CAPITOLO IX

Cesareo ripetuto

Qualsiasi gravidanza può terminare in un cesareo ripetuto. Nonostante si sia desiderato, sognato o programmato per mesi se non per anni un parto vaginale dopo un cesareo, in alcune occasioni si rende davvero necessario l’intervento. È in queste occasioni che il cesareo consente di salvare la madre o il bambino da una situazione che minaccia seriamente la loro salute quasi sempre in modo urgente e inatteso. In altri casi è proprio la madre a scegliere di programmare il cesareo dopo aver valutato i rischi e le possibilità (a volte scarse) a disposizione. Indipendentemente dalle ragioni per le quali si arriva all’intervento, non vi è alcun motivo di tralasciare tutti gli altri aspetti inerenti la nascita. Vale a dire che, oltre a essere un’operazione chirurgica, il cesareo è pur sempre il momento della nascita e, come tale, dovrebbe essere trattato con il massimo rispetto e umiltà da parte dei sanitari che lo eseguono.


Preparare un programma per il cesareo durante la gravidanza non significa che non si riponga fiducia nel parto o nelle proprie capacità di partorire; del resto, stipulare un’assicurazione sulla vita non significa che si pensi di morire nel breve futuro. Alcune donne che programmano un parto vaginale dopo un cesareo si dimostrano così decise che preferiscono non sentire nemmeno nominare la possibilità di un cesareo ripetuto. Altre preferiscono puntare su di un cesareo rispettoso piuttosto che rischiare un parto vaginale improvvisato nel quale non è sicuro che tutti i loro desideri verranno rispettati dai sanitari di guardia. Molte di quelle che si preparano al parto vaginale confessano il loro timore di sentirsi fallite se tutto dovesse di nuovo concludersi con un cesareo. Tuttavia le conoscenze acquisite e l’energia investita nel programmare un parto rispettato, sia esso per via vaginale o mediante cesareo, danno sempre il loro frutto; in questo modo il cesareo ripetuto, anche se non auspicato, può rivelarsi un’esperienza gratificante e in grado di riparare il trauma vissuto. Come riuscirci? Di seguito indichiamo alcune richieste che puoi fare ai sanitari che ti assisteranno e che faranno sì che la nascita del tuo prossimo figlio possa essere un momento gioioso anche qualora avvenga in una sala operatoria.

Cesareo rispettoso

- Spiega al tuo medico che, qualora fosse necessario intervenire con un cesareo, desideri che sia rispettoso sia per te che per il tuo bambino.


- Puoi parlare con i medici delle tue richieste circa l’anestesia, la sutura, l’assistenza al tuo bambino una volta nato, le foto o i video durante l’intervento, ecc.


- Cerca di spiegare a chi ti assiste che ricorderai questo momento per tutta la vita e che desideri essere trattata con rispetto e serenità.


- Chiedi loro che non parlino d’altro che non sia la nascita del tuo bambino e che ti spieghino in ogni istante ciò che sta accadendo.


- Prima che inizino, puoi chiedere qualche momento per meditare, pregare o rimanere sola con il tuo compagno.


- Parla con il tuo bambino, spiegagli cosa sta per succedere; questo gli permetterà di essere più tranquillo e di fidarsi di te.


- Spiega a tutti che avrai bisogno di gesti di affetto: hai tutto il diritto di avere paura! Se hai bisogno che qualcuno ti tenga per mano, ti accarezzi i capelli o ti parli a bassa voce durante l’intervento affinché tu possa stare più tranquilla, fallo sapere loro.


- La maggior parte delle volte l’intervento può essere svolto in anestesia epidurale.


- Inoltre non vi è alcun motivo reale di impedire al padre o a qualche parente di stare accanto alla madre. Alcune donne hanno avuto accanto anche una doula, che offre supporto emotivo durante l’intervento e ricorda ai sanitari quali sono i desideri della donna.


- Quando è necessario ricorrere all’anestesia generale, è ancora più importante la presenza del padre al momento della nascita, così potrà accogliere il bambino e raccontare i dettagli dell’intervento alla madre.


