CAPITOLO IX

Che fare al posto del “metodo” Estivill?

Non basta concedere al bambino tutto ciò che desidera per renderlo felice;
in realtà la possibilità di ottenere qualsiasi cosa lo rende spesso molto infelice…
Cecil Hay-Shaw1

Riassumiamo le vie prospettate fin qui:



Dapprima alcuni punti fermi

* una giornata “buona”, sotto vari punti di vista, predispone a un buon sonno

* nessuno è sapiente circa il benessere di un bambino quanto una mamma o un papà in salda intesa con lui

* qualsiasi decisione prendiamo, essa condiziona comunque la nostra vita e quella del figlio (o dei figli)

* le decisioni non devono essere improvvisate, né dettate da risentimento nei suoi confronti

* il bambino ha bisogno di un binario sicuro sul quale procedere e questa è responsabilità dei genitori. (Nei primi anni non può decidere e arriva a scegliere solo in concreto, tra due giochi che vede davanti a sé o tra un pezzetto di banana e uno spicchio di arancio che l’adulto gli offre; viceversa non è in grado di scegliere in astratto, a parole, ed è dannoso chiederglielo!)

* il bambino non può vivere nell’incertezza: soprattutto nei primi anni, ha bisogno di sicurezza affettiva, sensoriale nelle esperienze quotidiane e nelle relazioni: non può fluttuare tra frequenti cambiamenti nelle abitudini, passando nelle mani di molti adulti, e trucchi per essere indotto a fare ciò che questi vogliono, con promesse, premi, ricatti, castighi…

* è il genitore che decide per il figlio e mai il contrario, per la tranquillità di entrambi e del resto della famiglia.

Qualcosa di cui liberarsi…

* anzitutto liberiamoci dell’idea che il bambino non debba piangere mai: se è ben nutrito e sano, se ha una vita interessante, ogni tanto gli accadrà di piangere. Non è una cosa grave: è il suo modo di esprimere disagio o dolore o rabbia. Sta agli adulti capire e intervenire con buon senso.


* Liberiamoci dei soliti sensi di colpa, volendo “compensare” le ore passate fuori casa, il fatto che il figlio è stato con altri e così via con tempi fuori misura la sera, esagerando e ripetendo i rituali con continue contrattazioni (“Ancora un’altra storia!”), con cedimenti a caso, continuando a dire ‘sì’ a ogni richiesta del piccolo, il quale percepisce la nostra debolezza e finirà di sicuro per tiranneggiarci.


* Liberiamoci del pregiudizio che andare a letto sia un obbligo, un dovere, un castigo e non quell’occasione felice e del tutto naturale di riposo che ci fa vivere meglio. Anche gli animali dormono, tutte le persone vanno a dormire: diciamolo ai bambini, mostriamo loro come dormono di gusto un gatto, un cane o una persona “grande”… Oppure noi per primi abbiamo conflitti con il sonno, fatichiamo ad addormentarci, facciamo brutti sogni, non ci piace il buio e temiamo che sia così anche per il bambino?


* Liberiamoci infine dell’idea che l’adulto debba farsi “tappetino” per rendere il figlio “felice”. Il bambino finirà per sentirsi insicuro e più potente del genitore, e questo lo impaurisce e lo fa arrabbiare, portandolo di continuo a sollecitare una giusta reazione di presa di posizione da parte del genitore: aumenterà l’opposizione con gli urli e i “no”, ottenendo ciò che vuole, senza mai sentirsi soddisfatto. Ci conviene?2

Che cosa chiede un piccolo bambino?

* Quando è pulito, nutrito con affettuose attenzioni, il bambino non ha bisogno dell’adulto per giocare: non a 5 o 6 mesi, tanto meno a 3 o a 5 anni. Il gioco, l’esplorazione sono il suo mondo dove egli saggia le proprie capacità: vocalizzi, tentativi di girarsi o di afferrare un oggetto poco lontano, guardare o infilare un bastoncino in un foro e così via. Lo fa da sé, per conto proprio, senza aiuto né parole dell’adulto: scopre che sta molto bene anche da solo, mettendosi alla prova. Certo non chiuso in una culla, ma a terra su una coperta adatta o qualcosa del genere… L’indipendenza comincia da qui. A maggior ragione se è più grande. Tutto ciò che rende ricchi e interessanti i tempi di veglia favorisce indirettamente un buon sonno.


* Il bambino non conosce il tempo che passa né le regole: può solo seguire i propri ritmi interni che lo guidano ora a mangiare, ora a dormire, ora a vuotare intestino e vescica, ora a guardarsi intorno e ad afferrare qualcosa: per questo le norme rigide non hanno senso. Però alcuni “no” sono necessari. Se si sveglia di notte – e questo è assai scomodo per noi – possiamo pensare che ci sia un motivo. Quale? Ecco il mistero! Si possono fare alcune ipotesi, avvicinandoci alla giusta interpretazione o no. L’importante è non entrare in uno stato di agitazione, non accendere subito la luce, né prenderlo in braccio o dargli acqua… Andiamo adagio, cerchiamo di capire che cosa cerca.


