CAPITOLO IV

Essere bambini oggi

L’alimentazione è solo uno degli stimoli cruciali in grado di indurre trasformazioni epigenetiche lesive dello stato fisiologico di salute nelle società contemporanee.


La civiltà occidentale moderna ha ricoperto la superficie terrestre di oggetti artificiali, e ha bombardato la biosfera di erbicidi, antibiotici, anticrittogamici, antiparassitari, qualsiasi cosa fosse “anti” rispetto a ciò che vive in modo spontaneo sul nostro pianeta.


Secondo l’Hygiene Hypothesis, o Ipotesi Igienica, termine coniato per la prima volta nel 1989 dall’epidemiologo inglese David Strachan, la trasformazione del biosistema dell’uomo moderno, passato dal contatto con la terra al contatto con il cemento, ha causato l’alterazione degli ecosistemi microbici esterni e interni al nostro corpo; proprio come noi, anche i microbi possono vivere solo in ambienti le cui caratteristiche fisiche ne permettano la sopravvivenza ed è evidente che il batterio fatto per vivere nei prati o sulla terra non può vivere sul cemento. Ora, malgrado i messaggi pubblicitari trasmessi dall’industria dei detersivi, noi non possiamo vivere senza i microrganismi. Sono essenziali al nostro funzionamento, soprattutto quelli che vivono dentro di noi, tanto che l’interazione con essi definisce e scolpisce il nostro sistema immunitario e i nostri meccanismi di tolleranza. L’Ipotesi Igienica sostiene che l’alterazione del funzionamento del sistema immunitario, con tutte le malattie che ne seguono, fra cui le allergie dei bambini, è conseguenza della rottura degli equilibri che da sempre esistono fra noi e i nostri microbi. La minore esposizione, specialmente nella prima infanzia, ad agenti infettivi, batterici e virali, dovuta a un cambiamento degli stili di vita e a una eccessiva attenzione alle norme igieniche, ostacolerebbe la corretta maturazione del sistema immunitario.


Secondo un’altra ipotesi, quella flogistica, tutte le malattie croniche degenerative che affliggono la società occidentale hanno come comune denominatore una componente di infiammazione cronica, che giocherebbe un ruolo essenziale nella loro genesi. L’elemento scatenante sarebbero alcune molecole chimiche e/o segnali elettromagnatici (presenti nella nostra vita di tutti i giorni) che, attivando in modo improprio alcuni nostri meccanismi immunitari, innescano reazioni abnormi o in apparenza ingiustificate.


Soprattutto le proteine, la cui struttura tridimensionale è molto complessa, quando vengono manipolate e alterate dall’industria alimentare e farmaceutica, hanno stupefacenti effetti energetici e biochimici: molte di loro “somigliano” a molecole-segnale del nostro corpo, e a causa di questa somiglianza inducono trasmissione di segnali aberranti, inutili o persino dannosi. Vengono così manipolati ogni giorno i recettori delle nostre membrane cellulari, attivando o inattivando in modo improprio circuiti ormonali dello stress, della morte cellulare programmata, di riparazione del danno cellulare.


Una delle ragioni che incidono in modo significativo sulla progressione delle malattie allergiche, il cui aumento è vertiginoso in tutto il mondo occidentale, sembra essere, però, anche lo stravolgimento del rapporto fisiologico fra madre e bambino. Vi accenneremo con la consapevolezza della vastità e profondità di un simile argomento, per il quale non sarebbe sufficiente un intero libro, figurarsi poche righe!

Le emozioni

La tossicità può investire il nostro organismo anche percorrendo la via delle emozioni e dei pensieri. È noto, almeno dagli inizi del Novecento, che le emozioni hanno effetti diretti sugli organi interni e sulla secrezione ormonale. Tutti conoscono la macchina della verità impiegata dalla polizia di alcuni Paesi o regimi; essa funziona registrando e interpretando i segnali che emettono la pelle, il cervello o il cuore di un individuo che sta mentendo, e che si suppone provi emozioni come il senso di colpa o la paura di essere scoperto.


Esistono effetti biologici, immediati e a lungo termine, provocati su un embrione, un feto, o un neonato che “senta” di vivere a contatto con una mamma in preda all’ansia, alla paura, priva del giusto grado di autostima, il che induce nel piccolo o nel nascituro un profondo timore per la propria sicurezza e sopravvivenza.


L’ansia e lo stress della madre si traducono in messaggi e “informazioni” al nascituro, di natura chimica, fisica, energetica.

Stile di vita in gravidanza

Come racconta Weston Price in Nutrition and physical degeneration, è noto a molte popolazioni tradizionali che la più perfetta salute fisica nei bambini che verranno si garantisce ponendo attenzione allo stile di vita della mamma durante la gravidanza, e di entrambi i genitori nei sei mesi che precedono il concepimento.


Egli ricorda che nelle tribù africane da lui visitate, e che vivevano in equilibrio con il loro ambiente da tempi immemorabili, coloro che si preparavano al concepimento erano tenuti, secondo la tradizione già a partire dai sei mesi prima del concepimento stesso, a far uso di una particolare dieta a base di alimenti “energizzanti” affinché il nascituro avesse le migliori possibilità di nascere forte e in buona salute.


È stato dimostrato che fumare in gravidanza aumenta i livelli di anticorpi IgE (quelli che si manifestano nei soggetti allergici), rilevabili nel cordone ombelicale del neonato; è inoltre stato provato che l’uso di alcuni farmaci in gravidanza predispone il bambino alle allergie.


Anche se si nota un crescente aumento della sensibilità riguardo a questi argomenti, soprattutto nel caso del fumo, esistono comunque milioni di donne in gravidanza che tutti i giorni trascorrono molto tempo in automobile, lavorano otto ore al giorno davanti a un computer, mangiano cibi indigesti e denaturati, guardano il telegiornale e la sua nota concentrazione di notizie tragiche, efferate e allarmanti. Sono distanti, insomma, dal necessario contatto quotidiano con stimoli fisiologici provenienti dalla natura.


