La durata dell’allattamento materno
“E anche se non è pratica comune nei Paesi industrializzati, sia l’UNICEF sia l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomandano l’allattamento al seno “per due anni e mezzo e anche oltre”. Di fatto, il sistema immunitario di un bambino non raggiunge la piena efficienza prima dei 5 anni di età.”“Come il latte materno protegge il neonato”Jack Newman, M.D. “Scientific American”, Dicembre 1995
La precedente citazione (proveniente da un articolo su una delle riviste scientifiche più note e autorevoli al mondo) risale a quasi vent’anni fa, epoca in cui in Italia affermazioni del genere avrebbero suscitato per lo più reazioni incredule, stupite o decisamente avverse. Oggi gli sforzi per favorire l’allattamento al seno si sono moltiplicati, gli ospedali e le autorità locali partecipano alla divulgazione delle informazioni e, almeno sulla carta, le raccomandazioni dell’OMS sulla durata dell’allattamento sono note ai più: sei mesi di allattamento esclusivo senza introduzione di altri liquidi o cibi solidi e poi la prosecuzione per almeno due anni e anche oltre, se il bambino e la mamma sono concordi. Malgrado sia questa l’opinione delle massime autorità mediche mondiali, e nonostante gli sforzi informativi e divulgativi sull’argomento, è però ancora lunga la strada da percorrere per far sì che una diversa cultura dell’allattamento penetri in modo capillare negli ospedali, negli studi medici e pediatrici, nelle stesse famiglie.
È infatti piuttosto raro incontrare medici che consiglino alle madri di prolungare l’allattamento; anzi, vi sono pediatri che lo sconsigliano sempre e comunque oltre il primo anno perché, a parer loro, il latte per quell’epoca sarebbe troppo povero e si rischierebbe di sottonutrire il bambino. Eppure, l’AAFP (American Academy of Family Physicians), la società americana dei medici di famiglia, fondata nel 1947 e oggi una delle maggiori associazioni mediche di tutti gli Stati Uniti, con oltre 100.000 membri, afferma che:
“L’allattamento oltre il primo anno di vita offre considerevoli benefici sia alla madre sia al bambino, e dovrebbe proseguire fintantoché entrambi lo desiderino. Lo svezzamento prima del compimento del secondo anno d’età sottopone il bambino a un rischio maggiore di contrarre malattie”.
La professoressa Kathryn G. Dewey, esperta in nutrizione infantile che da più di 10 anni pubblica studi che riguardano in modo specifico l’allattamento materno (molti dei quali sono relativi a progetti di ricerca per conto dell’OMS), afferma che l’allattamento continua a fornire quantità importanti dei nutrienti chiave ben oltre il primo anno di vita: soprattutto proteine, grassi e gran parte delle vitamine. In particolare, nel secondo anno di vita, 448 ml di latte materno forniscono il 29% del fabbisogno energetico giornaliero, il 43% di quello proteico, il 36% del fabbisogno di calcio, ben il 75% di quello di vitamina A e il 76% di quello relativo ai folati, addirittura il 94% del fabbisogno di vitamina B12, nonché il 60% della vitamina C necessaria.
Anche l’introduzione di altri liquidi, o addirittura dei cibi solidi, prima dei sei mesi è un’abitudine davvero dura a morire nel nostro Paese. Non parliamo poi della possibilità di prolungare l’allattamento oltre i due anni d’età; difatti, molte delle madri che allattano per diversi anni, da un certo momento in poi lo fanno solo “nell’ombra”, in una segreta e nascosta intimità.
Esiste una lunghissima lista di motivazioni per cui l’allattamento al seno dovrebbe proseguire il più a lungo possibile, fino alla sua naturale conclusione, diremmo, ossia finché l’istinto di suzione del bambino venga meno in modo del tutto naturale, ma ci limiteremo ad alcune considerazioni generali, quelle che interessano soprattutto l’argomento del libro.
Nella prima parte della vita è indispensabile un allenamento neuromotorio del settore orale molto intenso, forse più di quello che possiamo immaginare. Esso è necessario per rendere ottimale la crescita neurologica e psicologica del bambino, per permettere al suo sistema immunitario di giungere a maturazione, per favorire il corretto sviluppo scheletrico e posturale della regione oro-facciale.
L’assenza di allattamento, e la mancata stimolazione fisica ed epidermica che ne conseguono, possono portare ad alterazioni dell’assetto psicologico ed emozionale dell’individuo.
