La nascita di Mireia
I miei primi due figli sono nati mediante cesareo. Con Tario mi indussero il parto tre giorni prima del termine, perché il bambino era “molto in alto”. Dopo un giorno intero sotto ossitocina, mi ruppero il sacco, sempre sotto monitoraggio (anche interno), epidurale… eccetera, ed essendo un venerdì sera (29 settembre 1995) si decise di procedere al cesareo, per mancata progressione del parto e perché ero una donna che non si dilatava, “come tante altre”. La nascita di Angel è stata un cesareo programmato, poiché lo stesso ginecologo ritenne che si trattava di un macrosoma (Tario pesava 4 chili e Angel 3 chili e 700). Era in posizione trasversale un mese circa prima della data presunta del parto e, con un cesareo pregresso, il medico non aspettò un giorno di più e sabato 9 gennaio 1999, programmò il cesareo. Angel nacque, quindi, di sole trentasette settimane. Sapevo che i miei prossimi figli sarebbero stati cesarei programmati, a causa di una possibile rottura d’utero qualora fossero iniziate le contrazioni, e che la data del cesareo sarebbe stata programmata addirittura con 3 settimane di anticipo per evitare problemi…
Dopo i due cesarei, vissi un periodo difficile tentando di capire perché non ero stata in grado di partorire, quali problemi avessi se in fondo sono una donna forte e sana… Mia madre ha avuto parti normali, mia nonna pure… Non riuscivo a capire… Non ero stata in grado di provare nemmeno una contrazione, non me ne avevano dato il tempo… La gente cercava di aiutarmi dicendo “Ma non hai due figli sani? Qual è il problema?” Non riuscivo a spiegarmelo, è un misto di impotenza, frustrazione, senso di invalidità aggiunto alla sensazione di sentirmi spezzata dentro… Non sono in grado di definirlo, credo che possa capirlo solo un’altra madre che ha vissuto la stessa esperienza e che dia la stessa importanza alla responsabilità di essere madre, sin da prima del concepimento e per tutta la vita, passando per l’allattamento e l’educazione dei figli…
Quando rimasi incinta di Mireia, per fortuna stavo ancora allattando Angel ed ero in contatto con la Leche League di Alicante (in proposito il ginecologo mi disse che dovevo immediatamente svezzare Angel o rischiavo di abortire… meno male che non gli diedi retta e lui si svezzò da solo alcuni giorni prima della nascita della sorella…). Lì mi parlarono di una Maternità nella quale venivano rispettati sia la donna che il bambino. Contemporaneamente mi misi a cercare su Internet delle informazioni riguardo a qualcosa che avevo letto da qualche parte ed era la parola magica VBAC. Che sorpresa nel trovare molte informazioni riguardo a parti avvenuti negli Stati Uniti anche dopo due o addirittura più cesarei! Una porta che credevo chiusa ormai per sempre, si socchiudeva.
A quel punto è cominciata la mia ricerca quotidiana di informazioni, non potevo quasi pensare ad altro, avevo ancora qualche remota possibilità di partorire, era quasi un’ossessione sapere che esistevano ancora delle speranze… Con le informazioni raccolte mi rivolsi a un ginecologo di quella stessa Maternità, per chiedergli un’opportunità, quella di tentare il travaglio prima del cesareo e, se le cose fossero andate bene, di lasciarmi continuare… Avevano avuto un caso, due o tre anni prima, di una madre anch’essa con due cesarei pregressi, che era riuscita a partorire e questo mi incoraggiava molto… La decisione era praticamente presa, ma i dubbi erano molti… mio marito Angel e io ci eravamo rivolti a più di otto ginecologi alla ricerca di una seconda opinione, e tutti erano molto decisi a riguardo: il protocollo della Società Spagnola di Ginecologia e Ostetricia obbliga a programmare un terzo cesareo… Ci rivolgemmo anche a una famosa clinica di Barcellona, dove ci dissero che alcuni anni prima avevano fatto una VBA2C. Anche lì mi dissero che la mia bambina non sarebbe mai potuta nascere per via vaginale, perché le mie due cicatrici praticate su di un utero senza una previa dilatazione in mancanza di travaglio avrebbero impedito che la bambina scendesse… Quindi me ne andai piangendo, non tanto per l’impossibilità di partorire, ma perché tutti questi medici mi facevano sentire una madre irresponsabile, capace di mettere a rischio la vita della sua bambina e la propria vita per soddisfare il suo “capriccio” di partorire. Tuttavia, la bibliografia che raccoglievo mi dava molte speranze. Il rischio di rottura dell’utero è solo leggermente maggiore rispetto ad un solo cesareo pregresso e, prendendo le adeguate precauzioni, si poteva e si doveva tentare. Non va dimenticato che il cesareo è un intervento di chirurgia addominale e, cosa che non ci viene detta, comporta dei rischi.
