CAPITOLO IV

Il gioco sviluppa competenze

Giocando si impara

Abbiamo visto che la scrittura e il suo apprendimento necessitano di specifiche competenze e abilità che vengono acquisite dal bambino non solo tramite attività educative mirate, ma anche attraverso il gioco.


Che il gioco insegni al bambino a stare al mondo lo può dire qualunque educatore, psicologo, neurologo, psicomotricista. A chiunque non sia del mestiere può però sfuggire quanto il gioco sia fondamentale per lo sviluppo di abilità che vanno al di là dell’atto ludico e ricreativo, e che sono invece necessarie non solo in ambito scolastico ma in qualunque attività o aspetto della vita. Il gioco sviluppa abilità motorie e cognitive, ma anche psicofisiche, come la fiducia in se stessi, la perseveranza, la gestione delle emozioni e le capacità relazionali. Nell’ambito della scrittura, come già visto, ci sono abilità specifiche da sviluppare: ricordo la coordinazione motoria, la coordinazione oculo-manuale, l’organizzazione spaziale, la conoscenza dello schema corporeo, la manualità fine, il ritmo, il respiro, l’attenzione. I genitori in questo campo potranno svolgere un ruolo fondamentale, ad esempio giocando con i figli e proponendo attività educative e divertenti, stando loro vicino nei loro progressi, stimolandoli con giochi formativi. Penso che queste attività potranno essere più efficaci e svolte dai genitori con più diletto e consapevolezza se ne conoscono le finalità, i risvolti educativi e i benefìci, anche se sono giochi che di solito si fanno per divertimento e non se ne sospettano i risvolti didattici.


Vorrei dunque suggerirne qualcuno sottolineandone i risvolti istruttivi, formativi e pedagogici. Alcuni sono molto semplici ma davvero efficaci. Molti giochi tradizionali ma assai validi sono stati dimenticati, o quantomeno sono meno praticati di un tempo, con la conseguenza che attività alla portata di tutti e altamente educative sono finite col sembrare inutili, antiquate o superate. Invito quindi genitori ed educatori a rivalutarli e a comprendere quanto siano fruttuosi, nella speranza che siano in tal modo più propensi ad accantonare i giochi elettronici e a giocare di più a palla.

Raccontare favole

Fate un regalo bellissimo ai vostri bambini, che siate genitori, zii, nonni, educatori o insegnanti: raccontate favole, favole, favole e ancora favole.


Raccontare favole ai bambini offre loro numerosi vantaggi. Il primo, molto importante, avrebbe bisogno di un trattato a parte; brevemente possiamo definirlo un obiettivo psicoemotivo fondamentale. La favola, con i suoi personaggi e intrecci universali, simbolici, dal forte impatto emotivo, dà la possibilità al bambino di entrare in contatto con sentimenti umani profondi e ancestrali, e a volte difficili da comprendere e da gestire, come l’angoscia, la paura, la gelosia. Questi sentimenti forti e complessi, che il bambino in qualche modo esperisce, vengono mediati e filtrati attraverso il racconto e le vicissitudini di personaggi lontani, per mezzo della voce, della presenza, della pacatezza di un adulto di cui si ha fiducia e che può spiegare, chiarire e parafrasare situazioni e sentimenti coinvolgenti. Le situazioni e i sentimenti che il bambino ritrova nelle favole in forme parossistiche e grottesche (le sorellastre cattive, il grillo parlante, il lupo) sono quelle con cui viene, in qualche misura, a contatto nella sua vita, in famiglia o con i compagni e con cui, attraverso le favole, si può misurare; può così, in un certo modo, elaborarle.


Storie senza tempo come Pinocchio, Il brutto anatroccolo, Hänsel e Gretel, sono figure archetipiche che vivono situazioni e sentimenti universali. Entrare in contatto con questo mondo così intenso è un grande aiuto per lo sviluppo psicofisico del giovane, ed è rassicurante per il bambino che le esperienze emotive sempre così forti e a volte disturbanti che rivive attraverso le favole siano mediate, contenute e filtrate da un adulto di riferimento, attraverso delle narrazioni.


Sia essa Cappuccetto rosso, Cenerentola o Barbablù, la fiaba popolare, anche se anacronistica, trasmette messaggi sempre attuali e conserva un significato profondo per conscio, subconscio e inconscio. Si adegua perfettamente alla mentalità infantile, al suo tumultuoso contenuto di aspirazioni, angosce, frustrazioni, e parla lo stesso linguaggio non realistico dei bambini. Tratta di problemi umani universali, offrendo esempi di soluzioni alle difficoltà. (…) Le situazioni fiabesche, rispettando la visione magica infantile delle cose, esorcizzano incubi inconsci, placano inquietudini, aiutano a superare insicurezze e crisi esistenziali, insegnano ad accettare le responsabilità e ad affrontare la vita1.

Oltre a questo, i benefici che apporta l’ascolto di favole sono numerosi, per esempio favorisce i processi di logica e di temporalità. La sequenzialità degli eventi favorisce la comprensione dei concetti di temporalità e la concatenazione delle situazioni la deduzione logica. Prima Cappuccetto Rosso va nel bosco, poi incontra il lupo, poi va dalla nonna: temporalità; siccome il lupo prende la strada più corta, e Cappuccetto Rosso quella più lunga, arriva prima alla casa della nonna: logica, e così via. Il concetto di temporalità è utile nei procedimenti di seriazione e, nella scrittura, nella sequenzialità delle lettere e delle parole.


Ascoltare favole allunga i tempi di attenzione ed è quindi un ottimo esercizio per abituare i bambini all’ascolto e alla focalizzazione, a concentrasi sulla voce “abbassando il volume” dell’ambiente intorno.


Conoscere le storie tradizionali più famose permette al bambino di farle rientrare nel proprio bagaglio culturale e di comprendere espressioni colloquiali quali “comportarsi come la volpe con l’uva”, “gridare al lupo”, “risvegliarsi come Biancaneve con il bacio del Principe”, “essere cattivi come le sorellastre di Cenerentola”, “fare il grillo parlante”, ecc. Sono frasi e personaggi che rientrano in conversazioni quotidiane ma anche citati in film, in articoli, libri, interviste, lezioni, seminari e così via. Conoscere le favole tradizionali dà la possibilità al bambino, e poi al ragazzo, di comprendere meglio i contenuti di conversazioni, scritti e messaggi dai vari media, di poter utilizzare espressioni e materiali tratti dalle favole, di padroneggiare meglio un discorso e di analizzare situazioni, avendo una sorta di archivio mentale di personaggi, contesti e circostanze a cui attingere e che sono conosciuti, compresi e condivisi da tutti.


L’ascolto di favole favorisce anche l’arricchimento del linguaggio fin da piccolissimi. Si può iniziare a raccontare favole a un bambino anche molto piccolo, favorendo la “costruzione” della lingua. Leggere o raccontare favole stimola l’uso di lunghi periodi e l’utilizzo di molte parole, alcune desuete o specifiche, che il bambino imparerà a usare nei diversi contesti. Leggere favole abitua il bambino a una costruzione della frase corretta e ricca e all’uso di un linguaggio chiaro e logico, con termini appropriati e verbi esatti.