Gli effetti della nutrizione intesa in senso lato, affettiva, energetica e alimentare, si comunicano al feto in modo immediato. Secondo David Barker, l’epidemiologo che nel 2003 formulò la già citata ipotesi della “programmazione fetale”, la malnutrizione, pur essendo un fenomeno transitorio, mette in atto delle modifiche del funzionamento di alcuni organi, come rene, fegato, pancreas, nonché del metabolismo, che in seguito diventano permanenti o “programmate”, in quanto verificatesi in un periodo critico dello sviluppo e della differenziazione cellulare.


La placenta lascerebbe passare gli ormoni dello stress prodotti dalla madre nel flusso sanguigno del feto. Stress e cattiva nutrizione potrebbero determinare trasformazioni diverse: il cervello si programmerebbe per secernere alti livelli di ormoni dello stress, predisponendo alla pressione alta e a malattie del cuore in età matura; i vasi sanguigni avrebbero pareti più sottili e rigide, predisponendo alla pressione alta; il fegato sarebbe più piccolo e con attività enzimatica alterata, con un numero inferiore di recettori del colesterolo, predisponendo al rischio di colesterolemia e pressione alta; il pancreas mostrerebbe un ridotto numero di capillari e un cattivo funzionamento delle cellule beta, con difficoltà nel controllo degli zuccheri nel sangue; anche i reni avrebbero un minor numero di nefroni e un’abilità ridotta nella regolazione dell’equilibrio salino.


Il disadattamento dei sistemi neurologico, endocrino, immunologico e psichico, ha la sua origine in primo luogo nella vita della donna prima del concepimento e durante la gravidanza. Un bambino che nasca con una predisposizione a tale disadattamento ne mostrerà i primi sintomi, con allergie e respirazione orale, in concomitanza con eventi stressanti dal punto di vista immunitario: un parto non naturale (anestesia epidurale, parto cesareo), lo svezzamento con latte vaccino, le vaccinazioni, l’inserimento all’asilo nido. È questo il motivo per cui spesso le mamme riferiscono che il loro bambino ha iniziato a respirare male dopo uno o più degli eventi suddetti.

La nascita

La medicalizzazione della nascita su larga scala è un fenomeno piuttosto recente. Nel giro di un paio di generazioni, si è passati da donne che partorivano perlopiù in casa aiutate dalla levatrice, a donne che sono state convinte che non sia possibile partorire in modo sicuro senza il contorno dei medici e al di fuori di un ospedale.


Soprattutto in passato, si è considerato con leggerezza un intervento come il parto tramite taglio cesareo, i cui gravi rischi per la salute psicofisica di madre e bambino sono oggi sempre più noti.


Una discussione approfondita sugli effetti psicofisici del parto non spontaneo sul bambino, della sottrazione del neonato alla madre subito dopo il parto e, più in generale, degli effetti di una nascita in cui la madre non abbia la possibilità di partorire indisturbata, meriterebbe una lunga trattazione a parte. Accenniamo qui, invece, ad alcuni aspetti relativi, in particolare, alla predisposizione allergica. Nei bambini nati con taglio cesareo si verifica un’incidenza maggiore di asma allergico, patologia della stessa “famiglia” della respirazione orale. Più in generale, essi sono soggetti a un maggior rischio di allergie; la spiegazione risiede nella mancata o scarsa colonizzazione iniziale delle loro mucose da parte di batteri utili, che di solito avviene al passaggio del neonato attraverso il canale del parto. Ciò impedisce la maturazione del sistema immunitario necessaria al passaggio dalla modalità fetale (quella a prevalenza di linfociti detti Th2, che protegge dal rigetto materno) alla modalità adulta (quella a prevalenza di linfociti detti Th1, per la cui maturazione è necessario un “allenamento” tramite contatto con agenti infettivi).


È stato inoltre provato che stress particolari alla nascita possono aumentare la probabilità di soffrire in seguito di allergie, e l’assetto metabolico di tipo allergico è la base per assumere un atteggiamento respiratorio orale anziché nasale. In particolare, il taglio prematuro del cordone ombelicale può interrompere il flusso vitale degli ormoni e delle immunoglobuline IgG materne dalla placenta al neonato. Le immunoglobuline IgG sono gli unici anticorpi che attraversano la placenta e “riducono” la quantità di immunoglobuline IgE (quelle che si trovano nel siero dei soggetti allergici).


Pertanto, il taglio prematuro del cordone ombelicale può interrompere il giusto rifornimento di IgG materne e favorire una predisposizione alle reazioni allergiche mediate dalle IgE. Difatti i livelli di anticorpi IgE sono già più alti alla nascita nei bambini che più tardi manifesteranno allergie.


Poiché le IgE non oltrepassano la placenta, devono, per forza di cose, essere di origine fetale; la loro formazione non è stata controllata a sufficienza dal metabolismo materno.


C’è, su questo dato, una corrispondenza interessante con l’uso tradizionale cinese della placenta e del cordone ombelicale come farmaci per il trattamento dell’asma nei bambini. Ciò sembra confermare che un’interruzione nello scambio perinatale degli ormoni, delle IgG materne e dei prodotti di rifiuto fra la placenta e il neonato può essere una causa del vuoto della Wei Qi del Rene del neonato, ossia dei motivi per cui, nel linguaggio della Medicina Tradizionale Cinese, un individuo manifesta una costituzione allergica sin dall’età neonatale (la Wei Qi è l’energia difensiva che scorre in superficie, subito sotto la pelle, ed è in questa prospettiva il più avanzato avamposto del sistema immunitario).

