unico?

Analisi di mercato: Il prodotto è nuovo o esiste già sul mercato? Se esiste già in che cosa il vostro si differenzia dagli altri? Quanti e quali sono i possibili concorrenti? In che cosa vi distinguete da loro?

Analisi redditività: Quanto contate guadagnare, in che modo e in quanto tempo?

Impegno lavorativo: Quante ore al giorno/alla settimana intendete lavorare? Potete svolgere tutto da sole o avrete bisogno di un aiuto? (contabile, commercialista, consulente, avvocato o altro tipo di collaboratore).

Spese da affrontare: Quali sono gli investimenti iniziali da affrontare? Siete in grado di far fronte a queste spese o avete bisogno di un finanziamento?

Attrezzature: Disponete già delle attrezzature necessarie? E delle competenze per utilizzarle correttamente?

Strategie di promozione: Inserzioni pubblicitarie, campagne online, passaparola… come intendete promuovere la vostra attività?


Vania e Monia, contitolari di Moine e Versetti, boutique dedicata a mamme e bambini a Sesto Calende, sul lago Maggiore, hanno accettato di illustrarci i punti salienti del loro business plan, che potrete usare come esempio per creare il vostro.


  • Obiettivi: creare un piccolo progetto imprenditoriale incentrato sulle nostre passioni.
  • Target: mamme e bambini, per tutte le fasce di reddito, con articoli che vanno dal basic al super lusso.
  • Impegno lavorativo: 8-12 ore al giorno. Se necessario anche di più. (Vania e Monia hanno scelto di curare tutto da sole: contabilità, comunicazione, vetrine, esposizione, acquisti e vendita. La promozione online è un lavoro quotidiano che viene fatto nelle ore notturne).
  • Spese da affrontare: forniture, beni strumentali, arredamento, spese notarili per l’apertura societaria, INPS, e iscrizione alla camera di commercio, commercialista, assicurazione, affitto del negozio, SIAE, estintori e loro manutenzione.
  • Attrezzature: Cassa, POS della banca e computer.
  • Strategie di promozione: niente inserzioni pubblicitarie ma belle vetrine, un blog, un profilo facebook e il passaparola.
  • Vania e Monia hanno iniziato con un piccolo finanziamento, rimborsato nel giro di cinque anni.


Una volta lanciata con successo la vostra impresa, il vostro compito è tutt’altro che terminato. Dovrete tenere d’occhio il mercato ed essere pronti a reagire all’evoluzione dello stesso, nonché all’eventuale reazione della concorrenza.


Potrete decidere di specializzarvi in un determinato settore in modo particolare, per conquistarvi la vostra fetta di mercato, o di diversificare l’offerta proponendo ai vostri clienti diversi tipi di prodotti. In molti casi saranno i vostri stessi clienti a rendervi partecipi delle loro esigenze, indirizzandovi verso l’una o l’altra scelta. State in ascolto!


Requisiti

Per lanciarsi in un’avventura del genere ci vuole una buona dose di coraggio e/o incoscienza. Il limite tra i due è spesso difficile da individuare.

Altro requisito fondamentale è la pazienza: nessuna attività decolla dall’oggi al domani. Se ci credete, dovete avere pazienza e continuare a perseverare. In molti casi nei primi due-tre anni di attività ci si limita, economicamente parlando, a “sopravvivere”.


Flessibilità: questo termine è ricorrente. In questo caso vi servirà flessibilità per adattarvi all’evoluzione della vostra situazione lavorativa. Esaminate la reazione del mercato, valutate le diverse opportunità che vi si presentano. Senza dimenticare il vostro obiettivo principale, siate pronte ad aggiustare il tiro se il mercato lo richiede. Il mercato cambia e si evolve. Siate pronte a cogliere le nuove opportunità e ad accantonare le idee che non funzionano come avevate previsto.


Senso di responsabilità: siete pronte ad assumere il controllo della vostra vita e del vostro lavoro, con tutte le responsabilità che questo comporta? Se la libertà è senz’altro eccitante, le responsabilità possono essere schiaccianti.

Capacità di organizzazione: siete in grado di gestire tutti gli aspetti della vostra attività senza perdere la testa? Siete precise, puntuali, organizzate?

Ambizione: credete realmente nel vostro progetto? Siete pronte a mettercela tutta per raggiungere i vostri obiettivi?