Mi duole constatare che sempre più spesso alla scuola dell’infanzia si trovano bambini di cinque anni che usano un linguaggio minimo, fatto di sostantivi e pochi verbi, e che faticano a costruire un discorso. Bisogna chiedere al bambino di parlare in modo chiaro ed efficace e non accontentarsi di versi o singole parole. In questo modo gettiamo le basi per un processo di costruzione della lingua che continuerà ad arricchire crescendo. Riuscire a costruire frasi chiare e coerenti o un discorso logico permette al bambino di descrivere la realtà che ha intorno, di coglierla e quindi comprenderla meglio. Parliamo spesso ai bambini, raccontiamo loro storie, oppure la nostra giornata o un episodio della nostra vita, usiamo una vasta gamma di parole e molti dettagli; facciamoci raccontare dal bambino un fatto della sua giornata, oppure descrivere un quadro o una foto, o chiediamogli di raccontarci il film del Re Leone, le opportunità per usare e migliorare il linguaggio sono infinite. Non dimentichiamo che un buon linguaggio sta alla base di qualunque processo di apprendimento e, in buona sostanza, un linguaggio ricco è quello che fa la differenza tra “dammi la mia giacca” e “mi passi la mia giacca per favore? È quella blu, con le tasche coi bottoni, il cappuccio e una scritta gialla dietro”.


Ci sono tanti giochi e attività molto semplici che si possono praticare a casa con materiali di facile reperibilità e che sono assai utili per sviluppare la abilità di base per la scrittura di cui qui ci occupiamo; sono attività tradizionali, rivolte ai bambini in età prescolare e nei primi anni di scuola primaria, che si svolgono comunemente con i bambini, ma forse sarà d’aiuto coglierne i risvolti didattici e formativi.

Manualità fine

Qualunque insegnante di scuola dell’infanzia e primaria potrà confermare che negli ultimi anni si è notato un graduale peggioramento nelle abilità manuali dei bambini. Si vedono sempre più di frequente bambini che non sanno allacciare bottoni, legare le stringhe delle scarpe, usare correttamente le posate e temo che i genitori non si rendano ben conto delle conseguenze di questo sul piano formativo dei loro figli. Un esempio su tutti che riguarda il tema che stiamo trattando: se un bambino non è in grado di svolgere le attività manuali basilari che abbiamo citato, come si può pretendere che possa tenere in mano correttamente una penna ed eseguire dei tracciati complessi? Come possono essere sensibili alla pressione sul foglio, tonificare i muscoli del braccio, seguire con precisione una linea sul foglio, se non sanno usare un paio di forbici o allacciare un bottone?


Citando Maria Montessori “la mano parla al cervello come il cervello parla alla mano”, la manualità fine permette tutta una serie di attività complesse che contribuiscono a sviluppare competenze e ad attivare innumerevoli aree del cervello.


Esorto sempre genitori ed educatori a far eseguire ai bambini attività di manualità fine perché i bambini tendono a utilizzare sempre meno le mani con la conseguente perdita di abilità, autonomia, creatività e potenzialità.


Vorrei far notare che le attività che erano consuete fino a qualche tempo fa stanno diventando estranee ai bambini di oggi, sempre più alle prese con dispositivi tecnologici che non sviluppano alcuna competenza. Aiutare il babbo con il cacciavite, la nonna con il cucito, la mamma a cucinare, sono attività che stanno scomparendo, ma nella loro apparente semplicità erano ottimi esercizi di manualità fine e forse a molti sfugge quanto queste sviluppassero diverse abilità non solo manuali ma anche logiche, di coordinazione, linguistiche. Un esempio banale: una volta il caffè si faceva con la caffettiera. Il bambino, incuriosito dal gesto e imitando l’adulto, imparava a riempirla di acqua, inserire il filtro, riempirlo di polvere di caffè e richiudere. Ora molti bambini non hanno neanche mai visto una caffettiera, sostituita dalla macchina a capsule.


Vediamo come certe piccole incombenze o attività casalinghe siano utili su diversi fronti, allo scopo di far comprendere ai genitori, o chiunque si occupi di un bambino, che possono fare molto per aiutare il fanciullo a sviluppare competenze, semplicemente attraverso mansioni quotidiane e che in apparenza, ma solo in apparenza, non hanno nulla a che vedere con la scuola. Per esempio: facendoci aiutare in piccoli lavoretti con il cacciavite su un mobile o una bicicletta, il piccolo collaboratore o la piccola collaboratrice potrà imparare come si usa un cacciavite (abilità motorie), a cosa serve (competenze culturali), cosa devo assemblare e come (abilità di logica), come si chiamano i pezzi e gli attrezzi utilizzati (competenze linguistiche). Oppure, se ci facciamo aiutare a fare una torta o la pizza, il nostro aiutante potrà imparare come si impasta e quali movimenti devo usare (abilità motorie e di coordinazione), quali ingredienti servono e in quale sequenza aggiungerli (competenze logiche e temporalità), come si chiamano gli ingredienti e gli utensili usati (competenze linguistiche). Se chiediamo al bambino di aiutare la nonna a stendere i panni sarà un ottimo esercizio per sviluppare la manualità, la gestione del materiale, l’abilità di logistica e di disposizione razionale, di logica e rapporto causa-effetto. Ecco quindi come dei lavoretti con mamma e papà diventano un corso di didattica, alla portata di tutti e quotidiano.


Non si pensi che questi lavori siano noiose commissioni inutili a fini didattici: in realtà ai bambini oggi mancano proprio questi tipi di esperienze e saperi. Magari hanno conoscenze enciclopediche sull’Uomo Ragno, ma non sanno distinguere un cacciavite da una pinza o non sanno a cosa serva un mestolo forato.


Temo di dover dire che i giochi al computer, tablet, smartphone a cui i bambini hanno tanto facile accesso, non sviluppano nessuna competenza cognitiva e nessuna abilità manuale. Forse è il caso di rimettere in discussione l’assunto secondo cui i nativi digitali sono facilitati da un uso precoce dei dispositivi tecnologici, perché la realtà dei fatti ci indica tutt’altra cosa, dando testimonianza di bambini impoveriti da un punto di vista linguistico, nozionistico e di motricità.


Dal primo anno fino all’età della scuola secondaria attività manuali di ogni genere sono un ottimo esercizio per sviluppare innumerevoli tipi di competenze.


Dai tre anni in poi, un facile stratagemma per far esercitare i bambini con le mani è quello di utilizzare giacche, maglie e pantaloni con i bottoni, oppure di utilizzare scarpe da ginnastica con le stringhe, e non con il velcro. È vero che con zip e velcro si risparmia tempo, ma si perdono abilità, e se ci sono bambini che a sei o sette anni non sanno fare un nodo (o hanno problemi di grafia) credo che scarpe con velcro e nessun bottone siano parte del problema.


Fare nodi e trecce è un buon modo per imparare a utilizzare le mani, per dissociare le dita e acquisire destrezza. Mostriamo al bambino come si fa un nodo o una treccia e lasciamolo provare, destiamo il suo interesse costruendo tovagliette, acchiappasogni o nidi per uccelli. Per le prime prove con nodi e trecce non utilizziamo fili e cordicelle ma funi o corde, più spesse e quindi più maneggevoli. Un piccolo trucco: utilizzate le cinture degli accappatoi, sono ben gestibili e non scivolano via come le corde lisce.


Per stimolare la manualità aiutiamolo anche a imparare a usare bene le posate. Avrà così l’opportunità di esercitare l’abilità manuale ogni giorno tenendo il cucchiaio nella maniera corretta, usando forchetta e coltello per tagliare e gestire il cibo e curando i movimenti e la coordinazione; inoltre con un uso disinvolto e appropriato delle posate sicuramente crescendo si troverà a suo agio in varie circostanze.


