capitolo vii

Movimenti per la nascita naturale e
per l'agricoltura biologica

L’aver focalizzato la nostra attenzione su una selezione di visionari grandi e influenti non dovrebbe portarci a sottovalutare il ruolo svolto da innumerevoli associazioni di militanti-attivisti nel creare consapevolezza. Questi movimenti solitamente prendono il via quando un piccolo gruppo di persone ha a cuore una causa particolare. I loro obiettivi si limitano a un ambito specifico. Da questo punto di vista, i movimenti per l’agricoltura biologica e quelli per il parto naturale hanno molto in comune.


Mentre i visionari anticipano domande e risposte e tendono ad abbattere le separazioni fra le prospettive convenzionali, i movimenti hanno la tendenza a limitare il loro campo d’azione allo scopo di conseguire determinati obiettivi nel minor tempo possibile. Visionari e movimenti sono complementari. In maniera diretta o indiretta, i visionari spesso sono gli ispiratori dei movimenti.

Movimenti per l’agricoltura biologica e biodinamica

Nel corso del ventesimo secolo alcuni movimenti hanno promosso pratiche alternative all’agricoltura industrializzata. Sono sempre esistite delle piccole associazioni di base a livello locale. Nelle aree rurali di un Paese come la Francia, esse giocano un ruolo importante nel mantenere vivo nella popolazione locale un atteggiamento critico sui vari aspetti dell’agricoltura industriale. Gli obiettivi di queste associazioni sono strettamente limitati ad una particolare area geografica, ad esempio si chiamano Agro-bio Poitou-Charentes oppure Allier-bio o Confederations del Groupes del Agrobiologistes de Bourgogne o Groupement del Agriculteurs biologistes de Touraine etc… Esiste, d’altra parte, un numero ristretto di grandi organizzazioni che operano a livello nazionale ed internazionale.


Dal punto di vista storico, la prima organizzazione di vasta portata è stata senza dubbio la Biodinamic Farming and Gardening Association (letteralmente: Associazione per l’agricoltura e l’orticoltura biodinamiche), nata negli Stati Uniti nel 1938 per promuovere, guidare e salvaguardare il metodo dell’agricoltura biodinamica. Questo movimento è rimasto all’avanguardia per due terzi di secolo per diverse ragioni. La prima ragione è che si tratta di un movimento essenzialmente costruttivo, piuttosto che limitato alla semplice critica dei vari aspetti dell’agricoltura industriale: si può dire che il movimento biodinamico abbia trasceso le varie fasi della storia dell’agricoltura industriale, perché i suoi sono obiettivi positivi – imparare a lavorare insieme alle “forze benefiche della natura”. La seconda ragione è che l’Associazione segue molte attività differenti: conferenze, laboratori, seminari e progetti di ricerca. In più pubblica “Biodynamics” la più antica rivista americana di agricoltura e orticoltura biologiche. Gioca inoltre un ruolo importante nel fornire consulenze ai coltivatori. Offre sostegno alle associazioni rurali locali e possiede un data-base di fattorie CSA [da Community Supported Agricolture, una forma di organizzazione in cui i consumatori partecipano al sostegno economico delle aziende agricole e ne condividono i raccolti, N.d.T]. È associata a istituzioni più formali di ricerca e formazione, come il Josephine Porter Institute, che produce e distribuisce preparati biodinamici, e l’associazione Demeter, che certifica le fattorie biodinamiche. Il movimento biodinamico ha ramificazioni in moltissimi Paesi.


Il movimento per l’agricoltura biologica prese avvio negli Stati Uniti durante la Prima Guerra Mondiale. Fu proprio negli anni della guerra che negli Stati Uniti l’agricoltura divenne altamente industrializzata, con l’uso di sostanze chimiche, la diffusione della meccanizzazione e delle monocolture per aumentare velocemente la produzione e fornire cibo all’Europa straziata dalla guerra. Il movimento per il biologico apparve come una reazione immediata e urgente all’esplosivo sviluppo dell’agricoltura industriale. Il nuovo significato della parola organic (biologico, organico) iniziò ad essere diffuso dal 1942, anno in cui Jerome Rodale lanciò la rivista “Organic Farming and Gardening” (abbreviato poi in “Organic Gardening”).


