Approfondimento 4 di Francesco Benso: Le fasi di sviluppo delle funzioni esecutive, una classificazione
Dalle proto-funzioni esecutive (più implicite) descriveremo l’“emergere” delle abilità “di base” che, come i moduli di Moscovitch e Umiltà (1990), saranno più o meno complesse e soprattutto assemblabili.
Nella fase iniziale o delle proto-funzioni esecutive (non vi è un grosso coinvolgimento della coscienza) il bambino è predisposto geneticamente per gli aspetti automatici dell’orientamento dell’attenzione: viene catturato dagli stimoli più salienti per la specie, si stacca dal percetto catturante, è soggetto all’abituazione (Sokolov, 1963), disancora l’attenzione, la sposta, la riconfigura su stimoli dove riesce a mantenersi collegato grazie anche alla salienza dello stimolo stesso. Solo in seguito, con l’affermarsi delle prime rappresentazioni, potrà sostenere l’attenzione sugli stimoli per lui “rilevanti”: si formano i primi “template” (la memoria di ciò che si sta cercando nello spazio circostante). La memoria associativa, che promuove anche il ricordo di successioni di eventi, verso i 24 mesi comincerà a sviluppare anche le serie più complesse, grazie alle risorse che maturano (Gerardi-Caulton, 2000). Il bambino potrà così entrare più strategicamente nello stato di allerta (come nei casi dove dopo un determinato “pronti” segue il “via”), che richiede concentrazione di risorse in un tempo relativamente breve, ripristinando in memoria l’associazione appresa nel tempo tra due stimoli. In questa prima fase “implicita” delle “proto-funzioni esecutive” emergono le prime espressioni implicite dell’allerta, del controllo, della flessibilità e dell’avvio di una azione. Le rappresentazioni si affermeranno con l’evoluzione delle prime memorie e il tutto sarà assolutamente dipendente dallo sviluppo delle risorse. La dotazione delle memorie implicite, nel corso del tempo, si potenzierà e si completerà con quelle esplicite, che saranno di diverso tipo e di diversa localizzazione cerebrale.
Nei primi sviluppi, le risorse del sistema alimenteranno sempre più i filtri attentivi che indirizzeranno, attraverso configurazioni innate, la memoria associativa. Tale memoria sarà il supporto per i processi di denominazione degli oggetti e degli eventi, per arrivare, in seguito, ad associare un particolare suono a un determinato segno. Questa memoria associativa dipenderà direttamente dalle risorse e, in caso di debolezza, si evidenzieranno correlati disturbi del linguaggio (Posner e Di Girolamo, 2000) e difficoltà di denominazione di oggetti e colori.
Quando comincerà ad affermarsi la memoria prospettica (il ricordo di ciò che si deve fare nel futuro, il nodo al fazzoletto) inizieranno i primi progressi di una componente fondamentale per le funzioni esecutive: la pianificazione, che continuerà il suo sviluppo attendendo l’evoluzione completa delle funzioni di base. Il bambino esprime relativamente presto questa memoria, quando compie i primi atti che manifestano comportamenti intelligenti, come gli aggiramenti di ostacoli per raggiungere uno stimolo. In questo caso bisogna distinguere il “qui ora” puntuale da quello attuale (Koeler, 1961). Il “qui ora” puntuale è senza prospettiva, non ha un arco temporale; se si pone una rete aggirabile tra una gallina e il suo cibo è plausibile trovare la gallina con la testa infilata nella rete attirata direttamente dal cibo. È paragonabile al soggetto che non valuta le conseguenze di un comportamento del momento sul futuro. Il “qui ora” attuale, invece, dura temporalmente finché non è completato l’evento (minuti, ore, anni). Nel caso dell’aggiramento, il bambino si sposta “gattonando” per evitare la rete che lo separa dal giocattolo, mantenendo lo sguardo fisso sull’obiettivo e il “qui ora” termina una volta raggiunto l’oggetto (Koeler direbbe che si è completata la Gestalt). Quando il nostro bimbo riuscirà ad aggirare un muro che nasconde il giocattolo (visto prima), solo allora comincerà a utilizzare la rappresentazione (come uno solo degli scimpanzé del Koeler riuscì a fare) e quindi la memoria prospettica.