L’essere umano ha bisogno di essere coordinato nei movimenti. L’acquisizione della coordinazione avviene attraverso l’esercizio e l’apprendimento in alcune fasi precoci ed essenziali della vita: pensiamo al gattonamento, che precederà la fase di allenamento alla deambulazione in stazione eretta. Ma la fase che le precede tutte è quella dell’allattamento al seno. Il forte istinto di suzione del neonato, destinato ad accompagnare il bambino di norma per diversi anni, svolge un ruolo essenziale proprio perché garantisce che il neonato e il bambino piccolo abbiano sempre una quantità adeguata di nutrimento, stimolazione sensoriale, appagamento affettivo, esercizio neuromotorio. La sostituzione dell’allattamento con formule artificiali può saziare il bambino ma certo non potrà sopprimere il suo istinto di suzione, e tanto più abbiamo messo al mondo bambini con forti istinti di sopravvivenza e apparato neuromotorio vitale e reattivo, tanto più il loro istinto di suzione sarà insopprimibile e vivo. L’assenza o, più spesso, l’insufficienza dell’allattamento al seno, costringono il bambino a cercare un surrogato per autostimolarsi, come succhiarsi il dito o accontentarsi del succhiotto. Purtroppo la soddisfazione dell’istinto di suzione attraverso l’uso di surrogati, non solo non si arricchisce del bagaglio di stimolazioni affettive e sensoriali dell’“originale”, ma risulta spesso foriera di danni alla normale fisiologia dello sviluppo orofacciale. Più tardi, quando i genitori interrompono l’abitudine a succhiare il dito o il ciuccio, si insinua non visto un altro surrogato, il succhiamento del labbro inferiore. Le malocclusioni da succhiamento/mordicchiamento del labbro inferiore sono, con ogni probabilità, le più diffuse fra i bambini italiani di oggi. L’allattamento è, infatti, la principale palestra psico-neuro-motoria cui viene sottoposto l’organismo in crescita, e, per quanto il bambino tenti di autostimolarsi, un allattamento assente o insufficiente ne condizionerà lo sviluppo.
Il contenuto del latte materno, e l’esercizio fisico necessario per spremerlo fuori, regolano subito anche l’attività metabolica del neonato e l’equilibrio del suo sistema endocrino.
È ormai ben noto anche il ruolo decisivo dell’allattamento per lo sviluppo e il buon funzionamento del sistema immunitario, la cui maturità operativa non si profila prima dei 5-6 anni (una delle ragioni, insieme a molte altre, per cui, secondo l’antropologa Katherine A. Dettwyler, l’età naturale di svezzamento completo dell’essere umano può variare dai 2,5 ai 7 anni di età). Tale maturità viene preparata dal latte materno, che al contempo fornisce una preziosa immunità acquisita. La concentrazione dei fattori immunitari presenti nel latte materno aumenta persino a partire dal secondo anno.
Idealmente, l’apprendimento neuro-motorio, essenziale all’inizio della vita perché si possa respirare e deglutire in modo corretto, così come l’esperienza appagante e stimolante della suzione al seno e un adeguato “buon inizio” del sistema immunitario, dovrebbero avere la possibilità di compiersi prima dello svezzamento completo.
Per l’indissolubile rapporto che lega forma e funzione, nello stesso momento in cui si apprendono le giuste funzioni, gli organi che le svolgono assumono una forma fisiologica che servirà, terminato l’“addestramento”, a consentire lo svolgimento ottimale delle funzioni fisiologiche nell’adulto.
È come se, per costruire una ferrovia, si utilizzasse un primo treno per creare la traccia su cui deporre il binario. Se il treno cammina dritto il binario sarà rettilineo, e rettilinea sarà la traiettoria per i successivi treni che passeranno. Se invece il primo treno che fa da traccia cammina storto, il binario verrà costruito storto e i treni successivi andranno a zig-zag.
È assolutamente opportuno che le prime funzioni del bambino (il primo treno) siano di tipo fisiologico, ossia normali ed efficienti in qualità e quantità, cosicché gli organi si strutturino secondo una forma (binario) anch’essa fisiologica. Ciò garantirà per il resto della vita funzioni organiche anch’esse fisiologiche.
Affinché le prime funzioni neuromotorie di un bambino siano fisiologiche, è essenziale che venga anche allattato al seno. Il seno materno conforma con delicatezza il palato duro del bambino, così come la mano delicata sa conformare l’argilla in un bel vaso arrotondato. La tettarella artificiale, invece, è troppo dura e, anziché lasciarsi schiacciare fra la lingua e il palato del neonato, ne spinge il palato stesso verso l’alto conformandolo in modo patologico. In aggiunta, i fori da cui esce il latte sono spesso troppo grandi, la portata diventa eccessiva, e questo genera prima un’alterazione nelle dinamiche fisiologiche della deglutizione, e poi della digestione.
Una volta iniziato lo svezzamento, con la comparsa dei denti, è essenziale mangiare una certa quota giornaliera di alimenti duri e crudi, masticandoli a lungo e finemente.
Con una certa preoccupazione si nota invece che bambini nutriti con formula e biberon vengono poi alimentati con pappe molli e troppo cotte. In questo modo, è difficile che si compia il fisiologico strutturarsi delle ossa della faccia, che dipende dalle abitudini di movimento dei muscoli automatici.
Il consumo esclusivo di cibi dalla consistenza molle favorisce la deglutizione di bocconi masticati in modo insufficiente. Come hanno sostenuto Horace Fletcher e Franz Xaver Mayr, molti dei disagi dei nostri bambini potrebbero aver origine proprio da questo.