La frustrazione come forza propulsiva dell'aggressività
Cosa spinge una persona all’attacco? La frustrazione. Questa è il combustibile dell’aggressività. Certo, la frustrazione non conduce automaticamente all’aggressione più di quanto una riserva d’ossigeno non faccia scoppiare automaticamente un incendio. Come vedremo, può portare anche ad altri tipi di reazione, alquanto diverse dall’aggressività. Solo in assenza di soluzioni più civili si arriva all’aggressione. L’orientamento ai coetanei non solo accresce la frustrazione, ma diminuisce anche la probabilità di trovare alternative pacifiche all’aggressività.
La frustrazione è l’emozione che proviamo quando qualcosa non va per il verso giusto. Quello che non va può essere un giocattolo, il lavoro, il proprio corpo, una conversazione, una richiesta, una relazione, la macchinetta del caffè o le forbici. Qualunque cosa sia, più ci sta a cuore il fatto che funzioni, più ci sentiamo provocati se non lo fa. La frustrazione è un’emozione profonda e primitiva, così primitiva che la troviamo anche in altri animali, e non è qualcosa di cui si debba essere per forza consapevoli, ma come ogni altra emozione, non mancherà di muoverci.
Molti sono gli elementi scatenanti della frustrazione, ma poiché ciò che conta più di tutto per i bambini – e per molti adulti – è l’attaccamento, la più grande fonte di frustrazione sono gli attaccamenti che non funzionano: perdita di contatto, connessioni contrastate, troppa separazione, sentirsi rifiutati, perdere la persona amata, mancanza di appartenenza o di comprensione. Poiché siamo di solito inconsapevoli dell’attaccamento, siamo anche spesso ignari del nesso che lega la nostra frustrazione agli attaccamenti che non funzionano.
Lo stretto legame fra attaccamento frustrato e aggressività mi fu chiaro all’istante quando mio figlio Shay aveva tre anni. Shay era molto attaccato a me ed eravamo stati separati per periodi relativamente brevi fino al giorno in cui accettai un invito a tenere un corso di formazione di cinque giorni dall’altra parte del continente. Al mio ritorno, l’aggressività di Shy si era intensificata, passando dai due o tre incidenti al giorno – normali per la sua età – a molti di più, tra i venti e i trenta. Non c’era bisogno di chiedergli perché avesse delle crisi, mordesse, picchiasse o lanciasse oggetti – guarda caso l’argomento del mio seminario rivolto agli educatori era sulle radici della violenza e dell’aggressività. Né avrebbe potuto dirmelo lui. Era attaccamento frustrato puro e semplice, che scaturiva dal profondo. La madre di Helen, la bambina menzionata all’inizio di questo capitolo, aveva sofferto di una grave depressione quando Helen aveva tre anni. Lei e suo marito erano diventati meno disponibili per la figlia durante i lunghi mesi bui del suo disturbo dell’umore. Poi all’improvviso, senza motivo apparente, Helen aveva iniziato a colpire gli altri bambini al parco, bambini che neppure conosceva. Era il suo attaccamento frustrato che erompeva in comportamenti aggressivi.
Quando i coetanei sostituiscono i genitori, muta anche la sorgente della frustrazione che, in molti casi, aumenta anziché diminuire. I bambini che rivolgono i propri attaccamenti gli uni verso gli altri sono frustrati perché faticano molto a preservare l’intimità e la vicinanza. Non vivono insieme, perciò soffrono di continuo la separazione. Non c’è mai la certezza di incontrare il favore dei compagni; essere scelti oggi non è una garanzia che si verrà scelti anche domani. Se essere importanti per i coetanei è ciò che conta di più, la frustrazione sarà sempre dietro l’angolo: chiamate non ricambiate, essere trascurati o ignorati, essere rimpiazzati da altri, disprezzati o umiliati. Un bambino non può mai cullarsi nella certezza di essere accettato e considerato speciale dai coetanei. Inoltre, le relazioni fra coetanei di rado riescono a sostenere il vero peso psicologico del bambino. Egli deve senza sosta controllare se stesso, stare attento a non rivelare differenze o un disaccordo troppo intenso. La rabbia e il risentimento devono essere ingoiate se si vuole preservare il contatto e la vicinanza. Non esiste nessun rifugio sicuro, nessuna difesa contro lo stress, nessun affetto indulgente, nessuna dedizione su cui fare affidamento, nessun senso dell’intima conoscenza nelle relazioni fra coetanei. In un contesto del genere la frustrazione è intensa, anche quando tutto procede abbastanza bene. Si aggiunga un po’ di rifiuto e dell’ostracismo, e la frustrazione supera il limite. Nessuna meraviglia che il linguaggio dei ragazzi orientati ai coetanei diventi osceno e i temi della loro musica e dei loro intrattenimenti prendano una piega aggressiva. C’è anche poco da stupirsi che molti di questi ragazzi rivolgano l’aggressività verso se stessi, mutilando il proprio corpo o contemplando il suicidio. Meno ovvio, ma molto più pervasivo, è il fatto che moltissimi di loro siano a disagio con se stessi. Più o meno in modo consapevole, essi sono assai critici verso le proprie caratteristiche e aspetti distintivi; anche questa è una forma di aggressività verso se stessi.