L’allattamento

- Il latte e il contatto materno sono regolatori precoci dello sviluppo neurologico ottimale dell’individuo.


La stimolazione sensoriale legata all’allattamento, alla suzione e al contatto pelle a pelle è assimilabile a un nutriente vero e proprio, essenziale per la crescita fisiologica, lo sviluppo e il funzionamento del sistema nervoso; la deprivazione sensoriale che abbia luogo durante i periodi formativi dello sviluppo cerebrale provoca anomalie sia di natura strutturale, sia funzionale, interessando i processi neurochimici e neuroelettrici.


Quando vi è un insufficiente legame affettivo fra madre e bambino, anche le concentrazioni di serotonina, uno dei neurotrasmettitori cerebrali, si riducono in modo significativo. L’organismo reagisce allo stress aumentando la secrezione di certi ormoni e inibendone altri. Lo stress causa cambiamenti fisici nel cervello e nel corpo. La fatica, l’ansietà, la depressione, i disturbi del sonno sono indotti da malfunzionamenti chimici del cervello. Sostanze messaggere come la serotonina, la noradrenalina e la dopamina sono fra le principali sostanze chimiche che iniziano a funzionare male in caso di stress prolungato sicché ad esempio il deficit di serotonina è una sorta di misura indiretta di uno stato ansioso-depressivo protratto.


Anche l’allattamento a richiesta e il contatto pelle a pelle appartengono ai bisogni primali del bambino; se vengono disattesi generano segnali di allarme e quindi di stress.


Un ulteriore fattore neurobiochimico è coinvolto nella sintesi della serotonina cerebrale: il triptofano, un aminoacido essenziale di cui sono ricchi il colostro e il latte materno, ma assente nel latte artificiale.


L’allattamento materno è quindi essenziale per uno sviluppo cerebrale fisiologico, soprattutto per quei processi cerebrali che inibiscono depressione e violenza e promuovono comportamenti pacifici, affettivi, socialmente positivi, requisiti indispensabili per la crescita psicofisica equilibrata di un individuo. L’essere poco o per nulla allattati, cullati, accarezzati, toccati con amore (direttamente sulla pelle, non attraverso i vestiti) e l’essere lasciati a lungo dentro culle o passeggini sono tutti elementi che hanno conseguenze sullo sviluppo neurologico dei bambini. Si rifletta ora sul fatto che solo nella specie umana troviamo neonati separati dalla mamma al momento della nascita e mamme che non allattano i piccoli.

Formula e latte vaccino

Il latte vaccino è senz’altro un ottimo alimento… per i vitelli. Gli esseri umani hanno invece bisogno di essere nutriti con il latte che madre natura ha formulato in modo esclusivo per loro, ossia quello delle proprie madri. È tanto esclusiva la cura che madre natura ha dedicato alla giusta composizione del latte umano, che ogni madre ne produce una qualità unica e irripetibile, diversa in ogni momento della giornata, adatta a quel particolare bambino in quel particolare momento. Ed è probabile che anche le mucche siano dotate di tale amorevole versatilità per il bene dei loro vitelli. Ci si può quindi aspettare che i costituenti e i nutrienti del latte vaccino e del latte umano siano tanto simili quanto possano esserlo, appunto, un vitello e un bambino!


Il latte vaccino, già di per sé inadeguato, è per di più un alimento che deperisce con facilità; per essere trasportato e commercializzato viene trattato fisicamente (pastorizzato, omogeneizzato) con processi industriali che distruggono o modificano molti dei suoi nutrienti originari. Non a caso la natura ha ideato il sistema bocca-capezzolo, senza dubbio un ottimo stratagemma per impedire l’ossidazione del latte, che passa inalterato dalla madre al piccolo conservando tutte le sue preziose qualità.


Che il latte vaccino sia inadeguato all’alimentazione umana, almeno durante il primo anno di vita, viene ora affermato anche dalle multinazionali che vendono formule, e che si avvalgono delle comunicazioni ufficiali più aggiornate diffuse dalle società pediatriche internazionali: “L’uso del latte vaccino o di mucca è sconsigliato nell’alimentazione del lattante fino al 12° mese di vita. Ha una composizione inadeguata ai fabbisogni nutrizionali dei primi mesi di vita del bambino poiché fornisce un eccessivo apporto di proteine e presenta un basso contenuto di alcuni elementi importanti, quali ferro, acidi grassi essenziali, vitamine A D C E”.


DIFFERENZE NEL PROCESSO DELLA DIGESTIONE

LATTE UMANO NON BOLLITO

LATTE VACCINO

Permanenza nello stomaco

1,5 – 2 ore

3 – 4 ore

Potere tampone

1

6

Coagulazione

In fini fiocchi

In grumi grossolani

Lipasi, anticorpi e vit. C

Presenti

Inefficienti o distrutti dal calore

Disposizione per l’anemia ferri priva

Scarsa

Notevole

Processi fermentativi nel grosso intestino

Ossidativi

Riduttivi (putrefazione)

Feci

Giallo-verdognole, 3-6 scariche al giorno, acide, a consistenza di pomata fino a grumose

Di aspetto a mastice, 1-2 scariche al giorno, alcaline, formate

Differenze nel processo di digestione del latte umano in confronto al latte vaccino. (da Fanconi-Wallgren, Trattato di pediatria, Vallardi, 1960)


Lo svezzamento e la sostituzione del latte materno con il latte vaccino sono uno degli eventi che causano stress al sistema immunitario e innescano le manifestazioni allergiche, fra cui la respirazione orale.


