quarta parte - capitolo xviii

Ulteriori campi di applicazione

Negli ultimi anni, accanto alle tradizionali consulenze in situazioni di crisi e terapia per genitori e bambino, si sono aggiunti nuovi e interessanti campi di applicazione del Pronto Soccorso Emozionale. Lo si deve prevalentemente alle sorprendenti osservazioni di chi ha completato la formazione e ha integrato il Pronto Soccorso Emozionale nella propria specifica attività professionale. Vi presento ora una breve panoramica dell’utilizzo del PSE nel sostegno all’allattamento, nell’assistenza ostetrica a domicilio o in ospedale, e nell’accompagnamento durante la gravidanza della donna e della coppia, tutti campi particolarmente promettenti.

In gravidanza

Molti dei metodi del Pronto Soccorso Emozionale si possono applicare in forma leggermente modificata anche per quel che riguarda il legame prenatale. La differenza fondamentale, ovviamente, è che il bambino non è nato e si trova ancora nel grembo della madre, ma si sa che è strettamente connesso all’organismo materno da un punto di vista neurovegetativo e ormonale fin da quando è stato concepito119.


Il grembo materno, infatti, è il primo ambiente vitale e biosociale del nascituro. Molti studi scientifici confermano che le condizioni di vita nel periodo prenatale possano essere molto diverse per quello che riguarda la loro qualità. Nel frattempo è stato ripetutamente dimostrato che condizioni durature di stress materno, dovuto a cause intrinseche o fattori esterni, si trasmettono al feto e hanno un effetto negativo sullo sviluppo della personalità e del cervello120. Inoltre, alcuni recenti studi hanno messo in luce che lo stress cronico della donna durante la gravidanza - non fa differenza se dipende da mancanze vissute nella prima infanzia, aver subito violenza, trovarsi in una situazione economica critica o aver perso improvvisamente il partner di relazione - influisce in modo negativo sulla capacità di regolazione e sulla disponibilità al legame del bambino dopo la nascita. Numerosi dati suggeriscono anche che, quello che finora è stato chiamato “carattere difficile” (se non “predisposizione per costituzione”) in caso di neonati che piangono e richiedono tanto, dipenda da condizioni di stress vissute nella vita prenatale, piuttosto che da tratti ereditari121.

Negli ultimi anni abbiamo constatato che il PSE è molto adatto a contenere paure e stress nelle donne incinte, e a renderli comprensibili. Il modello dei sette passi, che abbiamo descritto in dettaglio precedentemente, può essere utilizzato in modo simile a quanto viene fatto dopo la nascita. La donna incinta impara a percepire e localizzare i segnali psicosomatici di reazione allo stress e al pericolo nel suo corpo e, con gli esercizi guidati dal consulente, lo stress nel suo organismo si riduce e il contatto emozionale con il bambino nel suo grembo migliora. Molte future madri vivono la gravidanza come uno stato oltremodo vulnerabile e delicato.

Generalmente il livello di energia nel corpo aumenta quando una donna è incinta e, quindi, viene più facilmente a galla, per così dire alla superficie della percezione e della coscienza, ciò che ha vissuto lei stessa quando era nel grembo materno, al momento della nascita e durante altre esperienze traumatiche legate a stress o stati emotivi, ma non ha ancora rielaborato. Pertanto, per molti futuri genitori la gravidanza è, certo, un periodo di grande pienezza e soddisfazione, ma spesso anche un’esperienza limite dal punto di vista emozionale, poiché viene meno la protezione psichica: emozioni e idee fino a quel momento rimosse scuotono l’equilibrio abituale.

Con il ripristino dell’autolegame grazie al PSE, rapidamente si riesce a recuperare la sicurezza interiore. Tuttavia non è obiettivo del lavoro mitigare e placare i processi che si sono avviati, quanto piuttosto facilitare uno stato interiore che permetta la rielaborazione mirata delle emozioni che si liberano durante la gravidanza. Il Pronto Soccorso Emozionale si concentra particolarmente sulla capacità di autopercezione corporea in gravidanza, grazie alla quale la donna può accorgersi in modo più affidabile se è disponibile al contatto o meno.

