capitolo vii

Consigli pratici per tutti

In questa sezione vorremmo descrivere situazioni tipo e consigliare piccole attività e giochi che possono essere messi in atto da genitori e insegnanti.


Alla fine di ogni gioco i successi – anche piccoli – saranno gratificati con affetto, applausi o piccoli premi. In ogni caso, si premierà l’impegno, senza far trasparire preoccupazione o risentimento.

Il bambino confonde lettere simili?

Perché i bambini dislessici confondono lettere simili come la b,d,p,q? A causa di un principio percettivo chiamato “costanza di forma”. Le costanze sono fenomeni innati del nostro apparato percettivo. Quest’ultimo valuta le caratteristiche “reali” di forma, colore, grandezza, luminosità… la costanza di forma è quella che ci permette di riconoscere tanti triangoli in mezzo a quadrati, cerchi, rombi, anche se variano dimensione o inclinazione.

Un bambino che impara a leggere deve vincere l’attrazione della costanza di forma, poi distinguere e selezionare. Per vincere questo conflitto è necessario un buon sistema di controllo (Giro del cingolo anteriore), nonché lo sviluppo delle capacità di orientamento visuo-spaziale.


In trattamenti come il tachistopio esistono allenamenti specifici per riuscire a distinguere, in un solo colpo d’occhio, lettere simili.


Un consiglio operativo per genitori e insegnanti è quello di associare le quattro lettere a quattro posizioni differenti delle mani. In ordine alfabetico si associa una lettera a un gesto (immagine), così il bambino impara gradualmente a “cavarsela da solo”.

Il bambino è impreciso?

Spesso i bambini con dislessia sono poco precisi anche nei gesti e in alcune attività manuali. Il 40% circa dei soggetti dislessici, come abbiamo visto nel capitolo III, può avere un fuoco dell’attenzione spostato lateralmente o non ben centrato. Il risultato è una lettura confusa che risente dell’“effetto affollamento” (vedere glossario).


Attraverso attività psicomotorie e giochi manuali è possibile centrare il fuoco dell’attenzione, come hanno sostenuto Geiger e Lettvin (1987). Per queste attività vedere direttamente il capitolo VIII sui Giochi utili.

Il bambino ha la “memoria corta”?

I migliori esercizi sulla memoria, sia visuo-spaziale sia verbale, sono quelli che potenziano il SAS. Come è risaputo negli ambienti “ben informati”, non si allena la memoria con esercizi di memorizzazione, ma potenziando l’attenzione e la concentrazione. Per quanto riguarda la lettura, quest’ultima si allena agendo sugli aspetti linguistici, visuo-percettivi attentivi ed esecutivi.

Le esercitazioni sulla memoria di lavoro verbale diretta sono utili allo sviluppo linguistico, mentre le esercitazioni che richiedonono rielaborazione in memoria di lavoro sono utili a rafforzare il sistema esecutivo-attentivo. Sul SAS abbiamo già presentato diverse esercitazioni, ora valuteremo qualche applicazione giocosa per la memoria di lavoro diretta e quindi per il linguaggio. Il bambino non ricorda un’indicazione appena data o, durante la lettura ancora spezzettata per sillabe, non ricorda il suono delle singole sillabe appena lette, non riuscendo quindi a fonderle? Nel caso più specifico della lettura è importante allenare la memoria uditiva (a breve termine). Nel capitolo dei trattamenti abbiamo spiegato il funzionamento dei training di listening. I trattamenti, come sappiamo, vengono somministrati e seguiti da personale formato. Ciò non toglie che si possano inventare dei puri e semplici giochi cognitivi, da fare nel tempo libero, che si ispirano ai princìpi fondanti del training. Può capitare anche di riconoscere in un gioco o in una filastrocca già esistente caratteristiche utili ai nostri scopi.

Vediamo un esempio:

 

La canzone del cocomero

Un cocomero tondo, tondo

Che voleva essere il più forte del mondo

Che voleva tutti quanti superare

Un bel giorno si mise a... cantare:

LA LA si mise a cantare!

 

Un cocomero tondo, tondo

Che voleva essere il più forte del mondo

Che voleva tutti quanti superare

Un bel giorno si mise a... mangiare:

GNAM GNAM si mise a mangiare;

LA LA si mise a cantare!