La fase successiva si basa sulle rappresentazioni, sulle memorie e sul fatto che le proto-funzioni cominciano a emergere a livello di coscienza. Diventano soggette alla volontà dell’individuo, quindi si possono chiamare a pieno titolo “funzioni esecutive”. Elenchiamo le funzioni esecutive di base secondo il nostro punto di vista: l’avvio volontario, l’allerta fasico (concentrazione di numerose risorse in un breve intervallo di tempo, come nel “pronti e via” volontario) che si sviluppa ulteriormente nell’allerta tonico (attenzione sostenuta volontariamente per lunghi intervalli di tempo, come avviene nei soggetti che monitorizzano un evento di continuo, ad esempio il radarista), il controllo volontario, esplicito che porta anche all’esercizio dell’inibizione.
Altre funzioni esecutive si svilupperanno nel tempo dalle proto-funzioni e dalle funzioni esecutive di base, il tutto supportato sempre dalle memorie. Tra queste funzioni più complesse potremmo elencare la flessibilità, il riaggiornamento e la rielaborazione in memoria di lavoro. La flessibilità è la capacità di staccarsi da un compito non più utile per passare immediatamente ad un altro. Dagli spostamenti attentivi impliciti si giunge a quelli espliciti per arrivare ai cambiamenti di interi compiti (task shift, Rogers e Monsell; 1995). I cambiamenti di compito sono ben più complessi dei semplici spostamenti dell’attenzione, in quanto i “task” coinvolgono memorie, funzioni esecutive, sistemi percettivi di ingresso e sistemi effettori di uscita. Quindi la flessibilità come atto volitivo, che si potrebbe formare dalle prime abilità di orientamento ancora guidate dagli stimoli, necessita dello sviluppo dei supporti necessari e può affermarsi appieno in seguito, nel tempo di crescita del bambino. Il riaggiornamento e la rielaborazione in memoria di lavoro sono funzioni che non si differenziano molto dalla flessibilità, anzi, hanno bisogno di questa abilità, oltre che del controllo esecutivo e dell’appoggio anche di una parte della memoria di lavoro. Sono funzioni diverse dalla memoria di lavoro lineare che è un prerequisito necessario al loro sviluppo. Dai 5 ai 7 anni vi è un ulteriore sviluppo del sistema di controllo e pertanto delle risorse che stanno a monte di tutto (Rueda et al 2005). Le funzioni strumentali (memorie) si consolidano ulteriormente e i ricordi vengono recuperati anche attraverso strategie che impegnano il sistema esecutivo (modello della memoria di Moscovitch e Umiltà, 1990, 1991). Da questo momento in poi, cominceranno ad affermarsi anche le funzioni più complesse: pianificazione, organizzazione, esecuzione del compito stabilito. Queste ultime funzioni non possono espletarsi senza risorse, flessibilità e controllo (inibizione) e senza l’appoggio delle memorie (soprattutto memoria di lavoro e prospettica).
Le funzioni più complesse inizieranno lo sviluppo prima che avvenga il consolidamento delle funzioni di base, ma come direbbe Karmiloff-Smith, non saranno efficienti fino a che le funzioni di supporto non raggiungeranno un determinato livello di sviluppo (la padronanza comportamentale). In un rapporto dialogico-ricorsivo si alimenteranno a vicenda (l’autopoiesi di Maturana e Varela, 1987 o l’auto eco-organizzazione di Morin, 1986). Ad esempio, la pianificazione avrà bisogno di una sufficiente funzione di controllo, la quale si svilupperà ulteriormente nei soggetti che utilizzeranno anche in modo “incerto” e precoce la pianificazione. Lo stesso tipo di esempio si può fare per lo “switch volontario”: finché sono deboli il sistema di controllo, le risorse a disposizione e di conseguenza la memoria di lavoro, non sarà semplice cambiare volontariamente il compito in corso; tuttavia le applicazioni graduali negli spostamenti di attenzione (proto-funzione) favoriranno nel tempo la flessibilità del comportamento.
Con la cosciente applicazione e l’esercizio della volontà vi è l’affermarsi dei moduli di terzo tipo come l’attività motoria complessa e la lettura (attraverso la modularizzazione e l’assemblamento dei moduli di secondo tipo; Moscovitch, Umiltà, 1990). L’intervento del processore centrale, con tutte le sue funzioni e soprattutto con le risorse, in questo caso è esplicito e comandato dalla volontà. In parallelo, gradualmente, e sempre più supportato da tutte queste funzioni, si sviluppa il “problem solving” da livelli minimi fino a complessità sublimi: quest’ultimo è il momento operativo dell’applicazione di tutte le funzioni esecutive.