Prudenza: il fatto di avere un’idea eccellente non garantisce il successo. Evitate le decisioni affrettate, limitate i rischi, fate un passo alla volta.

Realismo: non fatevi accecare dall’entusiasmo. Prima di mettersi in gioco è necessaria un’analisi fredda e razionale delle proprie capacità, del prodotto e del mercato. Essere realisti significa anche imparare a dire no a un progetto poco adatto a voi, o per il quale non avete tempo a disposizione.


Autonomia: siete in grado di restare motivate anche senza avere un superiore che vi sproni?


Tenacia: è facile scoraggiarsi di fronte alle prime difficoltà. Siete in grado di tenere duro di fronte ai piccoli intoppi? Di guardare avanti nonostante gli ostacoli?


Dinamismo: che la vostra sia un’attività sedentaria o meno, vi servirà una buona dose di dinamismo, se non altro mentale. Siete in grado di prendere l’iniziativa, di trovare soluzioni creative, di passare all’azione, di “ricaricarvi” e puntare dritto all’obiettivo?


Capacità di concentrazione: perdere la concentrazione è facile, soprattutto quando si lavora da soli, e da casa. C’è il pranzo da preparare, la posta da controllare. Siete in grado di restare focalizzate e di non “perdervi” nelle incombenze quotidiane?


Capacità di delegare: quando la vostra piccola impresa inizierà a crescere, potrebbe essere necessario delegare alcuni aspetti della gestione della casa o del lavoro. Potersi permettere qualcuno che si occupi della pulizia della casa o della contabilità della vostra azienda è senz’altro un grande vantaggio. Ma siete sicure di riuscire a delegare?


Resistenza allo stress: contrariamente al lavoro da dipendente, quello autonomo richiede di assumersi tutte le responsabilità. Potrete fissarvi degli orari di lavoro, ma gli imprevisti che vi costringeranno a lunghe ore di lavoro extra sono da mettere in conto. La vostra attività sarà parte integrante della vostra vita e vi seguirà ovunque. Anche dove non vorreste. Anche quando avrete deciso di fare una pausa. È necessario riuscire a gestire lo stress che questo comporta.


Capacità di lavorare da soli: Nella maggior parte dei casi, almeno all’inizio, lavorare da casa significa stare soli. Se siete tipi introspettivi e solitari, se non vi pesa passare intere giornate senza uscire di casa o quasi, la cosa non vi riuscirà difficile. È molto probabile però che con il passare del tempo la mancanza di relazioni sociali si faccia sentire.


Se decidete di lavorare da casa per i motivi più disparati (flessibilità, libertà, disponibilità nei confronti dei figli) ma sentite la mancanza del contatto umano, bisognerà correre ai ripari.


È importante continuare a coltivare relazioni (personali e professionali) di qualità. Anche avere un hobby, una passione, può aiutarvi a non sentirvi in trappola.


Il vostro prodotto (o servizio)

Ok, vi siete fatte coraggio. Avete individuato la vostra idea. Ora dovrete stabilire se l’attività che intendete avviare merita di essere presa in considerazione:


  • Qual è il vostro prodotto?
  • A chi è destinato?
  • In che modo si differenzia da altri prodotti simili presenti sul mercato?

Può trattarsi di un prodotto nuovo o di uno già esistente. Di un’opera artigianale o di una intellettuale. Un libro, un e-book, un corso online. Le possibilità sono infinite. Grazie al web, diffondere i propri lavori è davvero alla portata di tutti.


Il mei tai non l’ho certo inventato io. Ma posso dire di aver contribuito alla sua diffusione sul mercato italiano.


Quando ho iniziato a creare mei tai c’era già, sul mercato italiano, qualche azienda che li proponeva. Il mio punto forte è stato l’unicità di ogni pezzo e il fatto che fossero realizzati a mano, uno ad uno. La mia immagine ha senz’altro giocato un ruolo fondamentale. Avevo un folto gruppo di lettori che mi stimavano e che, probabilmente, erano felici che fossi proprio io a cucire il loro mei tai. Una parte del successo della mia impresa senz’altro è legata ad un fattore sentimentale.


Per avviare la vostra attività non avete necessariamente bisogno di un prodotto nuovo. Potrete optare per un prodotto già esistente, ma per cui c’è molta domanda.