Cominciamo presto la formazione perché a quattro/cinque anni può già raggiungere una buona dimestichezza. Non lasciamolo usare male le posate, o non usarle affatto, perché “è piccolo”: in questo modo non gli facciamo affatto un favore. Il bambino ha bisogno di acquisire quelle competenze, chiediamogli quindi qualche sforzo e dedichiamo un po’ di tempo ad aiutarlo a imparare. Utilizzare bene le posate lo aiuterà ad allacciare i bottoni della giacca, e allacciare i bottoni lo aiuterà a legare le stringhe delle scarpe, ogni attività di manualità fine svilupperà abilità per altre attività.


Un buon uso delle mani in attività di precisione richiede l’utilizzo coordinato e tonico di mani e dita. Già dai primi anni di età qualunque attività manipolativa va bene: dal gioco con la sabbia, i sassi, i legnetti, alla pasta di sale, alle costruzioni. Lasciamolo esplorare ogni elemento e ogni possibilità, il gioco non deve avere necessariamente uno scopo, non dobbiamo per forza costruire un castello o un pupazzo. In questa fase ogni tentativo e ogni esperienza, anche solo per il gusto di provare e sperimentare, non fanno che ampliare il bagaglio di conoscenze del bambino e anche solo manipolare diversi materiali, saggiandone le caratteristiche e le possibilità, permettono al fanciullo di conoscere il mondo, mettersi alla prova e immagazzinare informazioni. Un esercizio molto utile e divertente che si può fare a casa è far giocare i bimbi, dai tre ai sei anni, con la farina gialla; le attività che si possono fare sono tantissime. Toccare e manipolare la farina, duttile e morbida, permette innumerevoli movimenti manuali che oltretutto risultano molto piacevoli; i bambini possono passare molto tempo semplicemente sfiorando, afferrando o affondando le mani nella farina valutandone il colore, l’odore, il peso, la fluidità. Possiamo offrire loro contenitori di diversa grandezza che potranno utilizzare per fare travasi (attività utile per sviluppare manualità fine, controllo del gesto, deduzione logica, concetti di quantità e grandezza).


Oppure, e questo lo consiglio caldamente, possono raccogliere la farina gialla con un cucchiaio e versarla in un bicchiere. Questo esercizio permette la dissociazione delle dita e lo sviluppo della presa a tre dita; quindi il cucchiaio deve essere afferrato nel modo giusto, non a pugno ma con pollice indice e medio, praticamente la stessa presa dello strumento grafico. Questo semplice esercizio permette altresì di sviluppare il controllo del gesto, la coordinazione e l’attenzione, sicché i bambini saranno invitati a prestare cura ai movimenti e a eseguirli lentamente senza versare la farina sul tavolo.


I bambini di oggi raramente hanno la possibilità di effettuare gesti così precisi e tendono ad essere frettolosi e grossolani, ragion per cui questo compito può essere molto utile per migliorare il controllo dei gesti. Possiamo infine distendere la farina gialla su un piano e far eseguire al bambino dei tracciati con le dita: forme, linee, lettere o piste per le biglie (favorendo dissociazione delle dita, tonificazione della mano, coordinazione oculo-manuale, distensione muscolare, abilità visuo-spaziali, gestione dello spazio, esecuzione di tracciati, interiorizzazione di forme).


Verso i quattro/cinque anni, possiamo pensare ad attività complesse e strutturate. Per esempio possiamo costruire collane o bracciali con perline o con la pasta. Esistono perline di diverse misure e di diversi materiali, legno, plastica, vetro, oppure possiamo trovare nella dispensa della pasta come maccheroncini o penne. Anche in questo caso un semplice esercizio con materiali comunemente presenti in casa ha tanti aspetti interessanti: il bambino deve afferrare con le dita perle e spago, affinando così la presa a pinza, coordinare i movimenti, utilizzare la coordinazione oculo-manuale per inserire lo spago nella perlina, controllare i gesti, sviluppare attenzione, seguire una sequenza di colori o forme e deve inoltre ingegnarsi per trovare il modo di gestire con le mani un oggetto sfuggente e poco maneggevole, potenziando acume e destrezza. Sembra un esercizio banale, ma quale gioco elettronico ha le stesse potenzialità formative e istruttive?

Un piccolo gioco che si può fare in momenti di attesa è far roteare una matita tra le dita, fingendo di essere un giocoliere o una majorette; questi movimenti permettono la dissociazione delle dita, le slegano, permettendo loro di muoversi agilmente. Come ho già detto, i bambini hanno spesso poche occasioni di eseguire lavoretti di precisione e abilità digitali, quindi è bene farli cimentare con esercizi un po’ più complessi del consueto. Per farlo non bisogna inventarsi espedienti complicati. Per esempio se si è all’aria aperta e la stagione lo consente, anche intrecciare ghirlande di fiori è un ottimo esercizio di manualità fine, esteticamente bello e stimolante.


Allo scopo di sviluppare la presa a pinza, tanto importante per l’impugnatura dello strumento grafico, ai bambini di tre, quattro, cinque anni, consiglio di giocare ad afferrare piccoli oggetti, come sassolini, perline, palline, lenticchie, usando il pollice e l’indice della mano che preferisce e inserirli in una bottiglietta con il tappo a vite, che dovranno svitare e riavvitare. In questo modo si affina la sensibilità per il movimento della presa a pinza rendendolo più familiare e consueto; è un esercizio utile anche per sviluppare la lateralità, perché permette al bambino, e al genitore, di comprendere meglio quale mano usa per compiere azioni di precisione.


Per lo stesso fine si possono anche raccoglie chicchi di riso con una pinzetta – può andare bene anche quella per le sopracciglia – tenendola tra pollice e indice. Il genitore potrà così invitare il bambino, quando disegna a casa, a impugnare i pastelli con le dita che usa per tenere la pinzetta, e avrà quindi un termine di paragone per suggerire l’impugnatura: “tieni la matita con le dita che usi per la pinzetta”.

Un esercizio eccellente per la manualità fine che consiglio caldamente è l’uso delle forbici, il ritaglio. Anche in questo caso sono tanti i bambini alla scuola dell’infanzia che quasi non conoscono l’uso delle forbici; pare che a casa non venga proposto, forse la presunta pericolosità scoraggia i genitori, o forse quello che scoraggia è che richiede un minimo di esercizio, di impostazione, di attenzione e la presenza di un adulto. Il bambino però ha il diritto di fare esperienza con il ritaglio e invito a proporlo quanto più possibile, sempre con la dovuta sorveglianza. In un primo momento faremo prendere confidenza con lo strumento e con i movimenti necessari all’utilizzo, poi potremo far ritagliare figure e seguire un tracciato o delle linee. Il bambino in questa attività deve coordinare diversi movimenti: l’apertura/chiusura delle dita, la progressione in avanti del braccio, la rotazione del polso per le curve del tracciato, deve poi coordinare mano e occhi per seguire un tracciato con la forbice. È quindi un esercizio complesso e altamente istruttivo. Il taglio con le forbici inoltre tonifica i muscoli del braccio e della mano, sviluppa attenzione, ritmo, respiro (i movimenti devono essere cadenzati e costanti) e una corretta postura (perché il corpo deve stare in una posizione ottimale e controllata). Una sola attività e innumerevoli benefici. Senza contare che i lavoretti che si possono fare con carta, forbici, colori e colla sono pressoché infiniti e stimolano creatività e ingegno. Da non sottovalutare anche l’aspetto gratificante di queste attività, cioè la soddisfazione del bambino che si scopre abile e capace e che può creare in autonomia. Si sentirà spronato a sempre nuove sperimentazioni, che significano anche nuove competenze.


