capitolo xiv

Il ritorno al lavoro

Caro Andrea,

fra due settimane Luisa tornerà al lavoro. È molto preoccupata, dopo diversi mesi passati in simbiosi con Federico non riesce a immaginare questa “innaturale” separazione; sente che il suo piccolino ha ancora molto bisogno di lei e sa che per lui anche poche ore possono sembrare lunghissime. Da metà gravidanza la mente di Luisa è stata progressivamente occupata dal bambino che le cresceva dentro, poi l’esperienza dirompente del parto e da lì l’innamoramento totale per quel frugoletto dagli occhi grandi. Adesso deve tornare a occuparsi delle pratiche dell’ufficio, ma che ufficio? che pratiche? di quale mondo stiamo parlando? Dopo essere stata su Marte deve tornare a mettere i piedi sulla Terra, dopo il sogno la dura realtà. Sappiamo che dopo i primi giorni la routine la riporterà alle ordinarie mansioni professionali (un po’ come ricominciare a pedalare sulla vecchia bicicletta), ma per il momento il passaggio le sembra impossibile.


Il ritorno al lavoro non presenta soltanto aspetti pratici, rappresenta anche un salto mentale importante tra la propria identità professionale e quella di madre; si tratta di due aspetti che possono benissimo convivere, ma che all’inizio sembrano lontanissimi e inconciliabili. Per me e per te è più facile, a noi maschi piace “vincere facile”, la nostra paternità non ha interrotto il nostro lavoro, lo ha solo un po’ rallentato. Per noi forse vale l’aspetto contrario: riuscire ad acquisire la consapevolezza che dopo la nascita di un figlio nulla sarà più come prima, perché questa esperienza porta con sé cambiamenti profondi in grado di modificare la nostra visione del mondo e di noi stessi, condizionando anche l’approccio professionale.


Luisa, da un po’ di tempo, ti stressa con la preoccupazione per la gestione di Federico quando lei andrà al lavoro. Avete già discusso tra voi: tu tendi a minimizzare e a trovare soluzioni semplici per ogni problema, lei invece complica tutto e presenta le eccezioni più improbabili. Come spesso accade, avete ragione entrambi, state soltanto osservando la questione da due punti di vista differenti. Per secoli questo problema della conciliazione figlio-lavoro non si è posto, la mamma portava con sé il bambino in tutte le sue mansioni, che fossero i compiti domestici o il lavoro nei campi; in molte parti del mondo è ancora così: le madri vanno a rifornirsi di acqua con la pancia o con il bambino in fascia e quando il piccolo è un po’ cresciuto lo lasciano ai fratelli o ad altri adulti del vicinato. Noi però non viviamo più nel villaggio e conosciamo i vicini di casa solo se li incontriamo in ascensore; ci siamo un po’ troppo disgregati, e tendenzialmente ognuno pensa per sé.


Se volessimo tornare a rispettare il detto africano che “per crescere un figlio occorre un intero villaggio” dovremmo modificare profondamente il nostro stile di vita e i nostri rapporti interpersonali, condividendo le esperienze e praticando maggiore cooperazione tra di noi. Invece ci siamo inventati il welfare e i servizi alla persona (quello che stiamo dicendo per il bambino, a maggior ragione vale anche per anziani e disabili). Come vedi non ho ancora iniziato a parlarti di allattamento e lavoro, ma questa lunga premessa è più importante dei conseguenti aspetti pratici. La paura di Luisa per il suo allattamento al momento di tornare al lavoro diventa l’espressione di tutte le altre paure, anche quelle del futuro lontano, di quando Federico andrà a scuola e qualcuno dovrà preparargli il pranzo….


