capitolo iii

Come funziona la lettura

Per capire il funzionamento della lettura e come entrano in gioco gli aspetti legati all’attenzione, iniziamo con una situazione apparentemente banale: la lettura ad alta voce di un brano da parte di più soggetti. Il risultato, come ovvio, è vario: c’è chi legge velocemente “mangiando” le parole, chi assai lentamente “lettera per lettera”, chi commette molti errori, chi legge fluidamente ma non ricorda cosa ha appena letto, chi si blocca davanti a parole sconosciute e chi riesce a dare un’intonazione corretta al testo… Per orientarsi in questa giungla è bene, fin dall’inizio, non sovrapporre piani differenti e procedere con ordine.

Le quattro fasi classiche dell’ apprendimento della lettura (Firth, 1985)

  1. Fase logografica: la parola scritta viene considerata come un disegno, le singole lettere come semplici segni;
  2. Fase alfabetica: la parola scritta viene considerata lettera per lettera con la scoperta del singolo valore sonoro;
  3. Fase ortografica: la parola scritta è analizzata secondo le regole ortografiche;
  4. Fase lessicale: la parola scritta è letta per intero (ha una precisa forma fonologica) e appartiene al dizionario delle parole apprese.


Le quattro fasi non sono separate rigidamente ed è normale che gli schemi di quella che precede vadano a influenzare la successiva, fino alla sua completa formazione. Dalla fase alfabetica in avanti, la scrittura interagirebbe con la lettura contribuendo al progresso delle diverse fasi. Una lettura frammentata, lettera per lettera (fase alfabetica), non è di per sé un segnale d’allarme: nelle prime fasi della lettura la via lessicale è in formazione e non è ancora pienamente sviluppata. Solo se il soggetto non progredisce si possono ipotizzare, ad esempio, problemi di fusione fonologica1 o in merito al dimensionamento del fuoco attentivo2 (vedere capitolo III).

Le due vie

La lettura si sviluppa, da un punto di vista quantitativo, attraverso le quattro fasi sopra elencate, con tempi diversi da soggetto a soggetto.

Da un punto di vista qualitativo, fermo restando le quattro fasi, bisogna considerare l’accesso o meno al significato: vi sono due modalità di lettura, una con accesso al significato e l’altra senza. Per esemplificare il tutto leggiamo queste due parole:

“BAMBINA” e “BEPREMEDI”

Nel primo caso, abbiamo letto probabilmente l’intera parola in maniera immediata; nel secondo, abbiamo costruito la parola “sillaba per sillaba”: “BE” “PRE” “ME” “DI” oppure “BEPRE” “MEDI”. Ciò porta a ipotizzare che vi siano almeno due modi di leggere: uno ci permette di essere veloci con l’accesso immediato al significato, l’altro di affrontare le parole sconosciute attraverso la conversione dello scritto in suono. Di conseguenza, il modello proposto dalla neuropsicologia per la lingua scritta (vedere figura 8) è quello a “due vie”3:

  • La VIA 1, o via “lessicale”, sfrutta la conoscenza delle parole e il loro significato per leggere in modo veloce ed efficace;
  • La VIA 2, o via “fonologica”, attua una conversione scritto/suono (grafema/fonema): ad un segno grafico viene associato un suono, poi emesso senza passare dal significato. In questa modalità non vi è distinzione tra parole “nuove” o “vecchie”.

Attraverso la via lessicale è possibile la formazione di un vero e proprio vocabolario delle parole conosciute (il lessico visivo di input). Le parole ad alta frequenza d’uso e quelle utilizzate da poco saranno più attivate e vicine alla soglia del riconoscimento rispetto alle altre, quindi lette più velocemente4.


Attraverso la via fonologica, invece, è possibile leggere parole sconosciute (non appartenenti al lessico visivo di input) e le non parole (parole prive di significato come ‘bepre’ o ‘gosu’). La via fonologica nell’età dello sviluppo è molto importante perché solo il suo completo consolidamento può favorire il passaggio alla via lessicale. Dalla comprensione della singola parola si arriva, poi, alla comprensione del testo.