- Puoi richiedere che tutte le flebo e gli strumenti vengano attaccati ad un solo braccio, il che ti consentirà di avere l’altro braccio libero per poter abbracciare il tuo bambino e attaccarlo al seno.


- Puoi chiedere che abbassino il lenzuolo che ti isola dal campo operatorio, nel momento in cui esce il bambino così che tu possa vederlo.


- Nell’istante in cui nasce puoi chiedere che tutti tacciano affinché la prima cosa che il bambino sentirà sia la tua voce e quella del padre e, con l’aiuto di qualcuno, potrai abbracciarlo immediatamente.


- Alcune donne hanno allattato addirittura mentre veniva ricucita la ferita del cesareo. Non vi è nessuna controindicazione ma molti vantaggi: l’allattamento fa sì che l’utero smetta di sanguinare prima e allattare durante la prima ora di vita del bambino garantisce che l’allattamento non venga compromesso dalle pratiche ospedaliere previste nel post-cesareo.


- Chiedi di avere la tua placenta, la possono conservare in un freezer fino a che verrai dimessa. Alcune ostetriche ne raccomandano l’ingestione, cruda o frullata con succo d’arancia, come metodo per recuperare le forze dopo il parto. (La placenta è ricca di ferro, minerali e ormoni materni. È un ricostituente molto potente e a effetto rapido). Se non desideri mangiarla, una volta a casa puoi sotterrarla in un campo o in un giardino e, se ne senti il bisogno, piangere un po’.


- Dopo un cesareo, mentre sei ricoverata, rimani a lungo con il tuo bambino, pelle contro pelle, sul tuo petto nudo. È un’esperienza riparatrice e ti aiuterà a sentirti meglio!


- Mantieni il tuo potere decisionale e la tua responsabilità. Anche se si tratta di un cesareo, la nascita riguarda te e il tuo bambino.

Accettare il cesareo ripetuto

“Non voglio nemmeno immaginare, dopo tutto il tempo dedicato a preparare questo parto, come mi sentirei se tutto dovesse terminare in un cesareo”. O addirittura “Non mi azzardo a sognare il mio parto per paura che termini in un cesareo ancora una volta; dopo tutto quello che ho appreso, credo mi sarebbe ancora più difficile accettarlo”.


Il timore di un altro cesareo è frequente, soprattutto se la prima volta è stata molto traumatica e hai dedicato molto tempo ed energie per preparare un parto vaginale. Un secondo o un terzo cesareo può sembrare ancor di più una rinuncia o un sacrificio rispetto al primo; solo tu puoi sapere quanto ti è costato fartene una ragione. E tuttavia, benché incuta molto timore, il cesareo successivo può essere più facile da accettare, poiché quasi sempre si ottengono cose che non sono state possibili la prima volta.


La delusione di subire un altro cesareo può apparire inevitabile, ma è importante riconoscere i propri meriti, e tutto quello che sei riuscita a ottenere questa volta. Se, a differenza del primo cesareo programmato, questa volta sei entrata in travaglio spontaneamente, se hai potuto avere contrazioni spontanee, se il tuo bambino è nato il giorno che lui o lei stessa ha scelto, se hai potuto vederlo appena nato, se non è stato separato da voi nemmeno per un istante, se hai potuto iniziare ad allattarlo nelle prime ore di vita, se il tuo recupero fisico è stato più semplice… Ciascuno di questi aspetti in sé va festeggiato come un grande passo avanti, ed è il frutto della tua preparazione e difesa dei diritti del tuo bambino, non lo dimenticare. Il cesareo, proprio come il parto, è un atto d’amore.


Al termine della sua seconda gravidanza, Andrea ha tentato un parto in casa dopo un cesareo. Ma non è stato possibile e il suo secondo figlio è nato a sua volta con un cesareo.


