CAPITOLO III

Dalle restrizioni nel movimento al gioco libero e attivo

Dopo aver esplorato il modo in cui funziona il corpo, è tempo di rispondere a tutte le domande che ci siamo posti nel primo capitolo. La mia risposta è alquanto elementare (ma nondimeno importante): permettere ai bambini di trascorrere molte ore al giorno nel gioco attivo e libero, di preferenza con altri bambini.


Forse penserete: Bene, mio figlio gioca durante la ricreazione, oppure, mio figlio fa sport tutto l’anno. Gli sport e la ricreazione possono essere ottime occasioni per muoversi, tuttavia, è importante capire che i bambini hanno bisogno di mettere alla prova il proprio corpo tutti i giorni per diverse ore al giorno, e di farlo con una supervisione minima da parte degli adulti. Se vostro figlio trascorre più ore del giorno davanti alla televisione rispetto a quelle in cui gioca fuori con gli amici, non è difficile riconoscere le occasioni mancate di gioco: la televisione significa bambini sedentari e passivi di fronte all’intrattenimento, il gioco invece significa bambini in movimento fautori del proprio intrattenimento. La matematica è presto fatta quando si tratta di tempo trascorso davanti a uno schermo. Per risolvere il problema potreste stabilire nuove regole e concedere la televisione una o due volte a settimana, introducendo al contempo due o più ore di gioco attivo ogni giorno.


È invece molto più difficile riconoscere le opportunità mancate in altri aspetti della vita dei vostri figli. Considerate che lunghe e ininterrotte ore trascorse in classe, al tavolo di cucina a fare i compiti o seduti in auto per lunghi spostamenti rubano anch’esse ai bambini tempo da dedicare al gioco di qualità. Ma non solo, le restrizioni fisiche dovute allo stare seduti possono andare a detrimento anche del benessere fisico, mentale ed emotivo, come già accennato.


Questo capitolo esplora i gravi effetti di una eccessiva limitazione del movimento. Inizieremo dando uno sguardo alle restrizioni più comuni che affliggono i bambini di oggi. Poi spiegherò cosa significa davvero “gioco libero e attivo”, cosa implica, perché è importante, e come promuoverlo.


Gli effetti di una restrizione quotidiana del movimento

Come madre di due bambine piccole, capisco bene la paura che di solito frena i genitori quando si tratta di far correre dei rischi ai propri figli. I nostri istinti hanno spesso la meglio quando esclamiamo “Attento!”, oppure “Piano!” se vediamo un bambino che si arrampica in cima a un masso o corre su un terreno irregolare. Tuttavia, come ergoterapeuta pediatrica che trascorre infinite ore osservando i bambini che giocano in un ambiente naturale, so anche che porre restrizioni al loro movimento e limitarne i giochi all’aperto può fare più male che bene.


Oggi come non mai le possibilità dei bambini di muoversi e giocare subiscono limitazioni. Sin dalla più tenera età, i piccoli vengono messi in supporti per l’infanzia che ne ostacolano il movimento naturale e la buona postura, determinando l’alterarsi degli schemi di deambulazione e un inutile indebolimento di tutto il corpo. I bambini più grandi devono restare seduti per ore e ore a scuola; dopo la scuola sono oberati di impegni con lo sport, le lezioni di musica, arte e altro ancora. Resta ben poco tempo perché si coinvolgano nel gioco libero, spontaneo e attivo, quel tipo di gioco che stimola i sensi e accelera il battito cardiaco.


Guardiamo più da vicino l’impatto sui bambini di ciascuna restrizione al movimento.


Guardatevi dagli accessori per l’infanzia!

È difficile resistere a trasportini, sdraiette, seggiolini, ovetti, girelli etc. Ci consentono di fare una doccia, pulire la casa, finire di compilare la dichiarazione dei redditi, e al contempo il bambino è al sicuro. Tuttavia, se vi si trascorre troppo tempo è serio il rischio di complicazioni fisiche e ritardi nello sviluppo, per esempio imparare in ritardo a stare seduti, a gattonare e a camminare. (Crawford, 2013).


L’aumento nell’uso di questi accessori è in parte da imputare alla campagna “Back to sleep”1, indetta nel 1994 dal National Institute of Child Health and Human Development (Istituto Nazionale per la salute dell’infanzia e lo sviluppo umano). La campagna era stata ideata nello sforzo di diminuire l’incidenza della sindrome della morte in culla (la morte improvvisa del neonato o SIDS). La SIDS è la morte improvvisa di un bambino più piccolo di un anno e molti esperti ritenevano che una delle possibili cause fosse mettere il bambino a dormire a pancia in giù su materassini o cuscini morbidi, il che avrebbe creato un rischio di soffocamento.


Dopo l’inizio della campagna c’è stata una significativa diminuzione nel numero delle morti per SIDS, tuttavia molti dottori e terapisti dell’età evolutiva (come gli ergoterapisti e i logopedisti) ritengono che questa campagna possa aver intensificato involontariamente l’uso dei dispositivi per l’infanzia, in cui i neonati rischiano di trascorrere gran parte della giornata. Dottori e terapisti hanno notato un simultaneo aumento di bambini con la testa piatta, ritardi dello sviluppo, difficoltà di coordinazione, scarso tono e anomalie muscolari, alterazione degli schemi di movimento e deambulazione. La situazione era talmente grave che i terapisti hanno coniato il termine “sindrome da seggiolino” (CBS – Container Baby Syndrome) per descrivere il fenomeno.


I ricercatori sostengono che il numero di CBS diagnosticate è aumentato del 600% fra il 1992 e il 2008, culminando con una diagnosi di CBS ogni sette bambini nel 2008 (American Physical Therapy Association, 2008).
Al Children’s Healthcare di Atlanta, Colleen Coulter-O’Berry, una fisioterapista esperta, afferma che ogni anno sono circa cinquanta i bambini che visita e che hanno bisogno di elmetti terapeutici per correggere la forma della testa. Attualmente l’ambulatorio visita circa cinquecento bambini l’anno che hanno bisogno dell’elmetto (Manier, 2008). Ci sono prove sempre più evidenti del fatto che i neonati che trascorrono molto tempo poggiati sulla schiena hanno anche più probabilità di manifestare lievi ritardi delle abilità motorie. Uno studio canadese del 2006, pubblicato sul “Journal of Pediatrics”, ha scoperto che il 22% dei neonati che dormivano sulla schiena sviluppava alcuni ritardi delle abilità motorie come riuscire a stare seduti, girarsi, salire le scale (Manier, 2008).


Per quanto certi accessori come seggiolini, trasportini, zaini e sdraiette siano utili e comodi, usarli per gran parte della giornata immobilizza i bambini e fa sì che la forza di gravità si eserciti solo su alcune parti del corpo. Col tempo, questo può alterare gli schemi di deambulazione e movimento.


