capitolo xi

Mettere insieme i pezzi

La maggior parte dei princìpi descritti in questo libro richiede di capire e applicare concetti fondamentali insieme ad atteggiamenti maturi. Mettere insieme i pezzi ci fornisce un’ottima varietà di strumenti per aiutare i bambini a sviluppare caratteristiche che saranno loro utili in tutta la vita. Non esiste un solo strumento che funzioni con ogni bambino e in ogni situazione, per questo è confortante avere diverse possibilità. Molti degli strumenti presentati in questo capitolo sono stati già affrontati in altri capitoli; qui troverete nuovi esempi di interazioni adulto/bambino che riguardano le sfide educative e il vantaggio del poter combinare insieme vari strumenti.

La tecnica del bagno

Si è parlato più volte del valore del Time-out Positivo come periodo per ritrovare la calma. Ricordate che lo scopo di “ritrovare la calma” è quello di aspettare fino a quando non si ha accesso al “cervello razionale”, invece di cercare di risolvere un conflitto con il cervello “rettiliano”; per farlo può essere utile una forma di ritirata. Invece di pensarla in termini di bambini che vanno in time-out per un po’, può essere utile ai genitori pensare di essere loro a ritirarsi.


Prima di ritirarvi, spiegate ai bambini cosa intendete fare e perché. (I bambini più piccoli impareranno dalle vostre azioni, non dalle parole). La spiegazione può avvenire in una riunione di famiglia o a tu per tu. Potreste dire: «Quando sarò arrabbiata andrò da qualche parte per calmarmi finché non mi sentirò meglio; allora potremo cercare insieme una soluzione rispettosa». È un ottimo esempio per i vostri figli.


Il bagno è un buon luogo in cui potersi ritirare. Dreikurs è famoso per la sua “tecnica del bagno”. Propone il bagno perché in molte case è l’unica stanza dove si può chiudere la porta a chiave. Se avete bisogno di passare molto tempo in bagno per ritrovare la calma, probabilmente vorrete renderlo il più accogliente possibile, con libri, riviste e uno stereo. Scherzo, ma capite cosa intendo.


Alcuni genitori preferiscono farsi una doccia, una camminata o andare a fare la spesa, se hanno un amico o un coniuge a cui lasciare i figli. A volte può essere utile stabilire un segnale con i bambini – tirarsi i capelli in modo plateale, muovere le braccia come ali per indicare che state impazzendo o fare il segno della pace.


È importante mantenere un atteggiamento rispettoso quando ci si prende un qualunque tipo di intervallo per ritrovare la calma. Potreste dire: «Ho bisogno di un time-out per prendermi cura di me. So che, quando mi sento meglio, riesco ad agire meglio». Rassicurate i bambini sul fatto che non state andando via da loro, ma dovete prendervi cura di voi perché sapete che quando tutti si sentono meglio il problema può essere risolto con rispetto e collaborazione.

La tecnica del romanzo

Siccome gli insegnanti non possono lasciare i bambini da soli in classe, un modo per ritirarsi è quello di sedersi a leggere un romanzo nel momento del conflitto. (Chi ha provato questa tecnica la trova molto efficace, ma alcuni insegnanti non si sentono a loro agio. Provatela se rispecchia il vostro stile).


Il primo passo è quello di spiegare il vostro piano ai bambini. Fate sapere che il vostro compito è insegnare, il loro imparare. Se non sono disposti a svolgere il loro compito, voi non riuscirete a fare il vostro; perciò, d’ora in avanti, ogni volta che disturberanno e voi non riuscirete a insegnare, vi metterete a leggere un romanzo. Quando saranno pronti a svolgere il loro compito potranno dirvelo, in modo che voi possiate svolgere il vostro.


Il motivo per cui ad alcuni insegnanti questo metodo non piace è che non riescono a resistere al periodo di prova, in cui le cose peggiorano prima di migliorare. Spesso i bambini diventano molto indisciplinati nel provare la nuova libertà. Tuttavia, non passa molto tempo prima che i si calmino e dicano all’insegnante che sono pronti a imparare. In molte classi gli alunni non provano affatto la nuova libertà. Semplicemente non si rendono conto di disturbare finché non si accorgono che l’insegnante sta leggendo il suo libro. Si calmano non appena notano questo messaggio non verbale.


Questo metodo è efficace solo per gli insegnanti che si sono guadagnati l’ammirazione e il rispetto dei bambini perché sono capaci e preparati. È anche molto efficace per i bambini delle elementari. Con gli adolescenti, più preoccupati dell’approvazione dei coetanei che di quella degli adulti, potrebbe risultare disastroso.


Rasmussen, un insegnante di sostegno delle scuole medie, era stato autorizzato dal direttore a lasciare l’aula quando i suoi alunni erano troppo indisciplinati. Prima ha spiegato agli alunni che sarebbe uscito dalla classe se si fossero comportati male; quando poi fossero stati pronti l’avrebbero chiamato in aula insegnanti. Quello stesso giorno i bambini hanno fatto così tanto rumore da non riuscire nemmeno a sentire il maestro, a meno che non alzasse la voce. Lui e il suo assistente hanno preso le loro tazze di caffè e sono usciti dalla stanza.


Il maestro era molto nervoso mentre aspettava seduto in aula insegnanti. Non era per niente sicuro che avrebbe funzionato. Stava diventando matto a immaginare cosa avrebbero potuto fare i bambini da soli in classe. Quando, dopo trenta minuti, non erano ancora venuti a cercarlo, ha iniziato a chiedersi se non sarebbe stato licenziato.


Dopo tre quarti d’ora uno degli alunni è entrato in aula insegnanti per dirgli che erano pronti a sentire la sua lezione. È rimasto stupito nel vedere quanto i bambini fossero collaborativi nei giorni seguenti.


La volta successiva, Rasmussen e il suo assistente hanno preso le tazze dal ripiano. I bambini si sono calmati subito, dicendo di essere pronti. È importante notare che questo maestro piaceva molto ai bambini. Si era guadagnato il loro rispetto e ora dimostrava di rispettare se stesso.


Dopo aver sentito questa storia, un’altra insegnante di sostegno ha provato questo sistema. Ha raccontato che i suoi alunni sono venuti a cercarla venti minuti dopo, con una petizione firmata che diceva che erano pronti a collaborare.


Un’altra maestra aveva invece dimenticato di dire ai suoi alunni dove avrebbero potuto trovarla. I bambini sono andati in segreteria e le hanno fatto sapere con gli altoparlanti della scuola che erano pronti. Ovviamente non vi invito a provare questo metodo se nella vostra scuola ci sono regole che lo vietano. Alcuni direttori però autorizzano l’assunzione di questo genere di rischi.

Time-out positivo

Un periodo per ritrovare la calma può essere efficace per i bambini scoraggiati quando viene loro spiegata la logica in anticipo, quando i bambini contribuiscono a creare un’area che li aiuti a sentirsi meglio, e quando genitori e insegnanti chiedono: «Ti aiuterebbe stare un po’ nell’area del Timeout Positivo?» (o qualunque altro modo l’avrete chiamata).


A volte la tecnica del bagno e quella del romanzo sono più utili, perché stabilite cosa farete voi, non cosa chiedete al bambino di fare. A molti adulti, tuttavia, piace usare il Time-out Positivo invece della tecnica del bagno, perché trovano complicato ritirarsi in bagno quando sono impegnati in un’attività, come preparare la cena oppure nel tenere una lezione. (A volte però un piccolo disagio è un prezzo minimo da pagare per incoraggiare e rafforzare i bambini affinché imparino la responsabilità e la collaborazione).


Un concetto importante da ribadire ancora una volta è: come ci è venuta l’idea assurda che, per portare i bambini a fare di meglio, prima sia necessario farli sentire peggio? La maggior parte degli adulti sono erroneamente convinti che lo scopo di mandare i bambini in camera loro sia di farli soffrire. «Vai in camera tua e pensa a quello che hai fatto». Il tono di voce di solito implica: «E soffri». Un genitore si è persino lamentato: «Mandare mio figlio in camera non serve a niente. A lui piace».

