capitolo x

Le api

Questo veloce excursus nella storia del ventesimo secolo ci ha permesso di prendere coscienza di un pericoloso aspetto dell’Homo Sapiens. Ci riferiamo all’enorme discrepanza, tipica della natura umana, fra la capacità di trovare soluzioni a vecchi problemi mediante l’uso di tecniche intelligenti, sofisticate e potenti e l’incapacità di riuscire a pensare a lungo termine, anticipando gli effetti di una applicazione generalizzata delle nuove invenzioni. Questo inesplorato aspetto umano può essere illustrato da innumerevoli esempi.

Mele malimpollinate

Un esempio significativo ci è offerto dal problema della scarsità di api a livello mondiale, causata dalla diffusione generalizzata di potenti insetticidi chimici. Gli agricoltori hanno cercato da sempre di proteggere i loro raccolti da nemici quali insetti, roditori ed erbacce. Mi è capitato di sperimentare di persona la lungaggine dei metodi usati un tempo per proteggere le patate dagli insetti, in occasione di un’invasione di massa di dorifore, chiamate “scarafaggi delle patate del Colorado”.


Fu in un villaggio francese, nel 1941, durante la seconda guerra mondiale. Noi scolari del villaggio dovevamo passare ogni giorno ore e ore nei campi a raccogliere le dorifore a mano, una ad una. Il nostro ruolo era ritenuto così importante che ricevemmo più volte la visita delle autorità francesi, e anche dei soldati tedeschi. Dopo un’esperienza simile, compresi facilmente l’entusiasmo diffuso e inequivocabile dei contadini quando, nel dopoguerra, comparvero i magici pesticidi sintetici, prima negli Stati Uniti e poi anche in Europa. Nel 1947 negli Stati Uniti ne venivano già prodotte circa 50.000 tonnellate: una maggiore produttività avrebbe senz’altro contribuito ad abbassare i prezzi di frutta e verdura…


Già all’epoca qualcuno fece notare che tutte queste sostanze chimiche uccidevano anche le api, i pipistrelli, le farfalle e gli uccelli. Queste specie rivestono un ruolo chiave in agricoltura, poiché trasferiscono il polline da una pianta all’altra; in particolare, è risaputo che le api sono molto attive nel fecondare i fiori di piante e alberi, poiché, grazie a loro, il polline di un fiore viene raccolto e trasportato su fiori diversi. Questi genereranno poi semi e frutti e produrranno nuove piante, che a loro volta produrranno polline e nettare per le api delle generazioni successive… Una grande parte della dieta umana proviene, direttamente o indirettamente, da raccolti che richiedono impollinazione entomogama (cioè effettuata dagli insetti), o comunque ne beneficiano, e le api sono i principali insetti impollinatori. Ma non è stato soltanto l’uso crescente di pesticidi a colpire duramente gli insetti impollinatori; infatti, come se non bastasse, sono stati distrutti molti dei loro habitat naturali (come aree incolte, alberi morti e vecchi steccati) per consentire l’espansione delle colture intensive.


Oggi, la scomparsa di api e di altri insetti sta causando danni alle colture in tutto il mondo. L’utilità del loro lavoro è così ben compresa che spesso, dove sono quasi scomparse le api selvatiche, si incoraggia attivamente l’apicoltura. È necessaria e urgente una valutazione delle conseguenze economiche di questa progressiva scomparsa di insetti impollinatori, poiché, se non muta la tendenza attuale, le risorse alimentari mondiali potrebbero essere in serio pericolo. Secondo alcuni esperti, frutta e verdura sono destinate a diventare più care e a peggiorare in qualità: una mela malimpollinata di solito è più piccola e poco invitante. La situazione attuale era prevedibile e non è certo dovuta alla mancanza di conoscenze: cinquant’anni fa era già noto il ruolo chiave rivestito dall’impollinazione entomogama ed era già ovvio che i pesticidi chimici non avrebbero risparmiato le api e gli altri impollinatori. Per la verità, un ristretto numero di “scienziati eccentrici”, o semplici dilettanti, aveva timidamente sollevato interrogativi non proprio politicamente corretti, ma praticamente stavano parlando ai muri, perché la variante di Homo che io chiamo Homo super-predator ha una profonda mancanza di interesse per il futuro del pianeta, e di compassione per le generazioni future. Questa forma di debole – o indebolito – istinto ecologico può essere considerata come una forma di “alterazione della capacità di amare”, il che ci riporta alla domanda di base: “Come si sviluppa la capacità di amare?”

