Frequentare il nido
Ecco una scelta, a volte dettata dalla necessità, che può essere causa di più frequenti risvegli notturni per compensare l’assenza della madre durante il giorno. Per cercare di rendere il distacco meno traumatico possibile la condizione è che ci sia agli inizi un tempo sufficiente di ingresso, concordato con il genitore e fondato sull’osservazione delle reazioni del piccolo e sui suoi tempi di adattamento.
Occorrono:
* molta attenzione alle reazioni del bambino – e quindi una buona strategia – perché alla separazione, di per sé dolorosa, non si aggiungano gli effetti della sua negazione. Più è piccolo, più gli è necessario un ambientamento graduale per potere accettare un luogo tanto diverso e tanto affollato rispetto alla sua casa;
* un’educatrice, sempre la stessa, che lo accolga ogni mattina, ne abbia cura nei momenti di cambio, cibo, sonno.
La forte rassicurazione che viene dalla continuità e dai cambiamenti graduali lo renderà socievole e disponibile a stare lontano dai suoi per alcune ore al giorno. È così che si realizza una separazione attiva, nei limiti del possibile partecipata e non subita dal bambino.
L’educatrice di riferimento, colei che in modo stabile lo segue, gli dà da mangiare, lo cambia, lo accompagna nel sonno, proprio perché lo conosce bene, può svolgere un adeguato sostegno ai genitori, concordando con loro i modi per risolvere – senza imposizioni – eventuali problemi nati da cambiamenti nelle abitudini.
Quando un piccolo di 18-20 mesi crolla già a metà mattina, il più delle volte ha passato una nottata turbolenta. Se invece ha solo 6 o 10 mesi il sonnellino a metà mattina è fisiologico. In ogni modo nel nido è cosa buona accompagnarlo a letto a qualunque ora, senza fare buio e senza rinvii.
Se al momento del pranzo (di solito nei nidi intorno alle 11,30) ancora dorme da almeno un’ora, non lo si disturba: si tengono in caldo i cibi e si aspetta. Allo scadere della seconda ora di sonno – il ciclo delle due ore! – si fa un po’ di rumore nella stanza e lo si sveglia con delicatezza.
La merenda la si propone intorno alle 15, in modo che, andando a casa, abbia ancora un tempo per giocare. Ovviamente tutto questo va discusso e concordato con i familiari.
A volte bastano piccoli spostamenti di orario entro una settimana o due per aiutare un bambino a ritrovare una regolarità perduta.
Si presenta ovviamente il problema del ciuccio, inseparabile consolatore. In molti nidi si è indifferenti al problema perché, si dice, le madri per prime sembrano non poterne fare a meno. Viceversa nei nidi dove non si danno per scontate e intoccabili le abitudini negative portate da casa, pur senza agire mai in modo diretto né con piccoli imbrogli, si dà fiducia alle spinte “riparative” che il bambino stesso possiede. Si favorisce al massimo l’attività spontanea via via che si mostra pronto e interessato ad agire, mettendogli a disposizione quegli oggetti verso i quali manifesta maggiore curiosità: esperienze con l’acqua o con la sabbia, questa o quella esplorazione di oggetti o nuove abilità.
Già durante la fine dell’ambientamento si nota come il piccolo, rassicurato, dimentichi in vari momenti il succhiotto. In questi casi le educatrici che seguono i singoli bambini dialogano con i genitori perché non accada che la prima cosa che fanno quando entrano per lasciare o riprendere il figlio, sia di metterglielo in bocca. Si evita di attaccarlo alla catenella perché in ogni caso l’oggetto penzolante dopo poco non è più pulito. Quando si vede che comincia a farne a meno per un certo tempo gli si può dire: “Lo mettiamo qui, nella tua scatoletta”. Molti genitori apprezzano l’aiuto delicato alla crescita. Alcuni piccoli, con questo procedere molto rispettoso delle loro insicurezze e con le tante attività a disposizione da scegliere quando vogliono, lo dimenticano del tutto; altri lo cercano ancora – per qualche tempo – quando sono stanchi a fine mattina o quando vanno a dormire. In ogni caso l’educatrice non lo dà in anticipo o, come automatismo, a fine pranzo, ma solo se lo chiedono e quando sono già a letto, perché il messaggio sia chiaro.