Ho risposto: «Ottimo. Porterà risultati migliori». Suggerisco ai genitori di spiegare ai figli il Time-out Positivo (come descritto nel sesto capitolo) in un momento tranquillo e sereno. «Quando siete infastiditi o arrabbiati, potrebbe esservi utile andare in camera vostra e fare qualcosa che vi fa sentire meglio, come leggere un libro, giocare, ascoltare la musica o fare un sonnellino. Poi, quando vi sentite meglio, tornate qui e cerchiamo insieme una soluzione». Certi genitori sono preoccupati che questo possa premiare il cattivo comportamento, e sarebbe effettivamente così se non seguisse la fase di risoluzione del problema quando tutti si sentono meglio. Per saperne di più su come coinvolgere i bambini nel creare le loro aree di time-out personali che possono “scegliere” invece di “esservi spediti”, fate riferimento a Positive Time-Out and Over 50 Ways to Avoid Power Struggles in Homes and Classrooms1.

I bambini sotto i tre anni di solito sono troppo piccoli per essere mandati in time-out (o per sceglierlo), anche per il Time-out Positivo. Potreste però prendervi un time-out insieme a loro. È probabile che ne abbiate entrambi bisogno. La signora James ha iniziato a portare Ann in camera sua quando si comportava male a partire dai quattordici mesi. La teneva sulle ginocchia e le leggeva qualcosa per pochi minuti, prima di portarla di nuovo fuori. Se Ann faceva i capricci, la mamma si limitava a sedersi in silenzio sul suo lettino e la lasciava sfogare i suoi sentimenti. Quando Ann si calmava, la signora James le chiedeva: «E ora, sei pronta per un abbraccio?».


È importante ricordare che questo non è un premio per il comportamento scorretto. Significa piuttosto dare l’esempio ad Ann di come gestire i sentimenti quando si è arrabbiati – va bene provare i sentimenti che si provano, ma non va bene fare tutto ciò che si vuole. Questo metodo si basa sul concetto fondamentale dell’incoraggiamento come stimolo a migliorare il comportamento. Si basa anche su solidi nozioni riguardo lo sviluppo del bambino: un bebè di quattordici mesi non è in grado di distinguere causa ed effetto ad un livello tale da controllare il suo comportamento senza supervisione, quindi perché punire?


Quando Ann iniziava un “comportamento scoraggiato” come piagnucolare, o un “comportamento di messa alla prova” come saltare sui mobili, la signora James la portava in camera sua con gentilezza e fermezza e restava con lei. A volte la mamma coinvolgeva Ann, chiedendole di prendere il timer e di impostarlo sul numero di minuti che riteneva necessari a sentirsi meglio (distrazione). Qualche volta le dava una scelta: «Vuoi andare in camera da sola o vuoi che ti faccia compagnia finché non ti senti meglio?».


A quattro anni, Ann aveva acquisito molta dimestichezza con questa routine. Quando aveva bisogno di calmarsi e sentirsi meglio, andava in camera da sola, o chiedeva alla madre di venire con lei. A volte piangeva o metteva il broncio (aveva imparato che i sentimenti vanno bene) prima di dire che si era calmata e si sentiva meglio. Altre volte si metteva semplicemente a giocare per un po’ in camera sua o si addormentava. Quando usciva dalla camera era pronta a cambiare comportamento – o a cercare una soluzione rispettosa. Ann era capace di esercitare l’autocontrollo usando il Time-out Positivo perché non sentiva di doversi “ribellare” per essere stata “spedita” in castigo.


La signora James aveva imparato la tecnica del bagno dopo essere stata operata, perché non aveva la forza di andare in camera con Ann quando si comportava male. Un giorno in cui Ann stava piagnucolando, la signora James si era diretta verso il bagno zoppicando. Ann l’aveva seguita e aveva iniziato a battere sulla porta gridando: «Esci subito! Voglio che tu esca!». Dopo qualche minuto la signora James ha sentito che Ann cercava di controllare qualche singhiozzo involontario prima di dire in tono sereno: «Quando vuoi uscire sono pronta».


Quando la madre è uscita le ha detto: «Sono felice che tu sia pronta. Mi piace passare il tempo con te. Perché non segniamo il piagnucolare sul programma delle riunioni, così possiamo usare le buone idee che abbiamo per trovare soluzioni».

Stabilite cosa farete voi, non cosa farà il bambino

Il rischio potenziale di dire ai bambini di andare in camera (o altre imposizioni) è quello di suscitare una lotta di potere se rifiutano di farlo, o una spirale della vendetta se lo percepiscono come una punizione e si sentono feriti; il che vale soprattutto per i bambini più grandi. Questa possibilità si può evitare permettendo ai bambini di imparare dalle conseguenze logiche o naturali di ciò che decidete di fare voi, piuttosto di quel che provate a far fare loro.


Bonnie aveva sposato un vedovo con sei figli. Il più grande aveva otto anni e i più piccoli erano gemelli di due anni. La madre di questi bambini era morta di parto alla nascita dei gemelli. Potete immaginare quanto fosse difficile trovare una babysitter per sei figli, compresi due gemellini. Anche le persone che avevano molto bisogno di lavoro non restavano a lungo, e, prima che Bonnie diventasse la loro seconda mamma, i bambini non avevano avuto la stabilità di una disciplina coerente. Si notava in particolare durante i pasti, un vero e proprio calvario in cui i bambini si picchiavano, litigavano e si lanciavano cibo l’un l’altro.


Bonnie aveva insegnato i princìpi della Disciplina Positiva prima di avere la possibilità di metterli in pratica; adesso ne aveva l’occasione. La prima cosa che fece fu una riunione di famiglia ma non nominò neanche il comportamento durante i pasti. Chiese loro solo di stabilire di quanto tempo avevano bisogno per mangiare dopo che la cena fosse stata portata in tavola. Dopo averne parlato decisero che quindici minuti sarebbero bastati e avanzati. (Dimenticavano di tenere conto del tempo che serve per picchiarsi, litigare e lanciare cibo). Tutti accettarono di buon grado la regola per cui la cena sarebbe stata servita alle sei, e la tavola sparecchiata alle sei e un quarto.


La sera seguente, durante la cena, Bonnie e suo marito mangiarono, ignorando le litigate. Alle sei e quindici Bonnie sparecchiò la tavola. I bambini protestarono perché avevano ancora fame e non avevano finito di mangiare. Bonnie ha risposto in modo calmo e fermo: «Sto solo seguendo la regola che abbiamo concordato. Sono sicura che resisterete fino a colazione». Poi si mise seduta davanti al frigorifero con un romanzo e gli auricolari per il resto della serata.


La sera successiva si è ripeté la stessa scena, con i bambini che mettevano alla prova la loro nuova mamma per vedere se “faceva sul serio”. Alla terza sera lo avevano capito, e si impegnarono a mangiare così da non trovare il tempo per picchiarsi, litigare o lanciare cibo.


Questa storia ha un bell’epilogo. Sei anni dopo ho avuto l’occasione di restare con quei bambini mentre i genitori si prendevano un fine settimana di vacanza. Erano così capaci e responsabili che non ho dovuto alzare un dito per tutto il weekend.


I bambini preparavano tutti i pasti e svolgevano le faccende domestiche senza nessuna interferenza da parte mia. Mi avevano mostrato il programma dei pasti e delle faccende. Durante la prima riunione di famiglia del mese definivano tutti i menù del mese. Ognuno di essi aveva una sera in cui cucinare, tranne Bonnie (che faceva tutta la spesa) e il figlio maggiore (che aveva gli allenamenti di football).


Chiesi se le cose andavano sempre così lisce. Mi assicurarono: «Non sempre». Una delle ragazze mi raccontò che prima avevano la regola che chi cucinava non puliva la cucina. La cosa generava dei problemi, perché chi aveva il compito di pulire si lamentava sempre dei cuochi disordinati. Avevano quindi deciso di modificare la regola stabilendo che chi cucinava doveva anche pulire la cucina. Questo ha eliminato le lamentele e ha fatto sì che ognuno avesse una pausa più lunga prima che fosse di nuovo il suo turno.


Questo esempio illustra diversi punti importanti per far sì che il metodo funzioni:

  • Dite in anticipo ai bambini cosa farete. Se possibile ottenete il loro consenso sulle cose da fare in circostanze determinate.

  • Usate azioni, e non parole, gentili e ferme. Quando i bambini mettono alla prova il vostro piano, meno parole usate e meglio è. Tenete la bocca chiusa e agite.

  • Le poche parole che usate devono essere pronunciate in tono gentile e amichevole.