Abbiamo vissuto la gravidanza con grande emozione. Anche con molti dubbi, timori e speranze, ma con la certezza di fare la cosa migliore per nostra figlia non programmando direttamente il cesareo, attendendo il travaglio e facendo sì che fosse Mireia a decidere quando nascere. Al settimo mese di gravidanza mi misero in maternità e da allora fino al parto mi dedicai ad una preparazione intensiva al grande momento, raccogliendo tutte le informazioni possibili e leggendo storie di VBAC, preparandomi fisicamente in modo consapevole, nuotando molto per rinforzarmi e sopportare un parto che si preannunciava lungo (avevo letto di parti durati tre giorni dall’inizio delle contrazioni) e, cosa più importante, preparandomi mentalmente ad affrontare un parto nel quale avrei dovuto sentirmi molto sicura di me stessa, delle mie capacità… Il problema era che nutrivo dubbi, ovviamente – dubbi soprattutto sulla mia testa, non tanto sul mio utero –, che la paura che succedesse qualcosa mi avrebbe bloccata e mi avrebbe fatto chiedere un cesareo… Oltre al normale timore di non sapere se sarei stata in grado di sopportare un dolore che non avevo mai provato prima… di non sapere se, dopo tutto quello che stavo facendo, sarei stata capace di affrontare il parto. Per aiutarmi nella preparazione, registrai una cassetta che ascoltavo di continuo, con una visualizzazione di come immaginavo sarebbero state le contrazioni e la nascita di Mireia…
Mio marito Angel è stato determinante in tutto questo processo e il suo ruolo accanto a me è stato molto complesso. Da una parte vedeva e soprattutto comprendeva il mio enorme desiderio di tentare di vivere un parto, ma allo stesso tempo, soprattutto dopo avere parlato con i ginecologi, aveva molta paura che succedesse qualcosa… Io gli riassumevo tutto quello che leggevo e gli spiegavo che si trattava di una scelta ragionevole e sicura… Credo che anche lui si sia trasformato in un esperto in parti dopo cesarei pregressi, poiché riconosco che vi erano giorni in cui non parlavo d’altro. Ha mostrato davvero un grande rispetto per i miei sentimenti, che ha anteposto ai suoi timori e, nonostante i dubbi, siamo sempre stati molto uniti.
La data presunta del parto era il 31 gennaio 2001, quindi ci recammo alla Maternità il 28. Io intuivo che avrei ritardato e desideravo riposare qualche giorno e preparare il “nido”. Ero molto preoccupata, non avevo notato nessuna contrazione di “prova” nell’ultimo mese. Era forse vero, dunque, che io non mi dilatavo? Fatto sta che mentre ero in macchina e mi dirigevo verso Beniarbeig, notai qualcosa di strano, qualcosa che non avevo mai provato prima… Era la mia prima contrazione! Così iniziarono e non si fermarono più.
