CAPITOLO VIII

Gravidanza e parto vaginale
dopo un cesareo

In queste ultime settimane non faccio che pensare al fatto che desidero un altro figlio. Questo mi sembra assurdo e pressoché impossibile visto che ho un bambino di tre mesi, che allatto, che fisicamente sono esaurita e che la nostra situazione economica non è affatto buona… In realtà credo che ciò che desidero sia un altro parto. Mi ossessiona pensare che non so ancora cosa significa partorire nonostante mio figlio sia già qui con me. Forse sono ancora impaziente di saperlo. Sarebbe logico che il cesareo fosse così traumatico da farmi passare la voglia di avere più di un figlio, per adesso, invece sembra che abbia avuto l’effetto opposto. Non capisco.
A.L.


Alcune donne dopo un cesareo, soprattutto se questo è stato praticato al termine del travaglio, provano il desiderio di concepire nuovamente quanto prima per poter partorire, come se si trattasse di una necessità più o meno consapevole di portare a termine un parto interrotto. Il dispiacere del cesareo lascia ad alcune madri una sensazione di vuoto, di non sentirsi complete nonostante la maternità, e questa sensazione può dare luogo al desiderio di rimanere incinte al più presto. Questo si manifesta più intensamente quando la donna ha trascorso buona parte della sua gravidanza a programmare tutti il dettagli del parto vaginale che sognava come un evento splendido o, in alcune occasioni, la riuscita del tentativo di parto vaginale dopo un cesareo pregresso. Desiderare un parto è qualcosa di assolutamente legittimo, ma forse non dovrebbe essere l’unica motivazione per concepire nuovamente.


Si dà il caso, però, che dopo un cesareo molte donne trascorrano il tempo sognando la gravidanza successiva e il parto. Alcune riconoscono apertamente di sentirsi “ossessionate dall’idea”, oppure sono i loro familiari o amici a non capire perché, nonostante non siano ancora incinte, stiano già cercando lo specialista che le assisterà nel parto successivo. Tuttavia, visto il clima ostetrico attuale, trovare uno specialista che comprenda il desiderio di avere un parto naturale può non essere semplice. Ma il ruolo del medico nel VBAC è fondamentale, è necessario trovare qualcuno di cui ci si possa fidare pienamente. Per questo non è mai troppo presto per iniziare la ricerca. Anche se il tuo bambino ha pochi mesi e intendi aspettare alcuni anni prima di affrontare una nuova gravidanza, puoi cominciare a raccogliere informazioni che ti saranno utili da subito.


Quanto tempo dedicano molte coppie a organizzare il proprio matrimonio? E la scelta di una nuova casa o di una nuova autovettura? Siamo abituati a cercare con tutti i mezzi la migliore offerta per qualsiasi acquisto importante, ne parliamo per mesi, chiediamo a parenti e amici, leggiamo riviste specializzate, ci rivolgiamo a varie agenzie o concessionari, valutiamo il prezzo ma anche il servizio che riceviamo da parte del venditore, l’assistenza post-vendita, la comodità, la sicurezza, la vicinanza… È logico: si tratta di decisioni importanti che riguardano in modo rilevante la nostra vita quotidiana, l’economia domestica e la nostra stessa salute e perciò tutti ritengono necessario essere bene informati e avere valutato i rischi e i benefici prima di prendere una decisione. Programmare la tua prossima gravidanza e il prossimo parto dopo uno o più cesarei e soprattutto la ricerca dello specialista o dell’équipe che ti seguirà, può essere altrettanto se non più laborioso dell’acquisto di una nuova casa o dei preparativi di un matrimonio, ma è possibile non trovare la stessa comprensione da parte degli altri che potrebbero invece dirti che “sei troppo ossessionata dal pensiero del parto”. Non permettere che questo tipo di commenti ti impedisca di portare avanti la tua ricerca. Se pensi che ricorderai la nascita dei tuoi figli per tutta la vita, dedicare mesi o anni ai preparativi dei dettagli non è affatto assurdo, ma è invece il modo migliore per incrementare le tue possibilità di ottenere un parto rispettato e sicuro.

VBAC, dove e con chi

Esistono tre tipi di assistenza al parto: quello in casa, quello in una casa maternità e quello ospedaliero. Il tentativo di parto vaginale dopo un cesareo, in genere, deve avvenire in una clinica o in un ospedale attrezzato per interventi chirurgici. Questo è quanto afferma il Piano di Assistenza Ostetrica dei Paesi Bassi, il paese con maggiore esperienza nel parto a domicilio. Ma esistono comunque casi concreti e ben valutati, in cui è possibile realizzarlo in casa. Negli Stati Uniti, dove l’assistenza al parto è di solito molto medicalizzata e il numero di cesarei molto alto, vi sono diversi casi di parto in casa dopo uno o più cesarei.