Stare sempre proni impedisce quasi del tutto anche la mobilità del collo e della spina dorsale. I neonati hanno bisogno di muoversi a partire dal centro del corpo per sviluppare i muscoli più importanti del tronco e la forza del collo. Un collo e un tronco forti sono alla base dello sviluppo di molte altre abilità, come la motricità fine, la vista, la consapevolezza del proprio corpo, la coordinazione e l’equilibrio. Trascorrere molto tempo sul pavimento (sia supini, sia proni) permette ai neonati di muovere gli arti liberamente, di esplorare e toccare l’ambiente circostante, di iniziare a sviluppare muscoli e ossa forti. Nel capitolo otto approfondiremo la questione del movimento e affronteremo il tema dei benefici sensoriali e motori del portare i più piccoli tutti i giorni all’aperto.


L’imperativo dello “State fermi e seduti!”

Una maestra di scuola elementare mi dice che i bambini oggi devono restare seduti più a lungo che in passato. Forse ve ne sarete accorti anche voi e sarete rimasti sorpresi dalla quantità di tempo che il sistema scolastico pretende di far restare seduti i vostri figli. L’aumento è forse dovuto alle aspettative sui programmi, che si ampliano sempre di più e riguardano bambini sempre più piccoli. Persino in molte scuole materne si pretende che i bambini restino seduti per trenta minuti alla volta.


Una maestra dell’ultimo anno di scuola materna mi ha confidato di sentirsi sempre sotto pressione per la necessità di produrre “risultati” nei suoi studenti. Per la fine della materna2, ci si aspetta che i bambini siano in grado di leggere, scrivere, fare somme e sottrazioni; se ciò non accade, il bambino ha fallito, e con lui la maestra. Mi ha raccontato che negli Stati Uniti molte persone premono perché gli stipendi dei maestri siano funzione dei punteggi che gli studenti raggiungono nei test, motivo per cui molti insegnanti spingono con forza per aumentare la didattica.


Una maestra di materna con bambini dai tre ai cinque anni mi racconta che persino lei si sente costretta a pressarli sin da piccoli. Oltretutto, gli insegnanti si sentono talmente sotto stress, dovendo documentare e giustificare il come e il perché del proprio operato, che spesso l’atmosfera giocosa e rilassata viene compromessa. Man mano che la richiesta di risultati accademici nei confronti dei bambini aumenta, a molti viene chiesto di stare seduti, e non solo per un tempo breve, seguìto da molte e ricche opportunità di imparare grazie ad esperienze pratiche. Al contrario, alla maggior parte dei bambini viene chiesto di restare seduti per molte ore ogni giorno. Questa mancanza di movimento, unita all’accanimento nel farli restare seduti, è devastante per il corpo e la mente.


Ho scoperto di recente una scuola media nella mia zona che ha abolito la ricreazione per aumentare la didattica. Incuriosita, ho deciso di provare di persona cosa significhi stare in questa scuola; mi sono seduta in una delle classi come se fossi una studentessa qualsiasi. Se si escludono i brevi periodi in cui ci si alza e si cambia classe, siamo rimasti seduti per quasi tre ore di fila. A un certo punto, mi sono guardata la gamba e stava rimbalzando su e giù facendo leva sulla punta del piede; cominciavo ad essere irrequieta e agitata. Mi sono guardata intorno e ho visto che i miei compagni di classe non stavano molto meglio di me. Chi non si agitava era stravaccato sul banco o incurvato molto all’indietro sulla sedia.


Ho iniziato a contorcermi in strane posizioni per evitare di cadere in sogni ad occhi aperti; tutto inutile, dopo quarantacinque minuti in classe, non registravo più nulla di quello che l’insegnante stava dicendo. I fanciulli iniziavano ad alzare la mano per andare in bagno o temperare le matite, qualsiasi cosa pur di alzarsi e muoversi. Avevo pensato di restare tutto il giorno, ma non ci sono riuscita, me ne sono andata subito dopo il pranzo. Star seduta per le tre ore della mattina aveva completamente esaurito le mie energie mentali e anelavo a un riposino pomeridiano.


Come pensiamo che i bambini restino seduti per ore di fila se è difficile per noi adulti?

La sostanza si riduce a questo: è difficile prestare attenzione se non ci si può muovere per lunghi periodi di tempo. Questa è proprio una delle ragioni dell’irrequietezza! Per restare vigili, i bambini e i ragazzi attivano il sistema vestibolare muovendosi avanti e indietro sulle sedie; questo movimento induce il cervello a stare attento. Non è che questi studenti cerchino di disturbare o non siano interessati allo studio, al contrario! In realtà stanno proprio dando fondo a tutte le proprie risorse per poter ascoltare e imparare. Il segnale classico che gli studenti non si muovono abbastanza nel corso della giornata è proprio quello di iniziare a oscillare avanti e indietro, ondeggiare e contorcersi.


Per evitare che disturbino i compagni o si facciano male, gli insegnanti chiedono loro di stare seduti fermi e attenti, ma questo rappresenta un vero dilemma per i fanciulli. Se infatti tengono la testa e il corpo fermi, l’attività cerebrale si riduce ed è molto più difficile fare quello che viene loro richiesto, ossia stare attenti e imparare. Tuttavia, perché imparino è necessario che stiano attenti, e per stare attenti hanno bisogno di muoversi.

Inoltre, restare seduti per quasi tutto il giorno è innaturale e dannoso. Siamo fatti per muoverci, non per essere sedentari. Quando restiamo seduti per lunghi periodi di tempo, giorno dopo giorno, il nostro corpo inizia a soccombere alla postura innaturale e a uno stile di vita sedentario. I muscoli tendono ad atrofizzarsi, i legamenti a irrigidirsi nei punti sbagliati e le abilità sensoriali a regredire, il che predispone i bambini ad avere membra deboli, cattiva postura e insufficiente elaborazione sensoriale del mondo che li circonda.


Il predominio degli schermi

Secondo l’American Academy of Pediatrics (2013), un recente studio afferma che un bambino medio trascorre otto ore al giorno davanti agli schermi (televisione, video giochi, computer, smartphone, e così via). I più grandicelli e gli adolescenti passano davanti allo schermo una media di undici ore al giorno. Il 75% dei ragazzi dai 12 ai 17 anni possiede un cellulare e quasi tutti gli adolescenti si inviano messaggi.


Una volta, durante un campo a TimberNook, un bambino piccolo si è arrampicato in cima a un albero chiedendo dove fossero i pulsanti. Ne ho visti altri che colpivano di lato un giocattolo nel tentativo di attivarlo perché interagisse con loro. Moltissimi videogiochi e programmi televisivi hanno come obiettivo specifico l’intrattenimento. Sono tanti i genitori che credono di dover intrattenere di continuo i propri figli, ogni istante della giornata. Se hanno bisogno di sbrigare delle faccende o farsi una doccia, usano la televisione e i video giochi come fossero babysitter. Sin dalla più tenera età, i bambini si abituano a questo modo di fare. Gli effetti? Non sono più in grado di pensare da soli e perdono la capacità di immaginazione; le loro abilità essenziali di gioco si bloccano.


