Il latte vaccino
Premessa la totale inadeguatezza del latte vaccino e delle formule come surrogati del latte materno, resta pur sempre il fatto che il latte vaccino rappresenta un prodotto alimentare di uso comune nella dieta di adulti e bambini, e merita perciò alcune considerazioni specifiche.
Le critiche al latte vaccino sono molteplici, ed esiste una letteratura piuttosto vasta in merito. Il latte di mucca è tristemente coinvolto nelle forme di reazione immunitaria più frequenti contro gli alimenti, tanto che in commercio si trovano persino soluzioni “tecnologiche” a basso contenuto di lattosio. È senz’altro in testa alle classifiche delle allergie e intolleranze alimentari. Molti non possono berlo senza sentirsi, subito dopo, la pancia gonfia, ed è oggetto di polemiche da parte di chi lo accusa di essere il principale responsabile delle malattie digestive croniche nella nostra società dell’opulenza.
D’altro canto, la sua composizione lo rende un alimento completo, con un rapporto percentuale di proteine, carboidrati e grassi di 30/40/30 (molto vicino al nostro ideale che è 20/60/20). È un alimento nutriente e, visto il ruolo importante attribuitogli nell’alimentazione, suscita discussioni animate e stati di forte emotività.
Tenteremo, perciò, di spezzare una lancia in suo favore.
Il latte, oltre a essere un alimento nutriente, dovrebbe essere anche facilmente digeribile, vista l’assenza di fibre. Le fibre, infatti, contenute soprattutto nella frutta, nella verdura e nei cibi integrali, non possono essere digerite. Il loro apporto è essenziale per garantire un buon transito intestinale, ma nelle persone che soffrono di eccessiva proliferazione batterica, che masticano poco o in modo inefficiente, le fibre provocano con facilità fermentazione eccessiva e stanchezza della funzione muscolare.
È molto importante comprendere che una buona capacità di tollerare e assimilare un alimento è decisiva per la salute dell’organismo, e che ognuno di noi, in un determinato momento, potrebbe aver bisogno di una dieta appropriata e specifica. Anche la verdura e la frutta, costituenti principali di una sana alimentazione, non sempre possono essere consumate in modo indiscriminato e senza un minimo di riflessione sulle proprie capacità digestive del momento e sull’attuale stato di salute intestinale.
Il latte, di per sé, avrebbe una digeribilità spiccata: è privo di fibre vegetali ed è costituito per l’88,5 % di acqua, ciò che rende più facile il transito intestinale e ne diluisce in modo appropriato i componenti (proteine, carboidrati, grassi) che, come abbiamo già detto, sono nella percentuale relativa più proporzionata rispetto a ogni altro alimento.
Di tutti i nostri organi, l’intestino è quello che consuma più energia nell’esercizio delle sue funzioni. Si presume che esso consumi circa il 70% di tutta l’energia prodotta dal metabolismo, molta più del cuore, dei polmoni o del sistema nervoso centrale, che pure sono in attività 24 ore su 24, anche durante il sonno. Ebbene, di tutti gli alimenti il latte è quello che richiede all’intestino minor energia per essere digerito e assimilato. Le proteine e i grassi che contiene sono appunto emulsionati in modo tale da essere immediatamente disponibili per l’interazione biochimica con gli enzimi digestivi.
Tutto ciò è vero a una sola condizione, che riguarda la modalità con cui viene introdotto nel nostro sistema digerente. Il latte, infatti, è un alimento liquido, ma non come l’acqua! A differenza dell’acqua che può essere bevuta, il latte è un alimento e non deve essere bevuto, bensì succhiato. È essenziale assumerlo in quantità minime e ripetute, assaporandolo senza inghiottirlo subito, centellinandolo. Il latte è un alimento ideale anche per gli adulti solo se assunto sorseggiandolo lentamente o a cucchiaini, meglio ancora se alternato a un cibo solido, così da poterlo, di fatto, “mangiare”. Perché questa modalità di assunzione del latte è così importante? Perché non lo si può tracannare a piacimento come un bicchiere d’acqua?
