capitolo i

L'approccio positivo

Se siete insegnanti, insegnate da un tempo sufficiente per ricordare quando i bambini sedevano in file ordinate e facevano, obbedienti, tutto ciò che veniva loro chiesto? Se siete genitori, vi ricordate di quando i bambini non avrebbero mai osato ribattere ai loro genitori? Magari non lo ricordate, ma forse i vostri nonni sì.


Oggi molti genitori e insegnanti si sentono frustrati perché i bambini non si comportano come ai bei vecchi tempi. Cos’è successo? Perché i bambini di oggi non sviluppano lo stesso senso di responsabilità e la stessa motivazione che sembravano prevalere nei bambini di molti anni fa?

Le spiegazioni possibili sono molte, come ad esempio le famiglie separate, la troppa televisione, i videogiochi e le madri che lavorano. Oggi questi fattori sono così diffusi nella nostra società che, se davvero fossero la ragione delle nostre sfide attuali con i bambini, la situazione sembrerebbe piuttosto disperata (e conosciamo tutti numerosi genitori singoli che lavorano e crescono molto bene i loro figli perché usano competenze genitoriali efficaci). Rudolf Dreikurs1 aveva un’altra teoria.

Negli ultimi anni si sono verificati nella società molti grandi cambiamenti che motivano con maggior precisione le differenze nei bambini di oggi. Le prospettive sono molto incoraggianti perché, con consapevolezza e buona volontà, possiamo compensare questi cambiamenti, e così facendo, eliminare anche alcuni dei problemi che molti pensano siano dovuti alle famiglie separate, alla troppa televisione e alle madri lavoratrici.


Il primo grande cambiamento è che gli adulti non sono più un esempio o un modello di sottomissione e obbedienza per i bambini. Gli adulti dimenticano che non si comportano più come facevano ai bei vecchi tempi. Ricordate quando Mamma obbediva a tutto quello che Papà diceva, o almeno dava l’impressione di farlo perché era culturalmente accettabile? Ai bei vecchi tempi pochi mettevano in dubbio l’idea che le decisioni di Papà fossero definitive.


Con il movimento per i diritti umani non è più così. Rudolf Dreikurs faceva notare che: «Quando Papà ha perso il controllo di Mamma, entrambi hanno perso il controllo dei figli». Questo significa che Mamma ha smesso di dare ai bambini un esempio di sottomissione. È il progresso. Molte cose dei bei vecchi tempi non erano poi così belle.


A quell’epoca, i modelli di sottomissione erano molti. Papà obbediva al capo (che non era interessato alle sue opinioni) in modo da non perdere il lavoro. Le minoranze accettavano ruoli sottomessi con gravi perdite sul piano della dignità personale. Oggi tutte le minoranze rivendicano attivamente il diritto a una piena uguaglianza e dignità. È difficile trovare qualcuno disposto ad accettare un ruolo inferiore e sottomesso nella vita. I bambini non fanno che seguire gli esempi che li circondano. Anche loro vogliono essere trattati con dignità e rispetto.


È importante sottolineare che uguaglianza non significa la stessa cosa. Quattro monete da 25 cent e una banconota da un dollaro sono cose molto diverse, ma uguali. Ovviamente i bambini non possono godere di tutti i diritti che si acquisiscono con esperienza, competenza e maturità maggiori; la guida e la leadership degli adulti sono importanti. I bambini meritano però di essere trattati con dignità e rispetto. Meritano anche la possibilità di sviluppare le competenze per la vita di cui hanno bisogno in un’atmosfera di gentilezza e fermezza e non in un’atmosfera di biasimo, vergogna e dolore.


Un altro grande cambiamento nella società di oggi è che i bambini hanno meno occasioni di apprendere il senso di responsabilità e la motivazione. Non abbiamo più bisogno che i bambini contribuiscano alla sopravvivenza economica. Al contrario, in nome dell’amore ai bambini viene dato troppo senza che ci sia da parte loro alcuno sforzo o investimento; e così sviluppano la convinzione che tutto sia loro dovuto. Troppe madri e troppi padri credono che dei buoni genitori debbano proteggere i loro figli da tutte le frustrazioni. Li difendono e li iperproteggono, privandoli così della possibilità di sviluppare la fiducia nelle proprie capacità di affrontare gli alti e i bassi della vita. L’educazione alle competenze per la vita è spesso trascurata a causa di giornate troppo impegnate o di una mancata comprensione di quanto sia importante, per i bambini, contribuire. Spesso priviamo i bambini della possibilità di sentire un forte senso di appartenenza e consapevolezza del proprio valore attraverso un contributo responsabile, e poi abbiamo da ridire e li critichiamo perché non sviluppano senso di responsabilità.


I bambini non sviluppano senso di responsabilità quando i genitori e gli insegnanti sono troppo autoritari e controllanti, ma non lo sviluppano nemmeno quando sono permissivi. I bambini si responsabilizzano quando hanno la possibilità di apprendere competenze sociali e di vita utili a sviluppare un buon carattere in un’atmosfera di gentilezza, fermezza, dignità e rispetto.


È importante sottolineare che evitare le punizioni non significa permettere ai bambini di fare tutto quello che vogliono. È necessario fornire ai bambini delle occasioni, affinché sperimentino la responsabilità in relazione ai privilegi di cui godono. Altrimenti diventano individui convinti che l’unico modo per arrivare al senso di appartenenza e alla consapevolezza del proprio valore sia manipolare le altre persone per i propri fini. Alcuni bambini sviluppano la convinzione «Non sono amato se gli altri non si occupano di me». Altri possono sviluppare la convinzione di non doverci nemmeno provare perché non possono fare nulla che non provochi vergogna e dolore. La cosa più triste è quando sviluppano la convinzione «Non sono abbastanza bravo» perché non hanno la possibilità di esercitare competenze che li aiuterebbero a sentirsi capaci. Questi bambini spendono una grande quantità di energia nel ribellarsi oppure in comportamenti di evitamento.