È importante anche sottolineare come qualsiasi tipo di alimento liquido, e il latte in particolare, per essere digerito in modo ottimale debba essere assunto in quantità minime, a piccoli sorsi. Il latte va centellinato come un vino d’annata, non bevuto come fosse acqua. Il seno materno mostra, a tale proposito, nella geniale semplicità della sua perfezione, un’altra delle funzioni che gli sono proprie: quella di costringere il neonato a fare un certo sforzo per succhiare quantità comunque piccole di latte rispetto a quelle che fuoriescono, per esempio, da un biberon. Di solito questo aspetto non viene discusso da coloro che avversano il latte vaccino, ma è possibile che la sua tossicità e il suo primato nella classifica dei cibi allergizzanti sia dovuto, in parte, anche alla modalità con cui entra in contatto con il nostro sistema digerente e immunitario.

La durata dell’allattamento materno

E anche se non è pratica comune nei Paesi industrializzati, sia l’UNICEF sia l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomandano l’allattamento al seno “per due anni e mezzo e anche oltre”. Di fatto, il sistema immunitario di un bambino non raggiunge la piena efficienza prima dei 5 anni di età.”“Come il latte materno protegge il neonato”Jack Newman, M.D. “Scientific American”, Dicembre 1995


La precedente citazione (proveniente da un articolo su una delle riviste scientifiche più note e autorevoli al mondo) risale a quasi vent’anni fa, epoca in cui in Italia affermazioni del genere avrebbero suscitato per lo più reazioni incredule, stupite o decisamente avverse. Oggi gli sforzi per favorire l’allattamento al seno si sono moltiplicati, gli ospedali e le autorità locali partecipano alla divulgazione delle informazioni e, almeno sulla carta, le raccomandazioni dell’OMS sulla durata dell’allattamento sono note ai più: sei mesi di allattamento esclusivo senza introduzione di altri liquidi o cibi solidi e poi la prosecuzione per almeno due anni e anche oltre, se il bambino e la mamma sono concordi. Malgrado sia questa l’opinione delle massime autorità mediche mondiali, e nonostante gli sforzi informativi e divulgativi sull’argomento, è però ancora lunga la strada da percorrere per far sì che una diversa cultura dell’allattamento penetri in modo capillare negli ospedali, negli studi medici e pediatrici, nelle stesse famiglie.


È infatti piuttosto raro incontrare medici che consiglino alle madri di prolungare l’allattamento; anzi, vi sono pediatri che lo sconsigliano sempre e comunque oltre il primo anno perché, a parer loro, il latte per quell’epoca sarebbe troppo povero e si rischierebbe di sottonutrire il bambino. Eppure, l’AAFP (American Academy of Family Physicians), la società americana dei medici di famiglia, fondata nel 1947 e oggi una delle maggiori associazioni mediche di tutti gli Stati Uniti, con oltre 100.000 membri, afferma che:


L’allattamento oltre il primo anno di vita offre considerevoli benefici sia alla madre sia al bambino, e dovrebbe proseguire fintantoché entrambi lo desiderino. Lo svezzamento prima del compimento del secondo anno d’età sottopone il bambino a un rischio maggiore di contrarre malattie”.


La professoressa Kathryn G. Dewey, esperta in nutrizione infantile che da più di 10 anni pubblica studi che riguardano in modo specifico l’allattamento materno (molti dei quali sono relativi a progetti di ricerca per conto dell’OMS), afferma che l’allattamento continua a fornire quantità importanti dei nutrienti chiave ben oltre il primo anno di vita: soprattutto proteine, grassi e gran parte delle vitamine. In particolare, nel secondo anno di vita, 448 ml di latte materno forniscono il 29% del fabbisogno energetico giornaliero, il 43% di quello proteico, il 36% del fabbisogno di calcio, ben il 75% di quello di vitamina A e il 76% di quello relativo ai folati, addirittura il 94% del fabbisogno di vitamina B12, nonché il 60% della vitamina C necessaria.


Anche l’introduzione di altri liquidi, o addirittura dei cibi solidi, prima dei sei mesi è un’abitudine davvero dura a morire nel nostro Paese. Non parliamo poi della possibilità di prolungare l’allattamento oltre i due anni d’età; difatti, molte delle madri che allattano per diversi anni, da un certo momento in poi lo fanno solo “nell’ombra”, in una segreta e nascosta intimità.


Esiste una lunghissima lista di motivazioni per cui l’allattamento al seno dovrebbe proseguire il più a lungo possibile, fino alla sua naturale conclusione, diremmo, ossia finché l’istinto di suzione del bambino venga meno in modo del tutto naturale, ma ci limiteremo ad alcune considerazioni generali, quelle che interessano soprattutto l’argomento del libro.


Nella prima parte della vita è indispensabile un allenamento neuromotorio del settore orale molto intenso, forse più di quello che possiamo immaginare. Esso è necessario per rendere ottimale la crescita neurologica e psicologica del bambino, per permettere al suo sistema immunitario di giungere a maturazione, per favorire il corretto sviluppo scheletrico e posturale della regione oro-facciale.


L’assenza di allattamento, e la mancata stimolazione fisica ed epidermica che ne conseguono, possono portare ad alterazioni dell’assetto psicologico ed emozionale dell’individuo.


