capitolo iv

Qual è l'impatto sul microbioma
del parto cesareo e di altri
interventi alla nascita?

Come mai la gravidanza è diventata sempre più medicalizzata?

Fino a un centinaio di anni fa, una donna incinta partoriva quasi sempre a casa. Oggi, in gran parte delle nazioni industrializzate quasi tutte le donne partoriscono in ospedale o in strutture gestite da ostetriche.


Senza dubbio, la nascita è molto più sicura oggi rispetto a cento anni fa. Negli USA, nei primi anni del ’900, ogni anno morivano fra le 600 e le 900 donne su 100.000, per complicazioni legate al parto1. Dal 1987 le statistiche hanno registrato un calo e il dato si attesta su 8 decessi ogni 100.000 nascite2. (Dovremmo far presente, tuttavia, che gli USA sono uno degli otto paesi nel mondo in cui la mortalità materna è andata crescendo negli ultimi anni. Le ultime statistiche mostrano che nel 2013 la mortalità materna negli USA è aumentata a 18 decessi ogni 100.000 nascite)3. La professoressa Hannah Dahlen ritiene che non sia solo il fatto di averla spostata in ospedale a rendere la nascita più sicura. È anche, e forse in modo più significativo, il risultato di miglioramenti nell’igiene, nella medicina e nella salute generale. Quando si parla di salute, tra i fattori che l’hanno influenzata va annoverata senz’altro la medicina antibiotica:

La nascita si è spostata negli ospedali nello stesso momento in cui avvenivano enormi miglioramenti igienici, nei sistemi fognari e nella contraccezione, e nel momento in cui le donne iniziavano ad avere meno bambini e i derivati del sangue per le trasfusioni e gli antibiotici venivano resi disponibili. Tutti hanno pensato subito che nascere in ospedale fosse il motivo degli esiti più favorevoli per la salute, ma si è trattato di un’associazione di tutti questi fattori.

Qual è la “tipica” esperienza di parto in ospedale?

Come ogni madre, ostetrica o medico vi sapranno dire, non vi è una nascita uguale all’altra; tuttavia, nel mondo, esistono anche una quantità di somiglianze precipue dei parti ospedalieri. Se si raggruppano insieme queste somiglianze, si può avere un quadro di cosa significhi un parto moderno per molte donne.

La progressione del travaglio

Medici, ostetriche e altri sanitari misurano il travaglio in termini di “progressione”. La velocità di discesa del bambino attraverso il canale del parto, la velocità di dilatazione della cervice, e la frequenza e la lunghezza delle contrazioni, sono tutte misure di come si ritiene che il travaglio stia progredendo da un punto di vista medico.


In sostanza, dunque, il personale medico valuta di continuo una partoriente in termini di velocità dei diversi parametri del travaglio. Se si pensa che il corpo di una donna non stia lavorando abbastanza in fretta (secondo i parametri stabiliti dall’ospedale, le linee guida sulle procedure raccomandate e il giudizio dei sanitari), i medici possono prendere la decisione di intervenire per accelerare la nascita del bambino.


Il che può avvenire in diversi modi: uno è quello per cui un medico o un’ostetrica rompono artificialmente le membrane (rottura delle acque) per far progredire il travaglio. Come abbiamo visto nel secondo capitolo, questo espone immediatamente il bambino a un flusso di microbi che avvia la sua maggior inseminazione microbica.


Se il travaglio ancora non si sveltisce, alla madre può essere somministrata una flebo di ossitocina per endovena. Secondo Hannah Dahlen, come risultato della flebo di ossitocina:

Le contrazioni sono più dolorose, e il rischio è di non rilasciare lo stesso quantitativo di endorfine che sarebbe stato rilasciato senza questi interventi.

Quando le contrazioni si fanno più dolorose, le ostetriche suggeriscono magari un’epidurale, o è la madre stessa a richiederla, per aiutare la gestione del dolore. Continua la Dahlen:

Con un’epidurale è impossibile muoversi; il bambino non riceve più l’aiuto del movimento per attraversare il canale del parto, spesso il battito cardiaco subisce una caduta, e a questo punto le alternative sono due, o si corre in sala operatoria, o si usa il forcipe, e così la serie di interventi prosegue.