La mia idea è nata dal fatto che non ho trovato, sul mercato, ciò che cercavo. Il mei tai non era un prodotto assolutamente nuovo ma neanche ampiamente diffuso. Mancava, sul mercato, un portabebè che fosse comodo, pratico ma anche chic. I miei tessuti pregiati e ricercati facevano la differenza e coprivano una nicchia del mercato non ancora raggiunta dalla concorrenza. Non credo che i pochi concorrenti si siano sentiti minacciati dalla mia attività. Sul mercato c’era (e c’è ancora) posto per tutti.


Una delle difficoltà principali che ho incontrato all’inizio è stata la determinazione del prezzo. Volevo essere competitiva senza essere scorretta. Abbordabile senza svendere il mio lavoro.


Dopo una serie di calcoli e tentativi ho stabilito un prezzo finale relativamente alto. Tenendo conto dei tessuti pregiati, delle ore di lavoro (spesso rubate al sonno) e delle tasse da pagare, non potevo scendere al di sotto di quella cifra, elevata ma ragionevole, che i miei clienti scelgono di investire per un prodotto di qualità.


Nel calcolare il prezzo di vendita delle vostre creazioni, dovete tenere presente il prezzo del materiale (compreso il packaging), le ore di lavoro e il costo della manodopera.


(Costo del materiale + ore di lavoro) x 2 = prezzo minimo di vendita

Nel caso di prodotti già presenti sul mercato può essere utile considerare il prezzo applicato dai concorrenti. Se il vostro prodotto è una vostra creazione artigianale, disponibile in quantità limitata, questo aspetto risulterà meno importante.


Per alcuni prodotti, è importante fidelizzare il cliente. Se vendete beni di consumo, dovete fare in modo che i vostri clienti tornino da voi ogni volta che ne hanno bisogno.


Il mei tai non è, in genere, un prodotto che si acquista due volte. Se il vostro è un prodotto di questo tipo il regalo più grande che il vostro cliente vi potrà fare, sarà parlare bene di voi. Il passaparola è gratuito, disinteressato e sincero. Un potente quanto involontario mezzo di marketing.


Fornire un prodotto o un servizio eccellente non basta. Bisogna anche coccolare i propri clienti, trattarli come persone e non come numeri, chiamarli per nome e tenere conto delle loro esigenze. Solo così torneranno da voi o vi manderanno i loro amici e conoscenti.


Un packaging ben curato e un messaggio personale possono fare la differenza. Includere un buono sconto per i prossimi acquisti, magari da utilizzare entro una scadenza precisa, incoraggerà il cliente a rivolgersi nuovamente a voi la volta successiva.


Una volta definito il vostro prodotto nel modo più preciso possibile (non semplicemente “mei tai”, ad esempio, ma mei tai chic, pezzi unici realizzati con tessuti pregiati), dovrete individuare il vostro target, ovvero il vostro pubblico, la vostra clientela.


  • Chi sono i miei clienti?
  • Di cosa hanno bisogno?
  • Quanti sono?

Se avete un blog o siete presenti in rete tramite i social network, potete sondare il terreno con un sondaggio o un questionario.


Definire il profilo dei vostri potenziali clienti vi aiuterà a valutare oggettivamente il vostro prodotto e ad elaborare una strategia di promozione e di vendita più efficace.


  • Dove intendete vendere il vostro prodotto?
  • Con quali modalità?
  • A che prezzo?

Spesso le donne hanno un rapporto conflittuale con il denaro e tendono a svalutare se stesse e il proprio lavoro. Non abbiate paura di farvi pagare per i prodotti (o i servizi) che offrite. Se proponete un servizio di qualità, i vostri clienti saranno felici di pagare per averlo. Chi investe nel vostro lavoro ha fiducia in voi. Ricompensate questa fiducia dando il meglio di voi e avrete meritato la somma incassata.


Il nome e l’immagine della vostra azienda

Ovviamente la cosa più importante è essere professionali. Ma anche l’occhio vuole la sua parte. Tanto per cominciare, curare il proprio aspetto è di fondamentale importanza, non solo per voi stesse ma anche per l’immagine della vostra attività.


Se per un’attività come la mia l’ambiente casalingo è senz’altro la cornice ideale, per altri tipi di attività l’immagine di una mamma in pantofole che lavora dal salotto di casa potrebbe non essere quella vincente.