Per una bambina di otto anni che veniva al campo estivo qualche anno fa, il momento del gioco libero era il peggiore. Non faceva che andare dai vari membri dello staff e chiedere: “Ora che si fa?”, “È il momento di giocare!” rispondevamo noi; a quel punto si cercava un posticino a sedere sul ceppo di un tronco. Incredula di fronte alla nozione di gioco libero, rifiutava di lasciare il ceppo se non per andare in bagno o quando arrivava il momento di fare attività strutturate. Per quanto gli altri bambini la invitassero a giocare, non c’era verso di smuoverla.


Alcuni professori universitari sostengono che questa mancanza di indipendenza e creatività sia presente anche a livello universitario. Sono sempre di più gli studenti che hanno difficoltà con la risoluzione di problemi semplici, con il pensiero creativo e persino nel redigere e argomentare risposte aperte alle domande dei test scritti. Un professore mi ha detto che servono più ideatori di giochi che non giocatori!


Più importante ancora, videogiochi e televisione creano dipendenza e rubano tempo prezioso al gioco, soprattutto al gioco all’aperto. Anziché essere coinvolti appieno in una partita di baseball con gli amici, dove si esercita la negoziazione delle regole, si corre per conquistare le basi e si stimolano i sensi in modo sano, i bambini e i ragazzi restano al chiuso e seduti – ancora una volta!


Talvolta, i genitori mettono i figli davanti al televisore nella speranza che questo li calmi e li rilassi, eppure di solito avviene l’esatto contrario. Colori brillanti lampeggiano di fronte ai loro occhi, stimolando la risposta cerebrale del combatti o fuggi, senza però che vi sia liberazione alcuna. La mancata liberazione è il motivo per cui quando si spegne la Tv o i videogiochi i bambini sono spesso arrabbiati. Il loro cervello è stato stimolato ma senza possibilità di muoversi e reagire. Non c’è nulla di male nel giocare ai videogiochi o guardare un film di tanto in tanto, ma il tempo trascorso davanti allo schermo dovrebbe davvero essere considerato un piacere occasionale, non diventare un’abitudine o qualcosa a cui si ha diritto tutti i giorni. Il loro tempo è già tanto prezioso! Considerate invece la possibilità di offrire opportunità reali di fare esperienze autentiche di gioco. Riservate lo schermo ai giorni di pioggia o alle occasioni speciali.


Schiacciati dagli impegni

È molto probabile che siate bravi nel gestire la quantità di impegni giornalieri e settimanali. Come genitori indaffarati dovrete con ogni probabilità conciliare il lavoro, commissioni varie, gestione della casa e accudimento dei figli con ritmi ben calibrati perché lo stress non sia eccessivo. Di certo alcuni giorni saranno più pesanti di altri, ma ormai avrete imparato a conoscere i vostri limiti, a sapere quando è il caso di dire no, come scegliere le priorità e come staccare la spina. Ma vi siete mai soffermati a pensare come dev’essere la vostra giornata tipo dal punto di vista di un figlio, la cui parte del cervello deputata al ragionamento di livello superiore (capacità di prendere decisioni, comprensione delle conseguenze, assegnazione delle priorità, etc.) non si è ancora sviluppata appieno? Diamo un’occhiata alla giornata di un tipico bambino moderno.


Sarah, una dolce fanciulla di 9 anni, la mattina si alza e si veste alla svelta, ben consapevole che se mangerà abbastanza in fretta la mamma le lascerà guardare i cartoni prima di andare a scuola. Appena ha finito l’ultimo morso, guarda le repliche dei “Looney Tunes”, venti minuti passano in un baleno.


Sarah vive in campagna, perciò ci vogliono circa venticinque minuti per arrivare a scuola, la mamma si sente in colpa per il lungo viaggio, così la lascia giocare con l’iPad finché non sono arrivate. “Per favore, tutti seduti!” esclama la maestra mentre Sarah si avvicina al banco, dove resterà seduta per gran parte della giornata, tranne una breve merenda, un pranzo veloce e una ricreazione di venti minuti. Poi, è ora di tornare a casa.


Dopo altri venticinque minuti di pendolarismo verso casa, Sarah, che finora è rimasta quasi sempre seduta, si sente piena di energie e si dirige subito all’altalena in giardino: “Non ancora!”, la blocca la mamma, “Prima i compiti!”. Sarah mugugna, si trascina verso la sala da pranzo e tira fuori i quaderni. “Argh…!” Sarah sta letteralmente cercando di strapparsi i capelli, “Li odio! Non li sopporto!”. Ci vogliono circa novanta minuti per finire i compiti se va tutto bene, alla fine è esausta. Dopo due scoppi di pianto, si sente arrabbiata e stanca. “Posso giocare un po’ con l’iPad?” chiede alla madre; la madre pensa che a questo punto se lo sia proprio meritato e risponde: “Certo, ma ricorda che fra mezz’ora dobbiamo andare agli Scout!”. Dopo gli Scout, lungo la strada Sarah e la sua famiglia si fermano al drive-through per cenare senza scendere dall’auto, visto che è già tardi. Quando arrivano a casa, Sarah afferra il suo libro di Harry Potter e legge per mezz’ora prima di spegnare la luce. Domani, la stessa routine, solo che invece degli scout ci sarà il basket.


Questa routine vi suona familiare? Forse nella vostra famiglia ci saranno alcune varianti; magari cucinate la cena in una crock-pot3 così è già pronta quando tornate a casa. Forse avete più di un figlio e questo scenario è nulla in confronto ai ritmi che dovete sostenere voi. Comunque sia, è indubbio che i nostri ritmi sono diventati ormai molto frenetici, il che lascia poco tempo ai bambini per giocare liberi all’aperto, il tipo di gioco che li riequilibrerebbe e darebbe loro una tregua dalle richieste troppo esigenti del mondo.


I genitori odierni sono convinti della superiorità degli sport di squadra rispetto al gioco libero al parco. Non fraintendetemi, gli sport offrono un grande valore aggiunto: insegnano ai bambini la responsabilità, l’etica di squadra, la perseveranza, la pazienza, la resistenza, la determinazione e la sfida della competizione. I problemi sorgono quando questa convinzione fa sì che i genitori rimpiazzino il gioco libero con gli sport, senza lasciare tempo al bambino di dedicarsi al gioco d’immaginazione, guidato dal bambino stesso ed equilibrato dal punto di vista degli stimoli sensoriali.


Tenete a mente che gli sport organizzati sono cambiati negli ultimi trent’anni. Nei primi anni ’80 ricordo che andavo a giocare a softball e a calcio; allora si andava una volta a settimana e ogni tanto c’era la partita di sabato. La maggior parte dei giorni della settimana e i fine settimana erano ancora pieni di giochi all’aperto con la mia amica Jessica, corse in bici per la città, sortite alle vendite casalinghe dell’usato per comprare l’occorrente per i picnic nel parco, tentativi di guadagnare qualche soldino lavando le auto dei vicini.