In Spagna, attualmente, in una clinica privata è quasi impossibile tentare un VBAC, soprattutto in presenza di uno o più cesarei pregressi. In molti ospedali pubblici è difficile che ti venga offerta questa possibilità. Per questo alcune donne contattano ostetriche esperte per partorire in casa o nelle poche case maternità esistenti nel nostro Paese. L’ostetrica valuterà le circostanze e l’anamnesi di ciascuna donna per poter poi consigliare la scelta migliore.


Che cosa è meglio fare? Non vi è una risposta univoca. Per partorire bene è molto importante scegliere il luogo in cui ti sentirai più sicura. Per alcune donne la sicurezza si basa nel poter contare su di un’ostetrica che le seguirà a casa. Per contro, alcune madri si sentono più sicure sapendo che l’ospedale dove verranno seguite è dotato di sala operatoria o di un buon reparto di terapia intensiva neonatale che applica il metodo canguro, ad esempio. Alcune preferiscono spostarsi a centinaia di chilometri di distanza per partorire in una clinica che garantisce il rispetto delle loro decisioni e offre addirittura la possibilità di usare l’acqua calda durante il parto o, nel caso si debba intervenire con un cesareo, che assicura che il padre potrà stare accanto a loro.


La percezione di sicurezza è molto condizionata dai timori e dalle esperienze che ogni donna ha vissuto precedentemente. Pertanto, la risposta alla domanda “Dove posso partorire meglio dopo un cesareo?” la dovete cercare da sole.


Un altro dilemma al momento di scegliere gli specialisti che assisteranno al tuo prossimo parto è la scelta fra un centro sanitario pubblico o uno privato. Ogni donna vive una situazione diversa; non influiscono solo i suoi desideri e le sue necessità, ma anche altri aspetti come il luogo in cui risiede, la situazione economica, la disponibilità di altri mezzi.


La situazione spagnola attuale è chiara. Negli ospedali pubblici l’ostetricia è medicalizzata tanto quanto in quelli privati, ma i protocolli medici vengono applicati con maggiore rigore rispetto a quanto avviene nelle strutture private, dove incide maggiormente la comodità del medico e viene praticata una medicina più difensiva e pertanto più chirurgica.


Di certo nella medicina privata, benché il rapporto con il medico appaia più personalizzato, trovare un ginecologo che accetti apertamente di tentare un parto vaginale fisiologico dopo un cesareo è quasi impossibile, perché nei centri privati l’assistenza al parto è molto manipolata dal punto di vista medico. Va detto che quasi il 100 per cento dei parti viene effettuato in anestesia epidurale e che il 40 per cento viene provocato, indotto con ossitocina. In definitiva, la medicina privata pratica il cesareo nel 40 per cento dei parti seguiti, il doppio rispetto alla medicina pubblica. In pratica, il rapporto personalizzato con il medico nelle strutture private si ritorce contro la donna quando, facendo leva sulle emozioni, il medico preme “scientificamente” sulla madre per imporre dolcemente il suo intervento: “il bambino è molto grande e non potrà uscire”, “la placenta si sta deteriorando”, “il bambino non cresce”, “il monitoraggio fetale indica che il bambino non sta bene”, “non si incanala a causa di un problema del bacino”. L’apparente vantaggio della clinica privata nell’assistenza al parto è la presunta continuità dell’assitenza. Si suppone che lo stesso medico o l’équipe che ha seguito la gravidanza, assisterà anche al parto. Tuttavia questa stessa circostanza viene citata frequentemente come uno dei motivi dell’alto tasso di cesarei nella sanità privata: la convenienza personale di alcuni medici o delle stesse madri dà luogo a induzioni a richiesta che in molte occasioni terminano in un cesareo. Se i parti venissero rispettati, la maggior parte di essi avrebbe luogo nel bel mezzo della notte, verso l’alba: come può il ginecologo seguire un parto a quell’ora se due ore più tardi deve iniziare le visite ambulatoriali?


L’ assistenza sanitaria pubblica rappresenta un progresso e un lusso a confronto con la situazione di altri Paesi a noi vicini o di quelli sudamericani. Indubbiamente l’assistenza in generale è buona. Ma riferita nello specifico al parto, vanno tenuti in considerazione due inconvenienti. Il primo è che il parto non è una patologia e il secondo è che rivolgersi a un centro pubblico presuppone, nella maggior parte dei casi, lasciare la guida del nostro parto alle mani dell’équipe che è di guardia quel giorno, il che rappresenta un terno al lotto. Ci può sembrare normale metterci nelle mani di uno sconosciuto in uno dei momenti più intimi della nostra vita. Diamo per scontato che le persone che lavorano in un ospedale agiscano nel miglior modo possibile e saranno quindi ben contente di assisterci in quel momento. Tuttavia la realtà spesso non coincide con le nostre aspettative. In un turno di guardia, possiamo trovare il miglior medico o la migliore ostetrica, ma anche il peggiore.