I bambini afflitti dalla frustrazione cercano occasioni per attaccare e sono fortemente attratti da temi di natura aggressiva nella musica, nella letteratura e nel divertimento. Il mio coautore ricorda di essere rimasto impressionato quando uno dei suoi figli, allora prossimo all’adolescenza, iniziò a guardare alla televisione i programmi violenti del wrestling e prese a indossare costumi che evocavano il protagonista di un film horror, il Freddie Kruger dalle letali unghie affilate. Si trattava di un ragazzo a cui, a un certo punto della sua vita, era venuto a mancare un attaccamento saldo a sufficienza con i genitori e aveva finito per restare intrappolato in relazioni molto frustranti con i coetanei.
Come molti genitori hanno dolorosamente constatato, una volta che il cervello di attaccamento del bambino si sia rivolto ai coetanei, qualunque tentativo di contrastare questo orientamento genera a sua volta un’intensa frustrazione. Le limitazioni e restrizioni imposte dai genitori possono scatenare un torrente di parole aggressive, e comportamenti assai penosi. Mattew, di undici anni, ne è un esempio significativo. Aveva sostituito i genitori con un unico compagno, Jason, e i due erano inseparabili. Mattew aveva chiesto il permesso di andare a una festa la notte di Halloween a casa di Jason. Quando i genitori dissero di no, Mattew esplose con una tale ostilità emotiva e aggressività verbale che i suoi genitori ebbero paura di ciò che potesse fare. Fu allora che mi consultarono e scoprirono il suo sotterraneo orientamento ai coetanei. Un biglietto angosciato che Mattew scrisse ai genitori rivela un po’ della sua frustrazione e della conseguente aggressività.
Cercate di pensare per un momento alla mia situazione. Mettiamo che Jason voglia fare qualcosa con qualcuno, di solito chiamerebbe me. Ma ora non ci proverà nemmeno perché voi non mi lasciate andare. E così farà conoscenza con altra gente, che normalmente sarebbe okay, ma ora invece non sarà più mio amico. E questo mi fa davvero incazzare!!!!!!!!!! Sono così furioso che vorrei prendere a botte qualcuno, manderei tutti a fanculo... giuro su dio che il vostro amatissimo bambino non ci sarà più. Mi ucciderò se è necessario! Forse mi taglierò le vene... SE NON HO PIÙ AMICI, NON HO PIÙ VITA.
Non si esaurisce mai il combustibile che alimenta il fuoco dell’aggressione nei ragazzi orientati ai coetanei.
Non è scontato che la frustrazione porti all’aggressività; la risposta sana alla frustrazione è il tentativo di cambiare le cose. Se ciò si dimostra impossibile, si possono accettare le cose così come sono e adattarsi creativamente a una situazione che non può essere mutata. Se tale adattamento non si realizza, gli impulsi ad aggredire possono ancora essere tenuti a bada da pensieri e sentimenti più miti – in altre parole, da una matura autoregolazione. È anche possibile sentirsi intensamente frustrati e non essere trascinati ad aggredire. Nei ragazzi orientati ai coetanei è probabile che le reazioni accettabili alla frustrazione vengano ostacolate in modi che ora spiegherò; essi diventano aggressivi per forza di cose.
Sono tre le carenze principali nelle relazioni fra coetanei che portano la frustrazione ad essere repressa finché non esplode in aggressività.