Subito dopo la guerra, nel 1946, si tenne nel Regno Unito l’incontro inaugurale della Soil Association (Associazione per il suolo). Il libro di Eve Balfour The Living Soil (Il suolo vivente) ebbe un ruolo determinante nel riunire coloro che fondarono l’associazione. Eve Balfour aveva incontrato sia Howard che McCarrison, e ne era profondamente influenzata. L’obiettivo dell’associazione era triplice: aspirava da un lato a riunire tutti coloro che lavoravano per una migliore comprensione delle relazioni vitali fra terreno, piante, animali e uomo; si proponeva poi di ispirare, coordinare e sostenere progetti di ricerca in questo settore; ambiva infine a raccogliere e diffondere le conoscenze acquisite, in modo da favorire la creazione di un’opinione pubblica informata. Per questo motivo, fu creato Mother Earth (Madre Terra) il giornale dell’associazione, che nel 1953 contava 3.000 abbonati in tutto il mondo.


Il dopoguerra fu anche il periodo in cui aumentò in maniera esponenziale la produzione statunitense di sostanze chimiche usate in agricoltura. Nel 1960, gli agricoltori spruzzarono sui loro raccolti qualcosa come 150.000 tonnellate di pesticidi, progressivamente imitati dai loro colleghi europei. La situazione era matura perché per una certa parte della popolazione, fra cui un ristretto numero di agricoltori, iniziasse una nuova fase di consapevolezza. Le piccole associazioni di base si moltiplicarono. La crescente reazione contro l’industrializzazione prese forza nel 1962, anno in cui apparve sugli scaffali delle librerie Silent Spring (Primavera silenziosa) di Rachel Carson. L’effetto fu sensazionale. Questo libro offriva per la prima volta un’immagine disastrosa del diffuso degrado ecologico. Metteva l’accento sulla pericolosità di veleni come insetticidi, erbicidi e altri prodotti comunemente usati, come anche quella legata all’uso dei fertilizzanti, pratica che provoca l’introduzione di pericolose sostanze chimiche nella catena alimentare. Rachel Carson intuì che queste sostanze chimiche erano più pericolose delle stesse radiazioni, e sottolineò che, per la prima volta nella loro storia, gli esseri umani erano esposti a sostanze chimiche sintetiche che sarebbero rimaste nel loro corpo per tutta la vita, dalla nascita alla morte. Il libro, corredato da una ricca documentazione, aprì gli occhi a molte persone sui pericoli legati all’industrializzazione dell’agricoltura.


Verso il 1970, quando ormai in tutto il mondo si moltiplicavano le piccole associazioni, un gruppetto di perspicaci e motivati pionieri avvertì la necessità di strutturare il mondo dell’agricoltura biologica. La creazione dell’IFOAM (International Federation of Organic Agriculture Movements, Federazione Internazionale dei Movimenti per l’Agricoltura Biologica) fu opera di un piccolo numero di amici convinti e pragmatici, come Roland Chevriot, Mary Langman, Karin Mundt, Claude Aubert, Denis Bourgeois… Uno dei loro primi obiettivi fu quello di pubblicare le basi e i princìpi dell’agricoltura biologica. La necessità di un’organizzazione simile fu dimostrata dal suo spettacolare sviluppo, illustrato in modo eloquente dalle cifre. Quando nacque, la federazione era formata da cinque associazioni affiliate. Nel 1984, all’assemblea generale di Witzenhausen, in Germania, erano presenti circa un centinaio di associazioni provenienti da circa 50 Paesi, in rappresentanza di 100.000 individui.