Se opti per un parto presso una struttura pubblica, la cosa migliore che puoi fare è scrivere una lettera al Direttore Sanitario o al servizio di Attenzione al Paziente nella quale esprimi il tuo desiderio di poter avere un parto rispettato ove si tenga conto delle raccomandazioni dell’OMS. È quel che viene detto progetto di parto (puoi trovarne diversi modelli nel sito www.elpartoesnuestro.org).


Puoi cercare gli Ospedali Amici dei Bambini, richiedere le statistiche di cesarei della tua regione se non addirittura di altre province. Può essere interessante chiedere per iscritto al Direttore Sanitario dell’ospedale pubblico informazioni, chiarimenti e posizioni riguardo al parto vaginale dopo un cesareo. Può servire almeno per responsabilizzare i medici circa la preoccupazione sociale che solleva questo argomento, per dare vita a discussioni scientifiche all’interno dell’équipe medica e al fine di aggiornare i protocolli alla luce dell’esperienza internazionale.


Soledad ha preparato in modo assai responsabile il suo parto vaginale dopo un cesareo. Ha optato per un ospedale pubblico. Mesi prima aveva presentato il suo progetto di parto all’ospedale ed era stata a colloquio con il Primario di Ostetricia per spiegare molto chiaramente come intendeva essere assistita. Il primario le rispose che il suo caso sarebbe stato analizzato in occasione della riunione d’équipe. Alcune settimane più tardi, Soledad riuscì a portare a compimento il suo parto vaginale presso lo stesso ospedale:


Riconosco che non è stato facile riuscirci, ebbi un blocco piuttosto serio al mio arrivo all’ospedale, poiché mi ritrovai come medico di guardia l’unico dottore che aveva rifiutato la richiesta di parto naturale che avevo presentato, e quasi muoio di paura! Ma non appena lo vidi, dissi quasi automaticamente a me stessa che dovevo conquistarmi la sua fiducia. Un bel momento per guadagnarsi la fiducia di qualcuno, non c’è che dire! Arrivai con contrazioni piuttosto dolorose che, ovviamente, persero d’intensità e bloccarono il travaglio. In pratica, gli afferrai la mano, lo guardai dritto negli occhi, pronunciai il suo nome e gli dissi che avevo bisogno che mi aiutasse ad avere un VBAC. La sua risposta fu affermativa: “Ti aiuterò a patto che le circostanze lo consentano, anche se ti è toccato il medico più antinaturale”. A quel punto io gli risposi che lo sapevo e che per quello glielo stavo chiedendo. A quanto pare questo mio impulso nei suoi confronti fu piuttosto determinante.

Dilatarsi in casa seguite da un’ostetrica e arrivare in ospedale a travaglio avanzato, a volte è un’opzione intermedia che dovrebbe facilitare la decisione dei medici riguardo all’evoluzione del parto in senso favorevole verso un VBAC, ma presenta l’inconveniente di non sapere quale specialista assisterà al parto e che potrebbe addirittura “punirti” con un cesareo inutile per aver preso decisioni autonomamente.


In realtà, è più importante scegliere bene lo specialista che ti seguirà rispetto al centro a cui rivolgerti. Prendi tempo, chiedi, ascolta, rifletti. Ascolta il tuo intuito e i tuoi istinti, fìdati del tuo corpo, scegli attivamente che tipo di parto vuoi e non lasciare tutto nelle mani del tuo medico. Ricorderai la nascita di tuo figlio per tutta la vita, mentre il medico che ti seguirà probabilmente non ricorderà più il tuo nome dopo solo tre mesi. Il fattore chiave è la responsabilità ed è di competenza tua e del tuo compagno, non dei medici.

Come cercare lo specialista che ti seguirà

In primo luogo cerca di parlare con la tua ostetrica e con altre madri. Chiedi come sono stati i loro parti e chi le ha seguite: le differenze, anche all’interno di uno stesso ospedale, possono essere significative. Nei gruppi post-parto e nei gruppi di sostegno all’allattamento, puoi metterti in contatto con donne che hanno optato per un parto naturale, a casa o in clinica, e potrai prendere nota di tutte le informazioni.


Una volta che avrai scelto gli specialisti che ti sembrano migliori, puoi cominciare i colloqui. Non è necessario che tu sia incinta, né che tu abbia bisogno di una visita ginecologia per fissare un appuntamento. Puoi dire loro semplicemente che sei alla ricerca dello specialista che ti seguirà durante la prossima gravidanza. Porta con te una lista di domande scritte, altrimenti è facile che tu possa dimenticare alcune questioni importanti. Ricorda un principio elementare: lo specialista è al tuo servizio, non tu al suo. Perché credi che lo specialista meriti il privilegio di assistere il tuo parto? Ti piacerebbe che questa persona ti seguisse in un momento così intimo e sensuale? Potrai isolarti dal mondo e abbandonarti in sua presenza, gemere, gridare, defecare, seguire quanto il tuo corpo chiede?