Nella prassi dei moderni reparti di maternità, la gran parte delle donne subisce almeno un intervento, quando non molteplici. Continua Hannah Dahlen:

Gli interventi più importanti come l’induzione, l’accelerazione del travaglio, la somministrazione di anestesia epidurale, l’uso di antibiotici, del forcipe e del taglio cesareo vengono visti, nella società odierna, quasi come fossero più normali delle nascite normali. Sono gli strumenti del nostro mestiere. Sono noi che facciamo qualcosa.

Per dare un’idea di quanto siano comuni questi interventi, nell’anno 2013-14 le statistiche sulle nascite in Inghilterra mostrano che il 26,2 per cento di queste è avvenuto con taglio cesareo (elettivo nel 13,2 per cento dei casi e d’urgenza nel restante 13 per cento), il 25 per cento è stato indotto, e il 12,9 per cento è avvenuto con l’ausilio di strumenti (forcipe o ventosa)4.


Analizzare i potenziali effetti sull’inseminazione microbica del neonato di tutti i possibili interventi sul travaglio andrebbe oltre l’ambito di questo capitolo. Analizzeremo, però, due interventi molto comuni: l’uso di ossitocina sintetica e il taglio cesareo.

Qual è l’impatto dell’ossitocina sintetica sul microbioma del bambino?

La professoressa Sue Carter, biologa e neurobiologa comportamentale, insignita del prestigioso titolo di Rudy Professor di Biologia all’Università dell’Indiana, a Bloomington, e fra i maggiori esperti mondiali di ossitocina, ci fornisce un’utile prospettiva storica sull’uso di questa cugina sintetica dell’ossitocina (chiamata pitocina negli USA; syntocinon nel Regno Unito): 

L’idea iniziale legata alla pitocina era che questa potesse ‘far nascere’. Ma è stato presto evidente che non era sufficiente a far partorire. Quello che succedeva, in realtà, era che l’utero si contraeva e la testa del bambino, se era rivolta verso il basso come previsto, avrebbe premuto contro la cervice uterina. In ultimo, questo avrebbe portato a una cascata di altri ormoni e, in teoria, con questa nuova pioggia ormonale la nascita sarebbe avvenuta. Ma in molte donne, a cui nel corso degli anni è stata somministrata la pitocina, la pelvi e la cervice non erano preparate al parto. Non sono state preparate dagli altri ormoni che hanno questo compito, perciò, anziché nascere, i loro bambini si sono trovati bloccati, il che ha portato alla necessità di praticare qualche genere di intervento, come l’uso del forcipe, l’episiotomia o il taglio cesareo.

Se usata correttamente, l’ossitocina sintetica può essere d’aiuto nello stimolare il travaglio. Se utilizzata dopo la nascita, può anche servire a ridurre il sanguinamento. Poiché può risultare molto efficace a questi scopi, viene utilizzata comunemente negli ospedali di tutto il mondo.


Tuttavia, affinché sia molto efficace, è necessario che venga somministrata nelle giuste proporzioni e al momento giusto. Ecco le parole della professoressa Sue Carter:

Ritengo che, se usata in modo appropriato, l’ossitocina sintetica sia in grado di stimolare il processo. Ma se viene data troppo in fretta e in quantità eccessiva all’inizio, il meccanismo naturale non si innesca e il travaglio di fatto rischia di bloccarsi.

Se il travaglio si ferma a causa di una dose inappropriata di ossitocina sintetica, o per qualsiasi altra ragione, la madre potrebbe avere bisogno di un intervento con taglio cesareo per mettere al mondo il bambino sano e salvo. Come vedremo più avanti in questo capitolo, il taglio cesareo potrebbe interferire con l’inseminazione microbica ottimale del neonato.


