Affinché queste emozioni inconsce non vengano ulteriormente rimosse - proiettandole sui figli e optando per uno stile di accudimento sulla base di un riflesso condizionato (tenendoli a distanza per non essere travolti da una tempesta emozionale) - c’è bisogno di un nuovo tipo di rete sociale e di gruppi di mutuoaiuto. Ovvero di gruppi in cui i genitori trovino un ambiente sicuro per confrontarsi sulle sconvolgenti esperienze che fanno assieme ai figli, come per esempio la rabbia e il senso di impotenza di fronte al pianto del bambino, e possano individuare le soluzioni tenendo conto del punto di vista di tutti i coinvolti. Abbiamo bisogno di una cultura improntata al legame, in cui sia possibile vivere in una dimensione d’amore tra le generazioni. Per riuscire in questa impresa, i genitori necessitano di tutto il sostegno possibile da parte dell’intera società.
Ogni forma di sostegno è vitale e ugualmente importante, da quello economico a quello sociale, da quello emozionale all’accesso alle informazioni. Secondo me allora, e solo a questo punto, potremo evitare di allontanarci ulteriormente dalla nostra programmazione biologica, grazie a cui siamo capaci di rispondere in modo adeguato alle necessità emozionali e corporee della nostra discendenza.
Questo processo di alienazione dalla natura umana sta già avvenendo sotto i nostri occhi a una velocità impressionante e sta scuotendo alla base la comunità. L’approccio del Pronto Soccorso Emozionale è una delle tante risposte alla crescente perdita di capacità di legame, vero e proprio fenomeno sociale, ed è stato sviluppato empiricamente grazie all’accompagnamento di genitori e neonati. Il suo punto di forza sta proprio nell’essere nato dalla pratica, oltre a essere semplice da applicare. La logica che segue si basa su una sana comprensione umana e riguarda ogni ambito dell’esistenza in cui si ha a che fare con una relazione di legame tra esseri umani.
Da diversi punti di vista il Pronto Soccorso Emozionale è un approccio molto adatto ad essere integrato o combinato con altri tipi di terapia o accompagnamento per genitori e neonato orientati al legame, che siano videoanalitici, prenatali o di psicologia profonda. Il suo grande punto debole sta nella mancanza di studi che ne dimostrino l’efficacia. Personalmente mi auguro che in futuro vengano condotte ricerche in merito e si possa diffondere a livello accademico. In questo libro sono rimaste del tutto o parzialmente senza risposta molte questioni, tra cui quella sulle possibili implicazioni delle osservazioni e delle scoperte fatte grazie alla terapia con genitori e neonato per la psicoterapia con adulti. Anche l’applicazione del Pronto Soccorso Emozionale come terapia per il neonato centrata sul trauma è stata trattata in modo sommario, così come gli aspetti concernenti la correlazione tra i disturbi della personalità in senso narcisistico e le problematiche precoci di legame. Gli interrogativi ancora aperti troveranno forse risposta in successive pubblicazioni. Concludiamo con una metafora, che ben illustra le basi concettuali e il modo di procedere del Pronto Soccorso Emozionale. Immaginatevi di vivere sulle rive di un grande fiume. Ogni giorno guardate l’acqua e vedete barche e navi di diverse fogge trasportare di qua e di là passeggeri e merci.
Un bel giorno un gruppo di persone decide di costruire una diga per alimentare un impianto di irrigazione. È ovvio che ha conseguenze catastrofiche per chi vive a valle dello sbarramento: la portata d’acqua diminuisce drasticamente e rocce fino a quel momento sommerse emergono. Improvvisamente la navigazione diventa difficoltosa e in alcuni punti il movimento di imbarcazioni si blocca del tutto, a causa degli ostacoli. Come risolvere il problema? Si potrebbe pensare di far saltare le rocce una a una, o di rimuoverle con gigantesche gru. La realizzazione di questi progetti è però molto impegnativa, richiedendo grandi investimenti di tempo e denaro. Una seconda opzione potrebbe risultare molto più semplice: fare in modo che il livello dall’acqua torni ad essere quello iniziale.
Abbattendo la diga, il fiume tornerebbe ad autoregolarsi, il problema si risolverebbe da sé e la navigazione diventerebbe di nuovo possibile. Nel PSE tentiamo qualcosa di simile, dato che ricorriamo a strumenti mirati per far scorrere di nuovo le forze di legame tra genitori e bambino. Naturalmente potremmo anche confrontarci con i tanti “massi” rimossi e repressi dalle persone che si rivolgono a noi per un problema, e a volte è davvero necessario (per esempio, quando una roccia emerge alla superficie anche se il livello dell’acqua è alto), ma di solito è più efficace concentrare le risorse a disposizione per far scorrere il fiume delle forze di legame. Se il flusso di energia può di nuovo scorrere libero, viene meno l’effetto debilitante della nevrosi.