Mi passano per la mente tutte le storie di parti che ho letto in tanti anni, soprattutto i VBAC. Alcuni belli e meravigliosi, altri molto traumatici, e mi chiedo che cosa conti davvero, come mi sentirei se io fossi riuscita ad avere un VBAC, ma legata a un monitor, sdraiata e insultata un paio di volte, o dilaniata dentro per colpa del forcipe, o se mio figlio fosse stato torturato per seguire un protocollo. Sento che dovrei essere contenta. Ho ottenuto molto questa volta, è stato mio figlio a decidere quando nascere, sono riuscita a sentire le contrazioni (e di quelle vere!), mi sono dilatata completamente, sono entrata in contatto con il mio corpo, con il mio compagno e il mio bambino in un modo incredibile, mio figlio è rimasto sempre con me o con suo padre, non gli hanno fatto iniezioni o prelievi e non è stato maltrattato. Rispetto a tanti altri parti, ho ottenuto molto di più di quanto non abbiano fatto altre donne alla ricerca anch’esse di una bella esperienza, ma nonostante tutto la mia anima e il mio corpo sono tristi.
Andrea Anguera

Nonostante tu riconosca i passi avanti conseguiti, puoi comunque provare una certa tristezza o delusione, è normale. Come è accaduto ad Andrea, quando ci si aspetta e si desidera un parto vaginale felice, quando si è lavorato sui propri timori in modo consapevole, quando ci si è preparate per anni leggendo storie di parti e libri sull’argomento, quando si è scelto di potersi fidare del proprio corpo, le emozioni che provoca un secondo cesareo possono essere intense e contraddittorie. Nei giorni successivi alcune donne si sentono bloccate, come se avessero perso la loro opportunità di partorire, e ripensano continuamente al parto per comprendere cosa sia accaduto e perché anche questa volta non è stato possibile.


Datti tempo, ogni recupero è diverso. Nella maggior parte dei casi, la seconda volta e quelle successive possono essere più semplici, ma nonostante ciò, nelle settimane o nei mesi che seguono il cesareo, puoi attraversare momenti di tristezza: è normale e utile al recupero. Ma sentirsi colpevole o recriminare contro te stessa a posteriori per aver preso decisioni convinta che fossero la cosa migliore per te e il tuo bambino non serve a nulla. Nemmeno a tuo figlio verrebbe in mente di farlo. Festeggia quanto hai ottenuto e ricorda che sapere accettare le proprie decisioni, per quanto possano sembrare sbagliate, è un modo per insegnare ai nostri figli ad amarsi di più. A volte sono loro stessi, i nostri figli, a comprendere che abbiamo fatto tutto il possibile per dare loro una nascita rispettosa e piena di amore, anche se terminata in un cesareo. La storia di Marta, che a sua volta ha tentato un parto vaginale dopo il suo primo cesareo, mostra fino a che punto i bambini sanno di cosa ha bisogno la loro mamma:


I giorni passano e Rodrigo sta bene qui dentro, ma cresce e cresce, giorno dopo giorno. In seguito ad un controllo, non ricordo a che settimana di gestazione, il mio medico parla con il suo primario e mi dice che il bambino è molto grande, circa quattro chili, che ha un giro di cordone intorno al collo e che è il momento di intervenire con un cesareo. Io mi sento sprofondare nel vedere che anche il mio medico pensa che sia la cosa da farsi; non capisco nulla ma non trovo una via d’uscita da questo vicolo cieco nel quale mi sono ritrovata all’improvviso. Piango, mi ribello, e migliaia di sensazioni mi assalgono nelle ore successive: circa sei ore dopo la conversazione devo entrare in ospedale e il mattino seguente mi verrà praticato il cesareo. Punto. Non posso più lottare, mi arrendo e tento di controllarmi per accogliere mio figlio nel miglior modo possibile, senza quella tremenda disperazione che ho provato nel sapere che fine ci aspettava. Vado all’ospedale, proprio come un agnello al mattatoio. Trascorro una notte orribile. Mio marito piange con me e non sa più come tranquillizzarmi. Alle sei di mattina mi dice di calmarmi, che abbiamo preso una decisione e che non posso stare così, che Rodrigo sta per nascere e che per lui devo cercare di controllarmi. Funziona, e mi calmo. Comincio a pensare positivamente al mio bambino, e riesco a dimenticare la sensazione di fallimento. Mi preparano per il cesareo, i due medici vengono ad accogliermi e mi riservano un trattamento molto affettuoso in sala operatoria, concedendomi tutto quello che chiedo loro: che mi lascino tenere il bambino, che me lo appoggino sul petto… lavorano in silenzio rispettando il mio silenzio e le mie preghiere. Al momento di tirar fuori Rodrigo, mi alzano la testa affinché io possa vederlo e, Dio mio, vedo nascere mio figlio, è incredibile, nel tirargli fuori la testa lui mi ha guardata e mi ha sorriso, poi ha guardato il ginecologo e ha sorriso anche a lui! È impressionante, mio figlio è nato sorridendo! Penserete che fossero allucinazioni dell’epidurale, ma non è così, le infermiere e il medico… tutti ne hanno parlato dopo. È nato di 4 chili e 600, molto grande. Me lo hanno portato e me lo hanno lasciato per un po’ sul petto, un altro momento incredibile, ero abbracciata al mio bambino appena nato. Nel cesareo precedente vidi solo che me lo portavano via. Questa volta era diverso!
Marta Parra