L’essere umano ha bisogno di essere coordinato nei movimenti. L’acquisizione della coordinazione avviene attraverso l’esercizio e l’apprendimento in alcune fasi precoci ed essenziali della vita: pensiamo al gattonamento, che precederà la fase di allenamento alla deambulazione in stazione eretta. Ma la fase che le precede tutte è quella dell’allattamento al seno. Il forte istinto di suzione del neonato, destinato ad accompagnare il bambino di norma per diversi anni, svolge un ruolo essenziale proprio perché garantisce che il neonato e il bambino piccolo abbiano sempre una quantità adeguata di nutrimento, stimolazione sensoriale, appagamento affettivo, esercizio neuromotorio. La sostituzione dell’allattamento con formule artificiali può saziare il bambino ma certo non potrà sopprimere il suo istinto di suzione, e tanto più abbiamo messo al mondo bambini con forti istinti di sopravvivenza e apparato neuromotorio vitale e reattivo, tanto più il loro istinto di suzione sarà insopprimibile e vivo. L’assenza o, più spesso, l’insufficienza dell’allattamento al seno, costringono il bambino a cercare un surrogato per autostimolarsi, come succhiarsi il dito o accontentarsi del succhiotto. Purtroppo la soddisfazione dell’istinto di suzione attraverso l’uso di surrogati, non solo non si arricchisce del bagaglio di stimolazioni affettive e sensoriali dell’“originale”, ma risulta spesso foriera di danni alla normale fisiologia dello sviluppo orofacciale. Più tardi, quando i genitori interrompono l’abitudine a succhiare il dito o il ciuccio, si insinua non visto un altro surrogato, il succhiamento del labbro inferiore. Le malocclusioni da succhiamento/mordicchiamento del labbro inferiore sono, con ogni probabilità, le più diffuse fra i bambini italiani di oggi. L’allattamento è, infatti, la principale palestra psico-neuro-motoria cui viene sottoposto l’organismo in crescita, e, per quanto il bambino tenti di autostimolarsi, un allattamento assente o insufficiente ne condizionerà lo sviluppo.


Il contenuto del latte materno, e l’esercizio fisico necessario per spremerlo fuori, regolano subito anche l’attività metabolica del neonato e l’equilibrio del suo sistema endocrino.


È ormai ben noto anche il ruolo decisivo dell’allattamento per lo sviluppo e il buon funzionamento del sistema immunitario, la cui maturità operativa non si profila prima dei 5-6 anni (una delle ragioni, insieme a molte altre, per cui, secondo l’antropologa Katherine A. Dettwyler, l’età naturale di svezzamento completo dell’essere umano può variare dai 2,5 ai 7 anni di età). Tale maturità viene preparata dal latte materno, che al contempo fornisce una preziosa immunità acquisita. La concentrazione dei fattori immunitari presenti nel latte materno aumenta persino a partire dal secondo anno.


Idealmente, l’apprendimento neuro-motorio, essenziale all’inizio della vita perché si possa respirare e deglutire in modo corretto, così come l’esperienza appagante e stimolante della suzione al seno e un adeguato “buon inizio” del sistema immunitario, dovrebbero avere la possibilità di compiersi prima dello svezzamento completo.


Per l’indissolubile rapporto che lega forma e funzione, nello stesso momento in cui si apprendono le giuste funzioni, gli organi che le svolgono assumono una forma fisiologica che servirà, terminato l’“addestramento”, a consentire lo svolgimento ottimale delle funzioni fisiologiche nell’adulto.


È come se, per costruire una ferrovia, si utilizzasse un primo treno per creare la traccia su cui deporre il binario. Se il treno cammina dritto il binario sarà rettilineo, e rettilinea sarà la traiettoria per i successivi treni che passeranno. Se invece il primo treno che fa da traccia cammina storto, il binario verrà costruito storto e i treni successivi andranno a zig-zag.


È assolutamente opportuno che le prime funzioni del bambino (il primo treno) siano di tipo fisiologico, ossia normali ed efficienti in qualità e quantità, cosicché gli organi si strutturino secondo una forma (binario) anch’essa fisiologica. Ciò garantirà per il resto della vita funzioni organiche anch’esse fisiologiche.


Affinché le prime funzioni neuromotorie di un bambino siano fisiologiche, è essenziale che venga anche allattato al seno. Il seno materno conforma con delicatezza il palato duro del bambino, così come la mano delicata sa conformare l’argilla in un bel vaso arrotondato. La tettarella artificiale, invece, è troppo dura e, anziché lasciarsi schiacciare fra la lingua e il palato del neonato, ne spinge il palato stesso verso l’alto conformandolo in modo patologico. In aggiunta, i fori da cui esce il latte sono spesso troppo grandi, la portata diventa eccessiva, e questo genera prima un’alterazione nelle dinamiche fisiologiche della deglutizione, e poi della digestione.


Una volta iniziato lo svezzamento, con la comparsa dei denti, è essenziale mangiare una certa quota giornaliera di alimenti duri e crudi, masticandoli a lungo e finemente.


Con una certa preoccupazione si nota invece che bambini nutriti con formula e biberon vengono poi alimentati con pappe molli e troppo cotte. In questo modo, è difficile che si compia il fisiologico strutturarsi delle ossa della faccia, che dipende dalle abitudini di movimento dei muscoli automatici.


Il consumo esclusivo di cibi dalla consistenza molle favorisce la deglutizione di bocconi masticati in modo insufficiente. Come hanno sostenuto Horace Fletcher e Franz Xaver Mayr, molti dei disagi dei nostri bambini potrebbero aver origine proprio da questo.

I vaccini

Anche quello delle vaccinazioni è un tema immenso che meriterebbe ben più di un semplice accenno, ma verrà solo sfiorato in questa lista di fattori che, sin dalla primissima infanzia, predispongono allo sviluppo non fisiologico dell’individuo.


Sebbene se ne parli poco e malvolentieri, è ben conosciuto il rapporto fra vaccinazioni e inizio di fenomeni allergici anche gravi.


È noto ad esempio che, in soggetti sensibili, una vaccinazione può scatenare l’asma allergico. Le vaccinazioni sono collegate a una maggiore incidenza dell’asma, da 3 a 5 volte.


Come opportunamente osserva I. Bianchi, in Italia ogni anno vi sono almeno 1.642 morti per asma, a cui gli effetti delle vaccinazioni contribuiscono in maniera rilevante. Considerando che ogni anno muoiono 10 bambini di morbillo, contro i 1.642 di asma (senza considerare i rischi di encefalite postvaccinica), i rischi della vaccinazione antimorbillo (fra cui, appunto, l’induzione di asma allergico) sono nettamente superiori ai benefici.