Come puoi sapere di che tipo di medico o di ostetrica si tratta? Puoi iniziare scegliendone due e fissando un colloquio con loro. Redigi una lista di domande importanti per te. Nessuna di esse sarà stupida o ridicola, ricorda che loro hanno trascorso anni e anni studiando per comprendere. Tu ti stai occupando della tua salute, nessuno dovrebbe dirti che non si tratta di un problema tuo né permettersi di darti risposte vaghe. Se non capisci qualcosa, chiedi di nuovo. Ogni volta che puoi, chiedi la fonte delle informazioni che ricevi: se si basano su esperienze personali, chiedi che ti venga raccontato qualche caso con maggiori dettagli o se questi casi fanno riferimento alla letteratura medica.


Molte donne si sentono intimidite in presenza di un medico, alcune riconoscono che fanno fatica a esprimersi con chiarezza e che dopo il colloquio si sentono come bambine. Se questo è il tuo caso, prova prima ad esporre le domande al tuo compagno o a un’amica e ricorda sempre che lo specialista deve essere al tuo servizio e che merita lo stesso rispetto che tu stessa meriti.


Esprimi quello che desideri. Puoi dire: “Voglio tentare un parto vaginale dopo un cesareo” oppure “mi piacerebbe riuscire a garantire una nascita rispettata al mio prossimo figlio”. Cerchi supporto? Se sei incinta chiedi loro se pensano di prendere ferie nel periodo della tua data presunta del parto.


Queste sono alcune delle domande che potresti fare:

  1. A quanti parti dopo un cesareo ha assistito nell’ultimo mese o anno?
  2. Che percentuale di donne che hanno tentato un VBAC, è riuscita nell’intento grazie alla Sua assistenza?
  3. Quali possibilità crede che io abbia di riuscire in un VBAC alla luce della mia anamnesi?
  4. Quanti parti di primipare che Lei assiste terminano in un cesareo? Per quali motivi?
  5. Cosa fa se sospetta una sproporzione cefalopelvica o una gravidanza di più di 42 settimane?
  6. In quale posizione sono solite partorire le donne che Lei assiste? Quante partoriscono con il perineo intatto? Quante episiotomie pratica?
  7. Crede che il tentativo di un parto vaginale dopo un cesareo debba durare un numero massimo di ore se la madre e il bambino stanno bene?
  8. Quante persone mi possono stare accanto durante il parto?
  9. Con quale frequenza le donne che Lei assiste hanno un parto naturale?
  10. Cosa raccomanda durante il parto riguardo alle flebo intravenose, l’ossitocina, il gel di prostaglandine, la rottura del sacco, l’epidurale, la posizione da sdraiata, il monitoraggio fetale, ecc…?
  11. Da quanto tempo lavora? Dove assiste ai parti? Lavora solo o in équipe? Come sono i componenti dell’équipe?

Le doule sono donne che seguono altre donne durante il parto. Il loro compito si focalizza sul supporto emotivo: sono esperte nel far sentire la madre sicura e protetta, un apporto prezioso per poter godere di un buon parto. È dimostrato che la loro presenza si traduce in una migliore evoluzione del parto e in un minor utilizzo delle tecniche mediche come l’ossitocina e il forcipe. Le doule sono donne, quasi sempre madri, che recuperano il ruolo che tradizionalmente svolgevano le nonne, le zie o le sorelle maggiori nei parti. Sanno mettersi in contatto con la partoriente e comprendere ciò di cui ha bisogno prima ancora che lei lo dica: un massaggio, l’oscurità, un bagno. Una doula ti può aiutare in molti modi affinché tu possa avere un parto vaginale dopo un cesareo. Soprattutto nei momenti più duri, quando pensi di non poterne più, o arrivi a credere di preferire un altro cesareo che ti permetta di mettere fine a tutto immediatamente. Lei ti può infondere il coraggio che ti manca, sia ripetendoti le frasi che avrete preparato sia offrendoti il supporto emotivo di cui hai bisogno per sbloccarti dalla paura.


Nel nostro Paese esistono ancora poche doule, ma vi sono movimenti crescenti di formazione di doule in varie città. Se ti interessa, puoi informarti presso i gruppi di sostegno all’allattamento, in alcuni centri di preparazione al parto o presso l’associazione Nacer en Casa (“Nascere in casa”).