Quando tutta la loro intelligenza ed energia è diretta verso la manipolazione, la ribellione e l’evitamento, i bambini non sviluppano le percezioni e le competenze necessarie a diventare persone capaci. Nel libro Raising Self-Reliant Children in a Self-Indulgent World2 H. Stephen Glenn e io identifichiamo le Sette Percezioni e Competenze Fondamentali necessarie allo sviluppo di persone capaci.

Sette Percezioni e Competenze Fondamentali

  1. Forte percezione delle capacità personali – «Sono capace».

  2. Forte percezione del proprio valore nelle relazioni primarie – «Contribuisco in modo significativo e sono genuinamente necessario».

  3. Forte percezione del potere personale o dell’influenza sulla propria vita – «Posso influenzare quello che mi accade».

  4. Forti competenze intrapersonali: la capacità di capire le proprie emozioni e usare questa comprensione per sviluppare l’autodisciplina e l’autocontrollo.

  5. Forti competenze interpersonali: la capacità di lavorare con gli altri e sviluppare amicizie attraverso la comunicazione, la collaborazione, la negoziazione, la condivisione, l’empatia e l’ascolto.

  6. Forti competenze sistemiche: la capacità di affrontare i limiti e le difficoltà della vita di tutti i giorni con la responsabilità, l’adattabilità, la flessibilità e l’integrità.

  7. Forti competenze di giudizio: la capacità di usare il buon senso e valutare le situazioni secondo valori appropriati.


I bambini sviluppavano in modo naturale queste percezioni e competenze quando era loro permesso di lavorare fianco a fianco con i genitori, con una formazione sul campo, contribuendo in modo significativo alle attività della famiglia. L’ironia è che ai bei vecchi tempi i bambini avevano la possibilità di sviluppare forti competenze di vita, ma poche opportunità di usarle. Ora il mondo è pieno di opportunità alle quali troppi bambini non sono preparati. Oggi i bambini non hanno molte occasioni spontanee di sentirsi necessari e consapevoli del proprio valore, ma i genitori e gli insegnanti possono con attenzione dare queste opportunità. Un vantaggio collaterale straordinario è che la maggior parte dei problemi comportamentali può essere eliminata quando genitori e insegnanti apprendono modi più efficaci per aiutare figli e studenti a sviluppare percezioni e competenze sane. La maggior parte dei comportamenti scorretti può essere ricondotta a un mancato sviluppo delle Sette Percezioni e Competenze Fondamentali.


Capire perché i bambini non si comportano come un tempo è il primo passo per genitori e insegnanti che affrontano le sfide dell’educazione dei bambini. Dobbiamo capire perché i metodi del controllo, che funzionavano così bene molti anni fa, non sono efficaci con i bambini di oggi. Dobbiamo capire che abbiamo il dovere di procurare opportunità, che un tempo venivano fornite dalle circostanze, affinché i bambini sviluppino il senso di responsabilità e motivazione. E, ancora più importante, dobbiamo capire che la collaborazione basata sul mutuo rispetto e sulle responsabilità condivise, è più efficace del controllo autoritario (vedi Tabella 1.1).


Tabella 1.1

Tre approcci fondamentali per le interazioni adulto-bambino

AUTORITARIO
(controllo eccessivo)

  • Ordine senza libertà

  • Nessuna possibilità di scelta

  • «Lo fai perché lo dico io».

PERMISSIVO
(assenza di limiti)

  • Libertà senza ordine

  • Scelte illimitate

  • «Puoi fare tutto quello che vuoi».

DISCIPLINA POSITIVA
(autorevolezza; gentilezza e fermezza allo stesso tempo)

  • Libertà con ordine

  • Scelte limitate

  • «Puoi scegliere nei limiti del rispetto per tutti».


L’atteggiamento dei genitori o degli insegnanti che applicano i tre diversi approcci varia molto.


Autoritario - «Queste sono le regole che devi rispettare, e questa è la punizione che riceverai per averle infrante». Il bambino non è coinvolto nel processo decisionale.


Permissivo - «Non ci sono regole. Sono sicuro che ci vorremo bene a vicenda e che saremo felici, e sarai in grado di scegliere le tue regole più avanti».


Disciplina Positiva— «Decideremo le regole insieme, in modo che siano vantaggiose per entrambi. Quando ci saranno dei problemi, troveremo insieme delle soluzioni che convengano a tutti gli interessati. Quando dovrò usare il mio giudizio senza consultarvi, la mia fermezza sarà accompagnata da gentilezza, dignità e rispetto».

Per illustrare in modo simpatico le differenze estreme tra questi tre approcci, il dottor John Platt3 racconta il momento della colazione di Johnny, un bambino di tre anni, in tre case in cui si applicano i diversi approcci. Nella casa autoritaria, dove la mamma sa cosa è meglio per lui, Tommy non ha la possibilità di scegliersi la colazione. Nelle giornate fredde e piovose, le madri autoritarie di tutto il mondo sanno che Johnny ha bisogno di una pappa calda di qualche tipo per tenersi in forze fino a sera. Johnny, tuttavia, non è d’accordo. Guarda la pappa e dice: «Bleah! Non la voglio!». Cento anni fa, essere una madre severa e autoritaria era molto più facile. Sarebbe bastato dire semplicemente: «Mangia!», e Johnny avrebbe obbedito. Oggi è più difficile, così la mamma compie i seguenti quattro passi nel tentativo di farsi obbedire.