C’è sempre la speranza

Il fatto che tu abbia avuto un secondo cesareo non implica che tu non possa avere un parto vaginale. Ci sono molte donne che hanno avuto un parto vaginale dopo due, tre o quattro cesarei. Fra questi casi ve ne è uno molto speciale per noi: la nascita di Mireia, un parto vaginale dopo due cesarei. Mentre il ginecologo ricuciva l’utero di sua madre, Meritxell Vila – al suo secondo cesareo – lei disse al medico: “La prossima volta intendo avere un parto vaginale”, cosa che fece sorridere i presenti. Due anni dopo, il 31 gennaio 2001, Mireia venne al mondo con un felice parto vaginale dopo due cesarei. Mesi dopo, Meritxell e Ibone fondarono il forum virtuale Apoyocesareas al quale hanno preso parte molte donne alla ricerca di un sostegno psicologico per superare i propri parti traumatici. Molte di loro sono riuscite ad avere un parto vaginale o un cesareo rispettoso al termine della successiva gravidanza. Due anni dopo, la sorella di Mireia, la piccola Meritxell, è venuta al mondo a sua volta in modo naturale. Con la bella storia della nascita di Mireia chiudiamo questo libro sapendo che, nonostante il tempo che passa, continuerà a essere di ispirazione per molte madri e padri.

La nascita di Mireia

I miei primi due figli sono nati mediante cesareo. Con Tario mi indussero il parto tre giorni prima del termine, perché il bambino era “molto in alto”. Dopo un giorno intero sotto ossitocina, mi ruppero il sacco, sempre sotto monitoraggio (anche interno), epidurale… eccetera, ed essendo un venerdì sera (29 settembre 1995) si decise di procedere al cesareo, per mancata progressione del parto e perché ero una donna che non si dilatava, “come tante altre”. La nascita di Angel è stata un cesareo programmato, poiché lo stesso ginecologo ritenne che si trattava di un macrosoma (Tario pesava 4 chili e Angel 3 chili e 700). Era in posizione trasversale un mese circa prima della data presunta del parto e, con un cesareo pregresso, il medico non aspettò un giorno di più e sabato 9 gennaio 1999, programmò il cesareo. Angel nacque, quindi, di sole trentasette settimane. Sapevo che i miei prossimi figli sarebbero stati cesarei programmati, a causa di una possibile rottura d’utero qualora fossero iniziate le contrazioni, e che la data del cesareo sarebbe stata programmata addirittura con 3 settimane di anticipo per evitare problemi…