Sembra che ora gli sport organizzati abbiano invece occupato tutto il tempo libero dei nostri figli. Gli studi mostrano che negli Stati Uniti il 60% dei bambini e il 47% delle bambine entrano a far parte di una squadra già a sei anni (Kelley e Carchia, 2013). Persino i piccoli di tre o quattro anni si allenano per i giochi di squadra. L’equipaggiamento è cambiato, sono stati introdotti i caschetti e uniformi costose, si fanno lezioni private individuali per offrire un “vantaggio” al bambino. Allenamenti e partite non sono più solo il divertimento di una volta a settimana e lezioni rilassate, possono arrivare a impegni di tre o quattro volte a settimana per bambini delle elementari – un’intensità che un tempo era riservata ai ragazzi più grandi, mentalmente e fisicamente meglio equipaggiati per questi ritmi.


Non solo gli sport organizzati stanno diventando una sorta di obbligo, ma i bambini spesso fanno più di uno sport per volta, sono spinti dalle attività e dalle partite dei fratelli, prendono lezioni private e si iscrivono ai club sportivi. Perché gli sport hanno raggiunto una tale intensità? È un tentativo di tenere i bambini occupati? Perché non possiamo lasciare che si intrattengano da soli? Cosa insegniamo loro in tema di equilibrio nella vita? Se gli sport ormai sono diventati un obbligo nella vita dei nostri figli, anziché un’opzione, abbiamo perso di vista un principio importante che è cruciale per un sano sviluppo. Gli sport organizzati sono un buon modo per fare esercizio, ma dovrebbero essere un di più rispetto al gioco libero e attivo; la ciliegina sulla torta, non la torta, se si tratta di creare un ambiente in cui i bambini possano crescere e fiorire!


Quando i bambini sviluppano e organizzano i propri giochi atletici all’aperto e senza l’interferenza di un adulto, la loro esperienza di gioco sportivo si arricchisce a vari livelli:

  • Un gioco improvvisato è sempre una scelta, mai un obbligo.

  • Viene vissuto come forma di gioco.

  • I bambini creano in modo naturale le proprie regole e stabiliscono i propri confini.

  • Sono i bambini a scegliere quando fermarsi: quando sono esausti.

  • Imparano l’etica di squadra (ad esempio, creano regole proprie e lavorano insieme per un obiettivo comune).

  • Sperimentano la competizione (per esempio, imparano che talvolta si può trionfare così come si può fallire, il che è necessario per sviluppare la perseveranza, il controllo, e il duro impegno).

  • Si impara l’empatia e si assecondano i bisogni degli altri, non solo i propri.

  • L’ansia e la pressione diminuiscono quando si è i fautori dei regolamenti e delle norme di comportamento.

  • I bambini hanno un senso più chiaro dei traguardi raggiunti perché hanno contribuito all’ideazione del gioco o dei suoi schemi.

  • Regolano le proprie abilità fisiche (ad esempio, stabiliscono quando e se vogliono essere il lanciatore o il portiere, quando hanno bisogno di sedersi o riposarsi, e così via).

  • Si gioca tutti a turno – nessuno resta seduto in panchina.

Mi è capitato, una volta, di avere in terapia un bambino molto ansioso. Quando ho chiesto ai genitori com’era la sua giornata tipo, mi hanno detto che aveva una o due attività extrascolastiche tutti i giorni della settimana, incluso il fine settimana. Trovavano a stento il tempo per la terapia occupazionale, figurarsi quello per giocare!


Con lunghe ore seduti fermi a scuola, seguite da una quantità inappropriata di compiti e da corse su e giù per andare a fare le varie attività extrascolastiche, non c’è da meravigliarsi che i bambini di oggi siano sempre più ansiosi, trovino difficile giocare in modo indipendente e creativo, e abbiano problemi con lo sviluppo delle abilità sensoriali.


Attraverso il gioco lasciato all’iniziativa dei bambini, si forgiano in modo naturale una muscolatura e un sistema sensoriale robusti, si impara la creatività, si sviluppano sane abilità emotive e sociali. È però necessario che si conceda loro il tempo per farlo. Se l’agenda degli impegni è troppo fitta di attività strutturate, non resta tempo per il gioco libero all’aperto, proprio il tipo di gioco che stimola il pensiero, il movimento e la creatività, usando sia il corpo sia la mente in modi che non possono essere eguagliati seguendo le direttive degli adulti.


Il gioco libero e attivo

Ah… la libertà! Liberi di giocare a ciò che si vuole; liberi di esplorare; liberi di vagare lontano da casa; liberi di sbagliare; liberi di saltare, fare giravolte, ballare, gridare, arrampicarsi; liberi di correre dei rischi. Ecco cos’è il gioco libero e attivo: muovere il corpo, stimolare i sensi, accendere l’immaginazione così che il corpo e la mente siano coinvolti a un tempo. I neuroni mettono in moto tutti i cilindri del motore quando i bambini esplorano ciò che li circonda, vivendo appieno.


Il gioco libero e attivo all’aperto è sempre più raro, una cosa del passato; eppure è più importante che mai smettere di riempire di impegni i bambini e reintrodurre più opportunità di gioco e movimento. La mente e il corpo dei bambini dipendono dal gioco libero e attivo per star bene e svilupparsi al meglio.


Regalate ai vostri figli la libertà di giocare

Giocare senza restrizioni e senza supervisione è una delle opportunità formative più preziose che possiamo offrire ai nostri figli. Una volta ho avuto il privilegio di sentir parlare Peter Gray. Lui è quello che si dice un “esperto del gioco”; uno scienziato e ricercatore che studia lo sviluppo e la teoria del gioco. Definisce il “gioco” parlando delle sue qualità distintive. Prima di tutto, afferma che il gioco è sempre iniziato e condotto da chi vi partecipa. Si può sempre scegliere se si vuole giocare, oppure no: “La libertà essenziale del gioco è quella di poterlo abbandonare” (Gray, 2013, 141).


Secondo Gray, quando gli adulti subentrano ai bambini e dirigono il gioco, non si può più considerarlo tale. Per esempio, i giochi didattici guidati dagli adulti sono magari divertenti per quei ragazzi che scelgono di parteciparvi a scuola, tuttavia, potrebbero apparire come una punizione a coloro che non hanno fatto la stessa scelta (Gray, 2013). Se i bambini decidono per conto loro di giocare a “calcia la lattina”4 o a pallacanestro in cortile, allora si può parlare di “gioco”. Ma una piccola squadra di pallacanestro con un allenatore non lo è.


Il gioco è guidato da regole mentali. Come sostiene Gray, nulla è paragonabile al “gioco non strutturato”, perché quando i bambini stanno insieme creano delle regole proprie (2013). Ad esempio, se i bambini giocano alla “famiglia”, di sicuro si assegneranno dei ruoli: “Io faccio la mamma!” esclama una; “No, perché invece non fai la sorella?” suggerisce un altro; “Va bene, ma solo se la prossima volta io faccio la mamma!”, replica la prima bambina. Il gioco può diventare assai complesso e strutturato, checché ne pensino gli adulti.


A TimberNook, nel bosco, è frequente che i bambini creino vere e proprie società con tanto di gerarchie; i ruoli che scelgono sono cose tipo “capo-spia”, “protettore del tepee” e “primo comandante”; fanno rapporto al capo riferendo chi sta perfettamente appollaiato in cima a un albero con indosso una maschera di piume. Si attaccano fra bande avversarie e stabiliscono i metodi di “assalto” e le strategie per nascondere i propri “beni”.