Approfondimento 2: metodo globale e analitico

Nella pratica scolastica si sono affermati due metodi opposti:

  • Metodo globale: lettura di parole e intere frasi. L’interesse è rivolto al contenuto e al senso globale; si trascurano, però, le singole componenti fonologiche.
  • Metodo analitico: lettura di parole lettera per lettera; l’interesse è rivolto al valore sonoro del singolo elemento ma rende difficile il riconoscimento immediato dell’intera parola.

Negli ambienti italiani “ben informati” si sostiene sia necessario sviluppare bene la via fonologica, essendo la nostra lingua (a differenza dell’inglese) semitrasparente. Pertanto, non valgono le esperieze tratte dagli studi americani che si basano su di un tipo di apprendimento diverso.

Le zone cerebrali che si attivano durante la lettura

Quando noi leggiamo, si attivano aree cerebrali specifiche della lettura e anche aree attentive necessarie a promuovere la concentrazione di risorse e la focalizzazione dell’attenzione (“Giro del cingolo anteriore”, soprattutto). Questo ultimo aspetto è spesso trascurato, nel senso che raramente si misurano i diversi “profili attentivi”, fondamentali per capire e impostare trattamenti abilitativi. Analizziamo cosa avviene quando leggiamo (figura 9)5:

  • Entro i primi 100 ms: analisi visiva della parola scritta, che coinvolge la corteccia visiva posteriore destra.
  • Entro i primi 150 ms: 1) la parola analizzata se è nota viene riconosciuta, con l’attivazione della corteccia occipitale aree visive sinistre; 2) contemporaneamente si ha l’attivazione del Giro del cingolo anteriore, dunque del sistema attentivo e di controllo (del SAS);
  • Intorno ai 200 ms: 1) alla parola riconosciuta viene attribuito un significato, con l’attivazione del lobo frontale sinistro. 2) contemporaneamente vi sono i primi movimenti oculari, con l’attivazione dei campi oculari frontali.
  • Intorno ai 400/600 ms: alla parola vengono associati i suoni corrispondenti e poi viene emessa ad alta voce.

Risorse necessarie per leggere

Fondamentale per la lettura è il consolidamento della via fonologica, quindi la conquista graduale dell’automatismo nel tradurre i segni grafici in suoni (conversione grafema/fonema). Per questo primo step sono necessari importanti prerequisiti:

  • Risorse attentive sufficienti (utili, in questa fase di apprendimento, alla memoria associativa per ricordare il suono di un determinato segno);
  • Sviluppo dell’attenzione spaziale (necessaria a focalizzare l’attenzione su lettere, sillabe, parole e spostarla successivamente nella frase indirizzando i movimenti oculari vedere figura 11);
  • Sviluppo della memoria di lavoro (“working memory”, una sorta di deposito, che dura pochi secondi, in cui il lettore può conservare informazioni su lettere e parole per poi completare la decodifica e la loro associazione (vedere figura 28);
  • Sviluppo delle abilità di visuo-percezione (l’abilità, ad esempio, di riconoscere lettere simili) e linguistiche (la fusione di sillabe e l’accurata rappresentazione a livello di fonemi).

Focalizzazione dell’attenzione

Automatizzato il processo di conversione dei segni grafici in suoni, il secondo step consiste nella gestione dell’attenzione: una gestione matura del fuoco attentivo permette di “allargare” l’attezione sulla parola e di “stringerla” sui dettagli.


La flessibilità del fuoco dell’attenzione varia da soggetto a soggetto; ecco alcuni esempi6:


  • Fuoco dell’attenzione tedenzialmente allargato: difficoltà a “centrarsi” sulla parola singola, può coinvolgere fino a due parole. La lettura è caratterizzata, ad esempio, da errori di sostituzione di lettere da una parola all’altra (confusione tipica dell’“effetto affollamento”, vedere il paragrafo Conclusioni, oppure il Glossario);
  • Fuoco dell’attenzione tendenzialmente ristretto (rigido): difficoltà ad “aprirsi”. Tale fuoco può comportare una lettura “lettera per lettera”;
  • Fuoco dell’attenzione spostato lateralmente7: un fuoco spostato, ad esempio, verso destra, ha difficoltà ad ancorarsi sulla sinistra. Il risultato è una lettura confusa che risente dell’“effetto affollamento” (la parola che segue interferisce, con quella che dovrebbe essere letta).