Dopo i due cesarei, vissi un periodo difficile tentando di capire perché non ero stata in grado di partorire, quali problemi avessi se in fondo sono una donna forte e sana… Mia madre ha avuto parti normali, mia nonna pure… Non riuscivo a capire… Non ero stata in grado di provare nemmeno una contrazione, non me ne avevano dato il tempo… La gente cercava di aiutarmi dicendo “Ma non hai due figli sani? Qual è il problema?” Non riuscivo a spiegarmelo, è un misto di impotenza, frustrazione, senso di invalidità aggiunto alla sensazione di sentirmi spezzata dentro… Non sono in grado di definirlo, credo che possa capirlo solo un’altra madre che ha vissuto la stessa esperienza e che dia la stessa importanza alla responsabilità di essere madre, sin da prima del concepimento e per tutta la vita, passando per l’allattamento e l’educazione dei figli…


Quando rimasi incinta di Mireia, per fortuna stavo ancora allattando Angel ed ero in contatto con la Leche League di Alicante (in proposito il ginecologo mi disse che dovevo immediatamente svezzare Angel o rischiavo di abortire… meno male che non gli diedi retta e lui si svezzò da solo alcuni giorni prima della nascita della sorella…). Lì mi parlarono di una Maternità nella quale venivano rispettati sia la donna che il bambino. Contemporaneamente mi misi a cercare su Internet delle informazioni riguardo a qualcosa che avevo letto da qualche parte ed era la parola magica VBAC. Che sorpresa nel trovare molte informazioni riguardo a parti avvenuti negli Stati Uniti anche dopo due o addirittura più cesarei! Una porta che credevo chiusa ormai per sempre, si socchiudeva.


A quel punto è cominciata la mia ricerca quotidiana di informazioni, non potevo quasi pensare ad altro, avevo ancora qualche remota possibilità di partorire, era quasi un’ossessione sapere che esistevano ancora delle speranze… Con le informazioni raccolte mi rivolsi a un ginecologo di quella stessa Maternità, per chiedergli un’opportunità, quella di tentare il travaglio prima del cesareo e, se le cose fossero andate bene, di lasciarmi continuare… Avevano avuto un caso, due o tre anni prima, di una madre anch’essa con due cesarei pregressi, che era riuscita a partorire e questo mi incoraggiava molto… La decisione era praticamente presa, ma i dubbi erano molti… mio marito Angel e io ci eravamo rivolti a più di otto ginecologi alla ricerca di una seconda opinione, e tutti erano molto decisi a riguardo: il protocollo della Società Spagnola di Ginecologia e Ostetricia obbliga a programmare un terzo cesareo… Ci rivolgemmo anche a una famosa clinica di Barcellona, dove ci dissero che alcuni anni prima avevano fatto una VBA2C. Anche lì mi dissero che la mia bambina non sarebbe mai potuta nascere per via vaginale, perché le mie due cicatrici praticate su di un utero senza una previa dilatazione in mancanza di travaglio avrebbero impedito che la bambina scendesse… Quindi me ne andai piangendo, non tanto per l’impossibilità di partorire, ma perché tutti questi medici mi facevano sentire una madre irresponsabile, capace di mettere a rischio la vita della sua bambina e la propria vita per soddisfare il suo “capriccio” di partorire. Tuttavia, la bibliografia che raccoglievo mi dava molte speranze. Il rischio di rottura dell’utero è solo leggermente maggiore rispetto ad un solo cesareo pregresso e, prendendo le adeguate precauzioni, si poteva e si doveva tentare. Non va dimenticato che il cesareo è un intervento di chirurgia addominale e, cosa che non ci viene detta, comporta dei rischi.


Abbiamo vissuto la gravidanza con grande emozione. Anche con molti dubbi, timori e speranze, ma con la certezza di fare la cosa migliore per nostra figlia non programmando direttamente il cesareo, attendendo il travaglio e facendo sì che fosse Mireia a decidere quando nascere. Al settimo mese di gravidanza mi misero in maternità e da allora fino al parto mi dedicai ad una preparazione intensiva al grande momento, raccogliendo tutte le informazioni possibili e leggendo storie di VBAC, preparandomi fisicamente in modo consapevole, nuotando molto per rinforzarmi e sopportare un parto che si preannunciava lungo (avevo letto di parti durati tre giorni dall’inizio delle contrazioni) e, cosa più importante, preparandomi mentalmente ad affrontare un parto nel quale avrei dovuto sentirmi molto sicura di me stessa, delle mie capacità… Il problema era che nutrivo dubbi, ovviamente – dubbi soprattutto sulla mia testa, non tanto sul mio utero –, che la paura che succedesse qualcosa mi avrebbe bloccata e mi avrebbe fatto chiedere un cesareo… Oltre al normale timore di non sapere se sarei stata in grado di sopportare un dolore che non avevo mai provato prima… di non sapere se, dopo tutto quello che stavo facendo, sarei stata capace di affrontare il parto. Per aiutarmi nella preparazione, registrai una cassetta che ascoltavo di continuo, con una visualizzazione di come immaginavo sarebbero state le contrazioni e la nascita di Mireia…