Un’attività quella del ritaglio che può partire dai tre/quattro anni, usando forbici adatte, e che va benissimo anche in età scolare.


Attenzione: le dita inserite negli anelli della forbice sono il pollice nella parte superiore e il medio in quella inferiore. L’indice si appoggia sotto la forbice e aiuta a dirigere le punte e mantenere salda la forbice; spesso invece vediamo bambini che usano le forbici con pollice e indice, ma con questa modalità la direzione è imprecisa e il gesto grossolano, e le forbici finiscono col muoversi a destra e sinistra.

Conoscenza del corpo e coordinazione motoria

Ricordiamo quanto una buona coordinazione motoria generale e una buona conoscenza del proprio corpo e delle sue capacità siano importanti per l’apprendimento della scrittura.


Il disegno dello schema corporeo è il test base grazie al quale possiamo comprendere a che punto si trovi il bambino nel suo sviluppo della coscienza di sé. Se in un primo momento, intorno ai tre anni, la rappresentazione del proprio corpo sarà costituito dallo schema “uomo girino”, cioè una testa con due braccia e due gambe, via via che il bambino cresce e fa esperienze, scoprirà e rappresenterà nel disegno il collo, le mani, i piedi, il busto ecc. Questo avviene perché attraverso il gioco e le attività motorie, comincia a conoscere, riconoscere e avere percezione delle varie parti del corpo. Dai tre anni in poi aiutiamolo a indicare ogni parte del corpo e a dargli un nome, mentre si veste o cantando canzoncine. Non solo gambe e braccia, ma anche polso, caviglia, ginocchio, gomito, dita, nuca (ricordate la famosa canzoncina? “Se sei felice e tu lo sai tocca il mento, l’anca, il pollice”). Possiamo farlo anche davanti allo specchio oppure attaccando del nastro adesivo di carta sulle parti nominate; mettiamone un pezzo colorato di rosso sul nostro polso, uno colorato di blu sul nostro ginocchio, uno colorato di verde sulla fronte ecc., poi facciamo posizionare al bambino sul suo corpo, sulla parte corrispondente, i pezzi di carta adesiva colorati che gli mettiamo a disposizione. Questo gli permetterà di realizzare come lui stesso è fatto, la complessità del corpo e delle articolazioni e le loro funzioni. Nominare le parti del corpo lo aiuterà anche a sviluppare un linguaggio specifico e arricchire il vocabolario. Queste attività lo renderanno più competente e consapevole della propria persona.


Un interessante esercizio, dai quattro anni, che sviluppa un’analoga consapevolezza è quello di far sdraiare il bambino per terra, su un tappeto o una coperta, e far assumere agli arti una certa posizione, per esempio collocandogli con delicatezza un braccio allungato sopra la testa, l’altro appoggiato sull’addome, una gamba piegata e una allungata. Lo si invita quindi a percepire la posizione per qualche momento, poi la si scioglie e dopo qualche secondo si chiede al bambino di ritornare nella posizione in cui l’avevamo posto. Per eseguire questo esercizio il bambino dovrà porre attenzione alla sua figura e ai suoi arti, percepirne la posizione e la loro dislocazione nello spazio, ricordare e ripetere, sviluppando quindi doti di ascolto, attenzione, memoria e percezione di sé e del proprio corpo.


Possiamo anche giocare a chiedergli velocemente di mettere, per esempio, una mano su un fianco, una sulla testa e alzare un piede, oppure una mano sulla nuca, una sulla caviglia e divaricare le gambe, un esercizio che permette di sviluppare attenzione, consapevolezza di sé, coordinazione motoria, vocabolario, equilibrio e che di solito è anche molto divertente.


Per favorire la conoscenza del proprio corpo, tonificare i muscoli e migliorare la coordinazione motoria, assolutamente da privilegiare il gioco fisico come correre, saltare, arrampicarsi, nuotare, andare in bicicletta.


Avere percezione del proprio corpo serve anche a sviluppare le coordinate spaziali: alto, basso, destra, sinistra. Noi usiamo la nostra persona come punto di riferimento per orientarci nello spazio. Per comprendere i concetti di coordinate spaziali a un bambino di tre, quattro anni, si può chiedere di stare sopra o sotto una sedia, salire e scendere da una scala, stare davanti o dietro a un compagno, dentro o fuori dalla casetta, acquisendo in questo modo i toponimi e i riferimenti nello spazio attraverso l’uso del proprio corpo. Non dimentichiamo di nominare sempre i riferimenti topologici, dentro, fuori, sopra, sotto, mentre il bambino gioca. Dopo averlo sperimentato su se stesso, fate posizionare un pupazzo, sopra il tavolo, sotto il tavolo, in parte al tavolo, in modo che riesca a proiettare le coordinate spaziali su di un oggetto, passando da sé all’altro.


Le attività a corpo libero aiutano a migliorare progressivamente la coordinazione motoria. Osserviamo da vicino un semplice esercizio che ogni bambino può fare: giocare con la palla. Lanciare la palla a un compagno e afferrarla sviluppa la coordinazione motoria e quella oculo-manuale, ma non solo: lanciando una palla il bambino deve lanciare in una precisa direzione, verso un bersaglio o un punto preciso, deve quindi individuare con lo sguardo il punto di arrivo, valutare la distanza, dirigere la palla, stabilire quanta energia usare in base alla distanza, al peso della palla e alla velocità che vuole imporgli, deve predire e imprimere la traiettoria alla palla. È molto probabile che il primo tentativo sia un fallimento, dovrà quindi ricalcolare tutte le variabili con le nuove informazioni che ha dedotto dal fallimento. Se ha lanciato troppo in basso o ha lanciato con troppa forza e la palla è sfuggita, al prossimo lancio dovrà rifare i calcoli e correggere il tiro. Se la palla la riceve deve seguirla con lo sguardo, valutarne la velocità e la traiettoria, spostarsi nella giusta posizione e avere una presa efficace. Ecco che un “semplice” gioco con la palla porta il bambino a fare una serie di valutazioni di ordine cognitivo, di rapporto causa-effetto, di controllo muscolare, di coordinazione oculo-manuale, di logica.


Sfido qualunque gioco elettronico a fare altrettanto. Tutto questo il bambino lo fa giocando e divertendosi. Gratifichiamo e incoraggiamo la perseveranza e lo sforzo, anche questo si impara. I giochi con la palla sono innumerevoli e, come abbiamo visto, non sono solo dei passatempi; se li guardiamo da vicino possiamo scoprire che permettono l’acquisizione di molte abilità e competenze. Non sottovalutiamo quindi questo gioco antichissimo, economico e dai numerosi benefici formativi; questo è quello che intendo quando dico che il gioco sviluppa competenze (mentre i tablet proprio no).


Se lanciare una palla verso un bersaglio è un buon esercizio per sviluppare coordinazione oculo-manuale per i più piccoli, altri esercizi che posso suggerire sono: il croquet, cioè far rotolare una piccola palla attraverso delle porte colpendola con una mazza, ma anche lanciare una pallina da tennis in un cerchio ritagliato nel cartone, in due modi, lanciandola in aria e facendola rotolare per terra; si può inoltre far seguire il raggio di luce di una torcia sul muro con il dito o seguire con il dito una linea disegnata su una lavagna o uno spago incollato a un cartoncino, stimolando quindi anche sensazioni tattili. Si può incollare uno spago a un cartoncino con forme di quadrato, triangolo e cerchio e farlo ripassare con le dita, in modo che il piccolo possa avere un’esperienza digitale unita al movimento che lo aiuti a interiorizzare la forma e l’esecuzione del tracciato.