Una madre, che desiderava un parto vaginale dopo il suo primo cesareo, percorse molte centinaia di chilometri per chiedere al famoso ostetrico Michel Odent consigli su come gestire il suo VBAC. La risposta che lui le diede fu sconcertante: “Chiuditi nel bagno di casa tua e non permettere a nessuno di entrare”. Questo consiglio non è una sciocchezza. Se gli specialisti che ti circondano non credono che tu possa partorire, rappresenteranno un grosso ostacolo al tuo parto. Se, al contrario, sono convinti che le donne possano partorire senza alcun aiuto, la stragrande maggioranza delle volte la loro fiducia nella tua innata capacità ti sarà di grande aiuto.

La preparazione al parto vaginale dopo il cesareo

La maggior parte dei sanitari coinvolti nell’assistenza al parto è d’accordo nel raccomandare che la donna o la coppia segua un corso di preparazione. Ma la verità è che a volte i corsi sembrano lezioni di biologia di prima media, dove si spiegano aspetti come l’anatomia dei genitali femminili, le fasi del parto da un punto di vista meramente meccanico, ecc… Solitamente spiegano in dettaglio tutto quello a cui verrà sottoposta la donna quando arriverà all’ospedale, e in questo modo si facilita la sottomissione e la docilità della donna. In molti casi le viene spiegato che le verrà rasato il vello pubico, che verrà collegata immediatamente al monitoraggio, che le verrà somministrata una flebo intravenosa e le si ricorda che non deve avere alcun timore perché tutto sarà sotto controllo. Il messaggio subliminale è sempre lo stesso: il parto è un evento ad alto rischio, che richiede un ospedale e un continuo controllo medico. La donna deve attenersi alle norme del sistema o rischia di mettere in gioco la vita del suo bambino. Inoltre viene inculcata l’idea che partorire richiede un tirocinio; bisogna sapere “quando si è in travaglio”, “quando recarsi all’ospedale”, “come respirare”. Anche le ostetriche che preferiscono svolgere una preparazione al parto più attinente alle reali necessità delle donne scoprono che, in seguito alla diffusione dell’anestesia epidurale, molte donne non desiderano frequentare i corsi.


Questa preparazione standardizzata al parto si rivela poco utile. Noi donne sappiamo partorire, come dimostrano le migliaia di parti che avvengono ogni giorno in ogni angolo del pianeta. Abbiamo solo bisogno che ce lo ricordino. Tuttavia noi donne occidentali abbiamo probabilmente un handicap maggiore riguardo al parto; siccome siamo cresciute in una società fortemente medicalizzata, è possibile che non ci sia capitato mai di assistere dal vivo a un parto e abbiamo timori molto radicati.


Se questi corsi di preparazione al parto medicalizzato servono a poco, figuriamoci nel caso in cui una madre ha avuto uno o più cesarei! Frequentare le lezioni di preparazione al parto insieme ad altre madri che attendono il loro primo figlio può accrescere la propria sensazione di fallimento relativa al primo parto. Ascoltare la lista delle procedure mediche che verranno eseguite all’arrivo in ospedale o sentirsi dire che il proprio caso sarà ad alto rischio per il fatto di avere un cesareo pregresso, non sarà di alcun aiuto.


La preparazione al parto per una donna con un cesareo pregresso deve avere un obiettivo chiaro: recuperare la fiducia nel proprio corpo. Questi aspetti ti possono essere utili:


- Chiarire i motivi per i quali si desidera un parto vaginale dopo un cesareo. Puoi farlo da sola, con il tuo compagno, con un’ostetrica o con chi vuoi tu. Inizialmente ti può servire rispondere per iscritto ad alcune di queste domande. Temi di mettere a rischio la salute del tuo bambino o la tua tentando un VBAC? Pensi che in fondo il cesareo sia la scelta più sicura o semplice nel tuo caso? Ti senti egoista per il fatto di desiderare un parto naturale? Ricorda sempre che il VBAC è la scelta più sicura per te e per il tuo bambino nella stragrande maggioranza dei casi.


- Ripassa la storia delle donne della tua famiglia. Chiedi a tua madre, alle tue nonne, sorelle, zie o cugine che ti raccontino i loro parti. Approfondisci e analizza come è stato il rapporto con il tuo corpo e la tua sessualità. Quali messaggi hai ereditato sul ciclo mestruale, il parto o l’allattamento? Hai imparato a esaltare la tua femminilità o, al contrario, sin da piccola hai imparato che essere una donna è uno svantaggio o che le mestruazioni sono qualcosa di sporco simile a una malattia? Come percepisci il tuo corpo e la tua salute?


- Leggi storie di parti e soprattutto di VBAC; su Internet puoi trovarne centinaia e, in alcune mailing list, puoi leggere l’esperienza di altre donne nella tua stessa situazione. Le storie scritte dalle madri racchiudono un meraviglioso tesoro; sanno esprimere perfettamente come le protagoniste si sono sentite in ogni momento del loro percorso: quando hanno dubitato, quando si sono bloccate, quando hanno saputo che il loro bambino stava per uscire… Ti emozionerai e ti serviranno di sostegno per il tuo parto. I video di parti naturali o in casa ti possono a loro volta aiutare moltissimo a comprendere che il parto è qualcosa che accade senza problemi nella maggior parte dei casi.