 

Un cocomero tondo, tondo

Che voleva essere il più forte del mondo

Che voleva tutti quanti superare

Un bel giorno si mise a... nuotare:

SPLASH SPLASH si mise a nuotare;

GNAM GNAM si mise a mangiare;

LA LA si mise a cantare!

 

Un cocomero tondo, tondo

Che voleva essere il più forte del mondo

Che voleva tutti quanti superare

Un bel giorno si mise a... sciare:

TOMBA TOMBA si mise a sciare;

SPLASH SPLASH si mise a nuotare;

GNAM GNAM si mise a mangiare;

LA LA si mise a cantare!

 

Un cocomero tondo, tondo

Che voleva essere il più forte del mondo

Che voleva tutti quanti superare

Un bel giorno si mise a... dormire;

PFFF PFFF si mise a dormire;

TOMBA TOMBA si mise a sciare;

SPLASH SPLASH si mise a nuotare;

GNAM GNAM si mise a mangiare;

LA LA si mise a cantare!

 

Un cocomero tondo, tondo

Che voleva essere il più forte del mondo

Che voleva tutti quanti superare

Un bel giorno si mise a... bere:

DRINK DRINK si mise a bere;

PFFF PFFF si mise a dormire;

TOMBA TOMBA si mise a sciare;

SPLASH SPLASH si mise a nuotare;

GNAM GNAM si mise a mangiare;

LA LA si mise a cantare!

 

Un cocomero tondo, tondo

Che voleva essere il più forte del mondo

Che voleva tutti quanti superare

Un bel giorno si mise ad... APPLAUDIRE!!!

Questa canzone mimata, che può essere semplificata (ad esempio, senza onomatopee come “gnam”), può servire al caso nostro: imparata la parte iniziale, che può essere interpretata con gesti e canto anche solo dall’adulto, viene inserita un’azione (si mise a cantare!) e ad ogni strofa se ne aggiunge una (si mise a mangiare, si mise a cantare!). Con gradualità il bambino dovrà ricordarsi un’azione, poi due, tre... allenado così la memoria di lavoro, l’esecutivo e la memoria a lungo termine. Sarà poi compito dell’adulto cambiare di volta in volta i verbi.

Il bambino non riesce ad imparare l’alfabeto?

La pianificazione e la gestione del tempo sono funzioni tipiche del SAS. Un bambino dislessico con SAS debole ha difficoltà organizzative e con la linea del tempo, dei numeri e dell’alfabeto. Un metodo per insegnare l’ordine alfabetico è quello di utilizzare un metodo di memorizzazione associativa: collegare ogni lettera a un’immagine. Questo avviene nel vecchio alfabeto muto (ormai in disuso) che viene utlizzato proprio dai bambini per comunicare facendo segni nell’aria.


In questo modo, l’astratta linea dell’alfabeto si materializza in una serie di gesti.


Il bambino non ha voglia di fare i compiti?

Molto spesso capita che un bambino con DSA (ma anche senza) non abbia voglia di iniziare i compiti e portarli a termine. Ciò che l’adulto deve aver ben chiaro è che senza risorse attentive la volontà, di studiare in questo caso, non può agire. Il bambino non fa i compiti come dovrebbe non perché non vuole, ma perché non può. Detto questo è importante stimolarlo al risultato e prevedere – durante i compiti – pause e spazi per fargli “riprendere fiato”.

Il bambino gioca spesso con il computer?

Il computer è uno strumento utile e pratico, ma deve essere utilizzato con criterio. Possiede un’interfaccia accattivante per lo svolgimento di alcuni trattamenti di rinforzo, ma non dovrebbe rappresentare uno strumento per giocare, specie nei più piccoli. È importante non trascurare i vecchi passatempi “carta e matita” come unire i puntini per delineare una figura, uscire dal labirinto, colorare nei margini o negli spazi indicati. Queste attività semplici sviluppano, in maniera naturale, la coordinazione oculomanuale e l’attenzione spaziale, “punti caldi” in molti soggetti con DSA.