  • Ignorate la tentazione di venire coinvolti in una lotta di potere o in una spirale della vendetta. I bambini faranno del loro meglio per mettervi alla prova e farvi ricadere nelle vostre reazioni abituali.

  • Seguendo il piano potreste avere l’impressione, ignorando il suo comportamento scorretto, di permettere che il bambino la “faccia franca”. È vero che la punizione porterebbe risultati più immediati, ma questo metodo aiuta i bambini a sviluppare responsabilità e altre competenze di vita per il futuro (risultati a lungo termine).

  • È possibile che le cose peggiorino prima di migliorare. Siate coerenti con il nuovo piano e i bambini impareranno una nuova risposta-abilità (il gioco di parole è voluto).


Seguono alcuni altri esempi di come stabilite quello che farete voi, e non ciò che dovrà fare il bambino:

  • Non cercate di fare in modo che il bambino metta i vestiti sporchi nella cesta. Stabilite semplicemente che laverete solo i vestiti che sono nella cesta. I bambini impareranno presto le conseguenze naturali del non avere i vestiti puliti che vogliono.

  • Non assillate i bambini perché puliscano la cucina. Limitatevi a rifiutarvi di cucinare finché la cucina non sarà pulita. Pensate a quanto potete rilassarvi leggendo un bel romanzo nell’attesa. All’inizio i bambini potrebbero essere entusiasti all’idea di prepararsi tramezzini al burro d’arachidi ogni volta che hanno fame, ma si stuferanno velocemente, e capiranno presto che, se vogliono gustare i migliori pasti della loro vita, la collaborazione è una strada a due sensi.

  • Non trasformate questo metodo in una lotta di potere o in una spirale della vendetta. Alcuni genitori fraintendono questo concetto e cercano di usarlo per dominare o far vergognare i bambini in modo da far fare loro quello che vogliono, o per “pareggiare i conti” quando non hanno fatto quello che avrebbero “dovuto” fare. Il senso è quello di non preoccuparsi di ciò che fanno i bambini in queste situazioni. In altre parole, non preoccupatevi se vostro figlio sceglie di indossare vestiti sporchi invece di prendersi la responsabilità di metterli nella cesta. Non preoccupatevi se i vostri figli preferiscono mangiare tramezzini al burro d’arachidi invece di pulire la cucina. Godetevi la vacanza dalla cucina.

Non preoccuparsi è estremamente efficace per quei genitori e insegnanti che si sentono a loro agio nel farlo. Possono poi proseguire con altri metodi, come le riunioni di famiglia o di classe per trovare soluzioni al problema, prendersi il tempo per la formazione, porre domande di approfondimento e incoraggiare. Chi non riesce a non preoccuparsi può usare altri metodi. Non c’è mai un solo modo di affrontare un problema. Più strumenti avete nella vostra cassetta degli attrezzi da genitori, più efficace sarà la soluzione. Nel nostro libro Positive Discipline A-Z2 è presente un elenco di più di mille soluzioni e metodi non punitivi per prevenire futuri problemi legati a specifiche sfide comportamentali. Positive Discipline: A Teacher’s A-Z Guide3 fa la stessa cosa con una lunga lista di comportamenti che rappresentano delle sfide per gli insegnanti. Genitori e insegnanti possono scegliere le proposte con cui si sentono più a loro agio, o quelle che pensano possano funzionare meglio con i loro bambini. Alcuni propongono un time-out e leggono con i bambini le proposte riguardo a un comportamento specifico, in modo da scegliere insieme quella che sembra loro migliore.

Ritirata emotiva

Lo scopo di prendersi un intervallo per ritrovare la calma è quello di ritirarsi da una situazione finché il conflitto emotivo non sia passato, invece di restare coinvolti in lotte di potere o spirali della vendetta. A quel punto potrete risolvere i problemi in modo razionale. Vengono proposte la tecnica del bagno o il Time-out Positivo perché la maggior parte degli adulti e dei bambini fa fatica a ritrovare la calma fino a quando non ha lasciato l’area di conflitto. Lasciare l’area non sarebbe necessario se potessimo ritirarci emotivamente ed evitare di restare coinvolti nelle lotte di potere.

 

Bonnie e suo marito (di cui abbiamo parlato sopra) hanno dovuto ritirarsi emotivamente per ignorare i comportamenti dei figli a tavola, mentre seguivano il nuovo piano d’azione.


La signora Valdez, una maestra di terza, mi ha invitata a osservare la sua riunione di classe. Sono arrivata presto e ho avuto l’occasione di vedere con quanta efficacia usasse la ritirata emotiva. Era il momento di passare da un’attività di matematica a una di lettura. I bambini erano rumorosi e indisciplinati. Ho visto la maestra fissare la parete di fondo come in trance. Anche i bambini se ne sono accorti e hanno iniziato a sussurrare: «Sta contando». Hanno fatto il passaparola, e in poco tempo i bambini sedevano attenti e in silenzio.


Più tardi ho chiesto all’insegnante: «Fino a quanto conti e cosa fai dopo esserci arrivata?».


Ha detto: «Non conto veramente. Ho solo stabilito che non posso insegnare finché i bambini non si sono calmati, così mi prendo anch’io una pausa. Siccome guardo la parete di fondo, i bambini pensano che io stia guardando l’orologio e contando. Quando brontolavo per farli stare composti non mi ascoltavano nemmeno, ma da quando ho deciso di non iniziare la lezione finché non sono pronti, si calmano molto velocemente».


Ritirarsi emotivamente non significa ritirare l’amore per il bambino. Significa ritirarsi da una situazione conflittuale. Tutti i metodi di ritirata dovrebbero essere seguiti da incoraggiamento, formazione, riorientamento o attività di soluzione dei problemi.

Evitare le dispute del mattino

Il racconto che segue illustra vari concetti, atteggiamenti e metodi che abbiamo già affrontato, e anche l’importanza di stabilire delle routine.


Le mattine a casa di DaniRie sono piuttosto frenetiche. La piccola trova che sia un ottimo momento per monopolizzare le attenzioni della madre. La scena-tipo è qualcosa del genere: «DaniRie, alzati per favore!… Questa è l’ultima volta che ti chiamo!… Come faccio a sapere dove sono i tuoi libri? Dove li hai lasciati?… L’autobus sarà qui tra cinque minuti e tu non sei ancora vestita!… DaniRie, dico sul serio, questa è assolutamente l’ultima volta che ti accompagno in macchina se perdi l’autobus. Devi imparare a essere più responsabile».


Se vi suona familiare, e siete anche voi convinti che mal comune è mezzo gaudio, potete consolarvi nel sapere che questa scena si ripete ogni mattina in milioni di famiglie. Non sarà l’ultima volta che sua madre la porterà a scuola quando perde l’autobus, DaniRie lo sa bene. Ha sentito questa minaccia molte volte e sa che non ha alcun valore.


Sua madre ha ragione: DaniRie dovrebbe imparare a essere più responsabile. Con scene del genere al mattino però, sua madre in realtà sta insegnando a DaniRie a essere sempre più irresponsabile. Invece di permetterle di esercitare la responsabilità, le fa fare pratica di manipolazione calcolata. È sua madre la responsabile del fatto che deve costantemente ricordare a DaniRie cosa deve fare. DaniRie imparerà un comportamento responsabile quando sua madre si farà da parte e le permetterà di sperimentare le conseguenze dell’essere in ritardo. Potrebbe andare a scuola a piedi se perde l’autobus, o la sua insegnante potrebbe farle recuperare il tempo che ha perso. Inoltre, è probabile che DaniRie sarà più responsabile se crea lei stessa il suo programma della routine del mattino.

Programmi per la routine

Si possono evitare le dispute del mattino impegnandosi nella formazione, coinvolgendo i bambini nello stabilire delle routine, generando idee e proseguendo con gentilezza e fermezza, come descritto nel settimo capitolo.


Le classi che hanno delle routine prestabilite funzionano in modo molto più fluido di quelle che non le hanno e sono particolarmente efficaci quando i bambini hanno contribuito a stabilirle. Gli alunni possono fare dei poster con le varie routine e appenderli in classe. Da quel momento sono le routine a comandare. Quando i bambini escono dai binari, l’insegnante chiede: «Chi può dirmi cosa dobbiamo fare ora?». Qualcuno controllerà il poster e ricorderà alla classe cosa dovrebbe fare. Questo è un modo semplice di permettere ai bambini di esercitare un controllo che inviti alla collaborazione, invece di avere un insegnante che cerca di controllare la situazione in modi che invitano alla ribellione.