* Se di giorno passa del tempo giocando per conto proprio a modo suo, gli sarà facile anche di notte stare un po’ nel silenzio. Se invece è continuamente stimolato, anche solo dalla voce della madre, come farà a restare tranquillo in silenzio per addormentarsi e proseguire per un lungo sonno? E lei come lo aiuterà se ad ogni risveglio notturno continuerà a fare come di giorno? Un bel circolo vizioso!


* Il suo pianto è acuto, predisposto dalla natura per provocare un pronto intervento: però non cadiamo nel tranello di metterci in agitazione. Facciamogli sentire che ci siamo, ma non preveniamo i suoi desideri. Forse basta una carezza sulla schiena, una parola che lo tranquillizzi nella penombra, un breve canto ripetuto: quale che sia il motivo del risveglio, una presenza quieta, rassicurante che gli dica in qualche modo “Sono qui”, a volte è sufficiente, soprattutto se gli comunichiamo pazienza, calma …


* Si è riaddormentato: se si risveglia, facciamo esattamente la stessa cosa in fatto di gesti, di voce, di luminosità e così via: la continuità e la ripetizione lo tranquillizzano, il cambiamento invece lo eccita…

Prepararsi ad andare a letto

* Il nostro bambino abitudinario e conservatore vuole tutte le sere un aiuto lieve per andare a dormire senza fatica: un bagno prima di cena, un semplice rituale, un genitore che gli ricordi “tra poco andremo a letto”, che gli dia fiducia, che mantenga le buone abitudini sicure, ma sia pronto a introdurre piccole modifiche quando è il bambino stesso a crearle (“Prima voleva sempre la ninna nanna e ora invece il libro”…). Se si sveglia, non si ricominci daccapo il rituale: semplicemente lo si tenga giù, ma in modo affettuoso. Niente “poverino” per i soliti sensi di colpa o frasi tipo “Sei un bambino cattivo, mi fai disperare” e simili.


* Se avrete continuato le buone abitudini dei primi mesi, anche quando il bambino è cresciuto, la soluzione è semplice, ma a volte gli sbagli si fanno fin dal principio. Spesso – purché faccia quel che vogliamo noi e che a lui non piace – si ricorre alla “distrazione”: “Non vuole mangiare? Lo metto davanti al cartone animato, così lo posso imboccare senza che se ne accorga”. “Piange? Semplice chiudergli la bocca con il succhiotto, senza nemmeno chiedersi perché pianga”. “Non vuole nemmeno entrare nel letto? Gli ho messo una piccola TV in camera, un bel cartone, così non ci pensa e via!”


* La distrazione frequente è un trucco, non una soluzione. Significa ammettere che è lui il più forte: una “consolazione-surrogato” che non lo aiuta a reggere la frustrazione o un piccolo disagio. Lo abitua a ricevere ogni volta una sorta di premio a compenso della fatica di accettare ciò che gli viene chiesto: modalità altamente diseducativa che protraendosi negli anni alleva nell’irresponsabilità.


* La verità è che temiamo l’opposizione, i pianti, il conflitto con un bambino così piccolo, ma la lotta con lui l’abbiamo innescata noi con le incertezze e gli sciocchi sensi di colpa. Ripeschiamo la logica delle piccole regole che non cambiano e ricominciamo daccapo, a piccoli passi.

Realizzare i cambiamenti: in che modo?

Dove si dorme? Forse in un grande letto con i genitori. Si può dormire rilassati tutti insieme se c’è un forte legame di coppia e disponibilità ad accettare il piccino la cui presenza nel letto potrebbe diventare più movimentata con il trascorrere dei mesi. Se, come raccomandato dalle già citate linee guida dell’OMS, la mamma allatta a richiesta, dormire nello stesso letto è la soluzione migliore, soprattutto nel caso in cui la madre torni a lavorare a tempo pieno. In questa situazione, infatti, sarà ancor più importante non disperdere le energie e garantirsi il miglior riposo possibile senza continui risvegli completi nel corso della notte. Se madre e figlio dormono accanto sin dal primo momento e l’allattamento avviene a richiesta, le fasi del sonno di entrambi si armonizzeranno fino a coincidere, per allattare non sarà necessario svegliarsi del tutto e la ripresa del sonno profondo sarà molto più facile per tutti e due. Nelle ore notturne, inoltre, il latte materno è ricco di melatonina, ormoni e nucleotidi che conciliano il sonno del bambino mentre la madre gode anch’essa della produzione di ormoni rilassanti grazie all’allattamento.


Oppure si dorme vicini e nella stessa stanza: soluzione culla o lettino accanto al lettone.


* Oppure si dorme separati in stanze diverse, soluzione comunque da non adottare mai almeno per tutto il periodo primale (fino al compimento dell’anno) a causa del rischio SIDS (Sindrome della morte in culla); se si sveglia, occorre alzarsi, mentre averlo vicino – soprattutto nei primi mesi – è un grande vantaggio per l’adulto. Ma che cosa sarà “il meglio” per il bambino e per i genitori insieme?