Studi sugli animali hanno mostrato che i batteri contenuti nel vaccino antipertosse possono provocare la formazione di anticorpi IgE (quelli implicati nelle reazioni propriamente allergiche): è possibile che la vaccinazione antipertosse possa favorire la manifestazione di allergie, soprattutto nel caso in cui venga praticata durante la stagione del polline.


È altresì noto che le vaccinazioni provocano manifestazioni anche più drammatiche, addirittura casi di autismo e altri disordini neurologici, e la letteratura internazionale sull’argomento è molto nutrita.


Ma la corsa ai vaccini è solo uno degli aspetti che caratterizzano la tendenza contemporanea a una medicalizzazione spesso selvaggia. Il farmaco, come primo baluardo nella salvaguardia della salute e del benessere psicofisico degli individui, estende il suo dominio anche ai più piccoli e indifesi, a coloro il cui equilibrio fra salute e malattia è il più delicato e misterioso.


Esaminando in modo critico la storia della medicina degli ultimi 80 anni e, soprattutto, confrontando i manuali di medicina che risalgono a prima della Seconda Guerra Mondiale con quelli del dopoguerra, si osserva con sconcerto che certi argomenti considerati obsoleti, ma su cui poggiavano invece le solide basi della medicina funzionale, dell’elettrochimica colloidale e della semeiotica, sono state eliminate in modo sistematico dai programmi universitari e dal bagaglio culturale dei futuri medici, a partire dagli anni Quaranta del Novecento. Il rischio, però, è di perdere alcuni riferimenti medici e culturali validi e importanti, lasciando il medico odierno in balìa delle novità commerciali farmaceutiche, senza poter distinguere ciò che è veramente essenziale, ignorando aspetti decisivi della fisiologia, dell’epidemiologia e della storia della medicina. La pratica delle vaccinazioni contro le malattie esantematiche (morbillo, varicella, rosolia ecc.) si colloca forse proprio in questo contesto, dove l’importanza di tali malattie nello sviluppo non solo immunitario della persona umana è a tutt’oggi sconosciuta alla maggior parte dei medici. È così che il vuoto lasciato dalle pratiche della cultura medica tradizionale e popolare impedisce alle madri di considerare la malattia esantematica come un’esperienza immunologica cruciale.

Le prime febbri

Nel fare riferimento ad alcuni concetti basilari in Omotossicologia (una corrente della medicina omeopatica), si cercherà di fornire un punto di vista diverso a coloro che con leggerezza, seguendo il parere del medico, somministrano antibiotici, antistaminici, cortisonici, antinfiammatori ai propri bambini, anche solo ai primi sintomi di una febbre, un’influenza, un raffreddore o una sindrome allergica.


La quasi totalità delle malattie dell’infanzia sono di natura infiammatoria, caratterizzate da rialzi febbrili e, spesso, dal rigonfiamento edematoso transitorio di alcune parti del corpo. All’inizio di un qualsiasi processo infiammatorio si instaura, nel tessuto affetto, una condizione di acidosi: lo spazio fra le cellule, riempito da un liquido noto come “sostanza fondamentale”, diventa acido, e si attiva un enzima chiamato ialuronidasi, che solubilizza la sostanza fondamentale stessa rendendola ancora più liquida del normale. Si forma così un edema infiammatorio, una specie di brodo tissutale nel quale si trovano sospesi gli svariati corpi tossici che hanno provocato la reazione infiammatoria stessa, fra cui l’istamina e notevoli quantità di aminoacidi liberi, ossia i “mattoni” provenienti dalla dissoluzione delle proteine.


L’infiammazione non è una reazione dannosa e insensata dell’organismo. Piuttosto, si tratta di una funzione opportuna dal punto di vista biologico, in quanto permette la depurazione del tessuto connettivo dalle tossine interne ed esterne che vi si accumulano. Il tessuto connettivo è il tessuto di collegamento e nutrizione che pervade il nostro corpo, e di cui fa parte la sostanza fondamentale.


Una delle funzioni del connettivo è infatti quella di essere temporaneo deposito delle tossine che vi vengono convogliate dal sangue e immagazzinate in attesa di essere eliminate. Queste tossine provengono soprattutto dal metabolismo cellulare (tossine endogene) ma anche dall’esterno, per esempio i virus, i batteri, i farmaci, i metalli pesanti, varie sostanze chimiche, ecc. (tossine esogene).


Sia le tossine endogene, sia quelle esogene, ogni giorno devono essere smaltite e questo lavoro viene svolto dal sistema linfatico (fra cui il MALT, tessuto linfatico associato alle mucose) che, proprio come uno spazzino, porta via ogni giorno i rifiuti che si sono accumulati. Affinché ciò avvenga, il connettivo, nell’arco delle 24 ore, attraversa due fasi di circa 12 ore ciascuna: una fase di smaltimento delle scorie metaboliche e delle sostanze estranee, e una fase di ricostruzione della matrice connettivale e delle sostanze indispensabili alla vita delle cellule, fra cui le proteine. In ogni fase il connettivo cambia la sua struttura.


Siamo in presenza di uno dei ritmi e degli equilibri di base del nostro organismo. Nella prima fase della giornata, che va all’incirca dalle 3 alle 15, il nostro tessuto connettivo appare come una gelatina sciolta, solubilizzata (stato di sol = acidosi), e in questa prima parte della giornata avviene la demolizione e lo smaltimento di scorie e proteine. Nella seconda fase, invece, quella della ricostituzione, che va dalle 15 alle 3 circa, il connettivo appare come una sorta di gelatina condensata (stato di gel = alcalosi); è il momento in cui si ricostituisce la matrice connettivale e proteica. In sintesi, a ogni demolizione segue una ricostruzione e viceversa.