Innanzitutto dovrete trovare un nome. Se fornite un servizio (consulenze, traduzioni, articoli redazionali) andranno benissimo il vostro nome e cognome. Ma se vendete beni di consumo dovrete trovare un nome per la vostra azienda. Possibilmente breve, facile da ricordare, valorizzante e che vada dritto al sodo. Eco and Eco, ad esempio, vende prodotti ecologici. Si capiva, no? E 2 Click Photography? Avete indovinato, no?


Trovare il nome giusto è estremamente importante. Quello che sceglierete potrebbe restarvi incollato addosso per molto tempo. Concedetevi un po’ di tempo e buttate giù tutto ciò che vi passa per la testa. Discutetene con familiari, amici e conoscenti. Ciò che per voi rievoca una certa sensazione, potrebbe non avere lo stesso effetto sugli altri.


Una volta trovato il nome giusto, quello che vi rappresenta e che vi calza a pennello, dovrete verificare che non sia già in uso. Se il marchio è disponibile, potete semmai registrarlo. In questo modo acquisirete il diritto all’utilizzo esclusivo dello stesso, nei termini e nelle modalità previsti dalla normativa vigente. Il marchio deve essere nuovo, lecito e avere capacità distintiva. La domanda viene presentata tramite compilazione del modello C, scaricabile gratuitamente sul sito dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi. Esistono diversi tipi di registrazione, che può essere ad esempio nazionale o internazionale. 

Si può depositare il testo, la grafica o la combinazione di questi due elementi. Se si registra un logo, si può decidere di registrarlo così com’è o in tutte le diverse combinazioni di colori possibili. È inoltre necessario precisare a quale tipo di prodotto il marchio verrà associato. Un marchio non può essere un termine o un segno di uso comune, la definizione generica di un prodotto (es. “mei tai”) né può essere costituito da termini o segni contrari alla legge o volti ad ingannare il cliente. Il costo della registrazione del marchio ammonta a diverse centinaia di euro, e varia a seconda delle modalità sopra descritte. Registrare il marchio non è indispensabile ma è un modo per tutelarsi dal plagio. Un marchio registrato conferirà inoltre un maggior valore alla vostra azienda, se un giorno doveste decidere di rivenderla.


Una volta stabilito il nome della vostra attività, potrete far stampare biglietti da visita da avere sempre a portata di mano e carta intestata per la corrispondenza professionale.


Se lavorate da casa e avete figli grandi, potrebbe essere il caso di installare una linea telefonica professionale, in modo da accontentare le esigenze di tutti.


Procuratevi un’URL, un indirizzo e-mail, un profilo (personale) o una pagina (professionale) su facebook o altro social media. Nessuno prenderà sul serio puccipucci75@hotmail.com. Utilizzate il vostro nome e cognome, o il nome della vostra azienda. Se possedete un dominio potete personalizzare il vostro indirizzo e-mail (info@lacasanellaprateria.com).


Se lavorate da casa ma non volete comunicare ai vostri clienti il vostro indirizzo privato, potete ricorrere ad una casella postale destinata alla corrispondenza professionale. In questo modo salvaguardate la vostra privacy pur essendo facilmente reperibili.


Vendere le proprie creazioni

Se siete delle creative e desiderate vendere i vostri lavori, troverete qui di seguito alcuni consigli utili. Per questa sezione ho chiesto aiuto ad un’esperta del settore: Emanuela Cerri (mamma, blogger, creativa e assidua frequentatrice di mercatini).


Per partecipare ai mercatini e per vendere le proprie creazioni tra privati non è necessario aprire la partita IVA, a condizione di non superare i 5000€ annui e di non lavorare in modo continuativo (per più di trenta giorni all’anno) con lo stesso committente. In questo caso si viene considerate Hobbiste e le transazioni vengono definite prestazioni occasionali. Le prestazioni occasionali devono avere carattere sporadico, non organizzato, non professionale e a portata limitata.


Ex art. 61 c. 2: sono considerate prestazioni occasionali le “attività che coinvolgono il lavoratore per una durata che complessivamente non supera i giorni 30 (trenta) nel corso dell’anno solare con un medesimo committente e che, in ogni caso, non prevedano compensi superiori ad € 5000 (cinquemila)”.

Le prestazioni occasionali non sono dunque soggette ad IVA. Starà all’Agenzia delle Entrate stabilire se la vostra attività sia da considerarsi amatoriale oppure no.


