capitolo 12

È pericolosa la partecipazione
del padre alla nascita?

La presenza del padre al parto rappresenta senza dubbio un aspetto tipico dell’industrializzazione della nascita. Un secolo fa, quando la maggioranza dei bambini nasceva nelle case, la faccenda era fuori discussione: allora tutti erano concordi nel considerare il parto un “affare di donne”, e al marito venivano semmai affidati compiti di tipo pratico, come bollire l’acqua, senza che venisse coinvolto direttamente nel parto.


Oggi, al culmine dell’era del parto industrializzato, la stessa domanda è ancora inutile, persino stupida: all’alba del XXI secolo, tutti conoscono l’importanza del ruolo attivo del padre nella “nascita di una famiglia”. La maggioranza delle donne non potrebbe immaginare neppur lontanamente di partorire senza la partecipazione del “partner”. Abbiamo tutti udito meravigliosi resoconti di “coppie che partoriscono”, e oggi i papà sono i benvenuti anche nelle sale-parto più convenzionali.


Per comprendere questi mutamenti così repentini e radicali di punti di vista e comportamenti, dobbiamo inserirli nel loro contesto storico. È necessario ricordare che questo misterioso fenomeno è iniziato inaspettatamente nel corso degli anni ’60 nella maggior parte dei Paesi industrializzati. Fu allora che una nuova generazione di donne avvertì la necessità di poter contare, durante il parto, sull’assistenza del padre del bambino, e questo proprio all’epoca in cui cresceva il numero di parti che avvenivano in ospedali sempre più grandi. La nascita in enormi reparti maternità è stata una tappa importante nel processo dell’industrializzazione del parto. Era anche l’epoca in cui l’ostetrica diveniva uno dei membri all’interno di una nutrita équipe medica (nei Paesi dove questa figura non era già sparita completamente). Risulta quindi chiaro che la partecipazione del padre ha rappresentato l’adattamento ad una situazione senza precedenti: non era mai accaduto prima nella storia dell’umanità che le donne fossero costrette a partorire in grandi ospedali, in mezzo a gente sconosciuta; quanto alle ostetriche, erano sempre state figure indipendenti.


I testimoni attivi di questo sconvolgimento comportamentale ricorderanno la rapidità con la quale si sono insediate le nuove dottrine. Ad esempio, ho udito affermare intorno al 1970 che la partecipazione del padre al parto avrebbe contribuito a rafforzare i legami di coppia e che avremmo dovuto attenderci un calo dei divorzi e delle separazioni. Ho anche sentito dire che la presenza del padre, come persona di famiglia, non avrebbe fatto altro che rendere i parti più facili e che ci potevamo aspettare un calo dei tassi di cesarei.


Non possiamo prepararci ad una nuova era della nascita senza prima prendere in considerazione i comportamenti e le teorie storicamente associati all’industrializzazione del parto. Dobbiamo fare l’inventario delle domande che è necessario formulare. Parlando di partecipazione del padre al parto, sono almeno tre le domande essenziali:


Prima domanda: la partecipazione del padre aiuta o ostacola il parto?


Se siete abbastanza in là con gli anni da ricordarvi cosa può essere un parto quando ad assistere non c’è nessuno, tranne un’ostetrica esperta, materna e discreta, sarete inclini a porre la questione in questi termini. L’obiettivo non è quello di fornire delle risposte, ma di analizzare i molti motivi per cui la questione è così complessa.


Esistono molti tipi di coppie, a seconda della durata della convivenza, il grado di intimità e così via. Ci sono anche molti tipi di uomo: alcuni riescono a mantenere un atteggiamento discreto mentre la loro donna partorisce, altri si comportano come osservatori, o come guide, mentre altri ancora assumono atteggiamenti di protezione. Proprio nel momento in cui la donna in travaglio deve ridurre l’attività intellettiva (o della neocorteccia) e “partire per un altro pianeta”, molti uomini non riescono a smettere di essere razionali. Alcuni sembrano assumere un’aria coraggiosa, ma il rilascio da parte loro di alti tassi di adrenalina risulta contagioso.


Il doppio linguaggio degli esseri umani sembra essere la principale ragione per cui la complessità di questo argomento è spesso sottovalutata. Molte volte esiste una contraddizione fra il linguaggio verbale e quello “del corpo” delle donne in gravidanza. A parole, molte donne moderne sono categoriche nell’affermare che hanno bisogno della presenza del partner quando poi, giunto il giorno del parto, le stesse donne esprimono esattamente il contrario con un linguaggio non verbale. Mi ricordo un certo numero di parti che procedevano lentamente, fino al momento in cui il padre era inaspettatamente costretto ad uscire per forza (ad esempio, per comprare qualcosa prima che i negozi chiudessero). Non appena l’uomo usciva, la donna iniziava a gridare, se ne andava in bagno e il bambino nasceva dopo una breve serie di contrazioni potenti e irresistibili (quello che chiamo “il riflesso di eiezione del feto”).