  1. Primo passo: la mamma cerca di convincere Johnny che ha bisogno della pappa per rimanere in forze durante la giornata. Ricordate che cosa sarebbe successo mangiandola, secondo vostra madre? «Ti terrà bello caldo il pancino!». Vi siete mai chiesti cosa pensa un bambino di tre anni quando si sente dire che la pappa gli scalderà lo stomaco? Non ne è molto entusiasta.

  2. Secondo passo: la mamma cerca di migliorare il sapore della pappa. Prova tutti i tipi di miscugli: zucchero di canna, cannella, uvetta, miele, sciroppo d’acero, e anche gocce di cioccolato. Johnny ne assaggia un po’ ed esclama di nuovo: «Bleah! Mi fa schifo!».

  3. Terzo passo: la mamma cerca di insegnargli un po’ di gratitudine. «Ma Johnny, pensa a tutti i bambini africani che muoiono di fame perché non hanno pappa da mangiare». Tommy non è ancora convinto, e risponde: «Be’, mandala a loro».

  4. Quarto passo: la mamma ormai è esasperata e sente che la sua unica alternativa è quella di dargli una lezione per la sua disobbedienza. Lo sculaccia e gli dice che rimarrà a stomaco vuoto.


La mamma è soddisfatta del modo in cui ha gestito la situazione per circa trenta minuti, ma poi inizia a sentirsi in colpa. Cosa penserà la gente quando scoprirà che non è riuscita a far mangiare suo figlio? E se Johnny stesse davvero soffrendo per la fame?


Johnny rimane a giocare in giardino abbastanza a lungo da far montare i sensi di colpa nella madre. Entra allora in casa e dice: «Mamma, ho davvero tanta fame!». La mamma ora gli insegna la lezione più divertente di tutte, quella del «Te l’avevo detto». Non si accorge che Johnny sta fissando il vuoto, aspettando che lei finisca per poter tornare a fare ciò che stava facendo. La mamma è soddisfatta della sua filippica. Ha compiuto il suo dovere: gli ha dimostrato che aveva ragione lei. Gli dà quindi una galletta, e gli dice di tornare a giocare. Per compensare la perdita nutritiva di una mancata buona colazione, va in cucina e inizia a preparare fegato e broccoli. Indovinate come andrà il pranzo.


La scena successiva si svolge in una famiglia permissiva, dove la mamma sta addestrando un futuro anarchico. Quando questo Johnny entra in cucina, la mamma chiede: «Cosa vorresti per colazione, tesoro?».


Visto che Johnny si esercita da tre anni, è un vero e proprio “tesoro”, e procede a sottoporre la mamma all’allenamento di routine. Dapprima Johnny chiede pane e marmellata. La mamma deve fargli cinque fette, prima che ne esca una giusta. Poi Johnny decide che non vuole la marmellata, in realtà vuole la crema alla nocciola. La mamma ha ancora un po’ di pane, così lo accontenta. Nel frattempo Johnny sta guardando la televisione. In una pubblicità vede che gli atleti riescono a fare cose incredibili se mangiano i “Corn Flakes dei Campioni”. Esclama: «Voglio i corn flakes, mamma!» Dopo aver assaggiato i corn flakes, cambia idea e chiede i cereali croccanti. La mamma non li ha, ma corre al negozio a comprarli. Johnny non ha mai bisogno di far leva sui sensi di colpa nella madre: li ha già lei che la fanno correre ventiquattro ore al giorno.


Queste storie non sono esagerazioni; sono esempi di situazioni reali. Una madre mi ha confessato che suo figlio non mangiava nulla all’infuori delle patatine. Le ho chiesto dove se le procurasse. Ha esclamato: «Be’, gliele compro io, perché non mangia altro!». Il modo in cui molti bambini vengono cresciuti li trasforma in tiranni che si sentono importanti solo se riescono a manipolare gli altri perché soddisfino le loro richieste.


Eccoci ora in una casa dove si applica la Disciplina Positiva. Ci sono due differenze significative già prima della colazione. Innanzitutto, Johnny si veste e si rifà il letto prima ancora di andare in cucina. (Più avanti imparerete come ottenere questo comportamento.) La seconda differenza è che Johnny fa qualcosa per contribuire alla routine familiare, come apparecchiare la tavola, tostare il pane o sbattere le uova (sì, i bambini di tre anni sanno sbattere le uova, come vedrete quando parleremo delle faccende di casa).


Questa mattina è il turno dei cereali. La mamma dà a Johnny una scelta limitata: «Preferisci i corn flakes o il riso soffiato?» (la mamma non compra cereali ricoperti di zucchero).


Anche questo Johnny ha visto spot televisivi su ciò che mangiano i grandi atleti, così sceglie i Corn Flakes. Dopo un assaggio, cambia idea e dice: «Non li voglio questi!»


La mamma risponde: «Bene. Non possiamo far tornare croccanti i Corn Flakes. Va’ fuori a giocare, ci vediamo a pranzo». Notate che questa mamma ha saltato tutti i passi compiuti da quella autoritaria. Non ha cercato di convincerlo, né gli ha raccontato dei bambini che muoiono di fame, e neppure ha provato a rendere i cereali più buoni. Non ha dovuto nemmeno sculacciarlo. Gli ha semplicemente permesso di sperimentare le conseguenze della sua scelta.


Visto che questo comportamento della mamma è nuovo, Johnny cerca di fare leva sui suoi sensi di colpa. Due ore dopo, quando le dice che ha tanta fame, lei risponde gentilmente: «Ci credo!». La mamma evita la filippica del “te l’avevo detto”, e invece rassicura Johnny: «Sono sicura che puoi resistere fino a pranzo».


