seconda parte - capitolo vi

Risonanza e legame

Nella terapia con genitori e neonati si osserva spesso come l’aprirsi alla gioia inneschi una reazione a catena. Tale fenomeno di contagio emozionale e vegetativo avviene per esempio quando il neonato, prima irrequieto e agitato, piano piano si rilassa grazie a un massaggio amorevole: allora anche i genitori fanno sospiri di sollievo, la loro postura si ammorbidisce, l’espressione del viso diventa più rilassata. La scintilla della reazione di apertura nel neonato si propaga e nel giro di pochi secondi la regolazione psicofisiologica e affettiva, sua e dei genitori, si armonizza. Negli anni Ottanta, con un’interessante microanalisi del comportamento, il ricercatore americano Meltzhoff49 ha dimostrato che il neonato esegue una vera e propria danza, aggraziata e armoniosa, quando l’adulto di riferimento interagisce con lui e gli parla.


Quindi, fin dalle primissime fasi di sviluppo dopo la nascita, impara a tradurre il linguaggio dei genitori in un delicato movimento ritmico corporeo. Si potrebbe dire che viene iniziato al linguaggio verbale ben prima di acquisire la capacità di parlare. Anche in questo caso si tratta di un esempio interessante di processo spontaneo di risonanza. Negli ultimi anni, in tutto il mondo, molti ricercatori hanno studiato in dettaglio le basi neurobiologiche del fenomeno di risonanza tra esseri umani descritto nel precedente capitolo50.


Particolarmente significativa è stata la scoperta dei cosiddetti neuroni specchio, che di recente ha incontrato grande popolarità nei paesi tedescofoni, soprattutto grazie alle pubblicazioni dello psichiatra di Friburgo Joachim Bauer51.

Dato che i risultati di queste ricerche sono molto rilevanti per la comprensione dello svolgimento delle sessioni di PSE, li riassumiamo ora nei punti essenziali. I neuroni specchio sono cellule nervose cerebrali specializzate, che si attivano non solo mentre eseguiamo un’azione, ma anche quando osserviamo un’altra persona fare lo stesso. Joachim Bauer paragona l’attività dei neuroni specchio a quella di un simulatore di volo. Mentre l’aereo fa il suo giro, le manovre vengono trasmesse in tempo reale a terra, dove siede un “osservatore”, che può partecipare come se fosse sull’aereo restando però a distanza di sicurezza. In concreto significa che, ogni volta che entriamo in contatto con altre persone, nel nostro cervello c’è un’attività di specchio e risonanza - come una sorta di fotocopiatrice - grazie a cui viene registrato lo stato neuronale di chi ci sta di fronte.

Mentre osservo, per esempio, il geniale calciatore brasiliano Diego della squadra della mia città Werder Bremen e lo vedo toccare il pallone con maestria e fare senza sforzo cose straordinarie, che lasciano di stucco ogni dilettante, spontaneamente - che consolazione! - nel mio cervello si attiva un circuito neuronale identico al suo. Tuttavia ciò accade esclusivamente quando siamo in relazione intima con l’altra persona, cosa che spiega come mai la bravura di Diego non lasci tracce in chi non condivide lo stesso entusiasmo per il calcio. Probabilmente questa scoperta si rivelerà importante per la comprensione dei processi nella relazione tra genitori e neonato. Infatti, è grazie all’attività dei neuroni specchio che l’adulto a stretto contatto con un neonato può immedesimarsi in lui, imitarne il comportamento e lo stato emotivo, entrare in empatia e sintonizzarsi con le sue reazioni. Tutti questi processi si spiegano con l’esistenza dei neuroni specchio.

Scimpanzé e noccioline

Dobbiamo la scoperta dei neuroni specchio principalmente al neurofisiologo italiano Giacomo Rizzolatti52, direttore dell’Istituto di Fisiologia dell’Università di Parma. Rizzolatti per primo ne ha individuato la funzione con una serie di esperimenti pionieristici. Particolarmente significativi sono quelli condotti con gli scimpanzé, dato che Rizzolatti era riuscito, dopo lunghi tentativi e senza provocare dolore negli animali, a isolare nel loro cervello singoli neuroni motori e collegarli a un misuratore molto accurato. I neuroni motori sono cellule nervose specializzate che registrano lo svolgimento e il programma di una specifica azione e poi sono in grado di eseguirla. Nei suoi studi Rizzolatti è riuscito a isolare il neurone motorio che si attivava ogni volta che lo scimpanzé prendeva una nocciolina dal vassoio.