Per tutto il giorno, la notte e il giorno successivo ebbi contrazioni ogni 10-15 minuti. Ero felice, anche se non sapevo come sarebbe andata a finire, almeno vedevo che il mio corpo funzionava bene e l’utero poteva lavorare, e quello già mi bastava: avevo aspettato che Mireia decidesse di nascere… Quella notte, la domenica del 28, ci recammo in Maternità per un controllo. Lì mi attendeva Julia, l’ostetrica, che ci trasmise molta tranquillità. Rimasi per un po’ seduta sulla sedia a dondolo e fu bellissimo ascoltare i battiti di Mireia e godermi le contrazioni… Il lunedì mattina tornammo di nuovo e con Cari, l’ostetrica che più tardi avrebbe visto nascere Mireia, verificammo che tutto andasse bene… Vidi anche Enrique che, dopo avermi riconosciuta, mi disse che le contrazioni del giorno prima erano state buone e che ero già dilatata di due centimetri. Ebbene sì, mi dilatavo! Ed era Mireia che stava chiedendo di nascere. Mi godetti quel giorno, cercai di dormire un po’ per recuperare le forze, ma le contrazioni erano intense. Uscii a fare due passi nel pomeriggio, il mio unico timore era che tutto si bloccasse, una paura senza senso, il parto era ormai vicino e non si poteva più tornare indietro…
Il lunedì sera la dilatazione era già arrivata a 3-4 centimetri. Preferii continuare la dilatazione a casa per sottrarre ore di “travaglio”, ma dopo un paio d’ore tornammo ad Acuario, perché ebbi paura che si scompensasse l’utero senza che io avessi i mezzi per intervenire. In sala parto mi misi comoda e continuai la dilatazione cercando di godermi ogni contrazione… le avevo desiderate per tanto tempo che credo mi facessero meno male per quello! Dopo un po’ (non ricordo chiaramente quanto), nell’andare in bagno, persi il tappo mucoso e, un secondo dopo, mi si ruppero le acque… Tutto andava alla perfezione, non ci potevo credere! La dilatazione era ormai completa, bisognava iniziare la fase espulsiva. Fu lì che Enrique e Cari si rivelarono determinanti, non ebbi la sensazione di rischiare nulla, ma percepivo solo la tranquillità e la certezza che tutto stava andando bene. È stato un vero lusso condividere questi momenti così speciali con loro. Venne anche l’anestesista, mi prese una vena ma rimase sempre con molta discrezione in un secondo piano…
Ebbene, mano a mano che passava il tempo, la stanchezza aumentava, era la seconda notte che trascorrevo insonne, le contrazioni non si erano mai fermate, ero molto stanca… Ma Angel era accanto a me, sostenendomi e incoraggiandomi continuamente… Sono stata molto fortunata ad avere accanto delle persone così speciali, il momento dell’espulsione fu davvero intenso, io sapevo di non avere più tanto tempo, che se quella fase si sarebbe allungata avrebbero preso qualche misura… e io non volevo nulla se non che tutto fosse naturale, e lasciare che Mireia nascesse da sola… Ricordo quindi che approfittavo di ogni contrazione e spingevo con tutte le mie forze, sapendo che più sentivo dolore, più la bimba scendeva… In quei momenti ero come assente, gli occhi chiusi per risparmiare le forze, senza parlare… ascoltando la grandiosa équipe che mi sosteneva e sapendo che loro erano lì con me, ma che ero io la sola che doveva partorire e che dovevo farcela, godendo (questo dicevo a me stessa) di quel dolore che prova il tuo corpo quando si sta aprendo per far nascere un figlio. In tutto quel tempo non ebbi paura, avevo la sensazione che tutto stesse accadendo come tante volte lo avevo immaginato e che il mio utero stesse lavorando come mai gli avevo consentito di fare. Enrique e Cari spingevano davvero con me ad ogni contrazione, me ne rendevo conto da come mi afferravano le mani. Io ero seduta su una sedia da parto, Angel dietro di me, continuava a parlarmi all’orecchio, mi ricordava quanto fosse importante quel momento per me, quanto avevamo lottato per riuscirci, dicendomi che ce l’avrei fatta, come tante altre donne… Io avevo notato che mano a mano che trascorreva la notte, i suoi occhi acquistavano una sorta di luce che faceva trapelare eccitazione ed emozione nel vedere che quello che ritenevamo indispensabile stava accadendo davvero… Quella fase fu davvero lunga e difficile, ci furono momenti in cui dubitai di me stessa e delle mie forze, ma fra una contrazione e l’altra recuperavo le energie e mi dicevo che mancava sempre meno al mio incontro con Mireia. Enrique mi offrì la possibilità di una ventosa, per risparmiarmi qualche contrazione, ma non volli, le avevo desiderate tanto che non volevo perdermene nemmeno una. Inoltre ero convinta di volere un parto il più naturale possibile.