All’inizio degli anni ’90, si sarebbe potuto pensare che il movimento per l’agricoltura biologica avesse raggiunto i propri obiettivi principali. Nel 1992, infatti, l’Unione Europea approvò i primi regolamenti ufficiali circa i requisiti standard della produzione biologica. Nello stesso anno, gli occhi di tutto il mondo erano puntati su Rio, in Brasile, dove si tenne la Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo dell’Ambiente (UNCED, da United Nations Conference on Environment Development). L’IFOAM vi fu attivamente presente, sostenendo la causa dell’agricoltura biologica. Dopo Rio, l’IFOAM organizzò a San Paolo la sua prima conferenza internazionale importante sui problemi dell’ambiente. Fu in questa occasione che il coro dell’UNO (United Nation of Organic, Nazioni Unite del Biologico) presentò fra l’entusiasmo generale il suo inno, sull’aria di Auld Lang Syne. Ogni tentativo di tradurlo, ne altera purtroppo la natura:


In tutto il mondo c’è il bisogno

di un cambiamento drastico

una scelta di vita, una scelta di salute

e di più ampio respiro ancora

Cantiamo al terreno vivente

L’orgoglio dell’agricoltore biologico

L’IFOAM ci unisce tutti

Per conseguire in tutto il mondo il nostro obiettivo

Raggruppano i greggi, seminano le messi

Non nutrono solo gli uomini

Ma anche acqua, terra ed aria

Così cantiamo al terreno vivente

L’orgoglio dell’agricoltore biologico

L’IFOAM ci unisce tutti

Per conseguire in tutto il mondo il nostro obiettivo

Possano i nostri figli, e i loro figli

Vivere su una terra più verde

Loro erediteranno ogni nostra azione

Ecco perché ne vale la pena

Così cantiamo al terreno vivente

L’orgoglio dell’agricoltore biologico

Uniamo le mani e sia benedetto il nostro lavoro

Per conseguire in tutto il mondo il nostro obiettivo.


Le parole di questo inno indicano chiaramente che la principale preoccupazione dei membri dell’IFOAM riguardava il futuro dell’Umanità, il loro interesse non si limitava alla loro stessa salute o a quella delle loro famiglie.


Nonostante tutti i successi, la missione dell’IFOAM non si è conclusa negli anni ’90: alcuni avvenimenti nuovi imposero vigilanza, il che spiega il sorgere improvviso degli ultimi movimenti a favore del biologico, al volgere del secolo.


Il Keep Organic Organic Movement (“Manteniamo biologico il biologico”) sorse nel 1998, quando l’USDA (Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti) rivelò i suoi progetti di consentire l’uso del marchio biologico anche per gli alimenti geneticamente modificati, quelli irradiati e quelli coltivati nei fanghi dei liquami. Nel 1999, dopo essere stato sommerso dalle proteste di 275.000 cittadini infuriati, l’USDA venne obbligato a modificare nuovamente il regolamento. Le norme così approvate recepirono tutte le richieste dei difensori del biologico, ufficializzando persino l’incompatibilità fra l’uso di ormoni e antibiotici nell’allevamento e la produzione di carne e latticini biologici. Vennero accreditati enti certificatori che usavano criteri più severi rispetto a quelli dell’USDA.


L’approvazione di queste ultime normative coincise con una fase di costante crescita della vendita di alimenti biologici. Esse sono parte integrante di una nuova consapevolezza collettiva. Oggi la priorità non è più quella di promuovere il biologico, quanto quella di mantenere la vigilanza. Il passaggio dall’agricoltura industrializzata a quella biologica non può compiersi dall’oggi al domani. Ad esempio vale la pena ricordare che, secondo i regolamenti europei, non c’è incompatibilità fra certificazione biologica e uso di solfato di rame per combattere malattie come la ruggine delle patate, sebbene questo veleno uccida i lombrichi e abbia causato disturbi ai polmoni nei viticoltori. Fra le altre sostanze approvate dai regolamenti europei troviamo il rotenone, principio attivo estratto dalla pianta tropicale Derris, il cui uso è associato al Morbo di Parkinson. Oggi la priorità è quindi quella di vigilare affinché il biologico rimanga veramente tale.