Abbiamo osservato che molte donne incinte riescono a verificare accuratamente il loro stato corporeo ed emozionale, nonché quello della creatura nel loro grembo. Spesso, fin dal termine della prima sessione, vengono colte da una grande stanchezza e, in seguito, hanno bisogno di dormire di più e più a lungo; inoltre, diventano più sensibili a ogni forma di stress, sia fisico sia psichico, come per esempio la mancanza di sonno o un’eccessiva aspettativa sul rendimento. Di conseguenza reagiscono prima ai segnali del loro corpo, si concedono maggiormente momenti di riposo e chiedono aiuto se devono portare pesi eccessivi.

Nel puerperio

Le prime settimane dopo il parto - il cosiddetto puerperio - sono un periodo di enormi cambiamenti emozionali e neurofisiologici per i genitori e il bambino appena nato. In questa fase di transizione, paure e insicurezza di fronte al neonato possono fortemente disturbare la formazione del primo legame122. Molti di questi disturbi di adattamento - in gergo si parla di “baby-blues” - iniziano a diminuire fino a poi scomparire del tutto già nel giro di alcuni giorni, ciò però non toglie nulla all’intensità della difficoltà emotiva che le neomamme e i neopapà vivono in queste prime ore e in questi primi giorni dopo il parto.


Differentemente dai disturbi di regolazione e legame già descritti, tipici di periodi di sviluppo successivi, in queste fasi sensibili dopo il parto i genitori hanno difficoltà a identificare e interpretare i tipici sintomi nel neonato (come l’aumento della frequenza del pianto o dell’attività motoria), particolarmente se si tratta del primo figlio. Per questo motivo si è rivelato valido un accompagnamento fin dalla nascita, direttamente in ospedale, meglio ancora se sono le ostetriche e le infermiere puericultrici stesse a integrare il Pronto Soccorso Emozionale nella loro assistenza. Si sono ottenuti buoni risultati quando la puerpera riceve sostegno emozionale in queste prime fasi sensibili dopo il parto, in modo che possa affrontare meglio lo stress e percepirsi meglio. L’ideale è che la madre, fin dalla prima consulenza in allattamento dopo il parto, riceva anche indicazioni su come accompagnare il pianto del neonato. In tal caso, la madre si sistema comoda nel letto, semidistesa con il neonato in braccio, e viene invitata quindi a sperimentare le tecniche di riconnessione. In questo caso è particolarmente utile una combinazione di base di sicurezza, respirazione addominale e autopercezione guidata.


L’obiettivo di questo primo accompagnamento non è tanto quello di riconoscere ed esplorare i segnali di stress, quanto piuttosto prendersi cura della madre stessa, secondo il motto “far da madre alla madre” [mothering the mother]123, offrendo un modello di riferimento per lo sviluppo successivo del legame tra genitori e neonato. È emerso nella pratica clinica che ciò facilita il primo legame e la madre diventa più rapidamente autonoma e sicura nell’accudimento del neonato. In futuro si potrà verificare con ulteriori studi quanto l’applicazione preventiva degli strumenti del PSE nelle prime delicate fasi di formazione del primo legame abbia anche un effetto positivo a lungo termine per lo sviluppo di un legame sicuro tra genitori e neonato.

Nell’allattamento

Molti problemi nell’allattamento sono la conseguenza di una catena negativa di insicurezza, tensione corporea e conseguente perdita di contatto con il bambino. Uno stato prolungato di stress riduce il livello di ossitocina nella madre124, e a sua volta l’inibizione della secrezione di ossitocina è strettamente connessa alla diminuzione della produzione di latte nelle ghiandole mammarie. Si osservano però anche altre reazioni psicosomatiche, sempre dovute a un basso livello di ossitocina: minore disponibilità al contatto visivo nel bambino, minore irrorazione sanguigna superficiale (di conseguenza, la pelle risulta meno calda). Inoltre, uno stato prolungato di stress riduce la capacità di risonanza e rispecchiamento, motivo per cui cala la sensibilità per i segnali del bambino e anche la capacità di rispondervi. Il generale indebolimento della disponibilità al legame nella madre spesso va di pari passo con un aumento dell’agitazione motoria del neonato, che si attacca al seno in modo avido, come se non fosse mai sazio.