Ormai verso la fine, Cari insisteva che io mi toccassi per sentire la bambina, ma io non lo volevo fare, avevo paura che non fosse vero. E invece era vero, la bambina stava scendendo. Fu così che, finalmente, dopo molte spinte e quasi senza che io ci credessi, potei toccare e vedere in uno specchio la testina della mia bambina… Era quindi possibile che io fossi in grado di partorire?
Sì. Mia figlia Mireia nacque felicemente alle 5.40 del mattino, senza epidurale, senza episiotomia, senza ossitocina, senza ventosa… Senza niente… me la misero immediatamente addosso, e tutti l’accarezzavano per massaggiarla. Io volevo solo tenerla sul petto, era il mio modo di avvicinarla a me il più possibile, come tante volte avevo fatto con i suoi fratelli. Mireia nacque perfettamente sana e molto grande: pesava 4 chili e 280 grammi e misurava 54 centimetri (solo per le dimensioni mi avrebbero fatto fare un altro cesareo).
Dopo i primi istanti di emozione, ricordo che Enrique verificò con una palpazione interna che l’utero fosse intatto e che non si fosse creata qualche deiscenza o rottura parziale delle cicatrici dell’utero. Tutto era perfetto.
La felicità di quei momenti è qualcosa che ancora sto rivivendo, ogni giorno mi ricordo del parto. Ci è costato molto riuscirci, molti mesi di dubbi e timori, ma oggi so che questo è possibile e che sarà questione di qualche anno e in Spagna si potrà partorire dopo due o tre cesarei.
Mia figlia Mireia ha avuto la grande fortuna di nascere in un luogo meraviglioso, Acuario, dove è stata trattata sin dall’inizio con tutto l’affetto possibile e pensando sempre al suo benessere. Riguardo a me, mi sento felice, sono riuscita a riconciliarmi con il mio corpo e sono orgogliosa di avere vissuto questa esperienza. Mi sento di incoraggiare tutte le donne ad avere un parto naturale, senza alcun intervento inutile, perché è il modo che la Natura ha di dimostrare a noi donne che siamo forti e capaci di sopportare momenti davvero duri, oltre a essere un’esperienza che arricchisce e che mi fa sentire orgogliosa ogni volta che la ricordo.
Non voglio terminare il mio racconto senza ricordare che questo parto è anche, in gran parte, della mia amica Ibone, così come la nascita di sua figlia June la sento un po’ mia. Lei mi ha aiutata molto nelle varie crisi che ho vissuto in questi ultimi mesi e mi è rimasta accanto incoraggiandomi a continuare secondo i piani. Abbiamo vissuto insieme questi mesi di preparazione ed è stato un cammino molto bello preparare insieme la nascita delle nostre figlie dopo avere subìto due cesarei. Ma ciò che ritengo più importante è che un giorno June e Mireia sapranno che le loro madri hanno dedicato molti sforzi, speranze, e hanno superato molti dubbi e timori al solo fine di dare loro il meglio, la loro stessa nascita, invece di programmare direttamente un cesareo.
Insomma, desidero solo che questo racconto aiuti a dimostrare che resta ancora molto da cambiare riguardo la nascita dei nostri figli, e che noi donne non dobbiamo perdere il privilegio che ci viene dato dalla Natura di vivere da sole quel momento unico che è la nascita di un figlio, in tutta la sua intensità e bellezza.
Meritxell Vila Conesa