Esistono training specifici per rendere meno rigido il fuoco dell’attenzione (Benso F., 2010) e, inoltre, per i casi di spostamento del fuoco verso destra, fenomeno riscontrabile in circa il 40% dei soggetti dislessici8, si suggeriscono esercizi di centratura oculo-manuale come il bricolage fine (vedere il capitolo VIII).

Approfondimento 3: cause legate al sistema visivo e percettivo

Ogni dislessico ha caratteristiche diverse anche solo nel fuoco dell’attenzione: allargato, rigido o spostato verso destra. Esiste anche un fenomeno per cui le parole appena lette (sulla sinistra) vanno a sovrapporsi su quelle di destra, creando quindi un’interferenza. Questo fenomeno visuo-percettivo è definito “persistenza visibile”9. Nel dettaglio, si continua a vedere, per un certo tempo (millesimi di secondo) uno stimolo ormai scomparso (inerzia percettiva), come l’effetto dei fotogrammi di un film che scorrono e creano l’illusione del movimento. Alcuni studiosi valutano un tempo di latenza d’immagini maggiore in alcuni soggetti dislessici10. Negli anni di questi studi venne teorizzata la lettura in verticale: valutando più lento lo spostamento oculare in tale direzione, si pensava che la persistenza visibile potesse nel frattempo decadere e non infastidire il lettore.


Altri studiosi sostengono che i problemi di lettura siano dovuti a particolari cellule retiniche: il sistema visivo magnocelluare. Le cellule retiniche più grandi (magnocellule) sono deputate alla visione periferica e coinvolte nella percezione del movimento11. Una debolezza in tal senso porterebbe il dislessico a non percepire l’allineamento delle righe o la profondità: le parole non emergerebbero dallo sfondo bianco del foglio, ma lo sfondo verrebbe percepito come un insieme caotico formato dalle altre parole e dal bianco della pagina.

I trattamenti abilitativi, nel caso di una debolezza inerente più l’aspetto visuo-percettivo che il linguaggio, stimoleranno il modulo deficitario, senza trascurare l’aspetto attentivo, che è alla base e sostiene ogni apprenndimento.

Il riconoscimento della forma delle parole

Acquisita una buona gestione del fuoco dell’attenzione è possible passare al terzo step: la formazione di una memoria a lungo termine della forma delle parole (lessico visivo di input). È chiaro che le diverse fasi del processo di lettura si sviluppano in modo soddisfacente solo dopo la padronanza dei livelli inferiori12.


A questo punto, il completo sviluppo della via lessicale, la via 1, permetterà al lettore di utilizzarla in maniera preferenziale, essendo più efficiente e veloce. Tali lettori non perderanno, comunque, l’abilità di convertire automaticamente lo scritto in suono (via fonologica o via 2), necessaria per leggere parole ancora sconosciute.


Per un maggiore approfondimento vedere la figura 12 nella pagina seguente.

Conclusioni

Il consolidamento del modulo lettura è strettamente connesso allo sviluppo delle risorse attentive: l’attenzione è necessaria per qualsiasi apprendimento13.


Le risorse sono a capacità limitata, nel senso che hanno un limite, si dividono tra i diversi compiti e si esauriscono, ma possono essere allenate e stimolate. Affinché le varie fasi della lettura vadano a buon fine è importante valutare, dunque, i processi coinvolti: attenzione, memorie, linguaggio e visuo-percezione in stretta realazione tra loro. Con la conoscenza di base dei diversi meccanismi e dei diversi fattori implicati, diviene più agevole preparare prove di valutazione dei fattori di rischio da somministrare a livello di scuola dell’infanzia.


Infine, dopo aver spiegato il modello a due vie e come entra in gioco l’attenzione, ecco i due effetti principali da valutare durante la diagnosi:

  • Effetto contesto

Un brano deve essere letto più velocemente di una lista di parole, perché il significato velocizza la lettura. Quando ciò non avviene significa che non c’è stata una decodifica immediata del significato o era troppo forte l’“effetto affollamento” (vedere il Glossario);

  • Effetto lessicale

Le parole devono essere lette più velocemente delle non parole, attraverso la via lessicale, che ne permette il riconoscimento immediato. Quando ciò non avviene (parole e non parole vengono lette alla stessa velocità) può significare che la lettura è così frammentata da non riuscire a formare l’intera parola, dunque la via lessicale non si sta formando (lessico visivo di input).

