CAPITOLO XVI

Il parto in casa e la sanità pubblica

Per molte coppie la possibilità di scegliere il luogo della nascita dei propri figli è ancora un diritto astratto. Attualmente in quasi tutte le regioni italiane non è garantita una reale libertà di scelta. Mentre il parto in ospedale è gratuito, l’assistenza extra-ospedaliera (domicilio e casa maternità) fornita da ostetriche libere professioniste qualificate, il cui costo va dai 2.000 ai 3.000 euro, è ancora totalmente a carico di mamma e papà, anche se alcune assicurazioni private lo rimborsano.

La decisione del luogo in cui partorire non dovrebbe essere dettata dalla disponibilità economica della donna. La Regione, attraverso l’Asl di appartenenza, potrebbe erogare alla famiglia l’equivalente del costo medio di una degenza ospedaliera di madre e neonato per il parto e puerperio fisiologico. In pratica, si tratterebbe di un semplice spostamento di fondi. Al momento, però, il rimborso del parto in casa è previsto solo in Piemonte, Emilia Romagna, Marche, Lazio, Province di Trento e Bolzano. E anche nella città del Vaticano.


Daniela, una mamma di Sondrio, racconta: “Qui non si può partorire in casa neanche a pagamento… non ci sono in zona ostetriche disposte a seguirti nel parto in casa, per non parlare di quello che dice la gente! Saresti additata come un’irresponsabile che mette a repentaglio la vita di suo figlio. Sono proprio delusa… Ho già due figli e per entrambi il travaglio è stato velocissimo: la prima è nata dopo tre ore dalla prima contrazione e il secondo dopo un’ora e mezzo. Ora sono a 34 settimane, sono felice di poter diventare mamma di nuovo, ma temo di non raggiungere l’ospedale in tempo; preferirei potermi organizzare in casa piuttosto che rischiare di partorire in auto e sapete cosa mi è stato risposto? Nel caso chiami il 118!!! Sì, così sarei assistita da qualcuno che magari non ha mai visto partorire nessuno… che amarezza!”. Susanna, una mamma di Pisa, ha dovuto rinunciare al suo progetto: “Sono mamma di due bimbe di cui l’ultima ha sette mesi. Quando ero incinta ho fatto un mio percorso interiore e un corso pre-parto con un’ostetrica per partorire in casa. Ma poi non ho potuto permettermelo economicamente. Costa troppo! Non abbiamo potuto permetterci un tale lusso. Non mi sembra giusto per niente, sono ancora arrabbiata per questo”.

Torino è stata il primo centro in Italia a istituire un servizio pubblico di assistenza al parto a domicilio. Avviato nel 1997 sulla base di una delibera dell’Azienda Ospedaliera, il servizio è gestito in autonomia dalle ostetriche dipendenti dell’Ospedale Sant’Anna con la partecipazione dei medici consulenti. Il ‘Percorso nascita’ rivolto a donne sane, con gravidanza fisiologica, offre assistenza personalizzata, visite ostetriche mensili in gravidanza, corso di preparazione dalla 26° settimana di gravidanza e riabilitazione perineale post-parto. La Regione prevede un rimborso di 930 euro; in caso di emergenza, e conseguente ospedalizzazione al termine della gravidanza o del travaglio, viene riconosciuto un rimborso forfettario della spesa documentata fino a un massimo di 310 euro. Anche l’Emilia Romagna1, dove i parti in casa sono pari allo 0,2%, riconosce alla donna il diritto di scegliere di partorire anche nella propria abitazione o in una casa di maternità con un rimborso dell’80%. A Reggio Emilia, Ferrara, Cesena, Parma e Forlì, ad esempio, l’assistenza al parto a domicilio è un servizio totalmente gratuito se effettuato da personale dipendente dell’Asl, ma è possibile ottenere un rimborso delle spese se si sceglie un centro privato o personale libero professionista. La richiesta va presentata al consultorio familiare del proprio distretto di residenza non oltre l’ottavo mese di gravidanza, per permettere alla donna e alle ostetriche che la seguono di instaurare un rapporto di fiducia. Il responsabile aziendale le comunica il nominativo delle persone e strutture di riferimento e i numeri telefonici utili. Le Aziende assicurano i collegamenti fra l’ostetrica e le strutture sanitarie (118, pronto soccorso, reparti ospedalieri di riferimento).