* Quando si cambia di letto o di stanza, di ambiente o in generale di situazione, vigilare affinché non ci sia più di un cambiamento alla volta. Quando se ne introduce uno, non guardiamo allo scadere della tale età o della tale stagione, quanto al bisogno e al desiderio effettivi di questo nostro bambino, diverso da ogni altro e unico al mondo.


* Molto delicato è il momento in cui la madre si allontana di giorno per riprendere il lavoro o per altro motivo: fare in modo che il piccolo si ambienti prima e gradualmente con la persona che avrà cura di lui, quando ancora la madre è presente…


* Se non avete mai messo limiti al vostro bambino, cominciate al più presto, ma in giorni tranquilli, durante un fine settimana o una breve vacanza in casa, senza viaggi né altre novità. Poiché due persone per quanto in buon accordo tra loro danno messaggi diversi – di tono, di voce, di parole – conviene che sia una sola a realizzare il percorso di maggiore fermezza studiato e deciso insieme, quella che riesce a rivolgersi al bambino in modo più deciso, pur senza aggressività.


* Se però entrambi i genitori, stanchi e irritati, sentono di non farcela, prima di cedere conviene farsi aiutare da una terza persona che il bambino conosce, che gli possa dare risposte rassicuranti ma ferme, senza offrire cibo né bevanda (non ha già avuto una buona cena?); senza accorrere immediatamente accendendo d’improvviso la luce, ma rimettendolo giù con un gesto affettuoso in silenzio. (La lieve luminosità diffusa che filtra nella casa di notte può essere sufficiente a rassicurare un bambino). Diciamogli, se può capire: “Impariamo dai gatti! Anche noi vediamo con poca luce” e sperimentiamolo insieme come in un gioco, per mettere in fuga la paura dell’oscurità.


* Tornare indietro può essere molto difficile. Quando la lotta è diventata quotidiana, il bambino non ci ascolta più. Bisogna retrocedere più o meno con onore, trovare nuove parole, soprattutto un nuovo tono. E non c’è niente di peggio, avendo capito i propri errori, che rifarsela sul bambino, con metodi sbrigativi, rabbiosi, anche quando lui – il piccolino – ci fa andare fuori dai gangheri.


* L’esperienza indica alcuni piccoli sentieri:

- discutiamo bene tra noi adulti di casa che cosa vogliamo fare e come – nei particolari – mettendo da parte ogni possibile intenzione punitiva;

- avvertiamo il bambino, anche sotto l’anno, del cambiamento che vogliamo introdurre (con poche parole gentili);

- fidiamoci del nostro buon senso e della tenerezza che proviamo per nostro figlio nei momenti migliori;

- manteniamo ferma la decisione presa per almeno otto, dieci giorni, prima di introdurre qualche cambiamento.


Avvertenza: leggendo questi punti, vi sarà parso di ritrovare qua e là i suggerimenti di Estivill o di un Estivill ammorbidito, ma non è esattamente così.


Si dice: “È il tono che fa la musica”. No, qui proponiamo proprio una musica diversa, quella che tiene conto sia del bambino reale con cui siamo in relazione, sia della costellazione familiare che ha cura di lui… È il progetto di educazione dalla nascita come aiuto alla vita, come ha insegnato Maria Montessori.

Facciamo la nanna - Seconda edizione
Facciamo la nanna - Seconda edizione
Grazia Honegger Fresco
Quel che conviene sapere sui metodi per far dormire il vostro bambino.Consigli, idee e suggerimenti per affrontare i problemi di sonno dei neonati, con un approccio dolce e rispettoso del bambino. Siamo sicuri che il bambino debba dormire quando lo decidiamo noi?Siamo certi che il suo pianto notturno sia un lamento?Dorme troppo? Dorme poco?A volte vorremmo la bacchetta magica per farlo addormentare?Ancora peggio, c’è chi ricorre a medicinali.Siamo fuori strada!Grazia Honegger Fresco, nel suo Facciamo la nanna, chiarisce le motivazioni che dovrebbero spingere a rigettare tutti i metodi “facili e veloci” per far dormire i bambini piccoli (come quello tristemente famoso di Eduard Estivill, noto agli specialisti per la violenza dell’impostazione e la potenziale dannosità nei confronti del bambino) e delinea al contrario quali siano gli approcci più dolci e rispettosi per affrontare i problemi del sonno. Conosci l’autore Grazia Honegger Fresco (Roma, 6 Gennaio 1929 - Castellanza, 30 Settembre 2020), allieva di Maria Montessori, ha sperimentato a lungo la forza innovativa delle sue proposte nelle maternità, nei nidi, nelle Case dei Bambini e nelle Scuole elementari. Sulla base delle esperienze realizzate con i bambini e i loro genitori, ha dedicato molte delle sue energie alla formazione degli educatori in Italia e all'estero.È stata presidente del Centro Nascita Montessori di Roma dal 1981 al 2003 e ne è stata Presidente onorario. È stata consulente pedagogica di AMITE (Associazioni Montessori Italia Europa) e nel 2008 ha ricevuto il premio UNICEF-dalla parte dei bambini.Ha pubblicato numerosi testi di carattere divulgativo.