- Lavorare sulle proprie paure. I timori si possono manifestare in molti modi. Una tecnica che ti può servire è arrivare fino in fondo, vale a dire immaginare quello che accadrebbe se davvero succedesse ciò di cui hai tanta paura. Hai paura di morire durante il parto? Se questo accadesse, di cosa avresti bisogno per andartene serenamente? Hai paura che il tuo bambino nasca malato o soffra di qualche lesione dovuta al parto o, peggio ancora, che muoia appena nato? Se accadesse qualcosa di così tremendo, dove e con chi vorresti essere? Come ti piacerebbe stare accanto al tuo bambino? Cosa gli diresti? Come vorresti dirgli addio? Le donne gravide hanno un’immaginazione assai fervida, sia nel bene che nel male. Hai paura di bloccarti e di supplicare che ti facciano un cesareo? Se lo spieghi alla tua doula potrete preparare insieme una serie di frasi per affrontare una situazione simile. A volte basta solo che lei ti dica “No, tu non desideri un cesareo, quello che desideri davvero è abbracciare il tuo bambino e questo sta per accadere” affinché le cose cambino.


- Visualizzare. Analizza i messaggi che invii al tuo corpo. Una madre che ha avuto un parto dopo due cesarei raccontava di avere appeso in ogni angolo della casa un disegno che mostrava un bambino che attraversava il bacino. Un’altra ripeteva una lista di frasi molte volte al giorno. Esercita la tua fiducia, ad ogni piccolo ostacolo che incontri puoi ripetere i tuoi mantra: “Il mio corpo sa partorire”, “Posso aprirmi e fidarmi del mio bambino”, “Il mio bambino verrà al mondo attraverso la mia vagina” ecc…


- Parla con il tuo bambino. Spiegagli che vuoi aiutarlo a nascere, che ti fidi di lui, che desideri poterlo prendere e abbracciare non appena uscirà da te, che sai che farà tutto alla perfezione e che hai trovato degli specialisti che vi tratteranno con molto rispetto e affetto. O, se non ne sei convinta, chiedigli dove vuole nascere, sicuramente troverà un modo per risponderti! Gli studi di psicologia prenatale hanno dimostrato che anche in utero i bambini sono molto recettivi verso i messaggi dei genitori e possono comunicare in molti modi (Chamberlain).


- Fai attenzione all’alimentazione, fai esercizio, pratica la danza del ventre, cerca di avere orgasmi, ecc..


- Lavoro di coppia. “Mio marito mi chiede perché non programmo il cesareo”. Il tuo compagno ti appoggia nella decisione di tentare un parto vaginale? Sei sicura che desideri rimanere accanto a te durante il parto? Alcuni uomini preferiscono non assistere al parto. Questo non significa che amino meno la loro compagna né che non saranno dei buoni padri.


- Condividi le tue esperienze con altre madri, parla con sincerità del tuo percorso emotivo, dei tuoi desideri e dei tuoi dubbi, delle tue scoperte.


- Vivi la tua gravidanza in mille modi. Puoi meditare, scoprire…

Minacce al parto dopo il cesareo

Sei di nuovo incinta, hai trovato uno specialista che merita la tua fiducia, sei felice e sicura, tutto sembra scorrere senza problemi… Mano a mano che si avvicina il termine della gravidanza, possono apparire all’orizzonte delle nubi che minacciano la sicurezza in te stessa o nelle tue possibilità di avere un parto vaginale e rispettato.


Il calendario, l’orologio e il mito della data presunta del parto. Un parto normale può avvenire fra la trentasettesima e la quarantaduesima settimana a decorrere dall’ultimo ciclo. La data presunta del parto che viene comunicata alla donna equivale alla quarantesima settimana, ma è normale e frequente che il parto tardi altri sette o dieci giorni. Nel frattempo il benessere fetale si può controllare attraverso il monitoraggio. In questo periodo, praticare un’induzione del parto in assenza di un reale motivo medico può portare ad un cesareo inutile.


Nelle ultime settimane è possibile percepire una pressione crescente da parte dei propri cari: ti chiamano di continuo, si preoccupano sapendo che non sei ancora entrata in travaglio, ti suggeriscono nuovamente di scegliere un cesareo… Proprio quando eri già riuscita a lavorare sulle tue paure, si manifestano quelle degli altri. Per questo non è consigliabile fare riferimento a una data presunta del parto né tanto meno renderla nota sin dall’inizio della gravidanza. Puoi prevenire questi problemi mantenendoti sul vago nelle risposte: “Il bambino nascerà in estate (se la data del parto è il 15 giugno, per esempio) o “prima di maggio avremo il bambino con noi” (se la data è all’inizio di aprile). Prepàrati all’idea che una gravidanza può durare quarantadue settimane. Avrai bisogno di trascorrere con tranquillità le ultime settimane, senza alcuna fretta.