Questo equilibrio può però rompersi per una serie di ragioni: traumi, infezioni virali o batteriche, insufficienza funzionale del sistema linfatico, eccessiva produzione di tossine dovuta a errata alimentazione o all’assunzione di sostanze chimiche, ecc. Tutti questi eventi portano a un aumento di scorie nel connettivo.


Quando l’organismo è particolarmente sovraccarico, si mettono in moto meccanismi di detossificazione aggiuntivi, grazie alla produzione di alcuni enzimi (per es. la già accennata ialuronidasi) che producono uno stato continuativo di sol del connettivo (fase di smaltimento): questa fase non dura più solo 12 ore, ma prosegue fin quando non viene ottenuta una pulizia profonda e completa. Tale meccanismo supplettivo prende il nome di infiammazione!


La gelatina disciolta (stato di sol) della matrice connettivale rigelificherà (stato di gel) solo quando sarà fatta completa pulizia del connettivo stesso. Solo allora, dopo aver svolto la sua funzione di drenaggio supplettivo, l’infiammazione terminerà e verrà ripristinato il normale bioritmo giornaliero tra fase di sol e fase di gel. Le caratteristiche visibili di ogni infiammazione sono: arrossamento, dolore, calore, rigonfiamento e perdita temporanea della funzionalità della parte del corpo interessata. Questi sono i segni esteriori del fenomeno di autodepurazione mediante i processi infiammatori. Da questa prospettiva l’infiammazione e la febbre, che ne costituisce il sintomo più generale, rappresentano un meccanismo utile e sensato, non una malattia da combattere, come invece vengono di norma considerate.


Negli ultimi anni è stato dimostrato che il nostro sistema immunitario inizia a funzionare in modo ottimale a partire da una temperatura di 38,4° C. Per questo motivo, in alcuni centri all’avanguardia nella cura dei tumori, viene usata l’ipertermia, ossia l’induzione di un’infiammazione molto alta prodotta in modo artificiale nella zona da trattare, con l’intento di produrre un forte stimolo immunitario. Se l’infiammazione e la febbre non vengono interpretate in modo corretto, si cercherà di bloccarle grazie all’ausilio di anti-infiammatori, antibiotici, cortisonici, ecc.


I farmaci che sopprimono la reazione infiammatoria provocano un viraggio prematuro del pH tissutale da acido (sol) ad alcalino (gel), senza prima attendere che sia stata fatta “pulizia”. Di conseguenza, si produce una gelificazione forzata del connettivo e l’infiammazione verrà interrotta. Medico e paziente saranno soddisfatti del risultato, convinti di aver ottenuto la guarigione eliminando i sintomi. In realtà, gli enzimi che dovrebbero aiutare la detossificazione, digerire le tossine batteriche e tutto ciò che è estraneo (compresi i farmaci), vengono bloccati, e tutti questi prodotti, fra cui anche i mediatori dell’infiammazione come l’istamina, rimangono in parte non digeriti nel connettivo.


Con la soppressione sistematica delle infiammazioni si produce di conseguenza un accumulo sempre maggiore di tossine all’interno della sostanza fondamentale del nostro tessuto connettivo. In tal modo, il connettivo si “impregna” sempre più in profondità di tossine ed è sempre più intasato da sostanze estranee (proteine batteriche, virus, sostanze chimiche, ecc.).


I danni provocati dalle terapie farmacologiche convenzionali sono gravi soprattutto quando la soppressione dell’infiammazione avviene durante la sua fase di sviluppo (appena si alza un po’ la temperatura, per esempio, o comunque entro i primi tre giorni dall’inizio della malattia). In questo modo infatti si permette la formazione di peptidi (proteine di piccolo calibro) anomali costituiti da materiale proteico dell’individuo e frammenti di quei farmaci e/o di quelle tossine batteriche la cui digestione è stata interrotta. Contro di esse il corpo produce anticorpi, i quali però finiscono per attaccare anche le parti del nostro corpo in cui queste proteine anomale sono andate a depositarsi. Gli “autoanticorpi” colpiranno tutti quei tessuti nei quali, dopo la brusca inversione da acidosi ad alcalosi procurata dai farmaci, si sono fissate tossine batteriche e/o frammenti di farmaci, non eliminati per interruzione del processo infiammatorio prima del suo termine naturale. Il tipo di reazione che il nostro sistema immunitario avrà al successivo contatto con questi peptidi selvaggi sarà di tipo autoimmunitario, ossia, in sostanza, allergico.


I bambini, e tutti coloro che usano in modo indiscriminato e prolungato i farmaci allopatici, rischiano di essere spinti verso fasi di impregnazione del tessuto connettivo da parte di molecole ibride e di istamina.


Gli effetti cumulativi che ne conseguono sono tutt’altro che innocui, ma sono differiti di parecchi anni, spesso decenni. È un po’ come innescare una bomba a orologeria. L’uso prolungato e/o reiterato di farmaci sintetici con effetto soppressivo sul naturale meccanismo infiammatorio di autodetossificazione dell’organismo, conduce l’individuo verso fasi di degenerazione e di neoplasma. Queste non rappresentano che l’ultimo stadio di una malattia le cui manifestazioni sintomatiche possono essere molteplici nel corso dell’intera vita. Per questo può capitare, ad esempio, che dopo la soppressione farmacologica di un eczema in un bambino, facciano la loro comparsa attacchi d’asma.


Troppo spesso, e con disinvoltura, si trattano i bambini con farmaci che andrebbero utilizzati solo in caso di serio pericolo. Non si tratterà certo di evitare l’uso del cortisone in caso di grave attacco d’asma con pericolo di soffocamento o nel corso di uno shock anafilattico, quanto piuttosto di evitare l’uso imprudente e continuativo di farmaci soppressivi nel corso di affezioni banali (febbre, raffreddore, influenza, rinite, congiuntivite ecc.). Inoltre, soprattutto nei bambini con allergie e infezioni respiratorie ricorrenti, sarebbe di grande aiuto, durante i periodi di (apparente) benessere fra un episodio acuto e l’altro, utilizzare rimedi non di sintesi che aiutino il drenaggio del sistema connettivo intossicato.