La mancanza di ricerche di qualità su vasta scala fa sì che ancora non si sappia se la somministrazione di ossitocina sintetica durante il travaglio e il parto possa avere conseguenze sulla salute a lungo termine del bambino anche da altri punti di vista. Vista l’alta percentuale di donne a cui negli ospedali viene somministrata pitocina o syntocinon ad un certo punto del travaglio e del parto, sono pochissime le donne che potrebbero rientrare in uno studio per non aver avuto alcuna somministrazione di medicinali.


Secondo la professoressa Sue Carter, ci sarebbero anche altre ragioni,

Nel corso della storia, gli interventi alla nascita sono stati rari, ma oggi sono diventati molto comuni. È molto costoso fare uno studio longitudinale sulle persone perché siamo una specie a crescita lenta, dobbiamo aspettare vent’anni prima di essere più o meno adulti. Temo che esista poi un terzo problema: non sono certa che vogliamo davvero sapere quali possano essere le cose negative che hanno origine dai nostri interventi.

La Carter affronta una questione molto importante; studiare gli effetti a lungo termine dell’uso di ossitocina sintetica alla nascita potrebbe essere molto oneroso, e richiedere tempo, ma potrebbe anche rivelare verità scomode sul danno potenziale a lungo termine che è stato causato a bambini alle cui madri è stato somministrato il farmaco anche molti decenni prima.

Quanto è aumentato il tasso dei cesarei?

Il taglio cesareo è una procedura chirurgica in grado di salvare la vita; molte migliaia di madri e bambini, forse anche milioni, non sarebbero vivi oggi se non fosse stato per l’estrazione chirurgica del feto. I tassi di questo intervento sono però cresciuti al punto tale che nascere per mano di un bisturi è oggi relativamente comune, a dispetto del fatto che nel 2015 l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia rilasciato una dichiarazione nella quale si afferma che

Il taglio cesareo dovrebbe essere praticato solo quando necessario da un punto di vista medico.5

Il rapido incremento del cesareo come modalità di parto solleva domande fra gli scienziati, tra cui il dottor Blaser:

Negli USA, vent’anni fa, il tasso di cesarei era del 18 per cento, ora è del 32 per cento. Pertanto la domanda è, cosa ha determinato questo forte incremento? Tutte queste donne ne avevano davvero bisogno? In alcune comunità in Svezia il tasso dei cesarei è solo del 5 per cento, ma in altre parti del mondo è del 50 per cento, o persino maggiore.

Mentre scriviamo, le ultime statistiche dell’OMS rivelano che6:

  • Nel Regno Unito, un quarto di tutte le nascite sono con taglio cesareo;
  • In USA e Australia, circa un terzo di tutte le nascite sono con taglio cesareo;
  • In Brasile, più di metà (il 55%) di tutte le nascite sono con taglio cesareo.

Negli ospedali privati brasiliani il tasso è persino maggiore. Secondo un’affermazione del 2015 del ministro della salute brasiliano, Arthus Chioro, l’84 per cento delle nascite del Paese negli ospedali privati avviene con taglio cesareo7. Chioro ha affermato che

L’epidemia di cesarei a cui assistiamo oggi in questo Paese è inaccettabile e non esiste altro modo di affrontare la situazione se non considerandola come un problema di salute pubblica.

Naturalmente, simili tassi “epidemici” non valgono per altre parti del mondo. In alcuni Paesi dell’Africa sub-sahariana, per esempio, non v’è possibilità di accesso a questo tipo di intervento e le donne che ne avrebbero disperato bisogno per salvare la propria vita e quella del loro bambino non possono usufruirne. Potrebbe trattarsi di un fattore che contribuisce agli alti tassi di mortalità durante il parto in alcune nazioni in via di sviluppo.

Perché il taglio cesareo è diventato così diffuso?

I progressi nella tecnologia medica e nella farmacologia – l’anestesia, i processi e le tecniche chirurgiche, le trasfusioni, gli antibiotici e i materiali di sutura – significano che il cesareo è ora più sicuro che mai, e che le prognosi sono migliorate.