I giochi di equilibrio vanno benissimo per stimolare l’attenzione, il controllo, la coordinazione motoria e la consapevolezza di sé: camminare lungo una linea, saltare su una sola gamba, camminare con una pallina sul palmo della mano tesa, sono esercizi che sviluppano autocontrollo, equilibrio, padronanza del corpo e dei gesti perché insegnano a percepire la posizione del corpo e controllare i movimenti, mettendo in atto tutta una serie di valutazioni e autocorrezioni immediate della postura.


Ovviamente gli esercizi saranno adeguati all’età e allo sviluppo psicomotorio del bambino.


Andiamo a recuperare anche il classico gioco della Campana (o della Settimana): disegniamo il riquadro con un gesso sull’asfalto, oppure con lo scotch di carta sul pavimento. È un esercizio che stimola l’equilibrio, il controllo del corpo, la coordinazione motoria e oculo-manuale, le abilità visuo-spaziali, la sequenzialità, l’attenzione. Il gioco della Campana è molto antico, pare che fosse in uso già ai tempi degli antichi Romani con il nome di “Claudus”, cioè zoppo. È verosimile che abbia dei significati astrologici o arcani ed è giocato in tutto il mondo.


Abbiamo visto come possiamo andare a stimolare e sviluppare le abilità di base, di motricità fine e coordinazione per i bambini più piccoli; andiamo ora a esaminare qualche esercizio che possiamo fare con i nostri bambini più grandi per preparare il gesto grafico alla scrittura.

La pressione del gesto

La pressione esercitata dalla penna sul foglio è un aspetto da curare nella scrittura. Per preparare i bambini a esercitare la giusta pressione in età prescolare consiglio sempre, nelle attività di disegno a casa e a scuola, di far sperimentare diversi tipi di strumenti grafici: matite, pastelli a cera, pennarelli, gessetti. In questo modo il bambino può fare diverse esperienze tattili e motorie, ad esempio può percepire la differenza tra la scioltezza e la velocità di un tracciato a pennarello e la pastosità e l’attrito di un tracciato con il pastello a cera. Usando diversi strumenti anche la pressione esercitata sarà differente: un pennarello lascia un segno evidente con una pressione minima, il pastello a cera necessita di un notevole peso della mano, così il bambino potrà sperimentare diverse pressioni. In questi approcci con strumenti grafici dissimili tra loro anche la presa sarà diversa, dando la possibilità alla mano di sperimentare nuovi assetti e migliorare la motilità.


A proposito di pressione e controllo esorto a un uso molto ridotto dei pennarelli in bambini in età prescolare, ma anche oltre. I bambini amano molto i pennarelli perché hanno colori vivaci e brillanti e non richiedono sforzo nel tratto, praticamente basta appoggiare la punta per lasciare una traccia. I pennarelli però hanno un tratto scivoloso che rende molto difficile il controllo del gesto che risulta spesso impulsivo; al contrario, la matita colorata offre un certo attrito che impedisce al tratto di sfuggire ed è più facilmente governabile. Il controllo del gesto e della mano è fondamentale per la scrittura e preferire le matite ai pennarelli può essere un ottimo esercizio per imparare a dominare il tratto. Inoltre la coloritura all’interno di figure con le matite colorate, invece che coi pennarelli, include uno sforzo che tonifica e prepara la muscolatura di mano e braccio alla scrittura; la matita poi in questo caso permette di rimanere all’interno del bordo della figura con più facilità del pennarello, che scivola via.


Sempre per sviluppare una buona sensibilità alla pressione, e per contrastarne l’eccessiva in età scolare, si possono eseguire dei disegni con gli acquerelli. Per realizzare disegni o tracciati con i pennelli e gli acquerelli la mano e il braccio devono rimanere molto leggeri in modo da appoggiare solo la punta del pennello; se la pressione è forte infatti il pennello si schiaccia e il tracciato risulta scomposto e pasticciato. Assicuriamoci dunque che il bambino utilizzi il pennello in maniera corretta, appoggiando delicatamente la punta sul foglio e afferrandolo con la giusta presa a tre dita. Non sarà un’operazione facile per bambini di quattro/cinque/sei anni, che tenderanno a premere il pennello sul foglio, ma si può ben comprendere quanto questa operazione sia efficace per percepire la pesantezza del braccio e della mano sulla superficie. È un esercizio questo che consiglio anche per bambini di scuola primaria e secondaria per affinare la sensibilità alla pressione del braccio.


Si possono far eseguire tracciati o disegni, a seconda dell’estro del momento, l’importante è tenere a bada la pressione sul foglio appoggiando solo la punta del pennello.

Ritmo

Abbiamo visto che il senso del ritmo e la respirazione sono fondamentali per la scrittura. Vediamo qualche esercizio che possiamo fare giocando con i nostri piccoli, che può aiutare lo sviluppo del senso del ritmo. Primo esercizio base: discriminare velocità e lentezza. A tale scopo, per i bambini dai tre ai sei anni, un utile esercizio è quello di camminare entro uno spazio velocemente e poi lentamente, alternando la velocità di andatura. Si cammina entro uno spazio lentamente e a un dato segnale, un fischio o un battito di mani, si cambia velocità. Allo stesso scopo si può passare una palla tra compagni, in cerchio, lentamente e poi velocemente, cambiando repentinamente il ritmo a comando (è un gioco che diverte molto i bambini). Cambiare repentinamente il ritmo (tra veloce e lento) necessita di un riassetto rapido delle modalità di ritmo e la differenza viene percepita subito. Con questi esercizi il bambino ha la possibilità di sperimentare direttamente la differenza tra le due velocità, quindi non solo a parole ma attraverso il proprio corpo. Non si può chiedere a un bambino di camminare, o scrivere o fare qualsiasi cosa lentamente se non ha fatto esperienza e percepito quale sia la differenza tra lento e veloce, e questo si raggiunge attraverso un’attività che gli permetta di riconoscerlo direttamente sulla sua persona.


Esercizi di ritmo si possono eseguire con le mani o con delle percussioni. Posso far ripetere al bambino una sequenza ritmica proposta, anche complessa (un-due—un-due-tre, un-due—un-due-tre. Oppure un-due—un-due—uno, un-due—un-due—uno), in modo che l’orecchio si abitui a una scansione coerente, ripetuta e omogenea. In un secondo momento proveremo a fargli mantenere un ritmo costante e prolungato nel tempo, sempre con le mani o con un tamburo, questo è molto utile per sensibilizzare a una scansione prolungata e ad accrescere i tempi di attenzione.


Sempre per sviluppare il senso del ritmo si può lanciare la palla contro il muro e riprenderla, contando e mantenendo un ritmo cadenzato e costante o, in caso, chiedendo di seguire il battito di un tamburo o quello delle mani.


Un esercizio divertente da fare in gruppo è quello di camminare contando tre passi e poi facendo un salto o battendo le mani: un-due-tre-salto, un-due-tre-salto.


La sensibilità per il ritmo è utile nella scrittura per avere una cadenza e una velocità costante ma è anche utile per imparare la sillabazione nella letto-scrittura (per esempio pa-pe-ra, ta-vo-lo).


Anche le canzoncine per bambini e le filastrocche sono molto utili per sviluppare il senso del ritmo, ancora meglio se accompagnate da gesti.