Quel neurone era deputato esclusivamente alla specifica azione di “prendere la nocciolina dal vassoio”, infatti non si attivava attraverso lo sguardo o altri momenti di presa. La scoperta sensazionale sta nel fatto che si è osservato come i neuroni motori dello scimpanzé si attivano non solo quando esegue lui stesso l’azione, ma anche quando qualcun altro prende la nocciolina dal vassoio. Il gruppo di ricerca italiano è riuscito per la prima volta a dimostrare che si attivano gli stessi circuiti neurobiologici eseguendo un’azione in prima persona oppure osservandola dall’esterno.

Alla prima fase sperimentale sui primati è seguita quella sull’essere umano, utilizzando metodi di mappatura cerebrale, come per esempio la risonanza magnetica tomografica funzionale, con cui si ottengono sequenze di immagini di singole aree cerebrali mentre la persona testata, distesa nel tubo, esegue specifiche procedure seguendo un protocollo. Questi studi hanno confermato i risultati degli esperimenti con gli scimpanzé: sia osservando una determinata azione, sia eseguendola in prima persona, le reti neuronali che si attivano sono identiche. Con studi approfonditi è emerso inoltre che i neuroni specchio si attivano anche solo immaginando una certa sequenza di azioni.

Ciò spiega, tra l’altro, l’effetto delle visualizzazioni usate in PSE per rafforzare il legame, quando chiediamo ai genitori di figurarsi determinate situazioni quotidiane in cui si sentono vicini e connessi al figlio. Grazie alle immagini interiori, il cervello della madre si attiva, anche se in modo attenuato, come se la situazione avvenisse realmente in quel momento. Possiamo spingerci ancora oltre: quando solo immaginando un contatto piacevole con il bambino si attiva nella madre il corrispondente programma neurobiologico, anche il bambino in braccio a lei grazie al fenomeno di risonanza può spontaneamente partecipare al processo di apertura e rispecchiarlo. In base a queste osservazioni si spiega come mai con le specifiche procedure del Pronto Soccorso Emozionale si generi una sorta di salute contagiosa tra neonato e persona di riferimento adulta.

Neuroni specchio e intuizione

È molto importante che i genitori siano in grado di riconoscere intuitivamente le situazioni di pericolo quando stanno assieme al bambino.


Quando il figlio di un anno, ancora insicuro sulle sue gambe, inciampa sul pavimento piastrellato della cucina, la madre decide in modo spontaneo se è il caso di precipitarsi per aiutarlo oppure no. Nel giro di un millesimo di secondo valuta se la coordinazione del bambino è sufficiente perché, nel caso perda l’equilibrio, possa cadere senza farsi male o se c’è il rischio che si ferisca gravemente battendo la testa sul pavimento.


La vita quotidiana con un bambino piccolo è piena di simili situazioni, in cui i genitori devono prevedere come si svilupperà una determinata sequenza d’azione. Anche in tal caso, in cui i genitori devono affidarsi alla loro intuizione, entrano in gioco i neuroni specchio. Nei primi esperimenti con gli scimpanzé, infatti, è emerso che essi reagiscono anche quando possono osservare soltanto parte della sequenza d’azione. A tale scopo, l’esperimento precedentemente descritto è stato modificato introducendo una lastra per impedire all’animale di vedere la nocciolina sul vassoio: vedeva il braccio avvicinarsi, ma non più la mano nell’atto di prenderla.

Sorprendentemente i ricercatori hanno constatato che i neuroni specchio si “accendono” nonostante l’azione vera e propria - la presa - non fosse affatto osservata e, pertanto, sono giunti alla conclusione che osservare singole parti dell’intera azione basta per anticiparne lo svolgimento completo. I neuroni specchio sono dunque in grado di “completare le parti osservate di una scena giungendo all’intera sequenza che, verosimilmente, ci si aspetta”53. Proprio tale risultato spiega in che modo riusciamo a comprendere intuitivamente il neonato, anticipare come si svilupperà una sequenza di azioni e anche valutare se, durante un’interazione, desidera ulteriori stimoli o ne ha già avuti abbastanza.

Neuroni specchio e percezione del corpo

È importante che i genitori sappiano valutare intuitivamente non solo in che modo il bambino proseguirà una sequenza motoria, ma anche come percepirà una determinata azione. Una madre dovrebbe saper valutare come starà suo figlio di dieci mesi, seduto nel seggiolone, se lei scompare brevemente dal campo visivo, per esempio alzandosi da tavola per andare a prendere qualcosa in cucina. Grazie alla valutazione intuitiva del suo stato emotivo, può avvertirlo: “La mamma adesso va a prendere il burro, torna subito”. Se ci mette più tempo del previsto, probabilmente ripeterà quelle parole, costruendo così un ponte che permette al bambino di tollerare la piccola situazione di stress. Effettivamente, grazie allo studio dei neuroni specchio, è stato verificato che l’attività di specchio non riguarda solo i neuroni motori ma anche quelli sensitivi, destinati soprattutto alla registrazione dei segnali provenienti dagli organi di senso.