A volte lo specialista che ti segue comincia a cambiare atteggiamento a mano a mano che si avvicina il termine della gravidanza e dice cose del tipo “è già molto grosso” o “c’è poco liquido”, o ancora “si vede un giro di cordone”. Cerca di evitare le analisi inutili. Se hai già subìto un cesareo, sei probabilmente già a conoscenza del percorso che porta all’interventismo smisurato nel parto. Pensa e visualizza il tuo utero come un luogo luminoso e sano, mettiti in contatto con il tuo bambino e ascolta il tuo intuito. Anche alla fine della gravidanza, sei ancora in tempo per cambiare specialista o cercare un altro centro se ritieni che quello attuale non ti consenta di fidarti.


Il libro Il parto sicuro delle ostetriche olandesi Beatrijs Smulders e Mariel Croon ti può essere di grande aiuto in queste ultime settimane per evitare la medicalizzazione del tuo prossimo parto.

La storia di Maria Paula

La nascita mediante cesareo di Micaela, la sua prima figlia, fu piuttosto deludente per Maria Paula. Tuttavia, fu anche l’inizio di un percorso di esplorazione e autoriconoscimento. Con il suo secondo figlio si preparò in modo consapevole, si mise in contatto con un medico disposto a seguirla a casa e con un’ostetrica.


Partorire un figlio era diventata un’ossessione per me. Avevo molti dubbi, ma c’era una cosa di cui ero fermamente sicura: non avrei fatto un altro cesareo. Era una questione rimasta in sospeso con me stessa. E inoltre mi inorgogliva sapere che mi stavo preparando molto. Cominciai a sentire che, al di là della preparazione al parto, il cammino che stavo percorrendo era molto gradevole e utile in sé. Ero già riuscita nel mio proposito, indipendentemente dal risultato finale.


Non avevo mai superato le trentotto settimane, quindi avere raggiunto la quarantesima era per me qualcosa di strano e nuovo. Non avevo nemmeno avuto contrazioni, quindi credevo che quei doloretti che sentivo ogni dieci minuti fossero tutto ciò che avrei dovuto sopportare.


Il 13 gennaio fu un giorno tranquillo. Verso le 8 di sera comincio a sentire dei dolori forti, continui, e chiamiamo l’ostetrica che mi dice di mettermi nella vasca e di chiamarla dopo due ore. Alle nove non ne posso più, le contrazioni sono molto ravvicinate e, insieme al dolore, mi assale anche una paura terribile, paralizzante, avvolgente, indefinita, che mi intrappola. Riesco solo a dire “mamma… mamma”, anche se in nessun momento ho desiderato veramente che lei fosse lì.


Sono avvilita. Ho provato tante posizioni, tante cose che potevo fare fra una contrazione e l’altra, avevo scelto le musiche che volevo che mi accompagnassero in quel momento, gli aromi, i luoghi, la videocamera per registrare tutto, e sono lì, seduta sul bordo del letto, immobile, spaventata come una bambina indifesa. Forse è proprio questa la parola migliore per descrivere le mie sensazioni: indifesa. Il dolore viene da dentro, e non c’è modo di sopportarlo. Paralizzata dalla paura, non posso nemmeno ascoltare ciò che mi suggeriscono. Sono sensazioni talmente primordiali, talmente inconsapevoli. L’ora trascorre, il medico dorme. L’ostetrica va e viene cercando di capire se preferisco stare con lei o con mio marito, che non voglio mi abbandoni nemmeno un istante. Anch’io cerco di capirlo, visto che non c’è nulla che serva a tranquillizzarmi. Le esplorazioni sono un tormento per me. Mi sento imbarazzata, ridicola, esagerata.


Ho freddo, caldo, batto i denti, sudo.


Verso le undici chiedo quanto ancora può durare, e l’ostetrica mi risponde che durerà ancora parecchie ore. Io sento di non avere le forze per sopportarlo. Urlo implorando che mi facciano un’anestesia, comincio ad accettare l’idea che mio figlio non nascerà in casa.


Fuori diluvia. La pioggia mi spaventa sempre, ma oggi non la sento. La mia sfida sta nel vestirmi e arrivare in clinica senza morire nel frattempo.


Entro seduta su di una sedia a rotelle. Non voglio, non sono malata. Sì voglio, sento che sto per morire. Le percezioni sono curiose. La sensazione da quel momento è quella di essere avvolta da grandi braccia che mi proteggono dal mondo esterno come in una grande campana di vetro dove stiamo entrando solo io e mio figlio.