Nelle forme classiche di consulenza di allattamento, per rafforzare la competenza materna, si cerca per lo più di rompere il circolo vizioso di stress nella madre in modo cognitivo, trasmettendo informazioni utili e pratiche, per esempio sulla posizione per un buon attacco. Tuttavia, se la madre è in un pronunciato stato di stress, questa forma allopatica di consulenza - in cui si pensa di risolvere il problema fornendo informazioni dall’esterno - non basta. Spesso le difficoltà nell’allattamento dipendono dalla paura e dalla tensione della madre (e di conseguenza del neonato), e a queste condizioni i consigli dispensati non vengono recepiti in modo efficace.


Nel caso in cui la capacità ricettiva è ridotta, i metodi del PSE sono un’utile integrazione, dato che si concentrano sul ripristino della capacità di percezione e risonanza della madre. Nel PSE, piuttosto che a un intervento esterno, puntiamo a un cambiamento dell’ambiente interno. Seguendo il modello dei sette passi, innanzitutto identifichiamo i segnali di stress nella relazione di allattamento tra madre e bambino e, successivamente, grazie al ripristino dell’autolegame nella madre, creiamo la base neurofisiologica per una dinamica di interazione virtuosa. La respirazione addominale, assieme all’esplorazione dello schema di stress nella madre, è uno strumento efficace per rafforzare il legame e può essere introdotta benissimo quando il bambino è attaccato al seno.


È essenziale che la madre, per un attimo, sposti l’attenzione completamente dal bambino al suo corpo. Soprattutto quando madre e bambino dispongono di una buona capacità di regolazione, il processo di autolegame sfocia in un rilassamento e un piacevole senso di espansione, che si rafforzano a vicenda. Il bambino inizia a succhiare con un ritmo regolare, cerca spontaneamente lo sguardo della madre e la tensione, prima pronunciata, dei muscoli e dei tessuti (per esempio nella schiena e nelle mascelle) si allenta. Con l’attivazione del sistema parasimpatico nella madre e il miglioramento della connessione emozionale aumenta la produzione di ormoni importanti per il legame, come per esempio la prolattina e l’ossitocina. L’ossitocina non soltanto inibisce il sistema simpatico nella madre, ma facilita allo stesso tempo il riflesso di eiezione del latte. L’apertura della madre contagia il bambino anche da un punto di vista vegetativo, e l’attivazione del sistema parasimpatico si manifesta nella maggior durata delle poppate, nei movimenti di suzione più calmi e in una migliore digestione. Finora le consulenti in allattamento che applicano il PSE hanno riportato effetti positivi sulla loro relazione con la madre e sul grado di soddisfazione soggettivo dopo la consulenza.

Facilitazione del legame dopo taglio cesareo

Visto il tasso crescente di cesareo, che in Germania125 attualmente è pari a circa il 30%, la questione dell’accompagnamento emozionale di genitori e neonato dopo questo tipo di parto acquista sempre maggiore significato126. Si stanno accumulando sempre più dati che confermano quanto nascere con un cesareo non sia una passeggiata, né per il neonato né per la madre. Le osservazioni raccolte nella terapia di genitori e neonato indicano tutt’altro, contrariamente a quanto di solito si sostiene.


Negli stati regressivi il bambino “racconta” qualcosa dell’enorme stress a cui è stato sottoposto. Di solito l’improvvisa estrazione dal campo materno di energia e calore - spesso senza neppure essere prima stato sollecitato dalle contrazioni - provoca in lui una forte reazione di stress e rifiuto. Nel corso della terapia, segnala fino a che punto con questo repentino cambio di ambiente, e il conseguente venir meno della connessione con la madre, si sia sentito in grave pericolo. Anche in seguito questi neonati spesso si spaventano e si agitano esageratamente al minimo cambiamento inaspettato di posizione, come per esempio quando vengono di nuovo presi in braccio dopo il cambio del pannolino.