Mio marito Angel è stato determinante in tutto questo processo e il suo ruolo accanto a me è stato molto complesso. Da una parte vedeva e soprattutto comprendeva il mio enorme desiderio di tentare di vivere un parto, ma allo stesso tempo, soprattutto dopo avere parlato con i ginecologi, aveva molta paura che succedesse qualcosa… Io gli riassumevo tutto quello che leggevo e gli spiegavo che si trattava di una scelta ragionevole e sicura… Credo che anche lui si sia trasformato in un esperto in parti dopo cesarei pregressi, poiché riconosco che vi erano giorni in cui non parlavo d’altro. Ha mostrato davvero un grande rispetto per i miei sentimenti, che ha anteposto ai suoi timori e, nonostante i dubbi, siamo sempre stati molto uniti.


La data presunta del parto era il 31 gennaio 2001, quindi ci recammo alla Maternità il 28. Io intuivo che avrei ritardato e desideravo riposare qualche giorno e preparare il “nido”. Ero molto preoccupata, non avevo notato nessuna contrazione di “prova” nell’ultimo mese. Era forse vero, dunque, che io non mi dilatavo? Fatto sta che mentre ero in macchina e mi dirigevo verso Beniarbeig, notai qualcosa di strano, qualcosa che non avevo mai provato prima… Era la mia prima contrazione! Così iniziarono e non si fermarono più.


Per tutto il giorno, la notte e il giorno successivo ebbi contrazioni ogni 10-15 minuti. Ero felice, anche se non sapevo come sarebbe andata a finire, almeno vedevo che il mio corpo funzionava bene e l’utero poteva lavorare, e quello già mi bastava: avevo aspettato che Mireia decidesse di nascere… Quella notte, la domenica del 28, ci recammo in Maternità per un controllo. Lì mi attendeva Julia, l’ostetrica, che ci trasmise molta tranquillità. Rimasi per un po’ seduta sulla sedia a dondolo e fu bellissimo ascoltare i battiti di Mireia e godermi le contrazioni… Il lunedì mattina tornammo di nuovo e con Cari, l’ostetrica che più tardi avrebbe visto nascere Mireia, verificammo che tutto andasse bene… Vidi anche Enrique che, dopo avermi riconosciuta, mi disse che le contrazioni del giorno prima erano state buone e che ero già dilatata di due centimetri. Ebbene sì, mi dilatavo! Ed era Mireia che stava chiedendo di nascere. Mi godetti quel giorno, cercai di dormire un po’ per recuperare le forze, ma le contrazioni erano intense. Uscii a fare due passi nel pomeriggio, il mio unico timore era che tutto si bloccasse, una paura senza senso, il parto era ormai vicino e non si poteva più tornare indietro…


Il lunedì sera la dilatazione era già arrivata a 3-4 centimetri. Preferii continuare la dilatazione a casa per sottrarre ore di “travaglio”, ma dopo un paio d’ore tornammo ad Acuario, perché ebbi paura che si scompensasse l’utero senza che io avessi i mezzi per intervenire. In sala parto mi misi comoda e continuai la dilatazione cercando di godermi ogni contrazione… le avevo desiderate per tanto tempo che credo mi facessero meno male per quello! Dopo un po’ (non ricordo chiaramente quanto), nell’andare in bagno, persi il tappo mucoso e, un secondo dopo, mi si ruppero le acque… Tutto andava alla perfezione, non ci potevo credere! La dilatazione era ormai completa, bisognava iniziare la fase espulsiva. Fu lì che Enrique e Cari si rivelarono determinanti, non ebbi la sensazione di rischiare nulla, ma percepivo solo la tranquillità e la certezza che tutto stava andando bene. È stato un vero lusso condividere questi momenti così speciali con loro. Venne anche l’anestesista, mi prese una vena ma rimase sempre con molta discrezione in un secondo piano…