I movimenti oculari saccadici


I movimenti oculari saccadici (o saccadi) sono rapidi spostamenti dell’occhio14. Un movimento saccadico impiega circa 200 ms a iniziare dopo che è stato programmato. Mentre il soggetto decodifica la parola, parallelamente la periferia del fuoco attentivo è già posizionata sulla parola successiva, come nell’effetto preview.

  • Effetto preview

Il “vedere prima”: mentre il lettore aggancia l’attenzione sulla parola da leggere, nello stesso tempo utilizza altre risorse per iniziare la decodifica della parola che sta sulla destra15.

Il fuoco attentivo, utilizzando solo la sua periferia, riesce a non creare inteferenze e a valutare la lunghezza e la posizione della parola successiva, per preparare il movimento oculare appropriato. L’attenzione si sposta prima degli occhi sulla parola successiva, quindi indirizzerà lo spostamento saccadico.


In alcuni soggetti con dislessia i movimenti oculari sembrano avvenire in modo poco ordinato ed efficiente:

  • il tempo impiegato nella fissazione della parola è più alto del normale;
  • le regressioni oculari (l’indietreggiare) sono numerose;
  • le saccadi in avanti sono numerose, brevi e forse catturabili da qualsiasi particella.

La brevità e la maggior frequenza delle saccadi sembrano dipendere da strategie di lettura ancora poco sviluppate (tipo la trasduzione grafema/ fonema) e da una debolezza a livello di risorse. Uno strumento importante per l’abilitazione è il tachistoscopio che, utilizzato tenendo conto delle componenti attentive e della fisiologia delle saccadi è un trattamento che abitua il soggetto dislessico a leggere con un solo posizionamento oculare sulla parola (al di sotto dei 200 ms, come vedremo nel capitolo dei trattamenti).


La dislessia
La dislessia
Eva Benso
Una guida per genitori e insegnanti: teoria, trattamenti e giochi.Come riconoscere in tempo i sintomi della dislessia e quali strumenti adottare per farvi fronte. Un manuale teorico e pratico per genitori e insegnanti. La dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento, in particolare della lettura, vissuta ancora oggi come un grave handicap cognitivo e sociale. Da qui, l’esigenza imperativa di pubblicare un libro che spieghi come riconoscerne velocemente i sintomi, quali strumenti adottare per farvi fronte (sia in ambito clinico che scolastico) e quale sia la corretta interpretazione da dare ad una condizione troppo spesso sottovalutata. La dislessia si pone l’obiettivo di inquadrare l’argomento in maniera divulgativa, secondo il punto di vista neuropsicologico, affinché possa essere uno strumento utile per insegnanti, genitori e chiunque voglia approfondire la materia, attraverso numerosi grafici, schemi esplicativi e un glossario finale.Etichette e luoghi comuni vengono aboliti, fornendo al lettore una prospettiva strutturata sul problema e illustrando il funzionamento della lettura nei suoi aspetti sottostanti: visuo-percettivo, linguistico e attentivo.Nella parte teorica del testo l’autrice Eva Benso affronta anche il momento diagnostico e quello dei trattamenti abilitativi, le cause del disturbo e i principali luoghi comuni e miti da sfatare, perché non esiste un dislessico uguale a un altro. Infine, la sezione riservata agli esercizi ludici e ricreativi permette di allenare il bambino dislessico divertendolo e interessandolo alla lettura, agevolata con l’uso di illustrazioni, fiabe o attività manuali, tutte tappe di un preciso percorso propedeutico di rinforzo cognitivo. La parola chiave del metodo proposto è “allenamento”, una vera e propria palestra per la mente. Conosci l’autore Eva Benso è Psicologa, Trainer Attentivo 3° livello formatore del Metodo Benso e Applicatore SMAART del Metodo Feuerstein.Opera privatamente a Torino (studio Tigmo) presso enti pubblici e privati, svolgendo attività di valutazione neuropsicologica, supporto psicologico, (ri)abilitazione cognitiva per disturbi delle funzioni esecutive-attentive, della memoria e dell’apprendimento.È socio fondatore e Presidente di ANCCRI. Sul territorio nazionale è docente in corsi per insegnanti, in Master e Seminari Universitari, in corsi di Alta Formazione e sul Metodo Benso.