La tecnica chirurgica denomionata Misgav Ladach, un tipo di incisione diritta trasversale, appena sotto la linea del bikini, ha reso possibile (secondo un articolo accademico del 1999)

una ripresa più rapida, minor uso di antibiotici post operatori, di antipiretici e analgesici. I tempi dell’anestesia e dell’intervento si riducono ed è una tecnica adatta sia alle situazioni di emergenza, sia ai cesarei pianificati.8

Oggi il cesareo viene percepito in genere come relativamente sicuro rispetto al parto vaginale. Come suggerito dal professor Steer, professore emerito di ostetricia,

Il mio punto di vista personale sul perché il tasso dei cesarei sia in costante crescita da quando ho preso l’abilitazione è che continuiamo a migliorarne la sicurezza. Il fatto che sia più sicuro significa che la soglia del rischio che siamo disposti a correre, durante un travaglio, prima di ricorrere al cesareo, diventa via via sempre più bassa.

Molti dei cesarei praticati nei Paesi industrializzati vengono effettuati prima che il travaglio abbia inizio. Le ultime statistiche disponibili per l’Inghilterra mostrano che più della metà di tutti i cesarei sono elettivi (si veda pag.79). Alcuni di questi avvengono perché la madre o il bambino hanno complessi problemi di salute; altri perché la madre ha scelto di partorire con la chirurgia.

Molte donne potrebbero avere motivi pressanti per scegliere un parto chirurgico anziché naturale, inclusa una paura o un’ansia legati al parto vaginale. Il sistema delle maternità del Regno Unito appoggia l’idea che una donna possa scegliere di avere un cesareo. Nel Regno Unito, in base alle linee guida del Servizio sanitario nazionale NICE, stabilite nel 2011,

Per le donne che richiedono un cesareo, se dopo una confronto e l’offerta di aiuto (incluso il sostegno alla salute mentale perinatale per donne con ansia da parto) una nascita vaginale continua a non essere un’opzione accettabile, si offra un cesareo pianificato.9

Una volta che una donna abbia partorito con cesareo, il medico potrebbe raccomandare un’altra nascita chirurgica per le successive gravidanze, basandosi sul calcolo del rischio dovuto a complicanze. Una nascita vaginale dopo taglio cesareo (VBAC) potrebbe essere fattibile da un punto di vista medico, ma non è detto che sia sempre un’opzione praticabile, o sostenuta appieno in tutti gli ospedali. Un aumento delle madri in attesa che vengono definite “ad alto rischio”, così come un contesto nel quale il personale medico potrebbe temere conseguenze legali se il cesareo non viene praticato con sufficiente tempismo, potrebbero contribuire all’aumento nel numero delle nascite per intervento chirurgico10.

Quali sono le implicazioni della nascita con cesareo sulla salute a lungo termine del bambino?

Da un punto di vista statistico, il cesareo può anche risultare una procedura relativamente sicura per la madre e il bambino, ma specialisti come il dottor Steer iniziano ad essere più consapevoli dei potenziali problemi a lungo termine ad essa associati:

Fino a poco tempo fa, la maggior enfasi con il cesareo è stata di evitare il danno di un travaglio difficile, in quanto il bambino rischia un deficit di ossigeno durante un travaglio difficile. L’intero scopo del cesareo è di far nascere bambini in buone condizioni di salute, e i ginecologi, quando passano il piccolo nelle mani del neonatologo, di solito pensano: ‘ecco, il mio compito è terminato’. Tuttavia, è diventato chiaro che esistono alcuni svantaggi per il fatto di non essere nati con un normale parto vaginale.

Alcuni degli svantaggi di una nascita chirurgica sono legati alle alterazioni nell’inseminazione microbica preposta alla costituzione del microbioma intestinale. Per poter illustrare in che modo il bambino potrebbe perdere la vitale esposizione microbica, può essere utile descrivere cosa accade durante un intervento convenzionale di taglio cesareo.

In cosa consiste il parto cesareo?