Ebbene, mano a mano che passava il tempo, la stanchezza aumentava, era la seconda notte che trascorrevo insonne, le contrazioni non si erano mai fermate, ero molto stanca… Ma Angel era accanto a me, sostenendomi e incoraggiandomi continuamente… Sono stata molto fortunata ad avere accanto delle persone così speciali, il momento dell’espulsione fu davvero intenso, io sapevo di non avere più tanto tempo, che se quella fase si sarebbe allungata avrebbero preso qualche misura… e io non volevo nulla se non che tutto fosse naturale, e lasciare che Mireia nascesse da sola… Ricordo quindi che approfittavo di ogni contrazione e spingevo con tutte le mie forze, sapendo che più sentivo dolore, più la bimba scendeva… In quei momenti ero come assente, gli occhi chiusi per risparmiare le forze, senza parlare… ascoltando la grandiosa équipe che mi sosteneva e sapendo che loro erano lì con me, ma che ero io la sola che doveva partorire e che dovevo farcela, godendo (questo dicevo a me stessa) di quel dolore che prova il tuo corpo quando si sta aprendo per far nascere un figlio. In tutto quel tempo non ebbi paura, avevo la sensazione che tutto stesse accadendo come tante volte lo avevo immaginato e che il mio utero stesse lavorando come mai gli avevo consentito di fare. Enrique e Cari spingevano davvero con me ad ogni contrazione, me ne rendevo conto da come mi afferravano le mani. Io ero seduta su una sedia da parto, Angel dietro di me, continuava a parlarmi all’orecchio, mi ricordava quanto fosse importante quel momento per me, quanto avevamo lottato per riuscirci, dicendomi che ce l’avrei fatta, come tante altre donne… Io avevo notato che mano a mano che trascorreva la notte, i suoi occhi acquistavano una sorta di luce che faceva trapelare eccitazione ed emozione nel vedere che quello che ritenevamo indispensabile stava accadendo davvero… Quella fase fu davvero lunga e difficile, ci furono momenti in cui dubitai di me stessa e delle mie forze, ma fra una contrazione e l’altra recuperavo le energie e mi dicevo che mancava sempre meno al mio incontro con Mireia. Enrique mi offrì la possibilità di una ventosa, per risparmiarmi qualche contrazione, ma non volli, le avevo desiderate tanto che non volevo perdermene nemmeno una. Inoltre ero convinta di volere un parto il più naturale possibile.


Ormai verso la fine, Cari insisteva che io mi toccassi per sentire la bambina, ma io non lo volevo fare, avevo paura che non fosse vero. E invece era vero, la bambina stava scendendo. Fu così che, finalmente, dopo molte spinte e quasi senza che io ci credessi, potei toccare e vedere in uno specchio la testina della mia bambina… Era quindi possibile che io fossi in grado di partorire?


Sì. Mia figlia Mireia nacque felicemente alle 5.40 del mattino, senza epidurale, senza episiotomia, senza ossitocina, senza ventosa… Senza niente… me la misero immediatamente addosso, e tutti l’accarezzavano per massaggiarla. Io volevo solo tenerla sul petto, era il mio modo di avvicinarla a me il più possibile, come tante volte avevo fatto con i suoi fratelli. Mireia nacque perfettamente sana e molto grande: pesava 4 chili e 280 grammi e misurava 54 centimetri (solo per le dimensioni mi avrebbero fatto fare un altro cesareo).