È presto detto: la digestione del latte avviene nello stomaco grazie a un enzima (la rennina o chimosina) che digerisce la caseina (la proteina più abbondante contenuta nel latte), trasformando il tutto in fiocchi che transitano poi con lentezza nell’intestino. Lo stomaco non produce grandi quantità di rennina in tempi rapidi, per cui, se un volume eccessivo di latte raggiunge lo stomaco all’improvviso, come quando beviamo il latte invece di sorseggiarlo, allora nello stomaco, anziché dei fiocchi, si formerà un blocco voluminoso di latte cagliato, che raggiungerà l’intestino senza essere stato del tutto digerito, e andando incontro, è inevitabile, a fenomeni di putrefazione e fermentazione.
Questo meccanismo è alla base di tutti i disordini digestivi che vedono il latte come principale imputato. È verosimile che gran parte delle cosiddette “intolleranze” al latte siano in realtà dovute a questo errore di assunzione, che ne comporta la mancata digestione.
Ma non è tutto:
Se l’errata assunzione del latte prosegue per troppo tempo (come per il bambino che beve troppi biberon pieni di latte in troppo poco tempo), lo stomaco finisce per diminuire la sua produzione di rennina fino a sospenderla del tutto. Questo è l’inizio della vera intolleranza, ossia dell’irreversibile incapacità di digerire la caseina del latte, che si innesca per un errore di assunzione durato troppo a lungo, oltre le capacità di tolleranza dello stomaco. Si vede bene l’origine epigenetica di questo meccanismo: uno stimolo disfunzionale come l’ingestione eccessiva di latte, che ne impedisce la digestione, fa sì che l’organismo smetta di produrre la rennina, ossia la proteina che lo digerisce.
Come sappiamo, il latte contiene anche carboidrati oltre alle proteine. Il carboidrato (zucchero) principale del latte è il lattosio, digerito dall’enzima lattasi, prodotto dalla mucosa intestinale. Una forma di intolleranza al latte è relativa all’incapacità di secrezione di questa lattasi. La sua carenza può sì essere di tipo genetico, tuttavia è noto che se l’individuo riduce il consumo regolare di latte, si riduce anche la produzione di questo enzima. In ciò consiste, principalmente, la cosiddetta intolleranza al lattosio.
In definitiva, dunque, il principale nemico della nostra digestione non è tanto il latte, quanto la fretta. Detto questo, dobbiamo evitare in ogni caso di accelerare i tempi del pasto dei nostri bambini, accettando la loro naturale lentezza. Così è anche più facile capire perché la natura offra ai cuccioli il piacere della suzione dal seno materno, e perché ogni cucciolo abbia il suo latte, fornito espresso in quantità e composizione adatte alle capacità digestive della propria specie. Siamo esseri umani e non vitelli, e non possiamo pensare che la generosa opulenza di mamma mucca si produca avendo in mente noi come destinatari prescelti (se potesse scegliere, è facile supporre che mamma mucca preferirebbe donare il suo sforzo produttivo al nutrimento dei suoi piccoli!). Pertanto, se si sceglie il latte vaccino come alimento per noi e i nostri figli già cresciutelli, non si può pensare di nutrirsene come se avessimo lo stomaco di un vitello, bensì prestando la dovuta attenzione alle nostre capacità digestive.
Fino ai sei mesi di vita, e a volte anche oltre (dipende dal bambino e dai segnali che invia per mostrare che è pronto a iniziare l’assaggio di qualche cibo solido), i bambini non hanno un sistema digerente maturo a sufficienza, e l’unico alimento che sono in grado di digerire e assimilare in modo corretto è il latte materno. È buona regola evitare comunque l’uso del latte vaccino per tutto il primo anno di età, altrimenti si rischia di sensibilizzare precocemente l’intestino e il sistema immunitario, causando allergie e intolleranze.
La natura fornisce al sistema neuromuscolare i giusti parametri e ritmi del movimento fisiologico; con l’allattamento al seno allena a dovere la postura e la tenacia dei motori muscolari dello sviluppo del bambino, che sono le labbra e la lingua; e, soprattutto, fa in modo che il latte, contenente tutto ciò che serve a una crescita bilanciata, non possa uscire in quantità eccessiva e incontrollata, attraverso ugelli strettissimi che secernono il liquido solo se spremuti con energia.
Al bambino, dopo essersi coordinato, allenato e nutrito nel migliore dei modi, non resta che godersi un meritato riposino.