Di norma la madre è distesa su un tavolo operatorio, con un telo che fa da schermo fra lei e l’area dell’incisione. Molto di frequente, il telo è il camice operatorio stesso indossato dalla madre, a cui di solito viene praticata un’epidurale, una flebo nella colonna vertebrale che addormenta la parte inferiore del corpo. In certi casi si ritiene necessario effettuare un’anestesia generale.


I medici praticano un’incisione col bisturi per aprire il basso addome, tagliare i vari strati della parete addominale e arrivare alla parte inferiore dell’utero. Praticano poi un’incisione ulteriore nella parete uterina; di solito si tratta di un taglio longitudinale (da un lato verso l’altro lato), ma in alcune circostanze potrebbe essere verticale (dall’alto verso il basso). Nel caso di un cesareo d’elezione, una volta praticata l’incisione, il bambino si rivela avvolto nel sacco amniotico. Quando l’intervento è d’emergenza (il che avviene solo per problemi durante il travaglio), se le acque si sono rotte il bambino dovrebbe apparire avvolto da un sacco amniotico già aperto.


Il sacco amniotico viene dunque aperto (se necessario) e il ginecologo tira fuori il bambino dall’utero utilizzando le mani oppure un forcipe (per Toni, questa sensazione è stata come se un carico non centrifugato di panni fosse stato strappato via da una lavatrice con carica dall’alto). Il cordone ombelicale viene stretto fra due pinze (clampaggio) e tagliato, e il neonato è così separato e reso indipendente dalla madre. A questo punto è pratica comune che venga brevemente mostrato alla madre prima che un neonatologo o un’infermiera lo prendano per procedere con le valutazioni di prassi, il che potrebbe voler dire che viene portato dall’altra parte della sala operatoria, sul tavolo di rianimazione. Dopodiché, il bambino di solito viene lavato, etichettato, pesato e avvolto in un telo.


Intanto, il chirurgo stacca e rimuove la placenta dalla parete uterina della madre. L’incisione uterina viene quindi richiusa con dei punti o graffette chirurgiche, segue poi la suturazione dell’addome.


La parte della “nascita” avviene con una relativa velocità: dalla prima incisione all’emergere del bambino nel mondo esterno ci vogliono circa cinque minuti. Potrebbe richiedere altri quaranta minuti o un’ora la chiusura dell’utero e delle pareti addominali.


Mentre viene suturata, alla madre di solito è consentito tenere in braccio per la prima volta il bambino – spesso dieci minuti buoni dopo che è nato. In alcune parti del mondo, il bambino viene poi portato in un nido mentre la madre si riposa in un’altra stanza.

E l’inseminazione microbica del bambino nato con cesareo?

Poiché viene tirato fuori direttamente dall’addome materno, il bambino nato con parto cesareo non passa affatto dal canale del parto, e dunque è probabile che non riceva la serie completa di lattobacilli di cui è ricco il microbiota vaginale, e che viene acquisita dai bambini nati per via naturale.


Maria Gloria Dominguez Bello, microbiologa impegnata in una ricerca pionieristica su come la modalità della nascita influisca sul microbioma intestinale, afferma:

Le persone credono che i bambini nati col cesareo siano esattamente gli stessi di quelli nati per via vaginale. Oggi, però, con i metodi di sequenziamento molecolare, vediamo che i bambini nati con cesareo mancano del microbiota vaginale posseduto dai bambini nati per via vaginale, proprio perché non sono passati attraverso il canale del parto.

Non si tratta però solo del fatto che i nati con cesareo manchino dei microbi vaginali; un bambino nato con cesareo non sarà venuto in contatto con la materia fecale della madre durante il processo della nascita, perciò non sarà stato esposto neppure ai microbi intestinali materni. In effetti, il cesareo con ogni probabilità impedisce che il neonato riceva il carico microbico vaginale e intestinale materno. Si suppone che questi microbi siano i primi ad arrivare alla “festa di colonizzazione” del microbioma intestinale. Come vedremo nel prossimo capitolo, una mancata esposizione a questo tipo di microbi potrebbe avere conseguenze sull’addestramento ottimale del sistema immunitario del neonato.