Movimenti per la nascita naturale

Nel corso del ventesimo secolo sono sorti anche movimenti in opposizione all’industrializzazione della nascita. Le prime reazioni si svilupparono negli Stati Uniti durante gli anni ’20, e furono ispirate dalla pratica del twilight sleep, che portò alla concentrazione dei parti negli ospedali e li rese eventi impersonali. Twilight Sleep fu proprio il titolo del romanzo satirico di Edith Wharton pubblicato nel 1927, in piena epoca jazz. Questo libro aiutò un certo numero di donne ad esprimere la loro riluttanza nel condividere l’entusiasmo generale per la nuova pratica. Tramite uno dei suoi personaggi, Edith Warton esprime il proprio punto di vista, riferendosi chiaramente all’industrializzazione:

“Naturalmente non dovrebbe esserci alcun dolore… niente altro che Bellezza. Avere un bambino dovrebbe essere la cosa più soave, più poetica del mondo” dichiarò Madame Manford, con quella voce brillante ed efficace che faceva sembrare armonia e poesia attributi di una industrializzazione avanzata, e l’avere un bambino qualcosa come la produzione in serie di autovetture.

È soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale che numerose associazioni fecero la loro comparsa nei Paesi industrializzati. Alcune erano piccole, con obiettivi di portata locale o regionale, altre rivestivano importanza nazionale o internazionale… un altro punto di contatto con le reazioni all’industrializzazione dell’agricoltura. Ogni gruppo ha la propria storia e la propria peculiare vocazione. Anche se i mezzi che proponevano non erano sempre appropriati e potevano persino divenire controproducenti, questi gruppi avevano in comune lo scopo di trovare delle alternative alla nascita industrializzata.


Il prototipo della grande organizzazione è senza dubbio il National Childbirth Trust, o NCT (Fondazione Nazionale per la Nascita) del Regno Unito. Fu creato nel 1957 da alcune madri che erano state molto influenzate dal lavoro di Grantly Dick-Read, autore di Natural Childbirth (Nascita naturale) del 1933 e Childbirth Without Fear (Nascita senza paura) del 1944. L’idea dominante che animava il NCT era la scarsa disponibilità di informazioni sui temi di gravidanza e parto. L’ignoranza che ne derivava generava paura, e la paura a sua volta era fonte di dolore. Nel corso degli anni, l’NCT ha dovuto adattarsi a situazioni nuove. Oggi si propone come centro di informazioni su gravidanza, parto e allattamento, e più che promuovere un particolare stile di parto, l’NCT cerca di favorire il processo di scelta informata. In realtà le sue attività hanno l’effetto costante di ricordare che esistono alternative alla nascita industriale. Ad esempio, un recente sondaggio effettuato su internet era di fatto un modo sottile per trasmettere il messaggio che, nel contesto del Regno Unito, il parto in casa rappresenta una opzione sicura. Le donne dovevano rispondere sì o no alla seguente domanda: “Se la vostra gravidanza fosse priva di qualsiasi complicazione, pensate che la possibilità di partorire in casa vi sarebbe presentata in modo così positivo come un parto in ospedale?” Lo sviluppo dell’NCT è andato di pari passo con la presa di coscienza stimolata di continuo attraverso i libri pubblicati da Sheila Kitzinger, una delle sue fondatrici.

Nato sempre nel Regno Unito, l’Active Birth Movement (Movimento per il parto attivo] ha una storia diversa. Lo scopo dell’espressione “parto attivo”, coniato da Janet Balaskas, è quello di contrapporsi all’espressione active management of labour, o “gestione attiva del travaglio”, usata in origine a Dublino. La parola active management suggerisce infatti che la donna in travaglio non sia la persona attiva. L’Active Birth Movement è caratterizzato dall’esperienza del Active Birth Center (Centro Parto Attivo) a Londra. Ha ispirato la nascita di gruppi simili, come il MIPA (Movimento Internazionale Parto Attivo) in Italia1 e Naissance Active in Svizzera. In Germania, il Gesellschaft für Geburtvorbereitung ha punti in comune sia con l’NCT che con l’Active Birth. In Francia non sono mai sorte grandi organizzazioni a livello nazionale, paragonabili a quelle inglesi, ma piuttosto molti piccoli gruppi locali.

