terza parte - capitolo x

Legame e contatto

Nel Pronto Soccorso Emozionale utilizziamo diverse forme di contatto corporeo per influenzare positivamente il processo di legame tra genitori e figlio. Diversamente dagli approcci classici di psicoterapia corporea, però, ciò non viene fatto allo scopo di sciogliere parti del corpo bloccate per facilitare l’espressione e la liberazione di emozioni trattenute. L’obiettivo è, piuttosto, quello di aumentare la sicurezza interiore, la ricettività emozionale e la disponibilità al legame, tramite il ricorso mirato del contatto corporeo sia con il bambino sia con l’adulto. Non sempre è possibile toccare la pelle e il corpo, in particolar modo se genitori e neonato sono segnati da esperienze traumatiche (per esempio un parto e una nascita difficili, abusi sessuali o fisici, ecc.) e, di conseguenza, ogni tipo di vicinanza fisica fa scattare paura e insicurezza. In tal caso, un accompagnamento verbale prudente, con visualizzazioni e un lavoro sulla percezione del corpo, resta la porta di accesso preferenziale per avviare un delicato processo di apertura e ripristinare la fiducia.

Sicurezza attraverso il contatto

Avete appena ricevuto una telefonata impegnativa, in cui siete venuti a sapere che un caro amico è stato vittima di un grave incidente. È sopravvissuto, ma riportando gravi ferite. Il cuore vi batte forte in gola, vi gira la testa e avete difficoltà a pensare lucidamente. Stavolta non siete con i colleghi e non volete controllarvi. Il vostro compagno entra nella stanza, si siede accanto a voi e si accorge che qualcosa non va. Con poche parole gli raccontate cos’è successo. Restate per un attimo seduti vicini, in silenzio, poi lui posa la mano sul vostro braccio. Non fa nient’altro, a parte stare lì. La sua mano è calda e sentite di non essere soli. Una persona cara vi sta accanto. Il contatto fisico con il vostro compagno vi conforta e vi sostiene, come se foste coperti da un mantello di protezione. Rimanete ancora in silenzio, e piano piano iniziate a piangere. Vi fa bene sentir sciogliere la tensione, il cuore battere più lento, e lentamente si scioglie lo spavento.

Quando siamo sottoposti a un grande stress, ci sentiamo insicuri o abbiamo paura, un contatto corporeo amorevole fa miracoli. Senza bisogno di parole possiamo trasmettere sicurezza a un’altra persona grazie a un contatto delicato, che innesca una serie di reazioni positive nel corpo79, tra cui soprattutto quelle che influenzano le parti del sistema nervoso autonomo essenziali per entrare in relazione con chi ci sta accanto. Se il contatto fisico ci fa venire i brividi e ci emoziona profondamente, si attiva il ramo parasimpatico del sistema nervoso autonomo innescando subito una reazione a catena con effetti positivi sull’intero organismo.


Nei suoi studi, il medico e psicanalista Wilhelm Reich descrisse gli aspetti energetici del contatto corporeo. Secondo il suo modello, infatti, soltanto se si instaura una connessione energetica tra due organismi, con una sovrapposizione tra di essi, il contatto corporeo viene vissuto soggettivamente come nutriente e costruttivo. Detto altrimenti, soltanto una determinata situazione energetica fa sì che il contatto corporeo rafforzi il legame. Al contrario, senza una base bioenergetica, l’esperienza corporea risulta al contrario fredda, meccanica, superficiale, e non crea vicinanza, né lascia tracce sul vissuto psichico80.