Evitare le dispute della nanna

Il racconto che segue mostra che evitare i problemi del mattino dipende anche da alcune routine della sera prima: quelle che aiutano a evitare le seccature della nanna. Si nota inoltre l’importanza di usare concetti come prendersi il tempo per l’insegnamento e proseguire con dignità e rispetto.


La signora Felix aveva insegnato a Matthew a vestirsi da solo a due anni. Aveva scelto vestiti facili da mettere e togliere. Poi aveva seguito molte volte Matthew nelle varie fasi. Una volta sicura che fosse in grado di farlo, non gli ha più permesso di chiederle di farlo al suo posto.


Siccome Matthew andava alla scuola materna di mattina, la madre lo svegliava abbastanza presto in modo che avesse molto tempo per vestirsi e mangiare, così che il padre potesse portarlo a scuola andando al lavoro. Aveva spiegato a suo figlio che, se non riusciva a vestirsi in tempo, avrebbe messo i suoi vestiti in un sacchetto in modo che potesse farlo in macchina prima di entrare a scuola – un’ottima conseguenza logica.


Avevano stabilito le seguenti routine, a partire dalla sera prima di andare a scuola. Matthew si metteva il pigiama alle sette, prima dello spuntino serale. Poi veniva la routine del bagno. Alla famiglia di Matthew piaceva la consuetudine di fare a turno per tirare fuori gli spazzolini di tutti e metterci sopra il dentifricio. A Matthew piaceva da matti arrampicarsi sullo sgabello e spremere il dentifricio sugli spazzolini – anche se poi gran parte del dentifricio finiva sparso sul ripiano. A mano a mano che i membri della famiglia andavano in bagno e scoprivano il dentifricio già sullo spazzolino canticchiavano: «Grazie». Poi la mamma o il papà portavano Matthew in camera e gli facevano preparare i vestiti che voleva mettere il giorno dopo, in modo che fossero pronti alla mattina. (Questa routine evita il problema di decidere di mattina cosa indossare, quando la fretta porta i bambini a pretendere qualcosa che non trovano o che è nella cesta del bucato. Crescendo imparerà anche a preparare libri, cappotto e tutto quello che gli serve per la scuola). La mamma o il papà poi chiacchieravano con lui della sua giornata, gli leggevano una storia e gli rimboccavano le coperte dandogli il bacio della buonanotte.


Matthew aveva la sua radiosveglia personale per la mattina. Gli piaceva andare a prendersi le coccole nel letto di mamma e papà per qualche minuto; un bel risveglio anche per loro. Quando tutti erano svegli, Matthew andava in camera sua, si vestiva e andava in cucina ad aiutare a preparare la colazione. (Nella famiglia Felix ognuno ha un compito a colazione. I compiti vengono cambiati ogni settimana durante le riunioni di famiglia). Il compito preferito di Matthew era sbattere le uova – cosa che un bambino di due anni è perfettamente in grado di fare dopo un “periodo di formazione”. Se aveva finito le routine prima che fosse ora di partire, poteva giocare un po’.


Un giorno freddo e piovoso, Matthew aveva ciondolato e all’ora di andare non era ancora pronto. Suo padre ha preso Matthew nudo sotto braccio, i suoi vestiti in un sacchetto sotto l’altro ed è uscito di casa sotto la pioggia battente proprio mentre un vicino stava uscendo a prendere il giornale. (A volte non ci si può preoccupare di quello che pensano gli altri, quando si insegna ai figli la responsabilità).


Matthew aveva pianto lungo tutto il tragitto per arrivare a scuola. Il papà gli aveva detto con gentilezza: «Accosto, così se vuoi ti puoi vestire». Matthew però stava mettendo alla prova il padre, e vestirsi non gli sarebbe servito. Quando Matthew è arrivato a scuola, il maestro (che seguiva anche lui gli stessi princìpi) gli ha detto gentilmente: «Oh, ciao Matthew. Vedo che non ti sei ancora vestito. Porta tutto nel mio ufficio e vieni non appena sei vestito». E così ha fatto.


Circa un mese più tardi, Matthew ha di nuovo messo alla prova i genitori. Questa volta aveva il pigiama, e si era vestito in macchina prima di arrivare a scuola. Aveva già imparato che piangere non avrebbe portato a nulla. Da quel giorno, Matthew si vestiva quasi sempre in tempo. Un paio di volte sua madre lo aveva visto ciondolare e gli aveva detto: «Sembrerebbe che tu abbia deciso di vestirti in macchina». A Matthew l’idea non piaceva, così finiva di vestirsi in tutta fretta. La madre avrebbe anche potuto rinunciare a prendersi la responsabilità di avvertirlo, permettendo a Matthew di sperimentare nuovamente le conseguenze logiche.


Alcune persone hanno contestato questo esempio perché ritenevano fosse umiliante portare Matthew a scuola nudo. Posso assicurarvi che a Matthew non importava. Naturalmente non potreste farlo con un bambino di quattro anni.


Suo padre avrebbe potuto rendere l’esperienza umiliante (come spiegato nel quinto capitolo) aggiungendo biasimo e vergogna a qualcosa che altrimenti sarebbe una conseguenza logica. Suo padre non gli ha detto: «Ti sta bene! Magari la prossima volta ti darai una mossa. Mi stai facendo arrivare in ritardo. Tutti i bambini rideranno di te perché non ti sei vestito». Questo avrebbe reso la situazione umiliante.


Una madre, che aveva sentito questa storia, ha provato una piccola variante. Sua figlia Selena, di quattro anni, non si era vestita in tempo per andare alla scuola materna, così la mamma aveva messo i suoi vestiti in un sacchetto e aveva messo in macchina Selena in pigiama. Non ha portato la figlia a scuola in pigiama. Ha invece parcheggiato nel vialetto vicino a una finestra della scuola. Ha detto alla figlia: «Tesoro, mi metto seduta lì in quell’ufficio da dove posso vederti. Vieni a scuola non appena sei vestita». Selena era rimasta in macchina imbronciata per cinque minuti. Poi si era vestita (forse si era stufata) ed era entrata a scuola.

Condividere un momento sereno prima della nanna

Uno dei motivi per cui i bambini danno così tanto filo da torcere ai genitori quando è ora di andare a dormire è perché sentono che i genitori stanno cercando di sbarazzarsi di loro. È comprensibile che, alla fine di una lunga giornata, i genitori non vedano l’ora di un po’ di tranquillità. Di solito invece sperimentano la frustrazione dei capricci della nanna. Passare qualche minuto di serenità prima della nanna è importante per aiutare a evitare le frustrazioni.

Quando i bambini sentono che avete fretta di lasciarli, si sentono scoraggiati riguardo l’appartenenza. Mettono quindi in atto comportamenti scoraggiati chiedendo di bere, andare in bagno o piangendo per qualcosa che li spaventa. Quando invece avvertono che vi piace davvero stare con loro per condividere qualche momento sereno, provano un senso di appartenenza e non hanno bisogno di comportarsi male.


Condividere gli avvenimenti più brutti e quelli più belli della giornata aiuta i bambini a sentirsi appagati. Un vantaggio collaterale è che fa piacere anche ai genitori. Condividere significa parlare anche dei momenti più tristi e più felici della giornata. Prima ascoltate vostro figlio; poi potete racccontare voi. Questo tipo di condivisione è più efficace quando è l’ultima parte della routine della nanna. Quando i bambini trascorrono un momento sereno prima della nanna, sentono il tipo di appartenenza che si prova quando qualcuno si prende il tempo di ascoltare e raccontare qualcosa di sé. Di solito questo è sufficiente ad accompagnare i bambini ad addormentarsi appagati.

Evitare le dispute dei pasti

I pasti sono diventati una tale battaglia da far pensare che i bambini, piuttosto che mangiare, preferirebbero restare affamati. Non è che preferiscano restare affamati, ma preferiscono sentirsi potenti che mangiare. È quasi impossibile costringere i bambini a mangiare, ma questo non impedisce ai genitori di provarci. Molte volte i genitori pensano di esserci riusciti per poi scoprire che i figli vomitano il pasto.