È possibile vendere le proprie creazioni anche a negozi, con ritenuta d’acconto del 20%. Se la collaborazione è di carattere non continuativo, le vendite singole non superano il valore di 250 € e il ricavo totale (del negoziante) non supera i 5.000 € questo tipo di transazione può essere considerata prestazione occasionale.


Se l’attività diventa redditizia e continuativa assume un carattere professionale. In questo caso sarà necessario aprire la partita IVA e iscriversi all’albo delle imprese artigiane.


La partita IVA presenta dei costi piuttosto elevati: oltre tremila euro all’anno tra iscrizione alla camera di commercio, gestione annua delle attività (con la consulenza di un commercialista), inps e irpef o irap.

Dal 2008 è in vigore il regime dei minimi, destinato alle persone fisiche che esercitano attività di impresa con ricavi inferiori ai 30.000 euro. In questo caso le imposte vengono calcolate sul reddito effettivo, senza costi fissi.


Iscrizione alla SIAE

Se create oggetti unici e originali potreste volerli proteggere con una licenza.

Iscrivendovi alla SIAE proteggerete la vostra opera dal plagio e dall’utilizzo a fini di lucro da parte di terzi. Venderete quindi il vostro lavoro ma ne manterrete la paternità, incassando i diritti d’autore se questo venisse utilizzato a scopo commerciale.


La SIAE (sezione OLAF – Opere Letterarie ed Arti Figurative) esercita inoltre la tutela del diritto di riproduzione dell’opera e offre il servizio di deposito delle opere inedite (romanzi, racconti, poesie, copioni, trame, sceneggiature o soggetti cinematografici, opere audiovisive, format, software, banche dati ecc.)

Le tariffe di associazione alla SIAE sono piuttosto elevate e spesso proibitive per chi esercita a livello hobbistico (a partire dai 220 euro tra iscrizione e contributo annuo).


Attenzione: le informazioni qui riportate non sostituiscono il parere di un esperto. Le regole in materia possono variare di regione in regione, di legislatura in legislatura. È quindi consigliabile rivolgersi ad un commercialista prima di iniziare.


  • Vendere nei mercatini

I mercatini artigianali sono numerosi in giro per l’Italia, soprattutto nel periodo estivo e in quello natalizio. Emanuela consiglia di puntare sui mercatini artigianali perché in fiere o mercati generici le vostre creazioni potrebbero apparire fuori contesto e non essere sufficientemente apprezzate. Ci sono mercatini riservati ai professionisti e altri aperti agli hobbisti. Se fate parte di questa seconda categoria (e quindi non avete partita IVA) non dimenticate di precisarlo al momento dell’iscrizione.


Per cominciare, è bene scegliere i mercatini che non richiedono una quota di partecipazione o quelli a basso costo. Una curiosità: nella maggior parte dei mercatini è vietato esporre i prezzi. Si tratta infatti, ufficialmente, di mercatini del baratto.


Al momento dell’iscrizione, sarà bene informarsi su ciò che è fornito dall’organizzazione e ciò che dovrete invece procurarvi: tavoli, sedie, appendiabiti eccetera. Non dimenticate dei teli colorati per coprire il vostro tavolo. Optate per modelli grandi che arrivino fino al pavimento per coprire quello che Emanuela definisce artisticamente il vostro “backstage creativo”.

Per alcuni mercatini la partecipazione è gratuita. Altri sono a pagamento. Le quote possono variare in base al luogo e al periodo dell’anno ma in genere oscillano tra i 10 e i 50 euro al giorno. Nel costo è compresa la corrente elettrica per l’illuminazione ma non le lampade che, in genere, dovrete portare voi.


Una volta sbrigata la parte burocratica bisogna organizzarsi per il mercatino. È consigliabile arrivare presto, per poter montare con calma la vostra postazione, per osservare il modo in cui allestiscono gli altri espositori e… per evitare di farsi rubare il posto! Nei momenti di minore afflusso, approfittatene per riordinare, ripulire e riorganizzare la vostra esposizione se necessario.

Se il mercatino si svolge di sera e l’organizzazione non fornisce l’illuminazione, dovrete avere con voi almeno un paio di faretti, una prolunga e una ciabatta multi presa.


Anche l’occhio vuole la sua parte: studiate un packaging semplice, economico ma d’effetto per le vostre creazioni. E non dimenticate di accompagnarle sempre con un biglietto da visita o un volantino che riporti le vostre informazioni di contatto e l’indirizzo del vostro blog/sito web (se ne avete uno). Potrete offrirli anche a chi visita il vostro banco ma non acquista: potrebbe farlo in futuro o consigliare le vostre creazioni a qualcun altro.