Con queste premesse, ogni volta che entriamo in contatto corporeo con un’altra persona possiamo osservare se ciò ci emoziona, ci lascia freddi e indifferenti o, peggio ancora, ci risulta sgradevole e stressante. Da questa prospettiva, comprendiamo come anche la relazione di allattamento tra madre e neonato possa essere un’esperienza profondamente intima, che rafforza il legame, oppure un contatto meramente meccanico, in cui avviene solo uno scambio di liquidi. Infatti, dipende dalla connessione energetica tra madre e bambino se il contatto al seno viene percepito come gradevole, toccante e se, quindi, nutre il loro legame o meno. Pertanto, allattare se il legame è carente risulta un’esperienza insoddisfacente, come un’unione sessuale senza amore: non tocca il cuore. Nel PSE proponiamo un contatto corporeo che aiuta genitori e neonati sotto stress a ripristinare fiducia e sicurezza, e tuttavia, nelle consultazioni in situazioni di crisi, ci confrontiamo con grandi difficoltà.
Se, in caso di stress moderato, il contatto corporeo rallenta e tranquillizza il sistema nervoso, in caso di stress estremo, la reazione è invece piuttosto di rifiuto. Nel neonato questo fenomeno si osserva chiaramente. In situazioni di leggero disagio, come per esempio quando la madre esce dal campo visivo di un bambino di otto mesi, prenderlo in braccio e contenerlo basta per calmarlo. Invece, la stessa strategia ha un effetto paradossalmente opposto in caso di separazione prolungata del neonato dalla persona di riferimento. Spesso, infatti, dopo una separazione traumatica, come in caso di lunga degenza in ospedale, il neonato rifiuta un contatto amorevole. La pelle stessa non è più ricettiva, il bambino si chiude e rifiuta la vicinanza fisica. Molti genitori, profondamente addolorati, sentendosi rifiutati si offendono81. Simile si presenta la situazione di genitori, che si trovano confrontati da settimane con il pianto dei loro bambini oppure sono passati per l’odissea di un parto prematuro.

Anche in questi casi, la chiusura emozionale legata a uno stress prolungato può essere talmente accentuata che non desiderano più concedere vicinanza fisica, o semplicemente non ci riescono. Quando il sistema nervoso non fa altro che difendersi da un pericolo, cioè per un lungo periodo si attiva per fronteggiare un forte stress, l’organismo entra nella modalità di emergenza, in cui viene evitato ogni tipo di avvicinamento e apertura, finché la situazione non cambia e il pericolo è scongiurato. Possiamo paragonare il contatto corporeo con un organismo fortemente contratto a una goccia d’acqua che cade su una spugna asciutta: invece di essere assorbita, forma una perla sulla superficie. Soltanto inumidendo la spugna, piano piano e con cautela, essa riacquista la capacità assorbente. Nel PSE, dunque, accompagnando genitori di neonati che piangono tanto, ci siamo ritrovati spesso a chiederci cosa si possa fare quando una persona evita il contatto corporeo perché la mette a disagio, così da farla tornare ricettiva e permetterle di nuovo di godere del suo effetto nutritivo e rassicurante di tale contatto.


Il principio della base di sicurezza

In questo capitolo presentiamo la base di sicurezza, che rappresenta il tentativo di trovare una via d’uscita a questo dilemma pratico. Infatti, dopo aver ripetutamente osservato nelle consultazioni che, quando sono sopraffatte dalla disperazione nelle fasi acute di pianto del figlio, le madri tendono a rifiutare le proposte di contatto corporeo, ho iniziato a sperimentare altre modalità di accesso. Nel modello della base di sicurezza, quando una madre si trova in uno stato acuto di stress, la invitiamo a percepire in quale parte del corpo desidera essere toccata per sentire sostegno e sicurezza. In un primo momento, di solito, passa in rassegna le parti periferiche del corpo alla ricerca di un “punto di aggancio”.


È interessante osservare che, fin da subito, prova sollievo poiché le viene concesso lo spazio di sentire autonomamente cosa le potrebbe fare piacere. Dalla combinazione tra percepire il proprio corpo e prevedere cosa proverebbe al contatto, rapidamente la madre riesce a individuare una zona di contatto adatta. Da quanto descritto precedentemente, si potrebbe dedurre che, proprio in situazioni di forte stress, questo processo sia pressoché impossibile, eppure la pratica dimostra il contrario.

Continuo a sorprendermi della precisione con cui i genitori riescono a indicare i punti di contatto. Da questo punto di vista, la prima fase di orientamento e ricerca della “base sicura” è già curativa. Infatti, per individuare il posto giusto, si devono connettere intensamente con il loro corpo entrando in risonanza con se stessi, processo che già da solo rafforza l’autolegame82. Dopo aver individuato il “punto di aggancio”, segue una fase di verifica e prova, in cui forniscono precise indicazioni su dove dobbiamo posare la mano, e si dichiarano soddisfatti solo se viene toccato il punto preciso. Spesso una minima modifica della posizione della mano basta per cambiare drasticamente il vissuto soggettivo al contatto.