Nascere con il cesareo significa anche che non sono state attivate specifiche risorse biologiche, funzionali al passaggio per il canale del parto. Pertanto, si può tranquillamente affermare che il bambino non ha potuto nascere con le sue forze. Nella terapia in caso di cesareo si è dimostrato particolarmente utile offrire al neonato un massaggio peristaltico che simula il parto e, grazie alla pressione sulla superficie corporea, attiva a posteriori un processo di “bacio di risveglio”127. Spesso nel neonato si liberano potenti forze, con movimenti riflessi che possono manifestarsi sia nel corso di quella sorta di ripetizione simulata del parto sia di intense reazioni emozionali. Negli ultimi anni abbiamo avuto molte opportunità di sperimentare il Pronto Soccorso Emozionale in diversi reparti maternità e, quindi, grazie ai risultati ottenuti, di promuovere un cambiamento nelle prime cure prodigate ai neonati nati con il cesareo e ai loro genitori.


Nel breve video, in cui una consulente PSE illustra il lavoro clinico nell’accompagnamento di genitori e neonato in caso di parto cesareo, emerge chiaramente quanto esso sia efficace come prima prevenzione nell’assistenza ostetrica ospedaliera. Il video mette in luce i tre passaggi fondamentali: primo, la preparazione emozionale e il mantenimento dell’autolegame dei genitori durante l’operazione chirurgica; secondo, la facilitazione del primo legame tra padre e neonato immediatamente dopo la nascita, quando la madre ha ancora bisogno di assistenza medica e pertanto non è disponibile, e in cui il consulente funge da doula per il padre128, ricorrendo specialmente alla base di sicurezza e alla respirazione addominale; terzo, il massaggio di legame descritto prima, da effettuarsi al neonato posto sul ventre della madre già nella prima ora dopo la nascita.

Questo massaggio peristaltico, che simula il travaglio e facilita il legame, può essere eseguito da entrambi i genitori assieme, guidati da un operatore specializzato. È affascinante osservare come il neonato, nel giro di pochi minuti, diventi più forte e vitale, e di sua iniziativa si metta a strisciare sul corpo della madre, proprio come il ricercatore svedese Righart ha descritto nei suoi studi. Con questo “bacio di risveglio” il bambino appena nato inizia a relazionarsi attivamente, contando sulle sue forze, con le persone attorno a lui. Dopo il massaggio ricerca maggiormente il contatto visivo ed è in grado di attaccarsi meglio al seno, di conseguenza si avvia un circolo virtuoso per la creazione del legame tra genitori e neonato. Mi auguro che l’applicazione del Pronto Soccorso Emozionale nell’assistenza ostetrica in caso di cesareo diventi oggetto di ricerca, in quanto per il momento si tratta solo di aneddoti significativi, che non sono in contraddizione con le attuali conoscenze scientifiche sul legame, ma non possono essere ancora generalizzati senza una verifica sperimentale.

Nella prima infanzia

Crescendo, il bambino inizia a muoversi autonomamente e a comprendere il linguaggio. A questo punto si assiste a un cambiamento nella forma e nella manifestazione dei disturbi precoci della regolazione e del legame. Nonostante le reazioni di stress dell’adulto siano adesso correlate ad altre situazioni, i disturbi tardivi del legame hanno una base neurovegetativa paragonabile a quelli del primo periodo di vita del neonato129

L’esperienza degli ultimi anni ha confermato che i metodi del Pronto Soccorso Emozionale possono essere utilizzati in modo molto efficace anche nelle consulenze con bambini più grandi, nonostante la sintomatologia sia diversa. A titolo di esempio presentiamo il caso di una madre che, assillata dalla preoccupazione che la figlia Lea si faccia male, continuamente interrompe o impedisce le sue esplorazioni. Fin dai primi minuti della consulenza emerge una tensione spaventosa. La donna, un’impiegata bancaria di ventinove anni, dichiara di aver cercato aiuto da un lato per via dei suoi pensieri ossessivi sul rischio che la bambina si faccia male, dall’altro perché si sente ferita e offesa dal fatto che sembri non ascoltarla e non rispetti i divieti.