Talvolta questi giochi complessi vengono ricordati e ripresi da un’estate all’altra; non sono mai idee suggerite da un adulto, anzi “i grandi” guardano da lontano mentre sotto i loro occhi meravigliati si dispiegano questi giochi elaborati.


Il gioco deve essere anche immaginativo; per i bambini è una cosa seria e non; ha la parvenza del reale ma reale non è (Gray, 2013). Spesso sono talmente assorbiti dal gioco che sembrano muoversi in un altro mondo. Ho visto una volta un bambino piccolo che fermava un altro bambino, coinvolto in un gioco di supereroi, e chiedergli: “Aspetta! Ma è tutto vero?”.


A volte interrompono il gioco di finzione per fare uno spuntino, per pranzare o andare in bagno. “Fermi tutti!” grida uno, “C’è la merenda!”, un altro, coinvolto anche lui nel gioco, vuole essere rassicurato che si tratti solo di un’interruzione momentanea: “Va bene ma poi torniamo a giocare, vero?”


Il gioco è motivato dai mezzi più che dai fini, nel senso che se ci si impegna in un’attività solo per un fine, allora non si tratta più di gioco. Se, per esempio, si legge un libro solo per far bella figura a un esame, non è gioco. Il più delle volte, i bambini non vogliono che i loro incontri di gioco finiscano, c’è una costante evoluzione e sviluppo in forme e schemi nuovi. Il gioco, inoltre, non è passivo ma richiede valutazioni costanti e coinvolgimento mentale (Gray, 2013). Non deve però essere stressante; non sempre i bambini vivono esperienze di gioco felici, talvolta i sentimenti vengono feriti e le regole devono essere rinegoziate. Tuttavia, c’è sempre la possibilità di scegliere se giocare oppure no, e la libertà di cambiare gioco.


Permettere ai bambini di avere tempo per giocare in libertà è come far loro un dono molto speciale – un dono che è una continua elargizione, che li prepara alla vita adulta coltivando e arricchendo le capacità essenziali e necessarie per vivere. Il gioco offre opportunità per esercitare la creatività, imparare a regolare le proprie emozioni, arricchire lo sviluppo sociale e persino imparare qualcosa su se stessi cammin facendo.


Avere la possibilità di giocare lontano dal mondo degli adulti spalanca molte opportunità e sensazioni di libertà. È un terreno fertile, un foglio bianco su cui i bambini elaborano storie e preferenze. Fanno propria l’esperienza del gioco e diventano creativi con ciò che li circonda. Un bastone può diventare una bacchetta magica, un’arma, una canna da pesca, un cavallo su cui galoppare, materiale da costruzione o un attrezzo. Le foglie si trasformano in ingredienti per la zuppa, una base per esporre opere d’arte, medicine, soldi, decorazioni e via dicendo. Le possibilità sono infinite.


Se hanno la possibilità di giocare liberi, i bambini scelgono a cosa e con chi vogliono giocare. Farsi venire in mente idee e schemi nuovi non solo è molto divertente, ma è anche una sfida intellettiva. Se vogliono giocare con gli altri, devono imparare in che modo invitare gli altri a unirsi a loro. Devono anche sapere come esporre la propria proposta di gioco in modo che suoni valida e accattivante. Appena si crea un gruppetto, iniziano le negoziazioni sugli schemi da adottare e si dà vita a forme più elaborate di gioco d’immaginazione. Questo delicato andirivieni insegna il compromesso e il lavoro di squadra, insieme alla capacità di autogestirsi e far nascere idee creative. Sono tutte caratteristiche importanti per favorire la creatività, l’indipendenza, l’intelligenza interpersonale (ossia la capacità di entrare in relazione e comprendere gli altri). L’intelligenza interpersonale può essere sviluppata solo attraverso esperienze di vita reale; non può essere insegnata o appresa dai libri. I giochi di ruolo, che bambini con difficoltà di linguaggio e di interazione praticano nel doposcuola quando partecipano a gruppi per lo sviluppo della socialità, non sono altrettanto efficaci come un’esperienza di prima mano su come farsi un amico e mantenerlo.


Grazie al gioco e al fatto di correre dei rischi, i bambini imparano anche molto a proposito di se stessi. Capiscono quali sono i propri interessi, le proprie abilità, come regolare le proprie emozioni. Mentre si arrampicano con successo su un grosso masso per fare un picnic con gli amici, o negoziano un nuovo schema di gioco perché un amico ha minacciato di non partecipare se non lo fanno, i bambini imparano ad affrontare la frustrazione, la paura, l’ansia.


Testano i propri limiti fisici e mentali, diventano più forti ad ogni gioco. Sviluppano fiducia e sicurezza arrampicandosi su un albero un po’ più alto o se un altro bambino accetta di giocare con loro. Sviluppano la pazienza e la perseveranza necessarie a non far morire il gioco. Attraverso il gioco libero, diventano flessibili, resilienti e capaci. È il gioco libero a gettare le fondamenta per una carriera lavorativa di successo e lo sviluppo di relazioni adulte a lungo termine.


Il giusto tipo di movimento

Nello sforzo di combattere il crescente problema nazionale dell’obesità, negli ultimi dieci anni c’è stata una significativa crescita dei corsi di ginnastica, delle squadre sportive, dei programmi di corsa e dei campi estivi di fitness per ragazzi. Secondo la Federazione giovanile calcio degli USA, il numero dei bambini che hanno fatto sport fra il 1981 e il 1997 è cresciuto del 27%, ed è tuttora in crescita (Kelley e Garchia, 2013). Ovunque negli Stati Uniti è stato fatto di tutto, dalle lezioni di yoga fino agli invitanti programmi di corsa; tuttavia, il girovita dei bambini americani continua a crescere e l’obesità è sempre in aumento. Secondo i CDC (Centers for Disease Control), osservatori per il controllo delle malattie, nel 2009 i bambini obesi erano il 16,9%, il triplo che nel 1980. Di solito i bambini obesi diventano adulti obesi. Per il 2030 i CDC prevedono che il 42% di tutti gli americani sarà obeso (Ogden et al., 2012).


È chiaro che tutto il tempo che gli adulti dedicano all’organizzazione di opportunità per i bambini di praticare uno sport e persino più di uno, anche alla tenera età di tre o quattro anni, non ha impedito l’epidemia. La spinta benintenzionata alla pratica degli sport organizzati ha trascurato il fatto che per generazioni i bambini semplicemente giocavano all’aperto senza indossare fantasiose divise sportive, né erano soggetti a impegni e regole rigide. Facevano esercizio giocando a pallacanestro con gli amici dopo la scuola, ad acchiapparella per ore in un campo all’aria aperta, o costruendo fortini nel bosco senza la presenza degli adulti.