In pratica, poiché Luisa riprenderà a lavorare soltanto per poche ore, sarà sufficiente allattare Federico prima di uscire e al momento del ritorno; bisognerà imporgli degli orari un po’ più rigidi di quelli ai quali è abitato? Probabilmente sì, ma adesso è in grado di adattarsi a qualche piccola forzatura (nei primi mesi sarebbe stato più difficile e disturbante). I bambini – lo stai imparando giorno dopo giorno sul campo – hanno mille risorse; vedrai che Federico, dopo un primo momento di relativa confusione, saprà adattarsi al cambiamento e vi stupirà. Fidatevi di lui. La tetta la vuole solo dalla mamma, agli altri adulti che si prendono cura di lui è capace di chiedere altro, e da loro può accettare senza problemi altre modalità di alimentazione.


Nei primi mesi, in caso di separazione forzata, si può tranquillamente utilizzare il latte della mamma precedentemente spremuto, ma una volta iniziata l’introduzione di altri cibi, questa modalità così impegnativa non è più necessaria. Dal sesto mese interessa più la qualità del latte materno piuttosto che la quantità; i benefici dimostrati con l’allattamento prolungato sullo sviluppo cognitivo, sulla protezione dalle infezioni e sulla prevenzione di alcune patologie come l’obesità, non dipendono da quanto latte materno introduce il bambino, ma sono legate alla durata complessiva dell’allattamento. Questa informazione può rassicurare Luisa e contenere i suoi inevitabili (e ingiustificati) sensi di colpa.


A volte non si tratta neppure di un vero e proprio senso di colpa, spesso la mamma prova soltanto una sottile e indefinibile sensazione che non sta facendo tutto il possibile per il suo bambino. Le mamme sono programmate per dare tutto, anche la vita, e chiedere loro di limitarsi, di fare solo fin lì, di delegare, è una vera violenza, anche se necessaria. Dopo il grande impegno per fare un bambino, una madre deve anche faticare per “lasciarlo”: per loro davvero le fatiche non finiscono mai. Caro Andrea, in questo frangente avrai un ruolo da protagonista e il tuo contributo nel trovare soluzioni e strategie potrebbe essere davvero determinante. Devi però fare attenzione a non minimizzare le paure di Luisa (se lei le sente significa che sono vere) ed evitare una eccessiva semplificazione (noi maschi corriamo spesso questo rischio). Ricordiamoci che non stiamo parlando di stringere viti con la brugola, ci stiamo occupando di sentimenti profondi che ci accompagneranno per il resto della vita.

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L'allattamento spiegato ai papà
L'allattamento spiegato ai papà
Alessandro Volta, Ciro Capuano
Il sostegno essenziale per mamma e bambino.Tutto quello che un papà deve sapere per provvedere all’aiuto e al sostegno indispensabili alla coppia madre-figlio durante l’allattamento. In questi ultimi tempi, moltissime mamme si sono riappropriate dell’allattamento al seno, dopo decenni di oblio. Talora però resta da persuadere uno degli attori più importanti affinché si stabilisca e prosegua un buon allattamento: il papà. L’allattamento spiegato ai papà è un agile e simpatico volumetto in cui i pediatri Alessandro Volta e Ciro Capuano raccontano a un immaginario padre tutte le cose che ogni papà deve sapere per provvedere all’aiuto e al sostegno indispensabili alla coppia madre-figlio. La prefazione è firmata dal famoso dottor Sergio Conti Nibali, direttore della rivista UPPA (Un Pediatra Per Amico). Conosci l’autore Alessandro Volta, pediatra e neonatologo, è padre dei tre ragazzi e di una bambina in affido. È responsabile dell'assistenza neonatale negli ospedali di Scandiano e Montecchio Emilia e membro della Commissione Nascita dell'Emilia Romagna. Cura il sito www.vocidibimbi.it Ciro Capuano, nato a Napoli nel 1967, lavora come pediatra presso il Nido dell'U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale di Montecchio Emilia ed è formatore per il personale sanitario sull'allattamento al seno secondo le linee guida OMS/Unicef. Si interessa di medicina integrata e delle tematiche inerenti il microbioma materno-infantile in epoca perinatale.