Conseguenze dell’infiammazione con


TERAPIA BIOLOGICA

TERAPIA ALLOPATICA

Stimolazione del grande sistema difensivo

Blocco enzimatico, apparente guarigione immediata, ma

Vicariazione regressiva

Vicariazione progressiva

Guarigione: liberazione da veleni e dai loro danni

Danni al sistema difensivo

Come scopo terapeutico, guarigione: liberazione dalle tossine e dai loro danni

Danni terapeuttici, effetti collaterali, patologia iatrogena, malattie croniche

Comparazione dei differenti effetti a lungo termine tra l’uso di farmaci omeopatici o omotossicologici (terapia biologica) e l’uso di farmaci allopatici sintetici (da Bianchi I, Manuale di terapia biologica in pediatria, e Reckeweg HH, Omotossicologia, prospettiva per una sintesi della medicina).

L’affidamento del bambino

Una breve riflessione sulla necessità, che sembra ormai quasi ineludibile, di affidare i propri figli ad asili e babysitter.


Nelle piccole comunità rurali di un tempo l’individuo cresceva all’interno di un contesto sociale che lo integrava e lo riconosceva profondamente sin dall’infanzia. In seguito ai mutamenti che l’economia, la società e la cultura hanno determinato negli ultimi decenni, si assiste invece a una profonda trasformazione della natura della “comunità” che circonda e sostiene un bambino durante la crescita. I contesti comunitari tradizionali sono stati erosi e con fatica le nuove generazioni di genitori fronteggiano la sfida di doverne costruire e inventare di nuovi. Il solido e significativo “villaggio” di adulti, che forniva riferimenti precisi e condivisi ai nuovi nati, è oggi sempre più spesso una sparuta unione di solitudini, di singole e sparse individualità che faticano a portare avanti il proprio lavoro. E mai come oggi i bambini rischiano di scivolare fra le maglie larghe di questo tessuto che dovrebbe sostenerli. Scivolano, spesso sin dai primi mesi di vita, lontano da un senso di appartenenza e di protezione, distaccati dal consolidamento del legame fisiologico madre-figlio, distante dal rispetto dei ritmi vitali essenziali.


Non è casuale la manifestazione di raffreddori, oppure otiti, o sonno disturbato o altri malesseri, spesso molto ricorrenti, proprio in concomitanza con l’inserimento al nido o alla scuola materna. La spiegazione che la Medicina Occidentale Moderna dà di questo fenomeno assai comune è la trasmissione di malattie infettive da un bambino all’altro. Manca del tutto lo studio e la considerazione della reazione immunitaria ed energetica del bambino di fronte a un’esperienza che saggia in modo precoce la sua capacità di sopportazione dello stress, e che il più delle volte non può che essere percepita dai più piccoli come un’autentica minaccia di abbandono. L’attivazione degli ancor solidi istinti di sopravvivenza, resistenza e richiamo, l’allerta generale in cui viene a trovarsi d’improvviso tutto l’organismo, la difficoltà di adattarsi a situazioni che non corrispondono alle attese fisiologiche innate di cura e protezione: tutto questo crea una condizione di squilibrio che ha di norma ripercussioni sul sistema neurologico e immunitario.


Ma qual è, di solito, l’esito pratico di una simile crisi? Un bel via libera alla prima terapia antibiotica nella vita del bambino, subita da intestino e sistema immunitario che difficilmente, se le “cure” si ripeteranno, ne usciranno incolumi.

Il giusto respiro
Il giusto respiro
Andrea Di Chiara
Proteggere i bambini da adenoidi ingrossate, allergie, infezioni respiratorie ricorrenti e altre patologie.Come alleviare i problemi di adenoidi ingrossate, allergie e infezioni respiratorie nei bambini e favorire una crescita naturale ed equilibrata. Siamo sicuri che problemi come allergie, adenoidi ingrossate, denti storti, raffreddori frequenti, asma, siano caratteristici di tutti i bambini? Studi epidemiologici dimostrano che questi problemi sono in netto aumento nei paesi occidentali e che lo stato di salute pediatrico è cambiato nel corso del tempo, passando dalle malattie acute infettive a quelle croniche, caratterizzate da risposte alterate del sistema immunitario; denominatore comune di tale fenomeno pare essere l’alterazione degli automatismi di respirazione e deglutizione nei bambini piccoli, indotta da uno stile di vita poco indicato e da ritmi artificiali. Respirare è una funzione vitale e la sua sede propria è il naso, ma ecco che, quando il respiro si fa corto, in modo naturale la bocca si apre e risponde alla situazione di emergenza. Respirare con la bocca è indice di un profondo disagio del bambino, il quale coinvolge le sfere psichica, neurologica, endocrina, digestiva e immunitaria. Il libro Il giusto respiro dell’odontoiatra Andrea Di Chiara vuole fare il punto della situazione, dando alcuni suggerimenti pratici alle famiglie per il trattamento domiciliare del bambino adenoideo allergico e, più in generale, per una crescita naturale ed equilibrata. Conosci l’autore Andrea Di Chiara è un odontoiatra, agopuntore, perfezionato in occlusione e postura in chiave chinesiologica ed esperto in strategie per la rieducazione respiratoria dei bambini adenoidei/allergici/respiratori orali.È promotore e Presidente dell’Associazione Italiana per la Prevenzione della Respirazione Orale (AIPRO), sul cui sito, www.aipro.info, sono disponibili informazioni rivolte agli insegnanti, ai consumatori, ai genitori, agli enti locali, ai medici. Si occupa da sempre della relazione tra la forma e la funzione negli organismi viventi.