L’International Childbirth Education Association, ICEA (Associazione Internazionale per l’Educazione alla Nascita), con base negli Stati Uniti, è molto simile all’NCT. È un’associazione-ombrello che raccoglie madri ed educatrici perinatali, il cui scopo è quello di promuovere la libertà di scelta che si fonda sulla conoscenza delle alternative possibili. Può considerarsi veramente internazionale, avendo membri in ben 42 Paesi. Negli Stati Uniti la maggior parte dei gruppi che ruotano attorno alla nascita partono da obiettivi specifici e hanno scopi precisi, come si deduce dai loro nomi: c’è l’ICAN, International Cesarean Awareness Netrwork (Rete internazionale per la consapevolezza sul cesareo), che è stata preceduta dal CPM (Cesarean Prevention Movement, o Movimento per la prevenzione del cesareo). Ci sono Informed Homebirth (Parto a casa informato), New Nativity (Nuova natività), The American College of Home Obstetrics (Collegio americano di ostetricia a domicilio), la Maternity Center Association (Associazione Centro Maternità). Il NAPASAC (National Association of Parents and Professionals for Safe Alternative Childbirth, Associazione Nazionale di Genitori e Operatori per un Parto Alternativo Sicuro), creato nel 1975 da Lee e David Stewart, ha una ben riconosciuta vocazione di promozione del parto domiciliare, sebbene non venga dichiaratamente specificato. Allo stesso modo, la American Foundation for Maternal and Child Health (Fondazione Americana per la Salute Materno-Infantile) e la sua fondatrice Doris Haire hanno acquisito la fama di ponte che crea e rafforza i legami fra gruppi e persone che perseguono gli stessi scopi in diverse parti del mondo. Doris Haire potrebbe essere presentata come il Roland Chevriot della nascita naturale.


Certi gruppi americani hanno una specificità che non si può esprimere che in termini di filosofia. È il caso ad esempio di Birthworks, movimento creato da Cathy Daub, che incarna la filosofia dello sviluppo dell’autostima materna, della fiducia e della confidenza nella propria abilità di partorire, attraverso una attività di educazione, introspezione e comportamenti consapevoli. Tralascio intenzionalmente di menzionare quei gruppi che promuovono specifici “metodi di parto”. La parola “metodo” è incompatibile con il concetto di parto “naturale” e ogni “metodo” può venir facilmente integrato nel parto industrializzato.


Il movimento per una nascita naturale comprende anche dei gruppi dal ruolo così specifico da renderne problematica l’inclusione in questa lista, come ad esempio il gruppo australiano ACE, Associates in Childbirth Education, creato da Andrea Robertson, che ha acquisito una reputazione unica nell’organizzazione di laboratori, seminari e conferenze rivolti agli operatori sanitari. So per esperienza che, attraverso una serie di giornatestudio nelle principali città australiane organizzate all’ACE, è possibile arrivare a quasi mille ostetriche… un numero impressionante se si tiene conto dell’esiguità della popolazione australiana. L’AIMS, Association for Improvement of Maternity Service (Associazione per il Miglioramento dei Servizi alla Maternità) e la sua fondatrice Beverley Lawrence Beech, nel Regno Unito, riveste un ruolo particolare nella ricerca e nella divulgazione dei risultati degli studi scientifici che rimettono in causa le basi del parto industrializzato.