La signora Williams preparava la pappa d’avena per colazione a Sara, di quattro anni. Sebbene sua madre la sgridasse, Sara non mangiava. La madre metteva la pappa in frigorifero per darla a Sara a pranzo. Non la mangiava neanche a pranzo, e così se la ritrovava davanti a cena. La Williams era una madre autoritaria che dominava Sara in molti ambiti. La figlia non sapeva come “vincere” se non durante i pasti. Vincere in questo campo, in cui poteva sentirsi indipendente e potente, per lei era così fondamentale da sacrificare il suo corpo. Sara era diventata rachitica.


La madre l’aveva portata dal medico, che capì quello che stava accadendo. Era un uomo pieno di buon senso e aveva consigliato alla madre: «Metta qualcosa di nutriente sul tavolo, mangi il suo pasto e la lasci stare! Parli di cose piacevoli, altrimenti resti in silenzio».


La signora Williams si sentiva molto male per quello che era successo. L’unica ragione per cui aveva assillato Sara sul cibo era che le voleva bene e pensava, erroneamente, che tormentarla fosse il modo migliore per farla mangiare e tenerla in salute. Come molti metodi di controllo usati con i bambini di oggi, le si era ritorto contro, e aveva raggiunto l’obiettivo opposto di quello che desiderava. Ha seguito il consiglio del medico e ha fermato la guerra dei pasti. Sara non è mai diventata una buona forchetta (è una bambina con le ossa molto piccole), ma ha mangiato abbastanza da superare il rachitismo e rimanere in salute.


È interessante parlare con persone cresciute durante la Grande Depressione degli anni ’30. Raccontano che l’unico problema dei pasti era: «Ci sarà abbastanza da mangiare?». A nessuno importava se qualcuno sceglieva di non mangiare. Significava solo che ce ne sarebbe stato di più per gli altri. I bambini non sviluppavano problemi di alimentazione in quelle circostanze.

Coinvolgere i bambini

Coinvolgere i bambini nella pianificazione e nelle soluzioni è il modo migliore per evitare i problemi dei pasti. Prendetevi il tempo di pianificare i pasti della settimana successiva durante una riunione di famiglia.


La famiglia Ainge ha inventato l’attività della pianificazione dei pasti di famiglia descritta nel nono capitolo. Insieme compilavano le colonne per ogni giorno della settimana, scrivendo chi avrebbe cucinato e cosa ci sarebbe stato per cena. Si era creata un’atmosfera di collaborazione. Quando tutti contribuivano alla pianificazione, i bambini erano più disposti a mangiare quello che aveva scelto qualcun altro, perché anch’essi avevano potuto fare le loro scelte.


Nella famiglia Ainge si faceva anche la spesa tutti insieme. Dividevano la lista della spesa nei diversi reparti del supermercato. Ogni membro della famiglia si occupava di un reparto. I bambini imparavano molte cose sulla spesa e si divertivano a svolgere una faccenda domestica. È facile capire perché questa famiglia non aveva “giochi di guerra” a tavola. I bambini venivano incoraggiati a usare il loro “potere” per contribuire, collaborare e divertirsi insieme.

Restare fuori dai conflitti dei bambini

Il modo migliore per insegnare ai bambini a litigare è continuare a immischiarsi nei loro bisticci. I genitori fanno fatica a credere che il motivo principale per cui i bambini litigano è per coinvolgere i genitori. I genitori che ne rimangono fuori notano una drastica diminuzione dei conflitti.


La maggior parte dei genitori riconoscono il tipico schema dei bisticci tra fratelli basati sull’ordine di nascita. Il maggiore di solito è il più “disturbabile” e il minore di solito è quello che ci guadagna di più nel coinvolgere la mamma. Perciò, il più piccolo fa qualcosa per stuzzicare il più grande; potrebbe essere qualunque cosa, dal fargli una boccaccia al mettere fuori posto qualcosa in camera del maggiore.


Quando il fratello maggiore abbocca e reagisce al piccolo, quest’ultimo corre dalla madre con un grido di protesta. La madre resta coinvolta, sgridando il maggiore. Quando il maggiore riesce a convincerla che è stato il minore a iniziare, la madre risponde: «Non m’interessa cos’ha fatto. Tu sei il più grande e dovresti dare l’esempio».


Se la madre si accorgesse dell’espressione di trionfo sulla faccia del più piccolo, avrebbe una prospettiva decisamente migliore dello scopo (obiettivo sbagliato) del comportamento. La madre collabora a insegnare il litigio come modo per chiedere attenzioni, potere o vendetta. Rafforza la convinzione errata del bambino su come raggiungere un senso di appartenenza e rilevanza.


La signora Reeder aveva deciso di rimanere fuori dai litigi dei figli. Aveva scelto un momento di pace per spiegare che non le piaceva proprio restare coinvolta nei loro bisticci e che a partire da quel momento era certa che avrebbero potuto cavarsela da soli per trovare soluzioni ai loro problemi. Durante una riunione di famiglia hanno discusso i Quattro Passi per la Risoluzione dei Problemi evidenziati nel dodicesimo capitolo.


Il giorno dopo, la Reeder stava percorrendo l’ingresso quando ha visto Troy, di sette anni, colpire in testa Shaun, di cinque, con una pistola giocattolo. Ha pensato che non avrebbe potuto ignorare una cosa del genere e stava per andare alla carica in camera dei bambini per fermarli. Come in un flashback, all’improvviso si è resa conto che quando Shaun era stato colpito, era caduto all’indietro sul letto e aveva protestato debolmente con il fratello: «Fa male». Poi aveva visto la madre e aveva lanciato un grido di protesta. La signora si è accorta di essere stata volutamente coinvolta, si è girata velocemente, è andata in bagno e ha chiuso la porta. I bambini l’hanno seguita e hanno iniziato a prendere a pugni la porta raccontando entrambi la loro versione dei fatti.


Mentre era seduta in bagno e sentiva i bambini colpire la porta e discutere su chi aveva cominciato, la madre aveva pensato: Dreikurs è matto! Questa cosa non funziona! Tuttavia, aveva resistito ancora un po’ in modo da poter riferire l’accaduto al suo gruppo. Dopo poco i bambini avevano smesso di colpire la porta ed erano andati via.


La signora Reeder aveva continuato a rimanere fuori dai loro conflitti dicendo: «Sono sicura che siete in grado di risolvere i vostri problemi» ogni volta che venivano da lei a lamentarsi. Nel frattempo la famiglia continuava a discutere possibili soluzioni ai problemi durante le riunioni, così i bambini ne imparavano le competenze.


La madre aveva capito che il metodo era efficace quando, circa un mese dopo, aveva involontariamente sentito sua figlia Colleen, di quattro anni, dire a Troy: «Vado a dirlo alla mamma». Troy aveva risposto: «Ti dirà solo di vedertela da sola». (Colleen doveva sapere che Troy aveva ragione, perché non ne ha parlato con la madre).


La signora Reeder ha riferito che i litigi tra i suoi figli erano diminuiti circa del 75 per cento. Il rimanente 25 per cento erano molto meno intensi e si risolvevano più in fretta.


In alcune circostanze restare fuori dai conflitti può essere difficile o sconsigliato:

  • Per alcuni adulti è quasi impossibile non preoccuparsi, anche se sono mentalmente convinti che sia la cosa migliore da fare.

  • Quando i bambini sono molto piccoli, possono farsi seriamente del male, per esempio un bambino di due anni che colpisce in testa un bebè di sei mesi con un camioncino dei pompieri. (Molti adulti usano questa scusa per immischiarsi nei litigi di bambini più grandi). Se i bambini più grandi vogliono davvero farsi del male tra di loro, lo faranno quando non ci sono adulti intorno. Gli adulti non dovrebbero assumersi un ruolo protettivo con i bambini più grandi, a meno che non vogliano farlo per ventiquattro ore al giorno.

  • Gli insegnanti sono responsabili della sicurezza dei loro alunni e non possono restare fuori dai conflitti.


Alcuni genitori non credono che i bambini litighino per lo più allo scopo di ottenere l’attenzione dei genitori; difatti sostengono che i loro figli litigano anche quando loro non sono presenti. Io chiedo sempre: «Come fate a sapere che litigano anche quando non ci siete?»