Questa forma di gioco libero, non solo accendeva l’immaginazione e la creatività, ma metteva alla prova il corpo in una moltitudine di modi diversi, per ore e ore. Nessuno stabiliva le regole al posto dei bambini, le stabilivano loro stessi e testavano le proprie abilità grazie alla determinazione e all’interesse. Muscoli e sensi erano sottoposti a sfide continue e si imparava a perseverare nei propri obiettivi e a superare gli ostacoli.


Un ottimo esempio di gioco libero e attivo è il buon vecchio hockey su stagni ghiacciati; per quanto si giochi ancora oggi, è ormai raro che i bambini si organizzino da soli per giocare su uno stagno o un lago. In passato, i bambini e i ragazzi avrebbero attraversato lo stagno da soli, pattini in mano, e se fossero stati in numero sufficiente, e il ghiaccio fosse stato abbastanza solido, avrebbero attrezzato le porte, che potevano essere qualsiasi cosa, da contenitori di cartone per le uova a racchette da sci piantate nel ghiaccio.


I bambini avrebbero scelto le squadre in base alle proprie capacità e avrebbero stabilito regole proprie. Avrebbero dovuto regolare la potenza dei colpi per completare con successo i passaggi del disco ai più piccoli rispetto ai giocatori più grandi ed esperti. L’irregolarità del ghiaccio avrebbe costituito una prova ulteriore per le capacità motorie e di equilibrio dei ragazzi, che manovravano sulla superficie sconnessa.


Cosa ancora più importante, i ragazzi sarebbero stati lì per scelta e per divertirsi, nessun adulto sarebbe stato nei paraggi a gridare ordini. In virtù del divertimento, avrebbero sopportato di pattinare per ore, talvolta persino fino al tramonto. Ogni volta che fossero tornati a pattinare sul ghiaccio avrebbero messo alla prova il proprio corpo e sondato i propri limiti, affinando al contempo la capacità di pattinare. Il gioco libero all’aperto sviluppa i sensi, costruisce muscoli e ossa forti e favorisce la salute del sistema immunitario.


Il gioco attivo fortifica l’apparato muscolo-scheletrico

Il gioco libero e attivo sviluppa muscolatura e ossa forti, necessari alla stabilità, alla prevenzione degli infortuni, alla resistenza e alla forza. Questo sviluppo è inoltre accresciuto se si gioca all’aperto. Studi su bambini norvegesi e svedesi hanno comparato bambini in età prescolare che giocavano su superfici relativamente piatte, con bambini che si divertivano fra grossi massi, alberi e terreni irregolari. Si è scoperto che chi giocava nella natura riusciva meglio nei test sulle abilità motorie, soprattutto riguardo all’equilibrio e all’agilità (Grahn et al., 1997).


Katy Bowman, esperta in biomeccanica, sostiene che quando i bambini sono sottoposti a forze lievi e delicate più volte al giorno ogni giorno, sin da neonati, sviluppano in fretta la forza muscolare di cui hanno bisogno per sostenere il proprio peso (Crawford, 2013). Questo avviene in modo naturale attraverso il gioco. I bambini raccolgono pesanti bastoni e li usano per costruire qualcosa, corrono su e giù per una spiaggia scoscesa infinite volte a riempire d’acqua un secchiello, si arrampicano sulle staccionate e su tronchi caduti per arrivare dall’altra parte di un campo. Quando i bambini giocano all’aperto sono motivati a muoversi in modo naturale – e ogni singolo movimento, ogni singolo passo, ogni singolo incontro con la natura non fa che rafforzare la loro muscolatura.


L’ambiente esterno è imprevedibile: sassi, bastoni e tronchi variano nel peso e nella misura; i bambini devono imparare a regolare la propria forza per raccoglierli e ogni volta testano i propri limiti fisici. Anche arrampicarsi, appendersi e scavare aiutano a sviluppare la muscolatura del tronco e della parte superiore del corpo. Avventurarsi sui terreni diversi e accidentati che si trovano all’aperto (soprattutto a piedi scalzi) mette alla prova i muscoli delle gambe, le caviglie e l’arco plantare. Sviluppare la forza muscolare attraverso il gioco aiuta a dare robustezza e stabilità alla colonna vertebrale e agli arti.


Anche tendini e legamenti si rafforzano durante il gioco attivo; quando i bambini si muovono e giocano all’aria aperta, allungano e distendono il tessuto connettivo e aumentano il proprio campo d’azione. Per esempio, quando si allungano per afferrare il ramo di un albero o si issano su un grosso masso, stanno migliorando il proprio raggio d’azione. Viceversa, quando il tessuto connettivo è allentato per il non uso, piano piano si accorcia e si irrigidisce. Legamenti, muscoli e tendini rigidi sono più soggetti a strapparsi. I bambini devono muoversi e giocare per mantenere elastico e sano il tessuto connettivo e prevenire gli infortuni.


Proprio come i muscoli, anche le ossa si sviluppano e si irrobustiscono variando il tipo e la quantità di impatto gravitazionale sul corpo.

Attività come correre su terreni accidentati, saltar giù da piccole rocce, battere i piedi nelle pozzanghere, sono tutti modi molto efficaci per irrobustire le ossa attraverso esperienze sane di sopportazione del peso. Quando i bambini non hanno sufficienti occasioni di muoversi in questo modo, le ossa si sgretolano e rilasciano calcio, che viene riassorbito dal corpo, diventando più friabili e deboli e aumentando il rischio di frattura (National Space Biomedical Research Institute n.d.).


Il dottor Sheref Unal, ricercatore in pediatria alla Southern Illinois University School of Medicine, enfatizza l’importanza di sviluppare ossa forti sin dal primo momento in cui un bambino inizia ad andare in giro. Afferma che la debolezza dello scheletro nei bambini è causata da stili di vita sedentari e carenza di vitamina D dovuta alla mancata esposizione al sole. Il Dr. Unal riferisce che “se non si raggiunge un buon grado di robustezza ossea durante l’infanzia, più tardi si rischia l’osteoporosi o la fragilità ossea”. Raccomanda che i bambini stiano all’aperto per la sintesi della vitamina D e facciano giochi attivi per sviluppare ossa forti e sane (Southern Illinois University School of Medicine, 2007).


I benefici del lavoro pesante

Il gioco libero e attivo all’aperto offre una quantità di occasioni per stimolare la sensibilità muscolare e delle giunture, sviluppando un forte senso propriocettivo. La sensazione legata allo spingere e al tirare che si prova quando i bambini interagiscono con l’ambiente (per esempio raccogliendo bastoni pesanti per costruire un forte) crea ulteriori pressioni gravitazionali e relativi adattamenti, che nel tempo rafforzano le ossa e il tessuto muscolare. Il bambino acquisisce così una maggiore consapevolezza delle proprie capacità muscolari e della posizione assunta, migliorando la percezione del proprio corpo.