Sarebbe bello se la storia finisse qui con la comprensione e collaborazione di Johnny, ma non succede così in fretta. Johnny non è abituato a questo comportamento da parte della mamma. È frustrato perché non ha ottenuto quello che si aspettava e si mette a fare i capricci. A questo punto alla maggior parte delle madri verrebbe naturale pensare che questa cosa della Disciplina Positiva non funziona. La mamma di Johnny conosceva la spiegazione seguente, che illustra ciò che spesso accade quando cambiamo il nostro approccio. I bambini sono abituati a ricevere certe reazioni dagli adulti. Quando cambiamo le nostre reazioni, essi tenderanno a esasperare il loro comportamento (ossia peggiorarlo) nel tentativo di farci reagire come loro si aspettano. Questo è l’effetto “calci alla macchinetta”. Quando inseriamo le monetine e la bibita non esce dal distributore automatico, lo prendiamo a calci e spintoni per cercare di fargli fare quello che dovrebbe.


Il problema dell’approccio autoritario è che, quando viene punito, il comportamento scorretto si blocca immediatamente, ma presto ricomincia di nuovo… e di nuovo, e di nuovo.


Anche se il comportamento potrebbe peggiorare quando si applicano per la prima volta i concetti della Disciplina Positiva, noterete che, prima che il bambino si comporti male di nuovo, c’è un assestamento. Quando un bambino vede che le sue tattiche di manipolazione non funzionano, probabilmente le tenterà di nuovo, giusto per essere sicuro. Quando la Disciplina Positiva viene usata in modo coerente, il comportamento sconveniente diventa meno intenso, con periodi di assestamento più lunghi.


Quando accompagniamo la fermezza a dignità e gentilezza, i bambini imparano presto che la loro cattiva condotta non ottiene i risultati che si aspettano; sono quindi motivati a cambiare il comportamento, conservando intatta la loro autostima. Una volta compreso questo punto, superare i momenti di peggioramento temporaneo non è tanto difficile quanto la continua fatica delle lotte di potere provocate da un approccio eccessivamente severo.


Quando Johnny fa i capricci, la mamma può usare la tecnica del periodo di raffreddamento (illustrata più avanti) e andare in un’altra stanza finché entrambi non si sentono meglio. Fare i capricci senza un pubblico non è tanto divertente. Oppure, potrebbe provare l’approccio “Vorrei un abbraccio” (spiegato nel settimo capitolo), in modo che entrambi si sentano meglio. Poi, se il bambino è abbastanza grande da partecipare al problem solving, possono provare insieme a risolvere un problema. Per i bambini più piccoli spesso è sufficiente sentirsi meglio, o anche solo distrarsi, per cambiare condotta.


Questa storia illustra e fornisce molti esempi della differenza fra i tre approcci all’interazione adulto-bambino, e quanto la Disciplina Positiva ottenga più efficacemente risultati positivi a lungo termine. Tuttavia c’è ancora molto lavoro da fare per convincere alcuni adulti dei suoi benefici.


Molti rifiutano di rinunciare al controllo eccessivo, perché sono erroneamente convinti che l’unica alternativa sia il permissivismo, il quale è molto dannoso per bambini e adulti. I bambini educati in un ambiente permissivo crescono pensando che il mondo giri attorno a loro. Sono allenati a usare tutta la loro energia e intelligenza per manipolare e tormentare gli adulti affinché soddisfino ogni loro desiderio. Passano più tempo cercando di sfuggire alle loro responsabilità che a sviluppare la loro indipendenza e le loro competenze.

Diffidate di ciò che funziona

Molte persone sono fortemente convinte che la severità e le punizioni siano efficaci. Sono d’accordo. Non direi mai che le punizioni non funzionano. Funzionano perché, di solito, bloccano immediatamente il cattivo comportamento. Ma quali sono i risultati a lungo termine? Spesso gli effetti immediati ci ingannano. A volte dobbiamo diffidare di ciò che funziona, quando i risultati nel tempo sono negativi. Le punizioni, solitamente, hanno come esito a lungo termine il fatto che i bambini adottino (in parte o tutte) le Quattro R delle Punizioni:

Le Quattro R delle Punizioni
  1. Risentimento — «È ingiusto. Non posso fidarmi degli adulti.»

  2. Rivincita — «Ora stanno vincendo loro, ma mi vendicherò.»

  3. Ribellione — «Farò l’esatto opposto per dimostrare che non devo stare ai loro ordini.»

  4. Ritirata:

    1. Furtività — «La prossima volta non mi farò beccare.»

    2. Calo di autostima — «Sono una persona cattiva.»


Di solito i bambini non sono consapevoli delle decisioni che prendono in risposta alle punizioni. Tuttavia il loro comportamento futuro si basa su queste decisioni inconsce. Per esempio, un bambino potrebbe concludere: «Sono una persona cattiva» e continuare a comportarsi come tale. Un altro bambino, arrivato alla stessa conclusione, potrebbe sviluppare una dipendenza di approvazione, alla ricerca dell’amore che non crede di meritare. Per questo motivo gli adulti devono essere più consapevoli degli effetti a lungo termine delle loro azioni, anziché lasciarsi ingannare dai risultati immediati.

Da dove è mai spuntata l’idea assurda che, per far migliorare i bambini, sia innanzitutto necessario farli sentire peggio?