Rispondono con una smorfia imbarazzata: «Perché si assicurano che io lo scopra. Di solito mi accolgono alla porta con tutte le loro lamentele. A volte mi chiamano persino al lavoro per coinvolgermi. Mi rendo conto che provano a farmi fare da giudice, giuria e carnefice dell’altro bambino».


Se non riuscite a restare fuori dai conflitti dei vostri figli e decidete di immischiarvi, il modo più efficace è quello di “mettere i figli sulla stessa barca”. Non parteggiate per uno dei due e non cercate di stabilire chi ha torto. È facile sbagliare, perché non si conoscono tutti gli elementi. “Giusto” è sempre una questione di opinioni; ciò che a voi sembra giusto sembrerà sicuramente ingiusto dal punto di vista di almeno uno dei bambini. Se ritenete di dover intervenire per fermare il litigio, non processate. Metteteli piuttosto sulla stessa barca e trattateli allo stesso modo.


La signora Hamilton aveva visto Marilyn, di due anni, colpire Sally, di otto mesi. Alla madre sembrava che Sally non avesse fatto nulla per provocare Marilyn, ma le ha comunque messe “sulla stessa barca”. Prima ha preso in braccio Sally, l’ha messa nella culla e ha detto: «Torneremo a prenderti quando sarai pronta a smettere di litigare». Poi ha portato Marilyn in camera sua e le ha detto: «Vieni a chiamarmi quando sarai pronta a smettere di litigare, e andremo a prendere la piccola».


A prima vista la situazione può sembrare ridicola. Perché mettere la piccola nella culla per il litigio quando se ne stava seduta lì, innocentemente, e ad ogni modo non avrebbe potuto capire il monito della madre? Molti si immaginano che lo scopo di trattare le bambine allo stesso modo vada a beneficio della più grande, per evitare che si senta sempre in colpa. In verità, trattarle allo stesso modo porta benefici a entrambe. Quando prendete le parti del bambino che “pensate” sia la vittima, insegnate a quel bambino ad assumere una mentalità da vittima. Quando “bullizzate” il bambino che “pensate” abbia iniziato, insegnate al bambino ad adottare una mentalità da “bullo”.


Non possiamo sapere con certezza se sia stata Sally a provocare Marilyn (inconsapevolmente o intenzionalmente). Se l’avesse fatto, sgridare Marilyn non solo sarebbe stato ingiusto, ma avrebbe insegnato a Sally un ottimo modo per portare la madre dalla sua parte. Questa è una buona formazione da vittima. Se invece non avesse provocato Marilyn, sgridare quest’ultima (perché è la più grande) avrebbe insegnato a Sally la possibilità di ottenere attenzioni specifiche provocando la sorella. La più grande avrebbe potuto allora adottare l’errata convinzione di essere più rilevante nel ruolo di bambina “cattiva”.


Eppure qualcuno obietta che non ha senso mettere un bebè che non ha fatto nulla di male nella sua culla. Il punto non è chi ha fatto che cosa. Il punto è trattare i bambini allo stesso modo affinché uno non impari la mentalità da “vittima” e l’altro non impari la mentalità da “bullo”. Di certo al piccolo non importa essere messo nella culla per qualche secondo. È il gesto che conta.


Un altro modo di mettere i bambini sulla stessa barca è quello di dare a entrambi la stessa scelta. «Potete smettere di litigare o andare in giardino a regolare i vostri conti». Oppure: «Preferite andare in stanze separate finché non siete pronti a smettere di litigare o rimanere nella stessa stanza per cercare una soluzione?», «Vi piacerebbe stare sulle mie ginocchia finché non siete pronti a smettere di litigare?». Dite o fate qualunque cosa vada bene per voi purché entrambi vengano trattati allo stesso modo.


Sento ancora delle obiezioni. Cosa succede se il maggiore ha davvero colpito il minore senza motivo? Il più grande non dovrebbe essere punito? E il piccolo non dovrebbe essere consolato?


Se avete letto fino a qui sapete che la punizione non è un’alternativa. È un esempio così ridicolo da dare ai bambini: «Ti faccio del male per insegnarti a non far del male agli altri».


Propongo che prima consoliate il maggiore, per poi invitarlo ad aiutarvi a consolare il minore. Ancora una volta, questo non significa premiare il maggiore per aver “cominciato” lui. Significa riconoscere che, per qualche ragione, il più grande si sente scoraggiato. Forse si sente spodestato dal più piccolo. Forse è convinto che amiate di più il minore. La ragione in questo momento non è importante. (Invece affrontare la convinzione che sta dietro al comportamento lo è). È fondamentale capire quando i bambini si sentono scoraggiati e hanno bisogno di incoraggiamento.


Questo potrebbe essere: «Tesoro, vedo che sei arrabbiata». (Riconoscere i sentimenti è molto incoraggiante). «Un abbraccio aiuterebbe?». Riuscite a immaginare la sua sorpresa nel ricevere affetto e comprensione al posto di punizione e disprezzo? Quando la bambina si sente meglio, potreste dire: «Hai voglia di aiutare la tua sorellina a sentirsi meglio? Vuoi darle tu un abbraccio per prima o preferisci che lo faccia io?». Riuscite a vedere che questi gesti incoraggiano azioni amorevoli e pacifiche?


Supponiamo che la più grande sia troppo arrabbiata per abbracciarvi, o per voler abbracciare il bebè. Fate comunque il gesto. Poi dite: «Vedo che non sei ancora pronta. Vado a consolare tua sorella. Quando sarai pronta potrai venire ad aiutarmi». La più piccola non soffrirà molto di più se vi prendete qualche secondo per consolare la maggiore – ed eviterete la formazione da vittima che potrebbe portarla a stabilire: «Il modo per ottenere attenzioni speciali da queste parti è provocare mia sorella».


Se ascoltate queste tecniche con il cuore, avrete colto il concetto. Mettetevi nei panni dei vostri figli. Cosa vi sarebbe di maggiore aiuto e cosa vi farebbe imparare maggiormente? E non dimenticate il senso dell’umorismo.


Un padre era solito alzare il pollice davanti ai suoi figli che litigavano, dicendo: «Sono un reporter della CBC. Chi vuol parlare al microfono per primo e raccontarmi la sua versione dei fatti?» A volte i bambini scoppiavano a ridere, altre volte raccontavano a turno la loro versione. Quando raccontavano la loro versione del conflitto, il padre si rivolgeva a un pubblico immaginario dicendo: «Ecco, signori telespettatori. L’avete sentito in diretta. Sintonizzatevi domani per vedere in che modo questi brillanti bambini avranno risolto il problema». Se il problema non veniva risolto per allora, il padre diceva: «Volete segnare il problema sul programma delle riunioni in modo che tutta la famiglia possa aiutare con dei suggerimenti o posso darvi appuntamento qui domani – stessa ora, stesso canale – per un aggiornamento al nostro pubblico?»


Quando gli adulti rifiutano di immischiarsi nei litigi dei figli oppure mettono i figli sulla stessa barca trattandoli allo stesso modo, si elimina il maggiore movente di conflitto.

Segnali non verbali

La maggior parte dei metodi discussi finora in questo capitolo sono forme di segnali non verbali. Tutti incorporano altri concetti e atteggiamenti importanti, come prendersi un intervallo per ritrovare la calma, ed essere allo stesso tempo fermi e gentili. Pongono l’accento sulle azioni più che sulle parole. Se sono necessarie le parole, meno sono e meglio è. È molto efficace coinvolgere i bambini in una sessione per risovere problemi, in cui stabilite un piano che comprenda segnali non verbali, un ulteriore aiuto per gli adulti affinché imparino a tenere la bocca chiusa.


Il signor Perry, un direttore scolastico, decise di partecipare a un gruppo di studio per genitori nella sua scuola. Sottolineò al gruppo che partecipava in qualità di genitore desideroso di imparare qualche competenza da applicare con i propri figli.


Una sera chiese aiuto al gruppo per fare in modo che suo figlio Mike portasse fuori la spazzatura. Suo figlio accettava sempre, ma non senza che qualcuno glielo ricordasse sempre. Il gruppo fornì a Perry diverse proposte, come per esempio spegnere la televisione finché il compito non fosse svolto o dare a Mike la possibilità di scegliere quando farlo. Un genitore suggerì di provare il segnale non verbale di capovolgere il suo piatto vuoto a tavola se si fosse dimenticato di portare fuori la spazzatura. Perry decisedi provare così.