Ottimi esempi di “lavoro pesante” all’aperto comprendono trascinare una slitta in cima a un pendio, scavare nella terra per piantare nuovi fiori, arrampicarsi sugli alberi. Tutti aggiungono forze diverse e rendono più duro il lavoro dei muscoli, offrendo un eccellente stimolo sensoriale ai muscoli e alle giunture. Ad esempio, camminare su un pendio aumenta la pressione esercitata dalla gravità e le aspettative sui muscoli del tronco e delle gambe, in sostanza facendoli lavorare di più. Scavare la terra aumenta la stimolazione sensoriale di muscoli e giunture nel distretto corporeo che circonda le spalle, le braccia, le mani e i polsi. Arrampicarsi su un albero aumenta la percezione dei molti muscoli e giunture che si attivano durante la salita.


Più tempo i bambini giocano all’aperto, più sono esposti a forme naturali di lavoro pesante. Col tempo, il loro corpo si adatta ai diversi carichi e alle diverse forze, sviluppando una migliore consapevolezza di se stesso e il senso della giusta quantità di forza da applicare quando si interagisce con l’ambiente. In altre parole, imparano a regolare quanta pressione esercitare giocando ad acchiapparella o per tenere in braccio un pulcino.


Un forte senso propriocettivo, dovuto ad anni di giochi all’aperto, tornerà utile quando più tardi i bambini dovranno imparare a fare lavori di una certa accuratezza, come recidere i rami di un albero secco o usare un ago da cucito con abilità e precisione. Pertanto, è essenziale offrire loro moltissime opportunità di gioco all’aperto, così da equipaggiarli di una buona consapevolezza corporea e della capacità di stabilire con quanta accuratezza valutare e affrontare il mondo che li circonda.


I benefici delle giravolte

Se ne hanno l’occasione, i bambini naturalmente fanno giravolte, si mettono sottosopra, rotolano giù dai pendii e muovono il corpo in tutte le direzioni. Avete mai osservato vostro figlio fare giravolte per puro divertimento? Giocando e muovendosi nello spazio, attivano le cellule ciliate dell’orecchio interno. Questa attivazione invia messaggi motori attraverso il midollo spinale, contribuendo al mantenimento del tono muscolare e della postura (Ayres, 2000). In sostanza, fare giravolte e movimenti analoghi contribuisce al sano sviluppo del senso vestibolare. Come abbiamo visto nel secondo capitolo, il senso vestibolare getta le fondamenta per molti altri sensi: è necessario per l’attenzione, l’equilibrio, il controllo oculare, la stabilità posturale e molto altro.


Girare in cerchio è una delle attività migliori per aiutare i bambini ad avere una buona percezione del proprio corpo. In sostanza, è un modo per fissare il proprio centro. Finché un bambino non avrà una buona percezione di dove si trovi il suo centro, farà fatica a stabilire una lateralità dominante per scrivere e lanciare, e la coordinazione dei due lati del corpo sarà faticosa. Ecco perché è importante permettere ai bambini di rotolarsi giù dai pendii e di girare in cerchio per puro divertimento.


David Clarke, dell’Ohio State University College of Medicine, ha confermato gli effetti positivi delle giravolte. Con la diminuzione delle opportunità di giocare a girare su se stessi e la sparizione delle giostre dai parchi (nel capitolo sei approfondiremo il tema della trasformazione delle aree gioco nei parchi), si affaccia una nuova preoccupazione: l’aumento delle difficoltà di apprendimento. Gli studi di Clarke suggeriscono che certe attività legate al girare su se stessi sviluppino l’allerta, l’attenzione e un senso di calma in classe (Jensen, 1998).


Molti bambini mi hanno raccontato che non hanno il permesso di attorcigliare le corde dell’altalena per farle vorticare, né di fare semplici giravolte per puro divertimento – si tratta ormai di attività proibite negli ultimi anni.


Gli adulti mi riferiscono che sono in ansia per la possibilità che ai bambini giri la testa, che cadano e si facciano male. Comunque sia, girare su se stessi è un movimento che aiuta davvero a sviluppare una migliore consapevolezza del proprio corpo e a migliorare le capacità attentive. Col tempo, e dopo aver avuto molte occasioni per fare giravolte, capriole, rovesciate e aver stimolato il sistema vestibolare, i bambini maturano la capacità di muoversi nello spazio con facilità, energia e precisione. Migliora la loro coordinazione, la stabilità e l’equilibrio, e inciampano o vanno a sbattere contro le cose molto meno.
Il senso vestibolare migliora anche la loro capacità di concentrazione in classe.


Per questo dovremmo fare molta attenzione a proibire opportunità di gioco che favoriscono la salute dello sviluppo motorio e sensoriale. Basterà mettere a disposizione dei bambini un contesto che permetta loro di muoversi appieno e limitare il più possibile le restrizioni, e saranno loro stessi, in maniera del tutto naturale, a inventare ogni possibile modo per sviluppare quell’integrazione sensoriale di cui hanno bisogno.


Rafforzare il sistema immunitario

Il ruolo del movimento non dovrebbe essere trascurato quando si tratta di valutarne la portata in caso di raffreddori, malattie e allergie dell’infanzia, già descritte nel primo capitolo. Se il bambino si muove con regolarità, la circolazione del sangue verso ogni distretto del corpo aumenta, così come l’ossigenazione dei tessuti e la buona funzionalità del sistema linfatico. Il sistema linfatico trasporta appunto la linfa, un fluido incolore e trasparente che contiene i globuli bianchi – cellule essenziali per contrastare le infezioni – e le trasporta in tutto il corpo. Il sistema linfatico aiuta ad espellere tossine, residui e altro materiale indesiderato.


È dunque vitale per mantenere in buona salute il sistema immunitario. Tuttavia, a differenza del sistema circolatorio, non ha una pompa e il fluido può procedere solo in un’unica direzione. Il che significa che si affida al movimento dei muscoli e del diaframma (la muscolatura che serve per respirare) per alimentare il sistema con efficacia e liberarsi dalle tossine. Se un sistema linfatico si fa meno attivo a causa della mancanza di movimento, il corpo rischia di essere meno protetto contro raffreddori e malattie.


Attività come saltare e altri vigorosi movimenti di su e giù aumentano il flusso linfatico di quindici, trenta volte. Dave Scrivens, linfologo esperto, dice che “il sistema linfatico è il secchio della spazzatura del corpo; ci libera da tossine come cellule morte e cancerose, scorie azotate, virus, metalli pesanti, e altra spazzatura assortita gettata via dalle cellule. Il movimento compiuto rimbalzando dà lo stimolo giusto perché il fluido linfatico circoli liberamente drenando tutti questi potenziali veleni” (2008). Il movimento aiuta anche a stimolare l’intestino, per una buona digestione e una normale peristalsi. In ultimo, è risaputo che gli esercizi che accelerano il battito cardiaco col tempo espandono i polmoni e aumentano l’apporto di ossigeno.


Per aumentare la forza, la resistenza e la tolleranza dei bambini ai giochi all’aperto, in modo che ne raccolgano gli innumerevoli benefici per la salute, è necessario che li si porti all’aria in grandi spazi aperti con frequenza e regolarità. Le Linee guida per gli americani sul movimento fisico (Physical Activity Guidelines for Americans), stabilite dall’US Department of Health and Human Services, raccomandano che i bambini ricevano sessanta minuti o più di attività fisica ogni giorno. Nella mia intervista con lei, la Dr.ssa Faria, chiropratica molto affermata, ha sottolineato che 


è il minimo per prevenire le malattie, ma sessanta minuti al giorno di movimento non sono abbastanza per promuovere la salute nei bambini.