Un particolare gruppo di queste cellule nervose ha la funzione di fornire l’idea della sensazione. In pratica significa che, mentre i neuroni motori sono responsabili dell’esecuzione di una determinata sequenza d’azione, quelli sensitivi ci permettono di prevedere in anticipo come percepiremo quell’azione.


Quando per esempio considero se tuffarmi o meno dal trampolino di cinque metri come fa mio figlio, il cervello mi informa su come presumibilmente mi sentirò e su quella base sono in grado di valutare se sia davvero una buona idea o se, piuttosto, non sia meglio optare per una ritirata strategica. I neuroni sensitivi si attivano anche in chi osserva. Immaginiamo per un istante di guardare un’altra persona tuffarsi dal trampolino: nel caso sbaglia qualcosa e si fa male al contatto con l’acqua, in noi si attivano gli stessi suoi circuiti neurobiologici. Tutto ciò avviene automaticamente, senza bisogno di pensarci su. Percepiamo quindi il dolore provato dal diretto interessato, e siamo in grado di immedesimarci perfettamente in lui. Tale fenomeno è di enorme significato per quel che riguarda la capacità di essere empatici con gli stati emotivi altrui nella vita quotidiana.


È importante che la madre di un neonato di quattro settimane percepisca il dolore che prova durante un prelievo di sangue, perché le permette di stargli accanto solidale mentre piange. Diventa tuttavia problematico se la madre è eccessivamente impaurita o insicura, e non riesce ad avere il distacco necessario per potergli offrire sostegno. Pertanto, nell’accompagnamento in situazioni di crisi, è fondamentale che i genitori sviluppino una sana combinazione di empatia e delimitazione di fronte alle reazioni del bambino.

Stress, paura e neuroni specchio

Finora abbiamo sempre sottolineato come uno stato duraturo di paura e tensione interferisca con la creazione di un legame solido tra genitori e bambino. Le ricerche hanno evidenziato un simile effetto negativo anche sul sistema dei neuroni specchio, che pure si indebolisce considerevolmente non appena l’organismo si trova in uno stato di stress e paura. Ciò vale in particolar modo per l’estremo carico rappresentato dalle crisi nel primo periodo dopo la nascita. In tal caso si osserva un circolo vizioso tipico, in cui il senso di impotenza e l’incapacità ad agire, che i genitori provano di fronte al pianto del figlio, genera uno stress di proporzioni gigantesche.


Questo a sua volta si ripercuote sulla loro capacità di risonanza ed empatia con lo stato emotivo e le necessità concrete del bambino, il cui disagio - di conseguenza - non fa che aumentare portandolo a piangere ancora più forte. I risultati degli studi in neurobiologia spiegano come mai madre e padre, quando perdono la connessione intuitiva con il figlio, iniziano a rimuginare continuamente. Il fenomeno di risonanza si inceppa, il cervello non fornisce più le informazioni essenziali su come sta il bambino e devono affrontare la situazione con un’elaborazione analitica cosciente, invece che l’attività automatica dei neuroni specchio.


Nell’ottica di una efficace e tempestiva prevenzione, l’obiettivo è pertanto quello di rompere il circolo vizioso il prima possibile, facilitando il funzionamento del sistema neurobiologico dei neuroni specchio. Quando, nel PSE, aiutiamo i genitori a ritrovare la sicurezza interiore e il rilassamento corporeo, creiamo di fatto un terreno in cui i neuroni specchio possono manifestare pienamente il loro spettro d’azione. Nel PSE il cambiamento dello stato neurovegetativo e l’attivazione del sistema di risonanza vanno di pari passo, in modo organico, come gli ingranaggi di un meccanismo.

La forza del legame
La forza del legame
Thomas Harms
Il pronto soccorso emozionale nelle situazioni di crisi con i bambini.Un prontuario per genitori, psicoterapeuti e professionisti della salute del periodo perinatale per conoscere e gestire i momenti di crisi del bambino. Il Pronto Soccorso Emozionale offre ai genitori che si trovano in difficoltà con i propri figli l’opportunità, fin dai primi momenti dopo la nascita, di (ri)trovare e rafforzare il filo emozionale che li unisce. La descrizione del Pronto Soccorso Emozionale che Thomas Harms svolge nel libro La forza del legame è rivolta agli psicoterapeuti, ai genitori e a tutti i professionisti della nascita, della prevenzione, dello sviluppo o della consulenza nel periodo primale. Conosci l’autore Thomas Harms, psicologo, offre da più di 25 anni consulenza e psicoterapia corporea orientata al legame a neonati, bambini e adulti.Dal 1997 è direttore del Zentrum für Primäre Prävention und Körperpsychotherapie (Centro per la Prevenzione Primaria e la Psicoterapia Corporea) a Brema.