Finché il sacco amniotico non si rompe, il bambino è in un ambiente quasi sterile. Non appena il chirurgo rompe il sacco, un diluvio di microbi si riversa sul bambino. In un parto cesareo, quei primi microbi decisivi provengono dall’aria della sala operatoria, non dal canale del parto, come è chiarito da Dominguez Bello:

Quando esaminiamo i neonati pochi secondi dopo la nascita, osserviamo che hanno microbi presi dall’aria della sala operatoria.

È così che ha inizio il più importante e decisivo evento di colonizzazione microbica per un bambino nato con cesareo. Appena il sacco amniotico viene aperto, i microbi aerei iniziano a colonizzare la pelle del bambino, entrando negli occhi, nelle orecchie e nella bocca.


Nel corso della sua ricerca, Dominguez Bello ha scoperto che i microbi presenti nell’aria provengono dall’epidermide di una o più persone presenti in sala operatoria. Secondo la dottoressa:

Questi microbi della pelle non appartengono alla madre, è probabile che la madre sia l’ultima delle fonti importanti. Provengono invece da un’altra persona, o da più persone presenti in sala operatoria.

Ad ogni contatto fisico, il bambino acquisisce altri microbi – quando viene preso e toccato, trattato con la strumentazione medica, pulito con una salvietta, e nel contatto pelle a pelle con la madre o il padre. La stessa cosa, naturalmente, è vera anche se il bambino è stato partorito per via vaginale – la differenza cruciale è che, per un bambino nato con il cesareo, i microbi vaginali e intestinali materni non sono presenti alla “festa di colonizzazione” del microbioma intestinale, insieme ai microbi che provengono dall’ambiente.

Dominguez Bello riassume così l’inseminazione microbica in caso di parto cesareo:

I bambini nati con taglio cesareo non acquisiscono microbi vaginali alla nascita perché non attraversano il canale del parto; ricevono però una serie di batteri che corrispondono a quelli che si trovano sulla pelle umana, e che prendono dall’aria della sala operatoria.

Esiste una differenza nell’esposizione microbica dei bambini nati con cesareo d’elezione rispetto a quelli nati con intervento d’emergenza?

La semplice risposta a questa domanda è, con ogni probabilità, sì. Tuttavia, esiste una ricerca scientifica limitata su quale sia l’esatta differenza di esposizione microbica fra la nascita con travaglio e cesareo e quella con intervento chirurgico senza travaglio. Il fatto che il bambino sia esposto o meno ai microbi vaginali di sua madre durante la nascita potrebbe dipendere da quando e se le membrane si siano rotte, e se il bambino è entrato nel canale del parto prima dell’intervento.


Se le acque si rompono presto, e se la donna è già completamente dilatata ed è rimasta per un certo tempo nella seconda fase, quella delle spinte (con il bambino nel canale del parto), prima di aver bisogno di un cesareo d’emergenza, il bambino potrebbe essere stato esposto per un certo tempo ai microbi vaginali della madre mentre era nel canale, anche se poi la modalità del parto cambia.


Ecco due esempi che illustrano come l’esposizione microbica possa differire fra due bambini nati col cesareo, con o senza travaglio.


Il primo, taglio cesareo con travaglio. Le acque si rompono ad un certo momento del travaglio attivo e il travaglio della madre progredisce finché la cervice non è del tutto dilatata. La madre sente l’urgenza di spingere e il bambino si muove lungo il canale del parto; è il suo primo figlio e il secondo stadio richiede del tempo, magari fin quasi un’ora. La madre cerca diverse posizioni per far progredire il travaglio, il ginecologo inizia a preoccuparsi che il bambino stia soffrendo e suggerisce un cesareo d’emergenza, che viene praticato. In questo esempio, è del tutto ragionevole supporre che il bambino abbia ricevuto una certa esposizione ai microbi vaginali materni nel canale del parto, prima di nascere con il cesareo.