Per prima cosa, la famiglia affrontò il problema della spazzatura in una riunione. Mike affermò di nuovo di volersene occupare lui. La madre disse: «Apprezziamo il tuo desiderio di aiutare, ma ci rendiamo anche conto di quanto sia facile dimenticarsi questo compito. Per te andrebbe bene se usassimo un segnale non verbale così smettiamo di assillarti?».


Mike voleva sapere il tipo di segnale.


Il padre spiegò l’idea di capovolgere il piatto vuoto a tavola. Se fosse venuto a tavola e avesse visto il piatto capovolto, si sarebbe ricordato. Avrebbe potuto svuotare la pattumiera prima di mettersi a tavola. Mike disse: «Per me va bene».


Questo era avvenuto otto giorni prima che Mike si dimenticasse di svuotare la pattumiera (Quando i bambini sono coinvolti nella risoluzione di problemi di solito collaborano per un po’ prima di mettere alla prova le decisioni assunte). Quando arrivò a tavola e vide il piatto capovolto, iniziò a fare i capricci. Piagnucolava: «Ho fame! Porterò fuori la spazzatura dopo! Che stupidaggine!».


Sono sicura che immaginate quanto sia stato difficile per i suoi genitori ignorare questo comportamento insopportabile. La maggior parte dei genitori avrebbe detto: «Su Mike, eri d’accordo anche tu, ora smettila di comportarti come un bebè!». Se Mike avesse continuato a comportarsi male, avrebbero dimenticato il piano e avrebbero usato una punizione (il che avrebbe sì fermato il comportamento scorretto, ma non avrebbe risolto il problema di svuotare la spazzatura e permesso a Mike di imparare il senso di responsabilità).


I genitori continuarono a ignorare i capricci di Mike, anche quando andò in cucina sbattendo i piedi, prese la spazzatura, sbattè la porta del garage uscendo per poi tenere il broncio e fare rumore con la forchetta sul piatto per tutta la cena.


Il giorno dopo Mike si ricordò di portare fuori la spazzatura e fu adorabile per tutta la cena. Risultato della coerenza con cui i genitori avevano portato avanti il piano: per due settimane Mike non si dimenticò mai di portare fuori la spazzatura. Quando vide di nuovo il piatto capovolto disse: «Ah, giusto». Portò fuori la spazzatura, si mise a tavola, girò il piatto e fu adorabile con tutta la famiglia a cena.


Un’altra ragione che rende difficile ai genitori ignorare i cattivi comportamenti è la sensazione che i bambini la facciano franca. Hanno la sensazione di trascurare il loro dovere di fare qualcosa per il comportamento. Il che sarebbe vero se non ci fosse un piano o uno scopo dietro il fatto di ignorare il comportamento. I Perry lasciarono che Mike “la passasse liscia” per il momentaneo scoppio d’ira (ricordate, le cose spesso peggiorano prima di migliorare), ma, visto che faceva parte di un piano che avevano concordato, risolsero il problema del continuo brontolio per le faccende di casa trascurate.


La signora Beal era frustrata perché la irritava moltissimo che i bambini tornassero a casa da scuola e scaricassero i libri sul divano. Continuare a tormentarli non portava a nulla. Durante una riunione disse ai bambini che non aveva più intenzione di sgridarli o brontolare su quel problema. Propose il segnale non verbale di mettere la federa di un cuscino sul televisore per ricordare ai bambini che c’erano libri sul divano. I bambini hanno approvato il piano, che ha funzionato molto bene. La madre non si faceva più coinvolgere oltre al segnale. Quando i bambini vedevano la fodera del cuscino, raccoglievano i loro libri o ricordavano agli altri di farlo.


Svariate settimane più tardi, la madre volle vedere la sua telenovela preferita dopo che i bambini erano andati a scuola. Con sua sorpresa trovò una federa sul televisore. Guardò il divano e vide i pacchi che aveva lasciato lì la sera prima, nella fretta di preparare la cena.


Tutta la famiglia si fece una bella risata su questa serie di eventi. Apprezzavano il metodo, e da allora i bambini hanno trovato molti segnali non verbali per risolvere altri problemi.


Alla maestra Reed piace usare segnali non verbali nella sua classe di quinta. Li insegna ai suoi alunni quasi come una seconda lingua, fin dal primo giorno di scuola. Uno è quello di sedersi in silenzio con le mani giunte sul banco quando sono pronti ad ascoltare. Quando vuole che si girino e tornino al posto durante le lezioni o durante un’assemblea, alza l’indice destro e fa due piccoli cerchi e poi due movimenti su e giù nell’aria al ritmo delle parole: «Torna indietro e vai a sederti». Insegna loro anche un segnale del silenzio per le situazioni di estremo rumore. Batte le mani una volta. Tutti quelli che sentono il rumore battono una volta le mani. Poi batte le mani due volte. Da quel momento, diversi studenti hanno sentito l’eco del battito degli altri alunni e sono pronti a unirsi alla risposta dei due battiti. Due battiti di solito sono sufficienti a ristabilire il silenzio. Una volta ogni tanto sono necessari tre battiti prima che tutti sentano e rispondano con tre battiti.


La signora Norwood e sua figlia Mary si sentivano sempre a disagio dopo aver litigato ed erano leste nel chiedere scusa. Un giorno ne hanno parlato e hanno deciso di vedere chi sarebbe stata la prima a ricordarsi di mettersi una mano sul cuore come segnale non verbale per esprimere “ti voglio bene” nel pieno di un conflitto. La signora Norwood ha raccontato che era un po’ imbarazzata dal fatto che Mary di solito fosse la prima a ricordarsene.

Scelte

Uno degli errori più gravi degli adulti è quello di avanzare pretese invece che offrire scelte. I bambini spesso rispondono alle scelte, quando alle pretese non risponderebbero, in particolare quando alla scelta fate seguire: «Decidi tu». Dovrebbero essere rispettose e concentrare l’attenzione sui bisogni della situazione. Le scelte sono direttamente correlate alla responsabilità. I bambini più piccoli sono meno in grado di prendersi responsabilità importanti, quindi le loro scelte sono più limitate. I bambini più grandi sono capaci di scelte più ampie, perché possono prendersi la responsabilità per le conseguenze.


Per esempio, ai bambini più piccoli si può offrire la scelta di andare a letto subito o dopo cinque minuti. Ai bambini più grandi si potrebbe dare la responsabilità completa di scegliere l’ora in cui andare a dormire, perché possono prendersi anche la responsabilità si svegliarsi la mattina e andare a scuola senza lamentarsi.


Le scelte sono anche strettamente collegate al rispetto e alle scelte degli altri. Ai bambini più piccoli si può dare la scelta di venire a cena in tempo o aspettare fino al pasto successivo, piuttosto che aspettarsi che qualcuno cucini e pulisca più di una volta per pasto. Ai bambini più grandi invece si potrebbe dare la scelta di arrivare a tavola in orario o prepararsi da soli la cena e pulire tutto quello che rimane in disordine.


Ogni volta che si offre una scelta, entrambe le alternative devono essere accettabili per l’adulto. Il mio primo tentativo con le scelte è stato chiedere alla mia bambina di tre anni: «Vuoi prepararti per la nanna?». Non voleva. Ovviamente la scelta che avevo proposto andava oltre la nostra necessità (mia e sua) che lei andasse a dormire, e la scelta proposta non comprendeva un’alternativa che ero disposta ad accettare. Ho aspettato cinque minuti e ho ricominciato chiedendo: «Preferisci mettere il pigiama rosa o quello blu? Decidi tu». Ha scelto quello blu e ha iniziato a indossarlo. Aggiungere “Decidi tu” a una scelta fa sentire i bambini più forti. Accentua il fatto che il bambino ha una scelta.


Cosa succede se non vuole nessuna delle due scelte e vuole fare qualcos’altro? Se la terza possibilità per voi è accettabile, bene. Se non lo è, dite: «Non fa parte della scelta». Poi ripetete le scelte e “Decidi tu”.


I bambini possono non avere possibilità di scelta in molte cose, come fare o meno i compiti. I compiti devono essere fatti, ma ai bambini si può proporre di scegliere quando farli, per esempio subito dopo la scuola, appena prima di cena o dopo cena.