Un’altra sensazione è che a questo punto non devo più fingere. Non sono più alla guida di nulla: adesso mi lascio portare, fiduciosa nelle persone che ho scelto. E sicura di aver fatto tutto il possibile. Voglio dire che sebbene a casa mia fossi più libera di gridare, muovermi e fare quello che volevo, tutto quel protagonismo mi spaventava. Non sono ancora pronta per essere la protagonista di questo film. Ho bisogno di molta gente accanto a me che mi aiuti. E, curiosamente, questo non mi fa stare male: saperlo mi è di sollievo. Mi toglie un peso di dosso.


Entriamo in sala parto. Uguale a una sala operatoria e così diversa per me… Mio marito entra con me. Qualcuno cerca di fermarlo, e lo sento dire con una fermezza che non gli conoscevo: “Sono il padre, sta per nascere mio figlio e devo entrare”.


Mi siedo sulla barella e mi fanno l’anestesia. È necessario raccontare questo, perché anche se non ho paura di quel momento, il fatto di viverlo con il mio compagno, mi dà la possibilità di riparare, come se qualcuno stesse leccando le vecchie ferite che si chiudono per sempre. L’ostetrica mi abbraccia forte e mi guida nella respirazione affinché possano anestetizzarmi senza problemi.


Quando mi sdraio, posso vedere l’unica finestra della stanza appannata, con qualcosa scritto per me: “Forza, Paula!” Piango adesso, mentre lo ricordo e lo scrivo.


L’anestesia comincia a fare effetto. Il dolore non sparisce, ma si sopporta meglio. Mio marito è accanto a me e mi aiuta a risciacquarmi la bocca con un po’ d’acqua. So che non la posso bere, nel cesareo me lo avevano detto e rimasi un giorno e mezzo con la bocca impastata e asciutta. Ma qui me la lasciano risciacquare un po’ e questo mi dà sollievo.


Voglio dire che non solo mi toglie la sete. Mi solleva che mi tengano in considerazione, che si possa trovare una via di mezzo fra quello che voglio e quello che posso fare. Che altri da fuori me lo consentano, fa sì che io lo cerchi. Non ho la nozione del tempo. Sento che entra il pediatra. Che se ne vada. Non mi disturba che stia lì, ma che se ne vada. Sento qualcosa dentro di me che si apre, che si espande e la testa del bambino che scende. Sento uscire dalla mia bocca delle grida allucinanti, da dentro, dal profondo di me stessa. Con la contrazione successiva si rompe il sacco. Un’altra sensazione meravigliosa. Un liquido tiepido che scorre e sento che mi affloscio. Chiedo se va tutto bene perché vedo qualcosa di verdognolo, ma mi dicono che non è nulla. La contrazione successiva fa affiorare la testina del mio bambino, e questo mi dà la forza per la spinta finale, intensa, lacerante, dolorosissima, inevitabile. Sento che mi spezzo a metà. Il bambino è molto grande. Episiotomia e lacerazione mentre, dopo un urlo proveniente dal più profondo di me stessa, sento il mio bambino che esce da me. Sento uscire il suo corpo, le sue gambette, la sua pelle tiepida, il cordone.


3.37 del mattino. Jeremias è qui, fra le mie braccia.

Il parto cesareo
Il parto cesareo
Ibone Olza, Enrique Lebrero Martinez
Solo se indispensabile, sempre con rispetto.Spesso il parto cesareo viene proposto senza una reale scelta da parte della mamma. Come è possibile renderlo il meno tecnologico possibile? Negli ultimi anni alcuni Paesi hanno registrato un allarmante incremento dei parti con taglio cesareo, al punto che per molti costituisce addirittura il modo più frequente di nascere. Senza alcun dubbio questa cultura non tiene conto delle conseguenze psicologiche, oltre che fisiche, tanto per la madre quanto per il figlio. Contro questa tendenza, il saggio Il parto cesareo di Enrique Lebrero Martinez e Ibone Olza intende incoraggiare le madri a ritrovare la fiducia nel proprio corpo e a recuperare la dignità della nascita. Il libro si rivolge quindi sia alle donne e alle famiglie, sia agli operatori sanitari, e tutti coloro che hanno a che fare con l’evento della nascita. Conosci l’autore Ibone Olza, nata in Belgio nel 1970, è madre di tre figli. È laureata in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Navarra e dottoressa in Medicina presso l'Università di Saragozza, specializzandosi in Psichiatria e svolgendo la sua attività professionale nel campo della psichiatria infantile, giovanile e perinatale. Attualmente lavora come psichiatra infantile presso un Centro di Igiene Mentale di Madrid e appartiene all'associazione El Parto es Nuestro. Dal 1996 è socia del gruppo di sostegno all'allattamento "Via Lactea" di Saragozza e nel 2001 ha fondato, insieme a Meritxell Vila, il forum virtuale Apoyo Cesareas, che fornisce supporto psicologico a madri che hanno subito cesarei e parti traumatici.