A Reggio Emilia il primo parto a domicilio è avvenuto nel dicembre 1999 e da allora le ostetriche hanno seguito una media di 5/6 parti l’anno. Il servizio prevede attualmente la disponibilità di 9 ostetriche che, a turno, alternano l’attività ospedaliera con quella a domicilio. Anche a Parma e a Rimini le Asl hanno avviato un ‘Percorso nascita’ che prevede l’assistenza gratuita al parto in casa, che si svolge in collegamento con i servizi dell’ospedale, pronti a intervenire in caso di emergenza. Come previsto dalla normativa, la mamma e il bambino sono assistiti anche dopo il parto, sia a domicilio sia nell’ambulatorio del consultorio, per l’eventuale rimozione dei punti di sutura, il sostegno e la consulenza alla neomamma e al padre per la cura del neonato, il sostegno dell’allattamento al seno, l’informazione e la consulenza contraccettiva. A Modena il servizio di assistenza al parto a domicilio è stato avviato dalla Asl poco più di un anno fa e durante questo periodo sono state in carico 9 mamme2.


A detenere lo scettro per quanto riguarda il numero di parti in casa è la provincia autonoma di Bolzano, con lo 0,6 per cento di nascite domiciliari. Seconda in classifica è la Provincia Autonoma di Trento, con lo 0,3%. Il picco è nella Valle dell’Adige, con una percentuale di 37,8%, a seguire Alta Valsugana, Vallagarina e Giudicarie che insieme arrivano a poco più del 35% del totale.


A seguire, con lo 0,2%, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Marche. In Lombardia questa opzione è regolata dalla legge regionale dell’8 maggio 1987, che al punto 16 infatti dichiara l’intento di “favorire la libertà di scelta da parte della donna partoriente circa i luoghi ove partorire e circa le modalità con cui tale evento debba svolgersi, perché la maternità possa essere vissuta, fin dall’inizio della gravidanza, come fatto naturale”. Ma non sono molte le donne che riescono a ottenere il rimborso. “Questo significa scoraggiare la libera scelta delle donne”, ha denunciato Maria Teresa Vaccaro, avvocato e presidente del Movimento per la difesa del cittadino, “un’operazione che non solo non implica ulteriori stanziamenti di fondi, ma favorirebbe addirittura un risparmio di denaro pubblico.


Un parto in ospedale costa mediamente intorno ai quattromila euro, il doppio del valore di un’assistenza a domicilio”3.

Nella Regione Marche è la Legge regionale 27 luglio 1998 n. 22 – “Diritti della partoriente, del nuovo nato e del bambino spedalizzato” a disciplinare il parto a domicilio e nelle case maternità. Prevede un rimborso spese massimo di 1.500 euro. Esistono criteri di esclusione della donna (età della partoriente, dimensioni del feto) per cui la legge non sempre viene applicata. Sicuramente in questa regione le donne hanno un possibilità in più, ma la scelta è comunque molto condizionata. Per questo tante mamme continuano a pagare di tasca loro.


L’impossibilità di rimborso non dovrebbe però scoraggiare le donne e farle rinunciare: “Uno degli alibi usati per non fare il parto in casa è dire ‘non ho i soldi’, dice l’ostetrica Valeria Barchiesi, “È difficile che un’ostetrica non trovi una formula in equilibrio con le tue risorse. Ovviamente, per il buon esito del parto, come d’altronde avviene in altri campi come la psicoterapia, è necessaria una forma equilibrata di impegno e di energie, non deve essere una situazione in cui c’è chi mette energie e chi semplicemente riceve o subisce. Investire anche le proprie fatiche e il proprio impegno ci rende più protagoniste e non mere destinatarie. Ci sono ostetriche che vengono incontro alle mamme rateizzando il costo (ad esempio 50 euro al mese)”.


“La libera professionista ha un codice deontologico”, spiega Marta Campiotti, Presidente dell’Associazione Nazionale Ostetriche Parto a Domicilio, cui aderiscono circa 70 ostetriche, spesso riunite in gruppi e associazioni. “Noi facciamo un preventivo, anche in caso di trasferimento in ospedale, e siamo reperibili per un mese. Siamo assicurate, abbiamo la partita Iva, emettiamo regolare fattura. Non si può improvvisare”.