La vita nel suolo

L’agricoltura ci offre una scelta fin troppo ampia di possibili esempi di scenari simili a quello descritto. Un altro effetto devastante dell’industrializzazione delle colture è il deterioramento dei suoli causato dall’uso estensivo di azoto e pesticidi, da eccessive lavorazioni e dalla pratica della bruciatura delle stoppie1. Il terreno è un’entità dotata di una vita propria: in un suolo fertile vive infatti una vasta moltitudine di creature, dai minuscoli batteri ai grassi lombrichi. Vi sono molti insetti, alcuni dei quali così piccoli che per vederli è necessaria la lente d’ingrandimento, e vari tipi di funghi simbiotici favoriscono l’assimilazione dei micro-nutrienti da parte delle piante. Ognuno di questi organismi riveste un ruolo speciale, e insieme formano un tutto armonioso. Il vero humus stabile viene creato dalle creature che vivono nel terreno. Per dare un’idea dell’entità della microflora e microfauna del suolo, John Soper era solito affermare che, in un pascolo fertile, il suo peso totale è circa uguale a quello del bestiame che può pascolarvi sopra. Non si tratta certo di scoperte recenti: John Soper si ritirò nel 1958 dal Servizio Agricolo Coloniale, dopo 32 anni trascorsi nei Paesi tropicali. Dobbiamo concludere che, usando un po’ di buon senso, il deterioramento dei terreni era sicuramente prevedibile. Oggi alcuni esperti concordano nell’affermare che in alcune zone questo danno ha raggiunto lo stadio di morte irreversibile. Qualcuno ribatterà che le colture geneticamente modificate possono crescere anche nei deserti.

Un altro tipico esempio dell’ottusità dell’uomo del XX secolo è l’uso generalizzato degli antibiotici come stimolatori della crescita: vengono regolarmente usati negli allevamenti di polli, suini e bovini. La tetraciclina, in particolare, è stata usata soprattutto per promuovere la crescita dei maiali; di recente, i ricercatori dell’Università dell’Illinois-Champaign hanno dimostrato che i geni batterici resistenti alla tetraciclina provengono proprio dai suini. Scoperte simili sono di primaria importanza in termini di salute umana. La British Medical Association prevede che uno dei maggiori problemi di ordine pubblico nel XXI secolo sarà l’aumento della resistenza ai farmaci. Sebastian Aymes, un batteriologo con grande esperienza nel campo della resistenza batterica, afferma che abbiamo pochi anni di tempo per scoprire nuovi antibiotici o altre misure, altrimenti, secondo lui, “stiamo per scivolare in un abisso di infezioni incontrollabili”… Quando studiavo medicina, negli anni ’50, ero già a conoscenza del concetto di microbi antibiotico-resistenti. È il caso di dire, ancora una volta, che avremmo potuto pensarci prima.

Le Volkswagen

Questa sorta di cecità non si limita solo alla pratica dell’agricoltura; ogni tipo di attività umana ce ne offre dimostrazioni significative. Pensiamo ad esempio all’utilizzo di massa dell’automobile, simbolo del ventesimo secolo. La sostituzione dei cavalli con potenti veicoli a quattro ruote fu originariamente un’invenzione affascinante, emblema eloquente dell’ingegnosità umana. Già negli anni ’30 era chiaro che l’uso dell’automobile sarebbe diventato un fenomeno di massa: fu proprio allora che si verificarono eventi altamente significativi in tal senso, come l’emergere della Volkswagen, letteralmente “macchina del popolo”, e la costruzione delle autostrade. Malgrado ciò, negli anni ’70 ancora si ignoravano i primi moniti sulle emissioni quotidiane di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera. Oggigiorno, sul pianeta sono circa 800 milioni le auto che viaggiano ancora ad energia fossile, contribuendo considerevolmente all’emissione di gas serra. I cambiamenti climatici stanno ormai diventando evidenti, tuttavia la presa di coscienza è ostacolata da gruppi di pressione e leader politici.

Maschile-femminile

L’attuale mancanza di interesse per le conseguenze a lungo termine prodotte dall’utilizzo di massa di nuove tecniche, ci induce a porci domande non più evitabili sul tema della nascita. L’alto tasso di interventi come tagli cesarei, travagli indotti o accelerati, analgesie peridurali, ed espulsioni placentari indotte da farmaci non sono soltanto il mero effetto di una profonda incomprensione della fisiologia della nascita, ma costituiscono anche un perfetto modello della miopia dell’uomo tecnologico. In ambito medico, per giustificare il crescente ricorso agli interventi si fa comunemente riferimento a studi scientifici (in particolare agli “studi prospettici randomizzati controllati”) che valutano, attraverso metodi statistici, i rischi e i benefici delle procedure ginecologiche-ostetriche. Il fatto è che questi studi, condotti in reparti di ostetricia di tipo convenzionale, prendono in considerazione soltanto gli effetti a breve termine: i neonati e le loro madri vengono seguiti soltanto nel breve periodo intorno alla nascita. Ad esempio molti ginecologi sono oggi convinti che, in caso di posizione podalica del feto, è meglio eseguire un cesareo programmato. Tendono inoltre a ridurre sempre più il numero di donne che possono sperimentare un travaglio di prova dopo un precedente cesareo. Non si rendono conto che, per la prima volta nella storia dell’uomo, la maggioranza delle donne mette al mondo figli senza rilasciare flussi di ormoni dell’amore e che è in gioco il futuro della nostra civiltà.