I bambini dovrebbero muoversi quattro ore ogni giorno per raccogliere dei frutti dal punto di vista sensoriale, cognitivo e della salute fisica, e poter crescere forti e capaci. Proprio come fare esercizio fisico una volta a settimana per gli adulti non è abbastanza e non modifica in modo significativo il livello della forma fisica, così andare a calcio una o due volte a settimana non è uno stimolo sufficiente per determinare modifiche durature nel sistema sensoriale del bambino. Ai bambini serve stare all’aria aperta, stimolare i sensi e muovere il corpo in ogni direzione tutti i giorni. Siamo fatti per muoverci, adattarci, e muoverci ancora.


Quanto movimento serve?

Come si fa a sapere se vostro figlio si muove abbastanza? I bambini dovrebbero muoversi nell’arco di tutta la giornata per sviluppare sistemi sensoriali e muscoloscheletrici forti e sani. È questo che poi getta le basi per lo sviluppo di abilità fisiche e mentali di livello superiore man mano che passano gli anni. Idealmente, sarebbero necessarie un minimo di tre ore al giorno di gioco libero all’aperto.


Neonati (da uno a dodici mesi) – ai più piccoli servono occasioni nell’arco di tutta la giornata per essere attivi all’aperto. L’attività fisica incoraggia l’organizzazione del sistema sensoriale e l’importante sviluppo motorio.


Bambini ai primi passi (dai dodici mesi ai tre anni) – a chi già muove i primi passi sarebbero utili almeno cinque-otto ore di gioco attivo al giorno, preferibilmente all’aperto. A quest’età il bambino è naturalmente attivo per tutto il giorno e finché gli si dà la possibilità di avere tanto tempo per giocare in libertà, sperimenterà da solo tutti quei movimenti che gli sono necessari per lo sviluppo.


Età prescolare (dai tre ai cinque anni) – anche a quest’età sono utili dalle cinque alle otto ore di gioco all’aperto tutti i giorni. Il bambino in età prescolare impara cosa sia vivere, gioca a fare l’adulto e fa esperienze sensoriali e di movimento molto importanti attraverso il gioco attivo. È un’ottima idea dargli tutto il tempo necessario per questo.


Età scolare (dai cinque ai tredici anni) – i bambini fino alle soglie dell’adolescenza trarrebbero giovamento da almeno quattro o cinque ore di attività fisica quotidiana e gioco all’aperto. I bambini delle elementari hanno bisogno di muoversi per tutto l’arco della giornata per poter poi coinvolgersi e imparare nel contesto scolastico tradizionale. Dovrebbero avere intervalli frequenti per muoversi prima, durante e dopo l’orario scolastico.


Adolescenti (dai tredici ai diciannove anni) – gli adolescenti beneficerebbero di un’attività fisica di tre o quattro ore al giorno, hanno ancora bisogno di muoversi per promuovere la salute mentale e lo sviluppo del corpo, regolare le nuove emozioni e sperimentare importanti occasioni di vita sociale con gli amici nella natura.


Suggerimenti specifici per far crescere i bambini forti e capaci

Non solo è importante lasciare ai bambini abbastanza tempo per giocare, ma la qualità di quel tempo determinerà la quantità di benefici che riceveranno. Quelli che seguono sono alcuni suggerimenti di base su come far sì che i bambini crescano forti, sani e capaci. Li spiegheremo poi in maggior dettaglio nei capitoli seguenti.


  • Concedete al gioco all’aria aperta un tempo adeguato ogni giorno.

  • Concedete intervalli frequenti per muoversi nell’arco di tutta la giornata scolastica.

  • Date ai bambini un tempo sufficiente durante la ricreazione (lo vedremo meglio nel capitolo sette).

  • Fateli muovere prima di andare a scuola, magari aiutandovi a svolgere qualche incombenza in giardino.

  • Fateli stare fuori a giocare per almeno qualche ora quando tornano da scuola.

  • Ai più piccoli non servono sport organizzati o attività strutturate; basterà che giochino e l’esercizio sarà sufficiente.

  • Invitate altri bambini a giocare all’aperto con i vostri, insieme agli amici aumenta l’indipendenza nel gioco.

  • Se ci sono altri bambini che vivono nei dintorni, lasciate andare i vostri figli a giocare con loro.

  • Permettetegli di correre dei rischi, anche ai più piccoli, come saltar giù da qualche masso non troppo alto o camminare sul bordo di un cordolo.

  • Anziché intrattenere vostro figlio con attività soprattutto guidate dagli adulti, stimolateli al movimento sfruttando l’ambiente (sistemate all’aperto delle corde per fare l’altalena, una bicicletta, un carretto o un canestro). Lasciate che siano loro a prendere l’iniziativa.

  • Più importante di tutto, regalate ai vostri figli tutto il tempo di cui hanno bisogno per muoversi e giocare ogni giorno!


In sintesi

Non è necessario strutturare le attività dei bambini durante la ricreazione e a casa. Fate anzi un passo indietro e date loro ampio spazio e tempo per muoversi e giocare all’aperto da soli. 

Creeranno le proprie occasioni di gioco e troveranno il modo di muoversi quanto hanno bisogno – senza che la presenza degli adulti sia necessaria. Il gioco libero e attivo è determinante per lo sviluppo di una mente e di un corpo sani; consente ai bambini di sviluppare la creatività, l’indipendenza di pensiero, la sicurezza, di saper regolare le proprie emozioni, di crescere forti e di avere un sistema sensoriale e un sistema immunitario sani.


Giocate all'aria aperta!
Giocate all'aria aperta!
Angela J. Hanscom
Perché il gioco libero nella natura rende i bambini intelligenti, forti, sicuri.Un libro che descrive l’importanza del contatto con la natura e del gioco all’aperto, sottolineandone i vantaggi per la salute dei bambini. Oggi è raro vedere bambini che si rotolano dai pendii erbosi o si arrampicano sugli alberi per divertimento, e preoccupazioni legate alla sicurezza hanno indotto a eliminare pedane girevoli e tavole altalenanti.Tuttavia, mentre la vita dei nostri figli è sempre più “virtuale” e ruota attorno a TV, smartphone e computer, gli insegnanti notano una diminuzione dell’attenzione e i dottori denunciano un aumento allarmante dei disturbi emotivi e sensoriali.E dunque, come assicurare ai nostri bambini un pieno coinvolgimento di mente, corpo e tutti i cinque sensi?Giocate all’aria aperta! di Angela J. Hanscom farà riscoprire l’importanza del contatto con la natura e del gioco all’aperto, sottolineandone i vantaggi per la salute dei bambini. Conosci l’autore Angela J. Hanscom è una terapista occupazionale pediatrica, fondatrice di TimberNook, un programma per l’età evolutiva fondato sul contatto con la natura, che ha ottenuto premi e riconoscimenti ed è divenuto famoso a livello internazionale.