Se vendete abbigliamento o bigiotteria, è indispensabile avere uno specchio che permetta ai clienti di provare le vostre creazioni. Pensate anche all’occorrente per pulirlo in caso di bisogno.


Ultimo, ma non meno importante, il vostro kit di sopravvivenza: cibo, acqua, sacchetto per la spazzatura, carta, penna, calcolatrice, agenda eccetera.

  • Allestire il proprio banco

Non trascurate le prove generali. Montate il vostro banco prima del giorno del mercatino e disponetevi le vostre creazioni, provando diverse soluzioni fino ad ottenere quella di maggiore effetto. Per un maggiore impatto visivo potrete utilizzare delle scatole o anche una pila di libri da appoggiare sul tavolo e coprire con il telo. In questo modo la disposizione non sarà unicamente orizzontale.


Evitate di ammucchiare tutto sul tavolo: creereste solo confusione, scoraggiando i potenziali acquirenti. Dividete le vostre creazioni per tipo e disponetele ordinatamente. Non c’è bisogno di esporre tutto subito: potrete tenere alcuni pezzi da parte in modo da sostituire man mano quelli che vengono venduti. Se necessario potrete utilizzare cestini, piatti colorati e altri contenitori, così da suddividere le creazioni in categorie e confondere meno la vista.


Create l’atmosfera: se partecipate a un mercatino di Natale, decorate il vostro banco a tema. Lo stesso vale per eventuali altre ricorrenze (Pasqua, San Valentino, e così via).


Se l’organizzazione del mercatino lo permette, esponete i prezzi in modo che siano ben visibili. La maggior parte delle persone non ama chiedere il prezzo per pudore o per paura di sentirsi impegnato a comprare. I vostri prezzi dovrebbero essere grandi e chiari da leggere. Naturalmente dovrete essere preparati perché molti vi chiederanno di negoziare. Non dovete prenderlo come un insulto, è solo una parte del gioco, quindi tenetevi pronti.


Pieno di cose belle e colorate, il banco di Emanuela attira molti bambini che non resistono alla tentazione di toccare tutto. Per evitare spiacevoli incidenti, è consigliabile disporre vicino al bordo del tavolo oggetti resistenti e non troppo costosi.


Ma il consiglio più importante, secondo Emanuela, è questo:

“Il tuo miglior biglietto da visita sei proprio tu. Sii sorridente, gentile e saluta tutti coloro che ti fanno visita, anche quelli che non comprano nulla”.

  • Vendere online

Etsy

Che si tratti di quadri, sculture, gioielli o indumenti, potrete scegliere tra piattaforme come www.etsy.com (trovate altri indirizzi nella sezione “link utili”) o aprire un negozio online vero e proprio. Nel primo caso pagherete una piccola commissione sulle vostre vendite e avrete in cambio una visibilità a livello nazionale o internazionale. Se aprite un negozio online legato al vostro sito o blog, questo sarà accessibile principalmente ai vostri lettori. Se avete un po’ di esperienza potrete utilizzare un plugin specifico per l’e-commerce. In caso contrario dovrete rivolgervi ad un professionista. Il costo varia a seconda delle opzioni e si eleva comunque a parecchie centinaia di euro. Per cominciare, è senz’altro consigliabile utilizzare una piattaforma esistente.


Per la vostra vetrina virtuale, è indispensabile scattare delle belle fotografie. Saranno queste, infatti, a catturare l’attenzione del potenziare cliente. A far sì che clicchi sul vostro e-shop e non su quello del vicino. Se utilizzate una piattaforma come Etsy avrete una grande visibilità ma anche un’enorme concorrenza. Il vostro prodotto dovrà quindi differenziarsi dagli altri ed essere valorizzato dalle immagini pubblicate.


Immagini chiare, pulite, luminose, accattivanti. Se vendete su Etsy, ricordate che il cliente visualizzerà una miniatura. Fate quindi in modo che il soggetto sia chiaramente visibile. Etsy vi offre la possibilità di pubblicare fino a cinque fotografie del vostro prodotto: utilizzatele tutte! Scattate da diverse angolazioni, proponete immagini su sfondo neutro e altre contestualizzate, mostrate il vostro prodotto e i suoi possibili utilizzi. Ogni fotografia pubblicata è una possibilità in più.