Respiro

Allo scopo di stimolare la percezione e la padronanza del respiro, per bambini di cinque e sei anni, all’ultimo anno di scuola dell’infanzia o nella preparazione alla scrittura del primo anno di scuola primaria, consiglio un esercizio molto utile: consiste nel far eseguire al bambino dei movimenti molto lentamente accompagnandoli con il respiro, per esempio, alzare le braccia lentamente inspirando col naso e abbassare le braccia lentamente espirando con la bocca. Oppure, con la mano aperta appoggiata sul tavolo, alzo la mano fin sopra la testa lentamente e inspirando, poi la riabbasso lentamente espirando. Il movimento deve essere lento e andare all’unisono con il respiro, non deve essere affrettato. Se il bambino fatica a trovare una velocità lenta facciamogli seguire il nostro gesto, la nostra mano che si alza lentamente. Questo esercizio è molto efficace perché permette al bambino di connettersi col suo respiro, di prenderne coscienza e allo stesso tempo prendere consapevolezza di cosa sia un movimento lento e controllato, quale sensazione si prova, quale la tensione della muscolatura, quale deve essere l’andatura, che tipo di attenzione devo applicare.


Per un respiro consapevole e controllato si può soffiare su una foglia o una piuma tenuta in mano vicino alla bocca, espirando lentamente, così lentamente da non far muovere la piuma.


Il controllo del respiro permette un migliore controllo del gesto, e in generale del corpo, quindi far svolgere questi esercizi ai bambini prima o contemporaneamente all’apprendimento della scrittura può essere assai utile, ma può essere assai efficace anche in caso di un gesto grafico poco controllato o di un respiro poco fluido e con apnee quando la scrittura è già stata appresa.


Questi esercizi permettono di effettuare espirazioni profonde e prolungate utili anche per calmare uno stato d’animo inquieto o per placare un’indole esuberante nel momento in cui ci si accinge a scrivere, e sono quindi consigliati in particolar modo a bambini molto vivaci o con problemi di iperattività. Esercizi di respiro lungo e prolungato, inoltre, aiutano a conoscere e percepire quella sensazione di continuità e fluidità che è caratteristica della scrittura corsiva, e che serve per dipanare e stendere il filo del tracciato sul foglio.

Tensione nel braccio

Per preparare a un gesto grafico disteso e non faticoso sono molto utili gli esercizi di rilassamento. Braccio e mano devono essere abili e tonici ma occorre anche mantenere una certa rilassatezza mentre si scrive. Gli esercizi di rilassamento muscolare sono efficaci sia per bambini in età prescolare per prepararli alla scrittura, sia in fase di apprendimento per imparare le corrette modalità di esecuzione, sia in caso di riscontro di una scrittura tesa in bambini, ragazzi e adulti.


Prima di focalizzarsi sulla tensione del braccio scrivente si possono eseguire degli esercizi di rilassamento generale del corpo, sia per bambini in età prescolare che per i ragazzi, soprattutto se si nota una certa iperattività o tensione generale. Il soggetto deve innanzitutto imparare a conoscere la sensazione di distensione muscolare e abbandono, deve sperimentarla sul suo proprio corpo, perché se la conosce potrà poi andarla a ricercare nel braccio, durante la scrittura, quando gli verrà chiesto.


Vanno bene semplici esercizi di rilassamento da sdraiati o seduti, in un ambiente quieto, a occhi chiusi o semiaperti. In questi momenti si invita il ragazzo a soffermarsi e “sentire” la tensione di fondo dei muscoli nelle varie parti della persona e poi a rilasciare le varie sezioni del corpo, una dopo l’altra, partendo dalla testa e dal viso, poi le spalle, le braccia, le mani, la schiena, l’addome, le gambe e così via, nominandole lentamente, Dopo aver nominato e portato l’attenzione su una parte del corpo, lasciamo qualche secondo per focalizzarsi sulla parte, avvertire le tensioni e distenderle. In questo modo il soggetto impara a individuare le eventuali contrazioni, che normalmente non avverte, e a rilassarle. Con questo semplice esercizio di rilassamento il bambino sperimenta quindi direttamente la sensazione di rilascio muscolare, di arti in quiete, di mancanza di tensione, una cosa che sarebbe altrimenti difficile spiegare a parole.


Per i bambini più piccoli si può far eseguire il gioco della “bambola di pezza”: in piedi, si allungano le braccia verso l’alto tirando tutta la schiena, come a voler “acchiappare la luna”, e poi repentinamente si rilasciano schiena e braccia chinandosi in avanti, cercando di toccare il pavimento con le dita e lasciando poi le braccia a penzoloni, come fossimo appunto una bambola di pezza; in questo modo i bambini possono percepire la differenza tra tensione e rilascio.


Se notiamo – nei primi pregrafismi, o quando il bambino sta imparando a scrivere oppure ha già imparato – una eccessiva tensione del braccio scrivente, cosa abbastanza comune, può aiutare a risolvere il problema far stringere una pallina di gomma o da tennis con la mano, come “se si spremesse un limone” per intenderci, e poi rilasciarla, prima con una mano e poi l’altra, e facendo notare le sensazioni che si provano in entrambi i casi (“senti com’è duro il braccio? Senti ora com’è molle?”). Attraverso questa esperienza si aiuta il soggetto a percepire e discriminare le sensazioni di rigidità e rilassamento, e questo lo aiuterà ad essere consapevole della tensione muscolare del suo braccio e a rilasciarlo in caso di tensione. Anche questo processo necessita di capacità di attenzione e riflessione, e non va effettuato in modo frettoloso e distratto.

Controllo del gesto

Il controllo del gesto è necessario per la scrittura ma anche per il disegno e qualunque attività manuale.


Un esercizio mirato per lo sviluppo del controllo del gesto nella scrittura, e indicato per i bambini più piccoli, può essere il gioco con il contagocce. Possiamo fargli travasare del liquido da un contenitore all’altro con il contagocce. Questo serve per migliorare l’uso delle dita, sensibilizzare le dita alla presa a pinza e sviluppare il controllo della forza nella mano.


Uno degli esercizi migliori per sviluppare controllo e mano ferma, che io propongo spesso ai bambini, è lo shangai (o mikado). Un gioco molto in voga un tempo, ora un po’ colpevolmente accantonato.


Il gioco dello shangai richiede un grande governo del gesto perché il bambino deve muoversi lentamente e misurare i movimenti in quanto ogni gesto incongruo può essere fatale. Richiede quindi compostezza, moderazione e garbo. Ma lo shangai permette di sviluppare molte altre abilità: il controllo del respiro, l’attenzione, l’osservazione, abilità visuo-spaziali, logica, abilità analitiche e predittive. Inoltre, aiuta il bambino a misurarsi con i suoi insuccessi e a relazionarsi con gli altri.


A favore dello shangai aggiungo che quello con i bastocini di legno non inquina e non ha bisogno di batterie.


Anche impilare sassi dal più grande al più piccolo o i giochi di equilibrio precario aiutano a sviluppare il controllo del gesto.

Per favorire le abilità visuo-spaziali necessarie per la scrittura, il gioco del tangram è molto indicato. Permette di imparare a discriminare le figure geometriche e a valutarne le dimensioni, la forma e la direzionalità. Riconoscere le varie figure geometriche, individuare la loro posizione nello spazio e la loro direzione, saperle accostare nel modo giusto e preciso, riuscire ad avere una visione d’insieme, manipolare pezzi, sono tutte abilità messe in atto giocando con il tangram. Il gioco può essere facilitato ai bambini più piccoli mostrando loro come si crea la figura, mentre si possono usare figure complesse per i più grandi.