Il movimento per il parto naturale rimarrebbe sterile senza l’attività di gruppi la cui missione è quella della riscoperta dell’autentica ostetricia. Il ritorno della figura dell’ostetrica è il prerequisito fondamentale perché possa iniziare l’era del parto post-industriale. Ecco perché dobbiamo considerare di fondamentale importanza gruppi come Il Marsupio in Italia2, che ha creato una scuola di ostetricia alternativa, o Spiritual Midwifery in Russia, o l’Association of radical midwives nel Regno Unito e Midwifery Today negli Stati Uniti. Midwifery Today e il gruppo che ruota attorno a Jan Tritten hanno acquisito un’esperienza unica nell’organizzazione di conferenze internazionali in Paesi diversi fra loro come Stati Uniti, Giamaica, Giappone, Regno Unito, Francia, Cina… Il tema principale di tutte le conferenze è sempre la riscoperta dell’ostetricia autentica. All’occasione, in questi incontri, diventa possibile oltrepassare il piano individuale e sollevare questioni in termini di civilizzazione. Per comprensibili ragioni, questo non è invece il caso dei molti gruppi che partecipano al movimento per la nascita naturale. Numerosi gruppi tendono a promuovere determinate scelte e a difendere i diritti delle donne incinte. Quando una donna si trova in stato interessante, tende a pensare come prima cosa alla sua gravidanza e al suo bambino. Per quanto riguarda gli editori di riviste e libri, essi mirano a raggiungere il mercato in costante rinnovamento delle donne in attesa.

Questa difficoltà nell’ampliare il tema della nascita potrebbe ritardare l’avvento di una nuova consapevolezza. Posso spiegare meglio tale difficoltà facendo riferimento alla mia esperienza personale. È molto più facile pubblicare un libro se nel titolo è presente la parola “nascita”. È difficile introdurre il tema della nascita in modo indiretto. Tuttavia, fra i miei libri considero di particolare importanza Genese de L’homme écologique, Primal Health e The Scientification of Love (“Genesi dell’uomo ecologico”, “Salute Primale” e “La Scientificazione dell’Amore”). Uno degli aneddoti più significativi riguarda Genese de L’homme écologique, un libro pubblicato nel 1979 che parla dello sviluppo del rispetto per la Madre Terra. Fino all’ultimo, l’editore cercò di convincermi ad inserire nel titolo la parola “nascita” senza riuscirci, almeno per l’edizione francese. Tuttavia, quando il libro fu pubblicato in altre lingue, la parola “nascita” apparve misteriosamente nel titolo: ecco che in tedesco Genese de L’homme écologique divenne Die Geburt des Menschen (La nascita degli uomini). Ho anche notato che quando vengo presentato ad un gruppo di persone (ad esempio durante le conferenze) di solito ci si dimentica dei miei libri in cui la parola “nascita” non compare nel titolo.


Nonostante le difficoltà specifiche di certi aspetti dell’industrializzazione è stato possibile, fino alla fine del ventesimo secolo, studiare parallelamente la storia del parto e quella dell’agricoltura. I punti in comune fra questi due aspetti delle attività umane erano più evidenti rispetto alle differenze. Non è più così all’alba del nuovo millennio. La differenza principale è che una serie di disastri ha indotto una presa di coscienza nel campo dell’agricoltura. La storia della nascita non ha ancora raggiunto la stessa fase. Qual è la catastrofe che stiamo aspettando?

L'Agricoltore e il Ginecologo
L'Agricoltore e il Ginecologo
Michel Odent
L’industrializzazione della nascita.Uno scambio di idee che analizza le molteplici similitudini fra l’industrializzazione dell’agricoltura e quella del parto. Sembra il titolo di una favola moderna: durante uno scambio di idee, l’agricoltore e il ginecologo comprendono fino a che punto entrambi abbiano manipolato le leggi della natura e analizzano le impressionanti similitudini fra l’industrializzazione dell’agricoltura e quella del parto, ambedue sviluppatesi nel corso del ventesimo secolo.L’Agricoltore e il Ginecologo di Michel Odent è una pietra miliare sull’industrializzazione della nascita. Conosci l’autore Michel Odent, medico ostetrico celeberrimo, noto soprattutto per aver introdotto il parto in acqua e le sale parto simili a un ambiente domestico, ha al suo attivo una cinquantina di studi scientifici e oltre dieci libri pubblicati  e tradotti in più di venti lingue. Da molti anni gestisce a Londra il Primal Health Centre, studiando gli aspetti relativi alla salute del bambino dalla gestazione al primo anno di vita.Di recente ha creato un nuovo sito internet - www.wombecology.com - dedicato all’ecologia della vita intrauterina.