Ebay

Ebay è in assoluto la piattaforma più conosciuta per la compravendita online. Permette di vendere qualsiasi cosa, all’asta e non, e di aprire veri e propri negozi virtuali, anche grazie alla tecnica del drop ship.


Secondo un’indagine di Murphy Research per eBay, 1 donna su 3 che fa acquisti su eBay.it è anche mamma e sono prevalentemente le mamme con bimbi piccoli (il 58%) a dedicarsi all’e-commerce su eBay. Negli ultimi 3 anni la categoria Infanzia e Premaman su eBay.it è cresciuta del 27%, con un oggetto venduto ogni 2 minuti. Le mamme amano vestire i piccoli online: gli acquisti di scarpe per bimbi sono aumentati del 68% e l’abbigliamento del 38%.


Drop Ship

Il drop ship consiste nel fare da tramite, per la vendita di un prodotto, tra produttore e consumatore finale, senza averlo materialmente nel proprio magazzino. Sarà il produttore a spedire il prodotto direttamente all’acquirente, pagando al venditore la sua percentuale.

Altre piattaforme per la vendita online sono elencate nella sezione “Link utili”.


Promuovere la vostra attività in rete

La creatività, il crafting è una via di mezzo tra arte e precarietà che trova sul web una valvola di sfogo con un’enorme cassa di risonanza.


(Emanuela Cerri)


Se avete creato un blog allo scopo di promuovere la vostra attività commerciale, potrete utilizzarlo come “vetrina” virtuale.

Se vi muovete agevolmente nella blogosfera e avete una discreta rete di contatti, potrete utilizzarli per promuovere la vostra attività o il vostro prodotto, ad esempio:


  • inviare campioni omaggio da recensire ad altri blogger, organizzare giveaway

  • acquistare spazi pubblicitari su blog di successo, su Etsy, Facebook o altri social media

  • partecipare a discussioni pertinenti (ad esempio forum sul portare i bambini per i mei tai) e segnalare la vostra attività. Attenzione a farlo in modo garbato, discreto e non troppo invadente. In caso contrario, verrà considerato come spam e rimosso.

Come già detto in precedenza, il passaparola resta la migliore pubblicità in assoluto. Soddisfate i vostri clienti e questi non solo torneranno, ma parleranno bene di voi.


I social media sono un mezzo fantastico e gratuito per promuovere la propria attività. Attenzione, però. Condividere link a raffica non produrrà risultati. È necessario interagire con i propri potenziali clienti. Condividete pensieri, idee, esperienze, link interessanti. In mezzo a tutto questo, i link verso la vostra attività saranno percepiti in maniera positiva. Se invece vi connettete unicamente per pubblicizzare il vostro lavoro, sarete considerati come spammer e ignorati dai vostri contatti.


Anche Flickr1 può essere una vetrina per la vostra attività. Io ho un album fotografico chiamato “shop” e condivido regolarmente le foto delle mie creazioni nei gruppi legati al portare i bambini. Questo fa sì che gli altri membri del gruppo, andando a curiosare tra i miei mei tai, finiscano con l’approdare al mio negozio online.


Infine i social network (come Facebook, My Space, Deviant Art e Iqons) sono il modo più semplice ed economico per farsi conoscere e crearsi un vero e proprio pubblico affezionato.


La mia mamma sta con me
La mia mamma sta con me
Claudia Porta
Conciliare famiglia e lavoro grazie a Internet.Come conciliare lavoro e famiglia? Spunti e riflessioni per chi volesse riaffacciarsi al mondo del lavoro in modo creativo dopo la maternità. Per molte donne, l’arrivo di un figlio coincide con la fine della propria vita professionale.Altre, non potendo rinunciare allo stipendio, sono costrette a delegare ad altri la cura dei propri bambini. Ma conciliare lavoro e famiglia oggi si può, anche grazie alle numerose risorse che Internet mette a disposizione. Claudia Porta nel suo libro La mia mamma sta con me condivide la sua esperienza personale e fornisce utili spunti a chi volesse riaffacciarsi al mondo del lavoro in modo creativo dopo la maternità. Conosci l’autore Claudia Porta è autrice, blogger e insegnante di yoga e di meditazione. Dal 2007 vive in Provenza e cura il blog lacasanellaprateria.com. Organizza anche corsi di yoga e meditazione guidate.