Dopo i primi istanti di emozione, ricordo che Enrique verificò con una palpazione interna che l’utero fosse intatto e che non si fosse creata qualche deiscenza o rottura parziale delle cicatrici dell’utero. Tutto era perfetto.


La felicità di quei momenti è qualcosa che ancora sto rivivendo, ogni giorno mi ricordo del parto. Ci è costato molto riuscirci, molti mesi di dubbi e timori, ma oggi so che questo è possibile e che sarà questione di qualche anno e in Spagna si potrà partorire dopo due o tre cesarei.


Mia figlia Mireia ha avuto la grande fortuna di nascere in un luogo meraviglioso, Acuario, dove è stata trattata sin dall’inizio con tutto l’affetto possibile e pensando sempre al suo benessere. Riguardo a me, mi sento felice, sono riuscita a riconciliarmi con il mio corpo e sono orgogliosa di avere vissuto questa esperienza. Mi sento di incoraggiare tutte le donne ad avere un parto naturale, senza alcun intervento inutile, perché è il modo che la Natura ha di dimostrare a noi donne che siamo forti e capaci di sopportare momenti davvero duri, oltre a essere un’esperienza che arricchisce e che mi fa sentire orgogliosa ogni volta che la ricordo.


Non voglio terminare il mio racconto senza ricordare che questo parto è anche, in gran parte, della mia amica Ibone, così come la nascita di sua figlia June la sento un po’ mia. Lei mi ha aiutata molto nelle varie crisi che ho vissuto in questi ultimi mesi e mi è rimasta accanto incoraggiandomi a continuare secondo i piani. Abbiamo vissuto insieme questi mesi di preparazione ed è stato un cammino molto bello preparare insieme la nascita delle nostre figlie dopo avere subìto due cesarei. Ma ciò che ritengo più importante è che un giorno June e Mireia sapranno che le loro madri hanno dedicato molti sforzi, speranze, e hanno superato molti dubbi e timori al solo fine di dare loro il meglio, la loro stessa nascita, invece di programmare direttamente un cesareo.


Insomma, desidero solo che questo racconto aiuti a dimostrare che resta ancora molto da cambiare riguardo la nascita dei nostri figli, e che noi donne non dobbiamo perdere il privilegio che ci viene dato dalla Natura di vivere da sole quel momento unico che è la nascita di un figlio, in tutta la sua intensità e bellezza.


Meritxell Vila Conesa

Il parto cesareo
Il parto cesareo
Ibone Olza, Enrique Lebrero Martinez
Solo se indispensabile, sempre con rispetto.Spesso il parto cesareo viene proposto senza una reale scelta da parte della mamma. Come è possibile renderlo il meno tecnologico possibile? Negli ultimi anni alcuni Paesi hanno registrato un allarmante incremento dei parti con taglio cesareo, al punto che per molti costituisce addirittura il modo più frequente di nascere. Senza alcun dubbio questa cultura non tiene conto delle conseguenze psicologiche, oltre che fisiche, tanto per la madre quanto per il figlio. Contro questa tendenza, il saggio Il parto cesareo di Enrique Lebrero Martinez e Ibone Olza intende incoraggiare le madri a ritrovare la fiducia nel proprio corpo e a recuperare la dignità della nascita. Il libro si rivolge quindi sia alle donne e alle famiglie, sia agli operatori sanitari, e tutti coloro che hanno a che fare con l’evento della nascita. Conosci l’autore Ibone Olza, nata in Belgio nel 1970, è madre di tre figli. È laureata in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Navarra e dottoressa in Medicina presso l'Università di Saragozza, specializzandosi in Psichiatria e svolgendo la sua attività professionale nel campo della psichiatria infantile, giovanile e perinatale. Attualmente lavora come psichiatra infantile presso un Centro di Igiene Mentale di Madrid e appartiene all'associazione El Parto es Nuestro. Dal 1996 è socia del gruppo di sostegno all'allattamento "Via Lactea" di Saragozza e nel 2001 ha fondato, insieme a Meritxell Vila, il forum virtuale Apoyo Cesareas, che fornisce supporto psicologico a madri che hanno subito cesarei e parti traumatici.