Il tema particolare dell’industrializzazione della nascita ci offre una lezione ulteriore. Esiste una contrapposizione fra il punto di vista rappresentativo dell’ambiente medico dominato dai maschi e quello espresso da certe donne. È significativo, ad esempio, che il movimento comunemente chiamato VBAC (da Vaginal birth after cesarean, cioè “parto vaginale dopo un cesareo”) nacque negli Stati Uniti soprattutto per opera di Nancy Cohen, l’autrice di Silent Knife2, che ha potuto sperimentare personalmente un parto spontaneo in casa dopo un precedente cesareo. Molti medici non riescono a capire perché alcune donne rifiutino l’induzione del travaglio, o perché desiderino partorire naturalmente il loro bambno che si trova in posizione podalica, o perché siano restie a prendere farmaci per l’espulsione della placenta… Un conflitto simile ci suggerisce che il rispetto delle leggi naturali potrebbe essere in parte una questione di rapporto maschile – femminile. Le basi stesse della ginecologia ostetrica sono state fissate in origine da medici di sesso maschile.

È indubbio che il rispetto delle leggi della natura abbia basi fisiologiche. I maschi, che rilasciano più testosterone, tendono ad essere più aggressivi e sentono il bisogno di dominare sia la natura sia altri esseri umani. All’opposto, le donne sperimentano un’ampia varietà di complessi equilibri ormonali: mentre offre il seno al suo bambino, una donna non si trova nell’equilibrio ormonale in cui era al momento del parto, o quando ha avuto il suo primo contatto con il bimbo, o durante i momenti di intimità con il proprio partner. Non dimentichiamo che, nelle società tradizionali, le donne di solito hanno molti figli, ognuno dei quali viene allattato per diversi anni. Questo implica che durante un lungo periodo della loro vita adulta hanno nel sangue livelli di prolattina superiori a quelli di base. I complessi effetti comportamentali della prolattina sono stati studiati approfonditamente, soprattutto in Svezia, e sappiamo che la prolattina tende a provocare stati mentali di subordinazione e sottomissione, determinando un aumento dell’adattabilità materna ai bisogni di un bimbo piccolo. In generale si può dire che le leggi della Natura vengono accettate con maggiore facilità.

Nella misura in cui le caratteristiche di un determinato gruppo culturale sono indotte dagli equilibri ormonali medi della popolazione, dovremmo chiederci quali siano le peculiarità della nostra società all’inizio del ventunesimo secolo. Una caratteristica degna di nota è il fatto che facciamo pochi figli. Un’altra è la brevità del periodo dell’allattamento, che di solito si conclude in alcuni mesi, mentre nella maggioranza delle altre culture continua per degli anni. In altre parole, le donne di oggi rilasciano alti livelli di prolattina per un periodo molto breve della loro vita. Forse il profilo ormonale femminile si sta mascolinizzando? Come affronteremo questa situazione senza precedenti?

L'Agricoltore e il Ginecologo
L'Agricoltore e il Ginecologo
Michel Odent
L’industrializzazione della nascita.Uno scambio di idee che analizza le molteplici similitudini fra l’industrializzazione dell’agricoltura e quella del parto. Sembra il titolo di una favola moderna: durante uno scambio di idee, l’agricoltore e il ginecologo comprendono fino a che punto entrambi abbiano manipolato le leggi della natura e analizzano le impressionanti similitudini fra l’industrializzazione dell’agricoltura e quella del parto, ambedue sviluppatesi nel corso del ventesimo secolo.L’Agricoltore e il Ginecologo di Michel Odent è una pietra miliare sull’industrializzazione della nascita. Conosci l’autore Michel Odent, medico ostetrico celeberrimo, noto soprattutto per aver introdotto il parto in acqua e le sale parto simili a un ambiente domestico, ha al suo attivo una cinquantina di studi scientifici e oltre dieci libri pubblicati  e tradotti in più di venti lingue. Da molti anni gestisce a Londra il Primal Health Centre, studiando gli aspetti relativi alla salute del bambino dalla gestazione al primo anno di vita.Di recente ha creato un nuovo sito internet - www.wombecology.com - dedicato all’ecologia della vita intrauterina.