È un po’ come quando chiedete al vostro compagno di grattarvi un determinato punto della schiena che vi prude terribilmente: sì, vai un po’ più sotto, per favore un po’ più a destra, non va bene perché adesso stai andando a sinistra, ho detto a destra, stai andando nella direzione sbagliata… ancora un pelino… sì, continua così, ci sei quasi, ecco è proprio lì! Trovata la base di sicurezza, il sollievo e il rilassamento sono evidenti e, spesso, un sospiro, un respiro profondo o un annuire deciso segnalano che la ricerca è andata a buon fine83.


La base di sicurezza si riconosce dal fatto che emergono in modo molto visibile la vicinanza e la risonanza tra madre e consulente. Si tratta del punto del corpo in cui una persona si apre meglio e più facilmente e, di pari passo con il crearsi del campo di risonanza, si diffonde in lei un senso di sicurezza. Per questo motivo è davvero fondamentale procedere per tentativi tutto il tempo necessario, finché si individua il punto preciso. Non appena viene trovata la base di sicurezza, il sistema nervoso vegetativo passa alla modalità di rilassamento e il corpo si accorge che il pericolo è passato. È davvero sbalorditiva la velocità con cui, nella pratica clinica, avviene questo cambiamento di stato emozionale: nel giro di pochi secondi, d’un tratto, si crea vicinanza, la persona si rilassa e sposta la sua attenzione dentro di sé. Nello schizzo seguente illustriamo questo principio graficamente: Principio della base di sicurezza Il processo descritto assomiglia moltissimo a quanto vivono madre e bambino nei primi minuti dopo la nascita. In quel periodo sensibile, il bambino sul ventre della madre fa esperienza di un simile cambio di orientamento, si attiva e alla fine si tranquillizza84.

In questa prima fase del bonding, grazie a movimenti riflessi, il neonato si arrampica sul ventre materno verso il seno, procedendo a suo ritmo. È perfettamente predisposto per questa prima fase di orientamento dopo la nascita: vede bene e nitidamente da vicino, sente bene i rumori e riconosce l’odore del seno materno. Si mette in movimento autonomamente e, a piccoli passi, avanza fino ad arrivare al posto giusto, ovvero il seno materno. Tutto ciò accade a patto che sia lasciato in pace, senza fretta e senza alcun sostegno esterno. 

Non appena si attacca al seno, il sistema nervoso autonomo si rilassa e il suo piccolo organismo passa da uno stato di tensione a uno di rigenerazione. Ora che ha conquistato il luogo sicuro, può rivolgere la sua attenzione dentro di sé, finché recupera le forze ed è pronto per la prossima interazione con l’ambiente che lo circonda. Nelle consulenze in situazioni di crisi, risulta molto vantaggioso individuare fin dall’inizio la base di sicurezza, come fonte di forza e di rilassamento, che facilita l’esplorazione del vissuto interiore. Inoltre, grazie alla connessione con la base di sicurezza, siamo in grado di percepire lo stato emozionale e corporeo di chi ci sta di fronte.

Il principio della base di sicurezza, originariamente, è stato sviluppato quale strumento per attivare risorse nel lavoro corporeo con i neonati. Infatti, continuavo a confrontarmi con il problema appena descritto del rifiuto di uno specifico contatto con una forma di massaggio del neonato sviluppata da Eva Reich85. A volte il neonato sembrava semplicemente non gradirlo, e rifiutava il contatto con le mani, spostandosi o agitandosi.


Avevo osservato che particolarmente la stimolazione della testa, che a causa del dolore provato durante il parto spesso è una zona molto sensibile, provocava forti reazioni di tensione. Forse che nel neonato le estremità, particolarmente mani e piedi, erano più adatti come primo aggancio? Spesso era proprio così, ma alcuni bambini, subito dopo la nascita, avevano avuto bisogno di assistenza medica, specialmente se nati prematuri o se avevano subito un’operazione chirurgica da piccolissimi. In tal caso anche i piedi e le mani erano punti nevralgici, dato che spesso vi erano stati infilati aghi. Come fare, dunque, per trovare un punto adatto al primo contatto corporeo? Nel corso di questo processo di ricerca, all’inizio della sessione iniziai a chiedere al neonato stesso di indicarmi dove voleva essere toccato. Sì, avete capito bene, lo chiedo direttamente a lui. Gli chiedo di collaborare e, per quanto sorprendente possa sembrare, risponde davvero con il suo corpo: porge un piede, si gira di lato, batte con le dita sul punto prescelto86.