Nel sollevare questa domanda, bisogna anche tener conto della particolarità delle diverse fasi del travaglio. Alcune donne si sentono inibite in quella fase del travaglio in cui comunemente si vuota il retto… un’occasione per sottolineare che il tipo di intimità che una donna può avere con il proprio partner sessuale non è della stessa natura di quella che può avere con la propria madre. È spesso fra la nascita del bambino e il secondamento della placenta che molti uomini avvertono un improvviso bisogno di attività, proprio nel momento in cui la neo-mamma non dovrebbe pensare ad altro che guardare il bambino negli occhi e tenerlo a stretto contatto pelle-a-pelle, in un ambiente sufficientemente caldo. Ripetiamo ancora una volta che, in questo momento, ogni distrazione tende ad inibire il rilascio di ossitocina e pertanto interferisce con il processo del secondamento.


Seconda domanda: può la partecipazione del padre al parto avere qualche influenza sulla successiva vita sessuale della coppia?


Con questa domanda introduciamo il tema complesso dell’attrazione sessuale. Essa è misteriosa, il mistero gioca un suo ruolo nel suscitare e mantenere viva l’attrazione sessuale. Una volta esistevano le dee-madri. A quei tempi, per gli uomini la nascita era un evento circondato di mistero. Ho avuto occasione in passato di discuterne con donne nate alla fine del XIX secolo, ed esse non potevano neppure immaginare che loro marito potesse guardarle mentre partorivano: “Cosa ne sarebbe stato della nostra vita sessuale dopo?” era la reazione più comune.


Oggi mi colpisce il numero di coppie che si separano qualche anno dopo un parto meraviglioso, almeno secondo i criteri moderni: i genitori magari rimangono buoni amici, ma non sono più partner sessuali. È come se l’esperienza della nascita del bambino avesse rafforzato il loro cameratismo, mentre l’attrazione sessuale andava affievolendosi.


Terza domanda: Tutti gli uomini sono capaci di affrontare le forti reazioni emotive a cui possono andare incontro partecipando al parto?


Nell’era della nascita industrializzata, in cui le donne possono partorire guardando la TV in sala parto, è insolito porre la domanda in questi termini. Nei giorni che seguono un parto molto “industrializzato”, solitamente nessuno si interroga sul benessere del padre. La mia esperienza di parti domiciliari mi ha portato spesso a far visita alle famiglie due o tre giorni dopo il parto. Mi sorprendevo molto quando, chiedendo cosa ne fosse del padre, mi veniva spesso risposto che era a letto con il mal di pancia, o il mal di schiena, o il mal di denti, o con una colica ai reni, o per un eczema improvviso, o semplicemente perché si sentiva “esaurito”… Sono arrivato a proporre il concetto di “depressione paterna post-partum”, fenomeno frequente in determinati contesti anche se non viene riconosciuto come tale.


Il concetto di depressione maschile post-partum ci offre un’occasione per ricordare che molte culture hanno rituali i cui effetti sono proprio quelli di canalizzare le reazioni emotive del padre. Tutti questi rituali rientrano nel quadro di ciò che gli antropologi definiscono la “couvade” (termine francese che significa proprio “covata”). Queste cerimonie, quali che siano le particolarità locali, hanno l’effetto di tenere il padre occupato mentre la donna partorisce. Possiamo considerare l’uomo indaffarato a bollire acqua per lunghe ore come un ultimo esempio di couvade. Non posso fare a meno di pensare all’uomo moderno che impiega un sacco di tempo a montare una vasca da parto presa a noleggio… e alla fine il bambino nasce prima che sia tutto pronto! Si tratta forse di una sorta di revival della couvade?


Quando le nostre società raggiungeranno un certo grado di consapevolezza sul processo del parto industriale, allora la presenza abituale del padre al parto diverrà un tema centrale di discussione.

L'Agricoltore e il Ginecologo
L'Agricoltore e il Ginecologo
Michel Odent
L’industrializzazione della nascita.Uno scambio di idee che analizza le molteplici similitudini fra l’industrializzazione dell’agricoltura e quella del parto. Sembra il titolo di una favola moderna: durante uno scambio di idee, l’agricoltore e il ginecologo comprendono fino a che punto entrambi abbiano manipolato le leggi della natura e analizzano le impressionanti similitudini fra l’industrializzazione dell’agricoltura e quella del parto, ambedue sviluppatesi nel corso del ventesimo secolo.L’Agricoltore e il Ginecologo di Michel Odent è una pietra miliare sull’industrializzazione della nascita. Conosci l’autore Michel Odent, medico ostetrico celeberrimo, noto soprattutto per aver introdotto il parto in acqua e le sale parto simili a un ambiente domestico, ha al suo attivo una cinquantina di studi scientifici e oltre dieci libri pubblicati  e tradotti in più di venti lingue. Da molti anni gestisce a Londra il Primal Health Centre, studiando gli aspetti relativi alla salute del bambino dalla gestazione al primo anno di vita.Di recente ha creato un nuovo sito internet - www.wombecology.com - dedicato all’ecologia della vita intrauterina.