Pensate all’ultima volta che vi siete sentiti umiliati o trattati ingiustamente. Vi andava di collaborare o impegnarvi di più? Chiudete gli occhi, e prendetevi il tempo di pensare a un episodio recente (o della vostra infanzia) in cui qualcuno ha cercato di motivarvi a migliorare facendovi sentire male. Riflettete su cosa è successo esattamente e cosa avete provato. Pensate a quale decisione avete preso riguardo a voi stessi, all’altra persona e a cosa fare in futuro (anche se, con tutta probabilità, non eravate consapevoli di questa scelta). Vi sentivate motivati a migliorare? Se sì, era una sensazione positiva o eravate spinti da sentimenti negativi verso voi stessi o verso l’altra persona? Vi siete sentiti motivati a cedere, o a dissimulare in modo da evitare future umiliazioni? Oppure volevate diventare dipendenti dall’approvazione altrui, rinunciando a una parte importante di voi stessi per compiacere gli altri? Non sono i sentimenti, e le decisioni subconsce, scaturiti dalle punizioni a far sviluppare caratteristiche positive nei bambini.


Può succedere che genitori e insegnanti, che non apprezzano il controllo autoritario né il permissivismo, ma non sanno cos’altro fare, passino confusamente da un approccio inefficace all’altro. Provano con il primo finché non si detestano da soli per il proprio atteggiamento tirannico. Passano quindi al secondo, finché non detestano il carattere viziato ed esigente che i figli sviluppano; così, tornano al controllo eccessivo.


Il controllo autoritario sembra funzionare con alcuni bambini, ma qual è il prezzo da pagare? Come dimostrato dagli studi, i bambini che sperimentano un gran numero di punizioni diventano ribelli oppure timorosi e sottomessi. La Disciplina Positiva non prevede senso di colpa, né vergogna, né dolore (fisico o emotivo) come strumenti di motivazione. D’altro canto il permissivismo è umiliante per adulti e bambini, e crea una codipendenza malsana invece che collaborazione e fiducia in se stessi. Lo scopo della Disciplina Positiva è di ottenere risultati positivi a lungo termine, oltre allo sviluppo immediato del senso di responsabilità e di collaborazione.

Poiché molti genitori e insegnanti hanno la convinzione secondo cui rinunciare a severità e controllo lascino come unica alternativa il permissivismo, è importante definire il concetto di disciplina. Disciplina è una parola spesso usata in modo improprio. Molte persone equiparano la disciplina alle punizioni, o almeno credono che le punizioni siano il modo giusto per aiutare qualcuno a raggiungerla. Tuttavia disciplina deriva dal termine latino discipulus, che significa “seguace della verità, di un principio o di un leader venerato”. I bambini e gli studenti non diventano seguaci della verità e dei princìpi, se la loro motivazione non deriva da un locus of control4 interno, vale a dire se non imparano l’autodisciplina. Al contrario sia le punizioni sia le ricompense provengono da un locus of control esterno.

Né severi, né permissivi. Che fare allora?

La Disciplina Positiva è un approccio che non include controllo eccessivo o permissivismo. In che cosa differisce dagli altri metodi di disciplina? Una prima differenza è che non umilia bambini né adulti.


La Disciplina Positiva si basa sul rispetto reciproco e sulla collaborazione; incorpora gentilezza e fermezza allo stesso tempo come fondamento per insegnare le competenze di vita basate su un locus of control interno.


Quando viene applicato il controllo autoritario, i bambini dipendono da un locus of control esterno. È compito dell’adulto di essere costantemente responsabile del loro comportamento. La forma più diffusa di controllo utilizzato da genitori e insegnanti è un sistema di ricompense e punizioni. Con questo sistema, gli adulti devono sorprendere i bambini a fare i bravi, così da poterli ricompensare, e a fare i cattivi, così da poterli punire. Di chi è la responsabilità? Ovviamente dell’adulto; quindi cosa succede quando l’adulto non è nei paraggi? I bambini non imparano a essere responsabili del proprio comportamento.


È interessante notare quanto spesso gli adulti autoritari si lamentino dell’irresponsabilità dei bambini, senza rendersi conto che sono proprio loro ad avergliela insegnata. Anche la permissività insegna ad essere irresponsabili, perché sia i bambini sia gli adulti declinano le loro responsabilità.


Uno dei concetti più importanti da assimilare sulla Disciplina Positiva è che i bambini sono più disposti a seguire le regole che loro stessi ci hanno aiutato a stabilire. Quando imparano ad essere membri partecipi della famiglia, della classe e della società, imparano a prendere decisioni efficaci e ad avere una sana concezione di sé. Questi sono gli importanti effetti a lungo termine della Disciplina Positiva. Si possono riassumere come segue:

I Quattro Criteri di Disciplina Efficace
  1. Dimostra sia gentilezza che fermezza allo stesso tempo? (Rispettoso e incoraggiante)

  2. Aiuta i bambini a sentire senso di appartenenza e importanza? (Connessione)

  3. È efficace a lungo termine? (Le punizioni funzionano nell’immediato, ma hanno risultati negativi a lungo termine)

  4. Insegna competenze di vita e sociali, preziose per sviluppare un buon carattere? (Rispetto, preoccupazione per gli altri, capacità di risoluzione dei problemi, responsabilità, partecipazione, collaborazione)


Le punizioni non soddisfano questi criteri. Ogni metodo insegnato secondo la Disciplina Positiva, sì: il primo criterio, gentilezza e fermezza allo stesso tempo, ne è un concetto cardine.

Gentilezza e fermezza allo stesso tempo

Rudolf Dreikurs insegnava l’importanza di essere gentili e fermi nel nostro rapporto con i bambini. La gentilezza è imprescindibile al fine di mostrare rispetto verso il bambino. La fermezza è fondamentale per dimostrare rispetto per noi stessi e per le esigenze della situazione. I metodi autoritari in genere mancano di gentilezza. I metodi permissivi mancano di fermezza. Gentilezza e fermezza sono requisiti essenziali della Disciplina Positiva.


