È stato poi chiesto loro di lasciare perdere le conseguenze e raccogliere idee per delle soluzioni che potessero essere utili ai ritardatari per rientrare in classe in tempo. Questo è l’elenco delle soluzioni:
-
Si potrebbe gridare tutti insieme: «Campanella!».
-
Gli alunni potrebbero giocare più vicino alla campanella.
-
Gli alunni potrebbero controllare che gli altri entrino in classe.
-
Regolare la campanella in modo che suoni più forte.
-
Gli alunni potrebbero scegliere un compagno che ricordi loro quando è il momento di tornare in classe.
-
Qualcuno potrebbe dare un colpetto sulla spalla agli alunni quando la campanella suona.
C’è una profonda differenza tra i due elenchi. Il primo somiglia proprio a una lista di punizioni. Si concentra sul passato e sul far pagare ai bambini i loro errori; il secondo sembra un elenco di soluzioni incentrate sull’aiutare gli alunni a fare meglio la volta successiva. Il punto centrale della questione è vedere i problemi come opportunità di apprendimento. In altre parole, il primo elenco è progettato per ferire, il secondo per aiutare.
Jody McVittie, membro certificato della Positive Discipline Association di Everett, nello stato di Washington, ha riportato il seguente episodio a proposito di una riunione di classe dove gli studenti sono passati da soluzioni che “feriscono” a soluzioni che “aiutano” con un incoraggiamento davvero minimo:
Ho fatto l’osservatrice in una riunione di classe; sono arrivata quando avevano finito di discutere e stavano iniziando a esprimere le idee. Si parlava del fatto che un’alunna, di cui non si faceva il nome, aveva preso la matita di Alex senza chiedergliela. L’alunno a capo della riunione faceva passare di mano in mano un oggetto, così che i membri della classe potessero esprimere a turno idee su come risolvere il problema. All’inizio i suggerimenti erano conseguenze: «Potrebbero farle saltare la ricreazione». «La maestra potrebbe cambiarla di posto».
Mi sono presto resa conto che tutti sapevano chi era la colpevole, anche se non ne avevano fatto il nome. Sembrava anche chiaro che fosse una “recidiva” e che alcuni dei bambini fossero “stanchi” di avere a che fare con lei. Intanto, l’interessata si faceva sempre più piccola sulla sua sedia. Ho chiesto ai bambini se fossero disposti a prendere in considerazione un altro approccio a questo problema, che avrei potuto offrirgli in quanto consulente. L’idea li ha subito entusiasmati. Penso che a nessuno fosse piaciuta una dinamica che faceva sentire a disagio un’altra persona. Ho fatto loro notare che, anche se non avevano fatto nomi, tutti sapevano, e ormai avevo capito anch’io, di chi stessero parlando. Hanno annuito. Ho chiesto se secondo loro Johanna si sentiva meglio o peggio dopo i suggerimenti. La classe ha ammesso che Johanna probabilmente si sentiva peggio. Ho ricordato agli alunni che avevano accettato di affrontare le riunioni di classe con l’idea di essere d’aiuto, e non di ferire, e ho proposto che si concentrassero sulle soluzioni più che sulle conseguenze. Le soluzioni rappresentano un modo utile per risolvere il problema, e, quando si propongono, l’intera classe può trovare idee su come prevenire problemi simili. Ho chiesto a Johanna e alla classe se fossero disposti a fare un tentativo. Sono stati d’accordo, e hanno iniziato a generare proposte.
Questa volta i suggerimenti comprendevano: «Potrebbe chiedere in prestito la matita». «Potremmo fare un deposito di matite per la classe». «Potrebbe dare qualcosa in cambio della matita, e poi riscambiarla quando ha finito, così Alex non si preoccupa che la matita non gli torni indietro». Era straordinario vedere Johanna “crescere” di nuovo sulla sua sedia. Dopo che il piccolo pinguino che gli alunni si passavano per prendere la parola aveva fatto tutto il giro, e tutti quelli che avevano voluto contribuire l’avevano fatto, ho aiutato lo studente che guidava la discussione a chiedere a Johanna e ad Alex quale soluzione andasse bene a entrambi. L’alunno incaricato di prendere appunti ha letto la lista, e Alex e Johanna hanno deciso che chiedere il permesso di prendere la matita sarebbe stata una buona soluzione e che dopo una settimana avrebbero riferito alla classe i risultati ottenuti.
La soluzione sembrava chiara, rispettosa e incoraggiante. La questione era risolta. Per me, il nocciolo di quanto era accaduto stava nel vedere come Johanna rimpiccioliva e come poi cresceva. In seguito ho pensato: «Cos’ha imparato la classe?». La mia impressione era che questa “colpevole recidiva” si fosse sentita sostenuta e accolta dal gruppo, forse per la prima volta. Sembrava più forte grazie alla semplice proposta di chiedere il permesso prima di prendere qualcosa in prestito.
Si troverà di nuovo in difficoltà? È probabile. Ma ora lei e la classe hanno strumenti per risolvere problemi, strumenti che trasmettono il messaggio “sei una di noi”, invece che “non sei una di noi e dobbiamo escluderti”.
Quando bambini e adulti si mettono per la prima volta a raccogliere idee per risolvere un problema, noterete che molte proposte sono punitive. A volte può essere utile interrompere la discussione e suggerire di concentrarsi sulle soluzioni. Un’altra possibilità è quella di aspettare la fine dei suggerimenti per poi ripercorrerne la lista, chiedendo ai membri della famiglia o agli alunni di eliminare tutte le proposte che non soddisfano le Tre R e una U per Concentrarsi sulle Soluzioni. A volte genitori e insegnanti chiedono ai bambini di eliminare anche tutto ciò che può ferire o essere impraticabile. Per esempio, un viaggio alle Hawaii può essere utile, ma non è praticabile. Dopo questa fase, chi è coinvolto nel problema può scegliere la soluzione ritenuta di maggiore aiuto. I sentimenti di rispetto e responsabilità aumentano in misura notevole quando alle persone viene data la possibilità di scegliere, invece di sentirsi dire da qualcun altro cosa scegliere, o anche di far votare alla classe la soluzione che dovrà essere messa in pratica dall’alunno.
È stato ripetuto diverse volte che, quando viene data loro la possibilità, i bambini sono più bravi degli adulti nella risoluzione dei problemi. L’esempio seguente ne è la prova.