Alcuni consigli per gli insegnanti

  • Cambiare didattica per tutta la classe, il vantaggio sarà per tutti;
  • Usare le pareti della classe per rinforzare e suggerire;
  • Usare l’alfabeto maiuiscolo per le scritte in classe, alla lavagna e, in seguito, nei testi dei compiti in classe;
  • Presentare prima le cinque vocali;
  • Presentare le parole abbinate a immagini;
  • Non presentare più caratteri contemporaneamente, creerebbe solo molta confusione;
  • Passare allo stampato minuscolo solo dopo che tutti i suoni, anche quelli complessi, sono stati presentati;
  • Non introdurre presto il corsivo;
  • Leggere ad alta voce brani, favole e fiabe per potenziare l’ascolto e far amare la lettura;
  • Prevedere un ritaglio di tempo per la lettura individuale silenziosa, senza il controllo del risultato;
  • Non far leggere ad alta voce i bambini, solo chi se la sente;
  • Non pretendere che tutti i bambini tengano il segno allo stesso punto, perché hanno tempi di lettura diversi;
  • Non utilizzare libri di lettura uguali per tutti;
  • Programmare le interrogazioni;
  • Prevedere di assegnare una quantità minore di compiti a casa per gli alunni con DSA;
  • Nei compiti in classe prevedere più tempo o meno esercizi per gli alunni con DSA;
  • Presentare gli esercizi in maniera chiara, spiegandoli sempre prima a voce;
  • Prediligere le verifiche orali, tenendo presente che gli alunni dislessici hanno anche difficoltà nella pianificazione e nell’organizzazione del discorso: fare domande dirette e precise;
  • Premiare l’impegno e anche i miglioramenti seppur piccoli;
  • Far utilizzare tutti gli strumenti compensativi/dispensativi che l’alunno e i genitori ritengono opportuni.

La dislessia
La dislessia
Eva Benso
Una guida per genitori e insegnanti: teoria, trattamenti e giochi.Come riconoscere in tempo i sintomi della dislessia e quali strumenti adottare per farvi fronte. Un manuale teorico e pratico per genitori e insegnanti. La dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento, in particolare della lettura, vissuta ancora oggi come un grave handicap cognitivo e sociale. Da qui, l’esigenza imperativa di pubblicare un libro che spieghi come riconoscerne velocemente i sintomi, quali strumenti adottare per farvi fronte (sia in ambito clinico che scolastico) e quale sia la corretta interpretazione da dare ad una condizione troppo spesso sottovalutata. La dislessia si pone l’obiettivo di inquadrare l’argomento in maniera divulgativa, secondo il punto di vista neuropsicologico, affinché possa essere uno strumento utile per insegnanti, genitori e chiunque voglia approfondire la materia, attraverso numerosi grafici, schemi esplicativi e un glossario finale.Etichette e luoghi comuni vengono aboliti, fornendo al lettore una prospettiva strutturata sul problema e illustrando il funzionamento della lettura nei suoi aspetti sottostanti: visuo-percettivo, linguistico e attentivo.Nella parte teorica del testo l’autrice Eva Benso affronta anche il momento diagnostico e quello dei trattamenti abilitativi, le cause del disturbo e i principali luoghi comuni e miti da sfatare, perché non esiste un dislessico uguale a un altro. Infine, la sezione riservata agli esercizi ludici e ricreativi permette di allenare il bambino dislessico divertendolo e interessandolo alla lettura, agevolata con l’uso di illustrazioni, fiabe o attività manuali, tutte tappe di un preciso percorso propedeutico di rinforzo cognitivo. La parola chiave del metodo proposto è “allenamento”, una vera e propria palestra per la mente. Conosci l’autore Eva Benso è Psicologa, Trainer Attentivo 3° livello formatore del Metodo Benso e Applicatore SMAART del Metodo Feuerstein.Opera privatamente a Torino (studio Tigmo) presso enti pubblici e privati, svolgendo attività di valutazione neuropsicologica, supporto psicologico, (ri)abilitazione cognitiva per disturbi delle funzioni esecutive-attentive, della memoria e dell’apprendimento.È socio fondatore e Presidente di ANCCRI. Sul territorio nazionale è docente in corsi per insegnanti, in Master e Seminari Universitari, in corsi di Alta Formazione e sul Metodo Benso.