“Non appena, allora…”

«Non appena avrai raccolto i tuoi giochi, allora andremo al parco». Di solito questa frase è più efficace di: «Se raccogli i giocattoli andiamo al parco». Il bambino coglie la prima frase come una dichiarazione gentile ma ferma che indica cosa avete intenzione di fare in una serie di circostanze prestabilite. La seconda frase invece viene percepita dai bambini (e di solito è quello che intendono gli adulti) come una sfida a una gara di potere. “Non appena, allora” è efficace quando non nasconde altre intenzioni. In altre parole, a voi non importa andare al parco o meno. Sapete che i bambini lo desiderano, quindi soddisfare i requisiti dipende da loro. Quello che dovete accettare è che potreste non andare al parco perché i bambini hanno scelto di non raccogliere i giocattoli. Se invece vi interessa andare al parco, provate con le domande di approfondimento: «Chi vuole andare al parco? Cosa bisogna fare prima di andare?».


Molti insegnanti trovano efficace dire: «Non appena siete pronti, inizieremo la lezione». Dimostrano un atteggiamento di rispetto per sé, per gli studenti, e per le esigenze della situazione: la chiave per il successo in questo metodo. Bisognerebbe pronunciare il “Non appena” con un tono di voce che indichi che vi ritirerete dalla situazione finché i requisiti non saranno soddisfatti. Poi siate indifferenti e lasciate che i bambini sperimentino le conseguenze delle loro scelte. Se vi lasciate coinvolgere, diventerà una gara di potere indipendentemente dalle parole usate.

Paghetta

La paghetta può essere un ottimo strumento di insegnamento. Quando i bambini hanno una paghetta fissa possono imparare il valore dei soldi, se i genitori gestiscono le paghette in modo efficace. La paghetta non dovrebbe essere usata come punizione o premio. Molti genitori usano i soldi come leva per cercare di responsabilizzare i bambini sulle faccende domestiche. Danno una paghetta come premio quando i compiti vengono svolti e la negano come punizione quando non vengono svolti. I bambini impareranno molto di più riguardo ai soldi e alla responsabilità quando la minaccia viene messa da parte. Usate le riunioni per stabilire le responsabilità nelle faccende domestiche e trattate la paghetta come una questione separata.


Se i bambini hanno la loro paghetta eliminerete il problema di farvi incastrare quando vedono qualcosa che vogliono in un negozio. Ogni volta che Mary dice: «Lo voglio!» sua madre risponde: «Hai abbastanza soldi?» Mary di solito non ne ha abbastanza, così sua madre le dice: «Be’, forse potresti mettere da parte la paghetta per comprarlo».


Di solito Mary pensa di desiderarlo così tanto da mettere i soldi da parte finché non potrà comprarlo. Di solito però è una questione dimenticata nel giro di poche ore perché non lo desidera così tanto da mettere da parte i suoi soldi, anche se sarebbe contenta se sua madre spendesse i suoi.


Quando i bambini crescono e desiderano cose più costose, come una bicicletta, potreste fare in modo che mettano da parte dieci dollari o qualcosa in più per la bici. Quando i bambini investono parte del loro denaro nelle cose, sono molto più responsabili nel prendersene cura. I bambini possono usare la loro paghetta anche per rimediare a eventuali danni fatti a oggetti di qualcun altro.

Rivediamo

Tutti i metodi affrontati in questo capitolo possono essere efficaci, se usati e insegnati in modo amichevole. Il vostro atteggiamento, le vostre intenzioni e il vostro modo di fare sono la chiave per la buona riuscita. Alcuni adulti usano questi metodi nello stesso modo e per gli stessi scopi di una punizione. L’approccio punitivo porta alla ribellione o a una cieca sottomissione. L’approccio positivo porta a collaborazione, rispetto reciproco, senso di responsabilità (anche sociale).

Strumenti di Disciplina Positiva
  1. Prendetevi un intervallo per ritrovare la calma, perché fate meglio quando vi sentite meglio: la tecnica del bagno (per i genitori), la tecnica del romanzo (per gli insegnanti), il Time-out Positivo (per bambini e adulti).

  2. Stabilite cosa farete voi, non cosa deve fare il bambino.

  3. Fate sapere in anticipo ai vostri figli cosa pensate di fare.

  4. Usate azioni gentili e ferme – non parole. (Tenete la bocca chiusa e agite).

  5. Quando le parole sono necessarie, usatene il meno possibile e pronunciatele con voce ferma e gentile.

  6. Usate la ritirata emotiva per restare fuori dalle lotte di potere e aspettate di trovare un momento calmo per concentrarvi sulle soluzioni.

  7. Usate i poster delle routine per evitare lotte di potere.

  8. Evitate i capricci della nanna condividendo i momenti più belli e più brutti della giornata mentre gli rimboccate le coperte.

  9. Evitate le lotte di potere coinvolgendo i bambini nel trovare delle soluzioni.

  10. Restate fuori dai conflitti dei bambini, oppure trattateli allo stesso modo.

  11. Consolate prima quello che ha ferito. Poi invitatelo ad aiutarvi nel consolare quello che è stato ferito.

  12. Riconoscete i sentimenti.

  13. Date abbracci.

  14. Usate il senso dell’umorismo.

  15. Coinvolgete i bambini nel pianificare, cucinare e pulire.

  16. Stabilite con i bambini promemoria non verbali per ricordare cosa è necessario fare.

  17. Proponete delle scelte invece di avanzare pretese.

  18. Usate “Non appena __________, allora _____________”.

  19. Usate la paghetta per insegnare la gestione del denaro, non per punizioni e ricompense.


Domande
  1. Quali sono i diversi metodi che possono essere usati come intervallo per ritrovare la calma?

  2. Qual è la logica del metodo “Stabilite cosa farete voi, non cosa farà il bambino”? Perché è efficace?

  3. Quali sono i sei punti da ricordare per migliorare l’efficacia del metodo sopra citato?

  4. Cosa significa non preoccuparsi quando si applica questo metodo? Cosa dovreste fare se non riuscite a non preoccuparvi?

  5. Cosa significa ritirata emotiva?

  6. Cosa dovrebbe sempre accadere dopo un periodo per ritrovare la calma o qualunque altra forma di ritirata?

  7. Quali sono i concetti chiave necessari a evitare le discussioni del mattino e della nanna?

  8. In che modo un momento di serenità prima della nanna aiuta a evitare le discussioni?

  9. Quali sono i risultati negativi del coinvolgimento nei conflitti dei bambini?

  10. Quale procedura dovreste seguire quando decidete di rimanere fuori dai conflitti dei bambini?

  11. Quali sono le tre circostanze in cui potrebbe non essere consigliabile rimanere fuori dai conflitti?

  12. Quando si prende la decisione di immischiarsi in un conflitto tra bambini, qual è il metodo più efficace da usare?

  13. Cosa significa “mettere i bambini nella stessa barca”? Quali risultati negativi si possono evitare in questo modo?

  14. Cosa sono i segnali non verbali? Cosa si può ottenere usandoli?

  15. Quali sono i vantaggi di dare delle scelte?

  16. Quali sono alcune linee guida per assicurarsi che le scelte siano efficaci?

  17. Quali sono i vantaggi di seguire le regole della paghetta?

  18. Quali sono le chiavi per una buona riuscita nell’uso di uno dei metodi suggeriti in questo libro?

La Disciplina Positiva
La Disciplina Positiva
Jane Nelsen
Crescere bambini responsabili, indipendenti e collaborativi, in famiglia e a scuola, con rispetto, fermezza e gentilezza.Un metodo efficace per crescere bambini autonomi, responsabili e collaborativi, senza il bisogno di ricorrere a premi e punizioni. La psicologa Jane Nelsen spiega come mettere in pratica la “Positive Discipline”: un metodo efficace per aiutare genitori e insegnanti a mantenersi fermi e gentili con i bambini, senza bisogno di ricorrere alle punizioni, e incoraggiando nello stesso tempo il bambino a sviluppare l’indipendenza, il senso di responsabilità, la collaborazione e la capacità di trovare soluzioni in autonomia.La Disciplina Positiva è stato tradotto in 19 paesi. Conosci l’autore Jane Nelsen, psicologa ed educatrice di fama mondiale, è autrice di numerosi libri su accudimento e Disciplina Positiva, rivolti a genitori e insegnanti.