In attesa di tempi migliori, gruppi di mamme e papà che hanno vissuto serenamente l’esperienza del parto in casa hanno lanciato petizioni online per chiedere il rimborso. “È un ostacolo che andrebbe superato. Io pago tutte le tasse, chiedo sempre la ricevuta. Ma mi sono chiesta ‘se allo Stato non sono costata niente, perché devo anche pagare le tasse per questa cosa?”, si chiede Elena, che con il marito Carlo qualche anno fa ha promosso la petizione per il rimborso del parto a domicilio nella Regione Lazio. “I miei due figli, entrambi nati in casa, allo Stato non sono costati nulla, perché partorire in casa favorisce la fisiologia del parto e quindi anche bambini senza problemi. L’ospedale è un veicolo maggiore di batteri, e anche la routine che viene fatta ai bambini appena nati, con il fondino naso-gastrico, a volte blocca l’allattamento. È un discorso anche politico, che purtroppo in Italia non viene affrontato. In Italia la politica della Sanità è un affare, a partire dalle vaccinazioni. E il parto in casa non fa fare affari. Ma va detto che fa risparmiare. Costa meno di un cesareo e sicuramente non ha i costi della degenza. In altri Paesi, come la Germania, l’Inghilterra e il Nord Europa, c’è una visione della politica molto meno personalistica e sporca che in Italia. Il parto fisiologico mette in moto un grandissimo meccanismo virtuoso, a parte il fisico del bambino e della madre che ne giovano, ma anche la costruzione di un rapporto umano che ha basi completamente diverse”.


Proprio nel Lazio, dal 14 maggio 2011, è entrato in vigore un decreto regionale che regolamenta il parto in casa, ma a certe condizioni. Bisogna avvisare la Asl entro la 32° settimana di gestazione (che darà il proprio assenso o diniego entro la 35° settimana) e presentare diversi documenti (modello di richiesta informata della partoriente, certificato dello stato di salute della gestante rilasciato dal medico di base o ginecologo, certificato di idoneità al parto in casa e dichiarazione del responsabile assistenziale da parte del personale ostetrico). Inoltre, certificazione del rispetto delle condizioni di sicurezza e identificazione del pediatra per la prima visita al neonato ed eventuale richiesta di rimborso per parto libero-professionale.


Rispetto alle normative delle altre Regioni, nel Lazio il quadro normativo e regolamentare è frammentario e incompleto, anche perché il decreto non offre un formale riconoscimento del diritto al rimborso delle spese. In questo senso il Coordinamento Ostetriche per il Parto a Domicilio Regione Lazio ha chiesto al Presidente della Regione l’abrogazione del sopracitato decreto (n. 29/2011) e chiesto una nuova legge regionale che “non imponga limiti arbitrari, come quella attuale, alla scelta delle donne e che garantisca il rimborso delle spese per il parto extraospedaliero” (domicilio e Casa Maternità).

Il parto in casa
Il parto in casa
Elisabetta Malvagna
Nascere nell’intimità familiare, secondo natura.Tanti consigli pratici e utili suggerimenti per prepararsi ad affrontare al meglio il parto in casa, in completa sicurezza. Oggi la quasi totalità dei parti avviene in ospedale, e il 40% di questi termina con un taglio cesareo. Negli ultimi tempi, però, l’approccio alla maternità sta cambiando: cresce infatti il numero delle donne che vorrebbe vivere questo momento in modo più naturale, con intorno quanto di più caro.Nel suo libro Il parto in casa, dedicato a una scelta che in Italia è ancora oggetto di resistenze, pregiudizi e tabù, Elisabetta Malvagna, con occhio attento, indaga senza preconcetti su questa pratica e ne sostiene la sicurezza, documentando le sue teorie con un’ampia letteratura scientifica e proponendo un’interessante riflessione sul rapporto tra la donna moderna e la nascita.Partendo dalla propria esperienza di mamma di due bambini nati tra le mura domestiche, l’autrice riporta dati, statistiche e numerose testimonianze di personalità del settore, operatori e mamme che hanno scelto questa opzione. Sono poi forniti numerosi e utili consigli pratici per prepararsi ad affrontare questo straordinario momento al meglio e in completa sicurezza.Non mancano, infine, un decalogo sull’allattamento e un manuale di sopravvivenza per gravidanza, parto e post parto, oltre a capitoli sulla figura dell’ostetrica e sulle Case di Maternità. Conosci l’autore Elisabetta Malvagna, giornalista Ansa, scrittrice e blogger, studia da anni il tema della nascita.Ha fondato e cura i blog partoriresenzapaura.it, ispirato all’omonimo libro uscito nel 2008 e ormai divenuto un classico del settore, e partoincasa.it.