Le ragioni per cui molti genitori e insegnanti faticano ad applicare questo concetto sono svariate. Una di queste è che spesso non si sentono in vena di essere gentili quando un bambino ha fatto loro “perdere la pazienza”. Vi chiedo nuovamente: se gli adulti vogliono che i bambini controllino il loro comportamento, è troppo chiedere agli adulti di imparare a controllare il proprio? Spesso sono gli adulti che dovrebbero mettersi in un Timeout Positivo (riprenderemo questo tema nel sesto capitolo) fino a che non possano sentirsi meglio così da poter fare meglio.


Un altro motivo per cui gli adulti fanno fatica a essere gentili e fermi allo stesso tempo è che non sanno che cosa siano la gentilezza e la fermezza. Potrebbero essere bloccati nel circolo vizioso dell’essere troppo fermi quando sono arrabbiati, o quando non sanno cos’altro fare, per poi essere troppo gentili in riparazione all’eccessiva fermezza.


Molti genitori e insegnanti hanno un concetto sbagliato di gentilezza. Uno dei più grandi errori che essi commettono quando decidono di applicare la Disciplina Positiva è quello di diventare troppo permissivi perché non vogliono punire. Alcuni credono erroneamente di essere gentili quando accontentano i bambini, o quando li mettono al riparo e proteggono da qualsiasi frustrazione. Questa non è gentilezza; è permissività. Essere gentili significa essere rispettosi dei bambini e di se stessi. Viziare i bambini non è rispettoso. Né lo è difenderli da ogni insuccesso e frustrazione privandoli dell’opportunità di sviluppare i loro “muscoli della delusione”. È rispettoso invece dare valore ai loro sentimenti: «Capisco che tu sia deluso (o arrabbiato, o turbato, ecc.).» È quindi rispettoso avere fiducia nella capacità dei bambini di superare la delusione e di sviluppare di conseguenza un senso di capacità.


Ora passiamo al rispetto nei vostri confronti. Non è gentile permettere ai bambini di trattare voi, o altri, in modo sfrontato. Qui le cose si fanno un po’ difficili. Non permettere ai bambini di trattare voi o altri senza rispetto non significa gestire questa situazione con un approccio punitivo. Le punizioni sono una grande mancanza di rispetto. Quindi, come procedere?


Supponiamo che un bambino vi risponda male. Un modo gentile e fermo per gestire la situazione è uscire dalla stanza. Sì, sento già le proteste: «Ma non vuol dire lasciare che il bambino la “faccia franca”?». Vediamo più da vicino cosa succede. Non potete obbligare un’altra persona a trattarvi con rispetto, ma potete trattare voi stessi con rispetto. Allontanarsi è una dimostrazione di rispetto per se stessi, ed è di grande esempio per i bambini. È sempre possibile riprendere il discorso più tardi, quando tutti hanno avuto la possibilità di calmarsi e sentirsi meglio in modo da poter fare meglio.


Il séguito potrebbe andare così: «Tesoro, mi è dispiaciuto vederti così arrabbiato. Rispetto le tue emozioni, ma non come le hai gestite. Ogni volta che mi tratti in maniera insolente, mi limiterò ad allontanarmi per un po’. Ti voglio bene e mi piace stare con te; quando ti sentirai pronto a comportarti in modo educato, fammelo sapere, e sarò felice di aiutarti a elaborare altri modi di affrontare la rabbia. Poi potremo concentrarci su come trovare una soluzione rispettosa per entrambi.» È meglio far sapere ai bambini in anticipo quello che farete quando tutti saranno calmi.


Vale la pena ripetere che troppi genitori pensano di dover affrontare il problema nel momento della rabbia. Quello è invece il momento peggiore. Quando siamo arrabbiati, si attiva il nostro cervello primitivo, la cui unica opzione è attacca (lotta di potere) o fuggi (ritirata senza possibilità di comunicazione). Non riusciamo a pensare razionalmente quando siamo guidati dal cervello primitivo. Diciamo cose di cui in seguito proviamo dispiacere. L’unica cosa sensata da fare prima di affrontare un problema è calmarci finché non riusciamo ad accedere al nostro cervello razionale. Questa è una competenza importante da insegnare ai bambini. A volte è meglio “decidere che cosa si farà” (di questo parleremo nel quinto capitolo) anziché tentare di costringere un bambino a fare ciò che vogliamo, almeno fino a quando non sostituirete la lotta di potere con la collaborazione. Quindi ricordate: la gentilezza è rispetto.


Ora passiamo alla fermezza. La maggior parte degli adulti è abituata a pensare che essere fermi significhi punire, rimproverare o esercitare una qualche altra forma di controllo. Non è così. La fermezza, quando è accompagnata dalla gentilezza, significa rispetto nei confronti del bambino, di voi stessi e della situazione.


Iniziamo col parlare dei limiti. La maggior parte dei genitori stabilisce quali sono, e quindi si assume la responsabilità di farli valere. Ma soffermiamoci sullo scopo dei limiti: servono a tenere i bambini al sicuro e a farli inserire bene nella società. Quando gli adulti fanno rispettare i limiti da loro stabiliti con punizioni, rimproveri e controllo, spesso incitano ribellione e lotte di potere: l’esatto opposto del risultato a cui si mirava. È bene invece coinvolgere i bambini quando si stabiliscono e si fanno rispettare i limiti. Per esempio, si può riflettere insieme sulle regole da fissare per la televisione, il rientro a casa, il gioco all’esterno o per i compiti. Coinvolgete i bambini in una discussione (in cui loro intervengano tanto quanto voi, se non di più) sul perché i limiti sono importanti, su quali dovrebbero essere, e su come tutti hanno la responsabilità di seguirli. Per esempio, quando chiedete perché bisogna fare i compiti, i bambini vi daranno una risposta («Così imparo bene», «Così prendo voti più alti»). Possono quindi decidere quando si trovano meglio a farli, e quanto tempo avere a disposizione. (I genitori di solito vogliono che i figli li facciano appena tornati a casa da scuola. I bambini invece di norma vogliono prima rilassarsi un po’. Quando si dà loro la possibilità di scegliere, si sentono responsabilizzati). Una volta deciso in che momento farli, insieme potete stabilire alcuni limiti come: “Puoi guardare la TV per un’ora, e solo dopo aver finito i compiti. Io sono disponibile a darti una mano solo tra le sette e le otto, e non cederò alle richieste di aiuto all’ultimo minuto.” I bambini sono molto più disposti a seguire i limiti che hanno contribuito a stabilire, una volta che hanno compreso perché sono necessari e come seguirli responsabilmente.