L’attenzione

Un altro aspetto da tenere in considerazione e su cui vorrei soffermarmi, che riguarda la scrittura ma non solo, è l’attenzione. In materia di scrittura e apprendimento l’attenzione è un fattore importante anche se non rientra tra le abilità di base specifiche richieste, forse perché dato per scontato o forse perché il problema della difficoltà di attenzione è un tema recente e che riguarda le ultime generazioni. Ritengo sia utile e urgente soffermarsi su questo tema, in quanto il fatto che i bambini di questa epoca manchino di attenzione, abbiano scarsa capacità di focalizzarsi e mantenere la concentrazione a lungo sta diventando un problema sempre più evidente e drammatico.


Una delle cause di questo deficit generale di attenzione potrebbe essere di ordine sociologico e risiedere nei ritmi di vita frenetici di bambini, genitori e famiglie: impegni, giornate piene, appuntamenti, la mancanza di momenti di calma e sospensione inibiscono il raccoglimento. In quest’epoca i bambini sono bombardati da continui stimoli visivi e uditivi, dispositivi tecnologici, immagini veloci, continue eccitazioni, spot, tv, giochi elettronici, un surplus di impulsi e stimolazioni che lasciano ben poco spazio a momenti di stasi e di quiete che, anzi, diventano momenti sgradevoli perché i ragazzi sono assuefatti a continue sollecitazioni. La sensazione della quiete e della lentezza, che apre alla riflessione, è spesso sconosciuta. Anche i modelli sociali e parentali non offrono una modalità diversa da questa e in qualche modo la giustificano; siamo tutti sottoposti a ritmi frenetici, riempiamo ogni momento di vuoto con tv, social e smartphone, i ragazzi acquisiscono presto questa modalità di vita, questo approccio con il tempo e diventano presto assuefatti a stimoli veloci, sovraccarichi e ridondanti, mentre situazioni di calma e concentrazione sono percepite come un disagio. Notiamo spesso nei bambini di oggi una certa difficoltà a soffermarsi, a focalizzare l’attenzione per un periodo prolungato, a fermarsi a osservare dei fenomeni o dei soggetti.


Di certo ci sono soggetti di indole più riflessiva e altri più portati all’azione ma, al di là delle peculiarità di ogni individuo, notiamo nei bambini di oggi una certa insofferenza al momento di calma, ai processi attentivi e di ascolto. Spesso faticano anche a seguire la narrazione di una storia, si distraggono, l’attenzione si sposta su altro, perdono il filo, con il risultato che si ritrovano spesso a scuola bambini che hanno difficoltà a seguire una lezione, a protrarre l’attenzione per il tempo necessario, che vanno spesso richiamati o sollecitati e che tendono a intervenire in maniera inopportuna invece di ascoltare.


I processi di apprendimento hanno bisogno di tempi dilatati e anche se la didattica si sta adeguando ai modi e tempi della tecnologia moderna la capacità di attenzione e riflessione è necessaria per lo studio, la memoria, l’immagazzinamento di dati, le valutazioni logiche, la ricerca di soluzioni, l’osservazione, la costruzione del pensiero, e va dunque favorita.


Le facoltà di attenzione e di ascolto permettono la trasmissione di saperi, l’analisi dell’ambiente, la raccolta di informazioni, l’elaborazione delle idee e del pensiero, l’introspezione, il ragionamento ponderato, attività fondamentali non solo nel percorso scolastico ma in ogni situazione della vita.


Un primo esercizio fondamentale per sviluppare capacità attentive, lo ribadisco, è la narrazione, l’ascolto di storie e favole. È un’attività remota, arcaica ed emotivamente coinvolgente, la quale ci riporta alla natura propria dell’uomo che da sempre si nutre di racconti, favole e leggende, che non perde il suo fascino e che aiuta enormemente anche i bambini di oggi a imparare a focalizzare l’attenzione sulla voce, a sviluppare la memoria, a usare l’immaginazione, a potenziare connessioni logiche e il linguaggio.


Per esercitare le abilità di osservazione, riflessione e ascolto, insegniamo al bambino a osservare oggetti statici: un fiore, una pianta, un quadro, un disegno, un oggetto. Invitiamolo a cogliere quanti più particolari possibili: colore, forma, contesto. Li può contemplare e poi descrivere a parole, analizzando i dettagli, oppure li può disegnare. Per suggerire ed educare il giusto atteggiamento possiamo porgli delle domande, chiedendogli se ha già visto questo soggetto, se gli ricorda qualcos’altro, che cosa lo colpisce in particolare, se il colore, la forma o altro, se sa da dove viene, chi l’ha fatto. Questa operazione lo aiuterà a mantenere l’attenzione, a sviluppare collegamenti, a costruire un pensiero e un discorso e ricordare; ma soprattutto lo allenerà a tempi lenti, a riflessioni più approfondite.


In ogni diversa circostanza – al parco, al mare, al cinema, in un museo – osserviamo insieme il paesaggio e l’ambiente circostante e durante la conversazione cerchiamo di prolungare i tempi di attenzione senza saltare di palo in frasca, da un soggetto all’altro in modo concitato, perché un’attenzione scarsa e intermittente non ricaverà nessun dato significativo dall’ambiente, ma solo una serie di sensazioni confuse.


Da un punto di vista più didattico, un buon esercizio per sviluppare attenzione e memoria è quello di mostrare tre oggetti diversi al bambino, per esempio una matita, una pallina e un bottone, ordinati in fila su di un piano. Li lasciamo osservare per qualche momento e poi li togliamo. Dopo qualche secondo chiediamo al bambino di prendere i tre oggetti in questione tra cinque che gli mostriamo (matita, pallina, bottone più molletta e tappo, per esempio) e rimetterli poi sul tavolo nello stesso ordine. Questo esercizio si può proporre dai quattro anni in poi e si può fare con oggetti consueti che abbiamo sottomano. Se il bambino dovesse avere qualche problema a ricordare gli elementi e rimetterli sul tavolo nella stessa posizione, questo potrebbe essere dovuto a una scarsa attenzione. Il bambino in queste circostanze guarda senza vedere, credendo di ricordare. In tal caso è buona norma far ripetere l’esercizio soffermandosi a osservare gli oggetti e facendoglieli nominare a voce alta; questo fisserà l’attenzione e il dato nella memoria. In questo caso facciamo notare al bambino il processo che ha utilizzato per ricordare, cioè nominando gli oggetti ad alta voce. In questo modo acquisirà una strategia cognitiva efficace che potrà utilizzare sempre; si tratta di una strategia metacognitiva, cioè imparerà come imparare.


Un altro esercizio molto gradito ai bambini, e molto utile per stimolare attenzione, manualità, vocabolario e curiosità, è quello di inserire un oggetto in un sacchetto e far indovinare al bambino di che oggetto si tratta inserendo la mano nel sacchetto e toccandolo, ma senza vederlo. Dovrà quindi utilizzare il tatto e la manualità per esplorare l’oggetto, avvertirne la forma e farsene una proiezione mentale, e individuare di cosa si tratta.


Nei viaggi in macchina si possono fare giochi di memoria quali ricordare una serie di parole che aumentano via via, per esempio: arriva un carico pieno di libri; libri e cani; libri, cani e mandarini; libri, cani, mandarini e uova ecc. Le liste possono anche essere a tema: la frutta, i colori, i nomi di persona.