La madre segue tesa e concentrata i movimenti della bambina, che si muove a gattoni per l’ambulatorio. Non appena scopre una pianta in vaso, si mette in piedi tenendosi al bordo e inizia a giocare con la terra, la madre si precipita verso di lei: “No, non devi prenderla in mano, non puoi farlo!”. Quindi prende le manine chiuse a pugno e le scuote forte, finché la terra cade di nuovo nel vaso. La bambina, sorpresa dalla veemenza della reazione della madre, scoppia subito a piangere. Dopo questo episodio, la madre racconta che nella vita quotidiana simili situazioni accadono spesso. Si lamenta del fatto che Lea non reagisce a quello che le dice e, per lo più, fa esattamente il contrario di quello che lei vorrebbe. Dopo un’esplorazione più dettagliata di quello che è successo, la invito a sedersi più comoda con alcuni cuscini dietro la schiena. Non appena distoglie l’attenzione da Lea e si concentra sulla percezione del suo corpo e sulla respirazione addominale, si calma visibilmente e, come per incanto, la tensione che riempiva la stanza svanisce. Lea si dirige nuovamente verso la pianta, girandosi di continuo verso la madre, come se si aspettasse da un momento all’altro una sua reazione.


Dato che non succede nulla, si solleva appoggiandosi al bordo del vaso, getta un’occhiata alla terra, la tocca molto delicatamente con le dita e guarda di nuovo la madre, che continua a respirare tranquilla e osserva la scena restando calma. Lea si lascia piano scivolare di nuovo a terra e ritorna gattonando dalla madre. Arrivata da lei, si arrampica sulle sue gambe, si sistema comoda tra le sue ginocchia assumendo la posizione fetale e si lascia infine coccolare. La madre racconta che è una situazione del tutto nuova, mai successa prima, anche se lei lo desiderava così tanto. Nel colloquio che segue è importante che la madre riconosca come il cambiamento nel contatto con la figlia è avvenuto quando ha spostato l’attenzione su se stessa. Il ripristino dell’autolegame l’ha resa aperta e rilassata e, di conseguenza, è tornata ad essere quel punto di orientamento, ovvero quel porto sicuro, di cui un bambino ha bisogno per esplorare l’ambiente circostante.


Grazie al contagio vegetativo per risonanza con la madre, che ora è rilassata, anche la bambina ritrova la capacità di percezione che le permette, tra l’altro, di ricevere i messaggi e gli avvertimenti della persona di riferimento e rielaborarli. Nel lavoro con bambini più grandi ci concentriamo innanzitutto su come i genitori perdono la disponibilità al contatto e la capacità ricettiva nella situazione conflittuale. È importante che imparino a riconoscere i segnali corporei di stress, che si presentano quando la loro attenzione si concentra sul bambino, si arrabbiano, perdono la pazienza o pretendono con la forza il rispetto di alcune regole. Secondo il PSE non è tanto la specifica motivazione del conflitto a essere determinante, ma piuttosto la base energetica e neurofisiologica su cui viene allacciata la relazione con il neonato. Con il ripristino dell’autolegame nei genitori viene interrotta la dinamica di conflitto e rafforzata la forza di attrazione, e diventa loro possibile immedesimarsi con il disagio del bambino. Pertanto, i metodi del PSE si sono rivelati straordinariamente efficaci in caso di consulenze con bambini più grandi, richieste per i motivi più vari.

La forza del legame
La forza del legame
Thomas Harms
Il pronto soccorso emozionale nelle situazioni di crisi con i bambini.Un prontuario per genitori, psicoterapeuti e professionisti della salute del periodo perinatale per conoscere e gestire i momenti di crisi del bambino. Il Pronto Soccorso Emozionale offre ai genitori che si trovano in difficoltà con i propri figli l’opportunità, fin dai primi momenti dopo la nascita, di (ri)trovare e rafforzare il filo emozionale che li unisce. La descrizione del Pronto Soccorso Emozionale che Thomas Harms svolge nel libro La forza del legame è rivolta agli psicoterapeuti, ai genitori e a tutti i professionisti della nascita, della prevenzione, dello sviluppo o della consulenza nel periodo primale. Conosci l’autore Thomas Harms, psicologo, offre da più di 25 anni consulenza e psicoterapia corporea orientata al legame a neonati, bambini e adulti.Dal 1997 è direttore del Zentrum für Primäre Prävention und Körperpsychotherapie (Centro per la Prevenzione Primaria e la Psicoterapia Corporea) a Brema.