Per i bambini sotto i quattro anni è ovviamente necessario un approccio diverso: sono i genitori a stabilire le regole, che fanno comunque valere con gentilezza accompagnata da fermezza.


Quando un limite viene infranto, non rimproverate o punite. Continuate a coinvolgere rispettosamente il bambino. Evitate di raccontare cosa è successo e cosa bisogna fare in proposito. Potete porre delle domande di approfondimento: «Cos’è successo? Secondo te, quali sono state le cause? Come pensi di risolvere questo problema? Hai imparato qualcosa che ti sarà d’aiuto la prossima volta?».


Un piccolo avvertimento: se i bambini sono abituati a rimproveri e punizioni, diranno «Non lo so.» È qui che potete ribattere «Ma sei così bravo a trovare soluzioni! Perché non ci pensi su e torni da me fra mezz’ora per parlarne?».


I genitori e gli insegnanti sono abituati a esigere e rimproverare. Spesso, i bambini reagiscono impuntandosi o ribellandosi. Le seguenti frasi “gentili e ferme” vi aiuteranno a evitare un linguaggio offensivo e a stimolare la collaborazione:

  • Tra poco sarà il tuo turno.

  • So che puoi dirlo in modo educato.

  • Ti voglio bene, e aspetterò a riprendere la conversazione finché non avremo entrambi un atteggiamento rispettoso.

  • So che riesci a pensare a una soluzione efficace.

  • Usate le azioni, invece che le parole. (Per esempio, prendete per mano il bambino con calma e mostrategli cosa bisogna fare).

  • Ne parleremo più tardi. È ora di salire in macchina.

  • (Quando il bambino sta facendo i capricci) Ora dobbiamo uscire dal negozio. Riproveremo a discuterne più tardi, o domani.

Quando si decide di smettere con le punizioni, è necessario sviluppare nuove competenze. Bisognerà anche prendersi il tempo necessario per imparare a insegnare ai bambini il rispetto reciproco e le capacità di trovare soluzioni ai problemi.

Gli opposti si attraggono: quando un genitore è gentile e l’altro è fermo

È interessante notare che spesso due persone appartenenti a queste filosofie opposte finiscono per sposarsi. Uno tende ad essere un po’ troppo indulgente. L’altro ad essere un po’ troppo severo. Il genitore indulgente pensa quindi di dover essere un pizzico più permissivo per compensare il pugno di ferro del partner. Il genitore severo, a sua volta, pensa di dover essere un pochino più duro per compensare il carattere molle del coniuge. Così, finiscono con polarizzarsi sempre di più, e a litigare su chi ha ragione e chi ha torto. In realtà entrambi sono poco efficaci.


Un modo per aiutare bambini e genitori a imparare a comunicare è di riunirsi regolarmente, una volta alla settimana, e condividere un momento di scambio di idee per risolvere i problemi e trovare soluzioni rispettose per tutti. Concentrarsi sulle soluzioni è uno dei modi migliori per riavvicinare gli “opposti” e ricostruire il sostegno reciproco e dei figli. Ne parleremo più in dettaglio nel sesto capitolo.

Aiutare i bambini a sviluppare un senso di appartenenza e di rilevanza (connessione)

Appartenenza e rilevanza sono gli obiettivi primari di tutte le persone, soprattutto dei bambini. Sono così importanti che il senso di connessione (o la sua assenza) è l’indicatore principale di quanto un bambino sarà bravo a scuola, sia dal punto di vista del rendimento sia da quello sociale. Pensiamo agli studenti colpevoli di aver ucciso loro compagni e insegnanti: nessuno di essi sentiva di appartenere al tessuto sociale o di avere valore personale.


Punire i bambini non li stimola a sviluppare senso di appartenenza o di rilevanza. Questo è uno dei motivi per cui le punizioni non sono efficaci a lungo termine. La Disciplina Positiva, invece, lo è; ne parleremo ampiamente nel corso di questo libro. Il quarto capitolo illustra dettagliatamente come e perché i bambini si comportano male quando non provano un senso di appartenenza e rilevanza.

È efficace a lungo termine?

Uno dei principali motivi per cui genitori e insegnanti continuano a ricorrere alle punizioni è che funzionano… a breve termine. Le punizioni, di solito, interrompono per il momento il comportamento scorretto. Il problema è che gli adulti non si rendono conto degli effetti a lungo termine delle punizioni. I bambini che vengono puniti non pensano: «Oh, grazie. È stato molto utile. Non vedo l’ora di chiedere il tuo aiuto per tutti i miei problemi.» Al contrario, pensano di ribellarsi (non appena ne hanno la possibilità), o ad obbedire, intaccando profondamente il loro senso di sé.