Se lo tocchiamo lì, molto rapidamente osserviamo una reazione di apertura, e spesso resta disteso a lungo tranquillo, godendosi questo specifico contatto nella zona della base di sicurezza da lui desiderata. Con il nostro approccio basato sul legame con i neonati, la base di sicurezza è sempre il punto di partenza per altri contatti, sfioramenti e scuotimenti dei tessuti proposti al bambino. Non appena però il neonato segnala di sentirsi sopraffatto o di aver bisogno di una pausa, torniamo subito al porto sicuro rappresentato dalla base di sicurezza, dove può ricaricarsi, ritrovare la fiducia e riprendersi più velocemente dopo un contatto sgradevole. Ogni ciclo di massaggio inizia e si conclude sempre con il contatto sulla base di sicurezza.

Metodo del cordone ombelicale

Nel Pronto Soccorso Emozionale, il contatto corporeo alla base di sicurezza ha un’ulteriore importante funzione: quella di fornire rilevanti informazioni energetiche, corporee ed emozionali della persona che abbiamo di fronte. Nel PSE parliamo di cordone ombelicale info-energetico o, semplicemente, di connessione cordonale. Grazie a questo ponte energetico l’operatore sente con maggiore chiarezza se madre e bambino sono ancora disponibili al legame. In un certo senso, il cordone energetico funziona come un cavo di trasferimento dati molto affidabile, e la velocità di trasmissione dipende dalla qualità e dall’intensità del legame.


Se il filo emozionale è solido, cosa che accade quando il contatto con il partner di relazione viene percepito soggettivamente come “giusto” e “vicino”, allora la velocità è molto elevata e, quando il trasferimento dati è efficace, il consulente può immedesimarsi con lo stato corporeo ed emozionale di chi ha di fronte, grazie a un processo di risonanza psichico e vegetativo. Allora è in grado di percepire nel suo corpo come si sente quella madre durante la consultazione, come nel petto di lei si diffonda un senso di sollievo e di felicità al primo contatto alla nuca, la base di sicurezza che ha indicato. L’identificazione vegetativa ha un ruolo essenziale nel caso in cui un senso di oppressione riduca la disponibilità al legame dei genitori, come ben illustra il seguente esempio.


Petra, trentaquattro anni, si è messa comoda a terra sul tappeto con suo figlio Janik di tre mesi e si lamenta degli intensi attacchi di panico che vive quando suo figlio piange forte e a lungo. In quei momenti viene sommersa da una tale ingiustificata inquietudine, che si ritrova totalmente impotente e paralizzata dalla paura. La nascita di Janik è stata drammatica per Petra: a causa di una sofferenza fetale per mancanza di ossigeno è stato effettuato un cesareo di emergenza. Dopo che si è sistemata comoda con il bambino in braccio, appoggiata al muro con un paio di cuscini dietro la schiena, la invito a indicarmi dove posso toccarla. La base di sicurezza che mi segnala si trova tra le scapole e, non appena la tocco in quel punto, subito l’atmosfera nella stanza si fa calma e silenziosa.


Visibilmente questo contatto le risulta piacevole e anche Janik si accoccola soddisfatto al seno. Sento fluire energia tra la mia mano e la base di sicurezza, nel mio corpo si diffonde un calore benefico e inizio a sentirmi felice. Immaginando che dipenda da un processo di risonanza, le chiedo cosa percepisce e vengo così a sapere che anche lei sente calore, assieme a un senso di sicurezza e felicità. Dopo un paio di minuti sono improvvisamente colto da un senso di oppressione e tensione al torace, che si sposta verso la gola, e contemporaneamente il mio respiro si fa più rapido e affannoso. Verifico il contatto alla base di sicurezza e mi accorgo che la connessione si è nettamente indebolita e le chiedo cosa prova dentro di sé. Risponde che, tutto d’un tratto, si è accorta soltanto di essere diventata più agitata, come se fosse in fibrillazione. So per esperienza che questo è sempre il primo segnale quando la paura prende il sopravvento. La invito a tornare in contatto con la mia mano posata tra le scapole e immediatamente la connessione diventa più percepibile e salda. Anche Petra se ne rende conto:“Sto bene se sento la mano sulla schiena. Mi ricorda che adesso non sono sola.”