Un bell’esercizio che stimola l’osservazione e prolunga i tempi di attenzione si può fare in ogni momento utile: davanti a un paesaggio, sul terrazzo di casa o di fronte a un quadro con scene complesse, si può fare il gioco dell’“indovina dove”: si osserva l’ambiente, si individua un oggetto o soggetto e si comincia a descriverlo al bambino, lentamente e aggiungendo particolari, per esempio: “vedo una casa bianca, con il tetto arancione, sei finestre, tre sono aperte e tre chiuse…”, oppure “vedo una persona con una maglia rossa, un cappello giallo, è vicino a una macchina nera ecc.” finché il bambino individua l’oggetto descritto. Toccherà poi al bambino descrivere un soggetto da indovinare; con questo gioco sarà stimolato all’ascolto, all’attenzione, al rispetto dei tempi, all’osservazione meticolosa, alla costruzione del pensiero e all’uso del linguaggio. Inoltre questa attività favorisce la socialità, si può fare in gruppo, e la vista a distanza (al contrario dei giochi elettronici!).


Un gioco per sviluppare l’attenzione, che consiglio e che piace molto ai bambini, è la soluzione di labirinti. Esistono in commercio molti libri di labirinti per bambini, spesso colorati e ben fatti. Si tratta di trovare il percorso esatto da un punto A a un punto B occultato tra varie alternative impossibili; si cerca con gli occhi, segnando con il dito e poi tracciando il percorso con la matita. Oltre a stimolare osservazione, pazienza, adattabilità e predisposizione alla ricerca di soluzioni alternative, risolvere labirinti sviluppa abilità visuo-spaziali, attenzione, coordinazione oculo-manuale, memoria, presa dello strumento grafico.


Un ultimo suggerimento, che forse non riguarda direttamente la scrittura manuale ma che ritengo non solo utile, ma potenzialmente radicale nel processo educativo di una giovane persona: spiegate sempre tutto ai vostri bambini.


Spiegate loro i fatti che accadono, gli episodi a cui assistono, i fenomeni naturali, le immagini che vedono; ma soprattutto spiegate lo scopo delle vostre azioni e perché gli state chiedendo di fare qualcosa. Mi spiego: non dite solo “chiudi la porta per favore”, ma “chiudi la porta per favore, perché la corrente d’aria fa sbattere porte e finestre”; non dite “faccio benzina”, ma dite “metto la benzina nella macchina per far funzionare il motore”; non dite solo “metti a posto i tuoi giocattoli” il bambino può non capire perché non può tenerli sempre sparsi sul pavimento, diciamo “metti a posto i tuoi giocattoli, altrimenti potremmo rovinarli pestandoli o potremmo inciampare e farci male”; non diciamo solo “aggiungiamo il lievito alla torta”, diciamo “aggiungiamo il lievito alla torta perché questo la farà gonfiare e rendere soffice”. Non diciamo “tieni bene la matita”, diciamo “tieni la matita con pollice e indice perché questa è la sola presa che permette il giusto movimento delle dita per scrivere”, e così via.


Non smettiamo mai di spiegare ai bambini le cose che vedono intorno e di motivare le nostre azioni e le richieste che facciamo loro. Questo atteggiamento costante nei loro confronti, questo semplice principio educativo che non ci costa nulla, consentirà al bambino di accumulare saperi e competenze in ogni occasione, di sviluppare un linguaggio adeguato, di assimilare il principio di causa-effetto e favorire le connessioni logiche, stimolerà la sua curiosità verso ciò che gli sta intorno, il mondo e nuove cose. Se giustifichiamo le nostre azioni e le nostre richieste il bambino potrà acquisire fiducia in se stesso perché saprà comprendere meglio le situazioni, e si fiderà degli adulti che lo aiutano a crescere, perché comprenderà che le loro richieste non sono arbitrarie e senza criterio ma hanno una ragione sensata e uno scopo preciso e sarà quindi più disponibile a collaborare. Questo atteggiamento educativo arricchirà il suo bagaglio culturale, il suo linguaggio, la padronanza di sé, facendolo sentire parte di un mondo ricco di connessioni, con la costante opportunità di imparare e agire sulla realtà, e non provando la sgradevole sensazione di fluttuare in una realtà vaga, irrazionale, variabile e poco comprensibile.


In conclusione, abbiamo visto quanto il gioco sia importante per sviluppare tutta una serie di competenze e che anche attività molto semplici possono offrire grandi benefici. Spero sia ora più chiaro ai genitori quanto siano importanti il gioco e il movimento reali, piuttosto che i giochi e i passatempi in una realtà virtuale. Invece che con dispositivi elettronici a grosso impatto visivo e sonoro, proponiamo ai bambini, fin dalla più tenera età, attività come le costruzioni, la corda, la palla, i puzzle, che permettono lo sviluppo di varie attitudini, competenze, e capacità, e che incrementano abilità specifiche, cosa che i giochi elettronici non possono fare.


Non voglio demonizzare videogiochi e dispositivi tecnologici, tutto sta a farne buon uso e utilizzarli con (molta) parsimonia. Certo, lo so, sono graditi ai bambini, ma anche le caramelle piacciono ai bambini, e tuttavia non credo che permetteremmo loro di mangiarne due chili al giorno evitando pasta e verdura. È l’adulto che conosce le regole della buona alimentazione e della buona formazione, non il bambino, e sta quindi all’adulto stabilire le norme adeguate che favoriscano una crescita sana e ricca sotto tutti i punti di vista. E niente paura, se le regole son chiare e le alternative interessanti, non sarà così difficile tenere i bambini lontani da ore sedentarie di suoni, luci e immagini su un monitor che, nella migliore delle ipotesi non insegnano nulla, e nella peggiore potrebbero essere dannosi.

Il piacere di scrivere a mano
Il piacere di scrivere a mano
Simona Cassarino
Fisiologia e pedagogia della scrittura, prevenzione della disgrafia.Rivalutare la scrittura manuale: strumento utile, funzionale, espressivo e formidabile per ogni individuo. Con esercizi e attività di pregrafismo e preparazione al gesto grafico. La scrittura manuale, personale e inimitabile, frutto di abilità cognitive e manuali, ha origini antiche perché ha accompagnato il cammino della civiltà ed è simbolo di sapere, mezzo di comunicazione ed espressione di sé.Oggi però il suo valore è messo in discussione dall’uso massiccio della videoscrittura e le grafie delle nuove generazioni sono sempre meno efficaci a causa dell’impoverimento delle capacità manuali.Il piacere di scrivere a mano è rivolto a tutti coloro che desiderano rivalutare la scrittura manuale, per riscoprirne il fascino, e a educatori e genitori che hanno il delicato compito di insegnarla ai bambini.In ambito pedagogico ed educativo il libro, ricco di esercizi e illustrazioni, intende offrire a insegnanti di scuola primaria e dell’infanzia strumenti e metodologie appropriate, volte a preparare il gesto grafico per la scrittura corsiva e stampatello, favorendo l’acquisizione di una grafia sciolta, chiara e armoniosa, e prevenendo problemi di difficoltà di scrittura.L’autrice propone inoltre moltissime attività di preparazione al gesto grafico e di sviluppo delle abilità di base attraverso il gioco, affronta le problematiche della scrittura manuale, della disgrafia e la sua prevenzione, valutando gli ostacoli dei soggetti con difficoltà di scrittura.Perché la scrittura manuale sia strumento utile, funzionale, espressivo e formidabile per ogni individuo, oggi e domani. Conosci l’autore Simona Cassarino, milanese, vive sulle sponde del lago d’Iseo, dove si occupa di disgrafia.Formata con l’Associazione Europea Disgrafie, svolge attività nelle scuole con progetti di educazione al gesto grafico e formazione insegnanti. Lavora come rieducatrice al gesto grafico con soggetti disgrafici ed esercita opera di divulgazione sulla scrittura manuale.