Altri motivi per cui gli adulti usano le punizioni sono il timore che l’unica alternativa sia il permissivismo; e la paura che altrimenti perderebbero il controllo della situazione e non sarebbero più genitori e insegnanti validi. Inoltre, punire è una scelta più facile. Non è mai necessario spiegare agli adulti come usare le punizioni. Lo sanno già. Le punizioni sono spesso una risposta “reattiva”, ma ci vogliono impegno e competenze per mettere in pratica una disciplina efficace.


L’ultimo motivo per cui gli adulti puniscono i bambini è che, seppure non sia un metodo efficace sul lungo termine, non sanno che altro fare. Questo libro è pieno di alternative alle punizioni che hanno risultati positivi nel lungo termine, e che insegnano i criteri per una disciplina efficace.

Insegnare competenze pratiche e sociali essenziali per un buon carattere

Questo è un concetto nuovo per gran parte dei genitori e degli insegnanti, i quali semplicemente non hanno mai pensato alla possibilità che la disciplina potesse insegnare competenze pratiche e sociali. Se ci si prende la briga di leggere gli studi sugli effetti a lungo termine delle punizioni, si scopre che queste ultime insegnano violenza, dissimulazione, bassa autostima e molti altri tratti negativi. Man mano che conoscerete i metodi della Disciplina Positiva, noterete che gli strumenti che vi fornisce non solo interrompono il comportamento scorretto, ma insegnano anche abilità pratiche e sociali che mirano a sviluppare un buon carattere.

Il percorso della Disciplina Positiva

Quando si intraprende il percorso della Disciplina Positiva, è utile prefiggersi una meta. Che cosa volete veramente per i vostri bambini? Quando si chiede a genitori e insegnanti di elencare le caratteristiche che vorrebbero sviluppare nei loro figli o alunni, pensano a queste qualità:


concezione positiva di sé,

responsabilità,

autodisciplina,

collaborazione,

apertura mentale,

pensiero critico,

rispetto per sé e per gli altri,

compassione,

accettazione di sé e degli altri,

entusiasmo per la vita,

gentilezza,

sincerità,

controllo di sé,

pazienza,

senso dell’umorismo,

interesse nell’apprendimento,

preoccupazione per gli altri,

capacità di risoluzione dei problemi,

saggezza,

integrità.


Aggiungete qualsiasi altra qualità che pensate debba essere nell’elenco. Concentratevi su queste caratteristiche mentre studiate i concetti della Disciplina Positiva. Sarà evidente che i bambini sviluppano questi tratti quando sono attivamente coinvolti nel modello di rispetto reciproco, collaborazione e focus sulle soluzioni, modello proprio della Disciplina Positiva.

Rivediamo

Strumenti di Disciplina Positiva
  1. Abolite le punizioni.

  2. Abolite il permissivismo.

  3. Siate gentili e fermi allo stesso tempo.

  4. Fornite opportunità ai bambini di rafforzare le loro Sette Percezioni e Competenze Fondamentali.

  5. Diffidate di ciò che funziona (le punizioni hanno risultati negativi a lungo termine).

  6. Abbandonate l’assurda idea che, per far migliorare i bambini, sia innanzitutto necessario farli sentire peggio.

  7. Coinvolgete i bambini quando stabilite limiti.

  8. Ponete delle domande di approfondimento.

  9. Utilizzate frasi gentili e ferme.

Domande
  1. Quali sono le due ragioni principali per cui i bambini non si comportano come ai bei vecchi tempi?

  2. Quali sono le Sette Percezioni e Competenze Fondamentali? In che modo la loro mancanza può condurre a comportamenti scorretti nei bambini?

  3. Quali sono i tre approcci all’educazione dei bambini, e quali sono le differenze?

  4. Spiegate le due ragioni per cui la Disciplina Positiva è diversa dagli altri metodi, e perché queste differenze sono importanti per ottenere risultati positivi a lungo termine.

  5. Cosa si intende per “Diffidate di ciò che funziona”?

  6. Quali sono le Quattro “R” delle Punizioni? Condividete esperienze personali di casi in cui avete sperimentato una delle Quattro “R”, e perché.

  7. Quali sono gli effetti a lungo termine nei bambini che vengono educati attraverso metodi severi, e perché?

  8. Quali sono gli effetti a lungo termine nei bambini che vengono educati secondo la Disciplina Positiva, e perché?

  9. Perché le cose a volte, prima di migliorare, peggiorano?

  10. Quali caratteristiche vorreste che i bambini sviluppassero a seguito della loro interazione con voi in quanto genitori o insegnanti?

  11. Quali sono i Quattro Criteri di Disciplina Efficace, e come si pongono nei confronti delle punizioni? Perché sono efficaci a lungo termine?

  12. Quali sono alcuni esempi di frasi gentili e ferme allo stesso tempo?

La Disciplina Positiva
La Disciplina Positiva
Jane Nelsen
Crescere bambini responsabili, indipendenti e collaborativi, in famiglia e a scuola, con rispetto, fermezza e gentilezza.Un metodo efficace per crescere bambini autonomi, responsabili e collaborativi, senza il bisogno di ricorrere a premi e punizioni. La psicologa Jane Nelsen spiega come mettere in pratica la “Positive Discipline”: un metodo efficace per aiutare genitori e insegnanti a mantenersi fermi e gentili con i bambini, senza bisogno di ricorrere alle punizioni, e incoraggiando nello stesso tempo il bambino a sviluppare l’indipendenza, il senso di responsabilità, la collaborazione e la capacità di trovare soluzioni in autonomia.La Disciplina Positiva è stato tradotto in 19 paesi. Conosci l’autore Jane Nelsen, psicologa ed educatrice di fama mondiale, è autrice di numerosi libri su accudimento e Disciplina Positiva, rivolti a genitori e insegnanti.