Mentre pronuncia queste parole, la tensione nella sua schiena svanisce e il respiro si fa più profondo. Sento di nuovo nel mio corpo espandersi calore. Non appena si sente di nuovo al sicuro, racconta: “Ogni volta che Janik si mette a piangere, sento questa stretta al petto e alla gola. È la stessa sensazione che ho avuto all’ospedale, quando i medici si sono avvicinati per dirmi che dovevano affrettarsi a preparare la sala operatoria ed estrarre molto rapidamente il bambino, perché non c’era battito. Si sono espressi in modo molto neutro, ma che il bambino non stava affatto bene l’ho capito dall’indaffararsi delle infermiere attorno a me e dall’espressione seria dei medici. In quel momento mi ha travolta una paura folle di perdere mio figlio, che avevo così tanto desiderato (Petra aveva tentato per diversi anni inutilmente di restare incinta). In quell’attimo mi sono sentita terribilmente sola.”


Mentre Petra parla di quel momento drammatico durante il parto, faccio attenzione al contatto corporeo con la base di sicurezza e verifico continuamente, dalle reazioni nel mio corpo, se ci sono i primi segni di un indebolimento del legame o di un’accelerazione. Ma, mentre parla, resta in uno stato stabile. Anzi, aver potuto raccontare le sue vicissitudini ed essere stata ascoltata le dà sollievo.

Grazie a questo esempio possiamo ben cogliere l’importanza del processo di risonanza per riconoscere in tempo una perdita di ricettività. Dato che il consulente sente nel suo organismo la tensione, è in grado di immedesimarsi empaticamente con il vissuto della madre e, se ha una buona formazione rispetto alla percezione di sé, è in grado perfino di riconoscere molto prima della persona interessata l’avvio di un processo di stress e paura e, grazie ad interventi mirati, bloccarne un ulteriore sviluppo87.

Tra alta e bassa marea

La connessione con il cordone ombelicale è un parametro importante per il consulente, in quanto gli permette di percepire cosa succede al filo emozionale tra madre e bambino. Detto in altri termini, il crescere e calare della forza di legame tra lui e la madre corrispondono all’andamento del legame tra madre e bambino. Infatti, se perdiamo la connessione emozionale alla base di sicurezza, sappiamo per certo che nello stesso istante la madre perde il filo con il bambino.


Quando invitiamo la madre a riconnettersi con la nostra mano, impediamo in modo preventivo che si perda nei suoi film interiori e venga meno il contatto reale con il bambino. Questo approccio si è dimostrato particolarmente utile per evitare uno stato di prostrazione in caso di disturbo da stress post traumatico, in cui i genitori tendono ad andare letteralmente alla deriva. Il consulente, informando continuamente la madre sul “livello delle acque”, allo stesso tempo si prende cura della regolazione del suo legame con il bambino. Quando dice alla madre che sente il filo di connessione con lei farsi più sottile, sa implicitamente che la sua disponibilità al legame è indebolita da specifiche emozioni, percezioni e pensieri.


Spesso accorgersi che la connessione con la base di sicurezza sta scemando è il punto di partenza per un’esplorazione più accurata dei processi interiori della madre. Se rivolge lo sguardo dentro di sé e, di conseguenza, riconosce e identifica emozioni che fino a quel momento ha rimosso, non le percepisce più come una potenziale minaccia. Di conseguenza, deve investire meno energia per reprimere emozioni e pensieri “pericolosi”, e può abbandonarsi senza distrazioni al processo di legame con il bambino88


In tal senso il consulente funge da sé ausiliario per la mamma in questione, finché non viene ripristinata la sua capacità di autoregolazione del processo di relazione con il bambino.

La forza del legame
La forza del legame
Thomas Harms
Il pronto soccorso emozionale nelle situazioni di crisi con i bambini.Un prontuario per genitori, psicoterapeuti e professionisti della salute del periodo perinatale per conoscere e gestire i momenti di crisi del bambino. Il Pronto Soccorso Emozionale offre ai genitori che si trovano in difficoltà con i propri figli l’opportunità, fin dai primi momenti dopo la nascita, di (ri)trovare e rafforzare il filo emozionale che li unisce. La descrizione del Pronto Soccorso Emozionale che Thomas Harms svolge nel libro La forza del legame è rivolta agli psicoterapeuti, ai genitori e a tutti i professionisti della nascita, della prevenzione, dello sviluppo o della consulenza nel periodo primale. Conosci l’autore Thomas Harms, psicologo, offre da più di 25 anni consulenza e psicoterapia corporea orientata al legame a neonati, bambini e adulti.Dal 1997 è direttore del Zentrum für Primäre Prävention und Körperpsychotherapie (Centro per la Prevenzione Primaria e la Psicoterapia Corporea) a Brema.