Il secondo, un cesareo d’elezione (ossia un cesareo senza indicazioni mediche, su richiesta della madre), che è un esempio di cesareo senza travaglio. Di solito viene praticato prima dell’inizio del travaglio, forse anche prima del termine previsto della gravidanza. Le acque non si sono ancora rotte quando la donna entra in sala operatoria, e il sacco amniotico è ancora intatto. In questo caso potremmo supporre che il bambino, rimasto nell’ambiente quasi sterile della sacca amniotica fino al momento della nascita, non abbia ricevuto nessuna esposizione microbica, né vaginale, né intestinale, durante il parto.


Esiste poi un terzo scenario, che è quello in cui il taglio cesareo viene praticato d’emergenza, ma la donna entra in sala operatoria prima che si rompano le acque. Per questo scenario la ricerca a cui attingere è limitata, ma si può supporre che se il bambino non è entrato nel canale del parto e le acque non si sono rotte non abbia ricevuto nessuna esposizione microbica, né vaginale, né intestinale, prima dell’intervento.


Sono necessari ulteriori studi ma, nel momento in cui scriviamo, la ricerca scientifica indica che tutti i bambini nati con cesareo hanno un microbioma alterato rispetto a quelli nati per via vaginale. In qualsiasi scenario di taglio cesareo, è probabile che il bambino non abbia ricevuto i microbi vaginali e intestinali materni ai livelli che ci aspetteremmo da un parto vaginale. E non solo questo, ma il fatto che i primi microbi ad arrivare, e a colonizzare il microbioma intestinale del bambino, con molta probabilità non abbiano origine dal microbioma vaginale o intestinale materno, potrebbe avere conseguenze sull’addestramento del sistema immunitario infantile, influendo sulla sua salute a lungo termine.

Quali differenze esistono nelle specie microbiche trovate sui bambini nati con cesareo rispetto a quelli nati con parto vaginale?

Molti degli studi pubblicati finora si concentrano, in termini generali, sul confronto fra il microbioma di bambini nati con parto vaginale e quello di bambini nati con il cesareo. In sostanza, la nascita è divisa in due categorie:


PARTO VAGINALE

PARTO CESAREO


Talvolta, oltre alla modalità del parto, le ricerche tengono anche conto del tipo di alimentazione del neonato, se è nutrito al seno o con formula. Tabulando le diverse opzioni, abbiamo quattro possibili scenari:


NASCITA VAGINALE-ALLATTAMENTO

CESAREO-ALLATTAMENTO

NASCITA VAGINALE-FORMULA

CESAREO-FORMULA


In gran parte della ricerca attuale disponibile, si fa poca menzione delle esatte circostanze relative alla nascita. Per esempio, in una nascita vaginale spesso non si sa se il bambino è nato a casa, in un centro nascita o in un ospedale; quando (e se) le acque si sono rotte; per quanto tempo la madre è stata in travaglio prima della rottura delle acque, nel caso in cui si siano rotte; se la madre ha avuto un parto in acqua e, se così, quando è entrata e quando è uscita dall’acqua; se le siano stati somministrati antibiotici subito prima del parto (per esempio nel caso in cui fosse risultata positiva allo streptococco di tipo B). In caso di parto cesareo, di rado si sa se l’intervento è stato d’elezione o d’emergenza; se alla madre sono stati somministrati antibiotici prima dell’intervento; quando e se le acque si siano rotte; se la donna fosse o meno in travaglio attivo prima del cesareo; e quali interventi medici abbia ricevuto prima di entrare in travaglio. Tutti questi fattori, sia nelle nascite vaginali sia in quelle con cesareo, potrebbero aver influenzato il microbioma del bambino.

Negli studi futuri ci si concentrerà su altri pezzi del puzzle della nascita, e saremo in grado di disegnare un quadro con più sfumature rispetto al modo esatto in cui la tipologia del parto influenzi il microbioma del neonato; al momento, tuttavia, abbiamo a disposizione solo una serie limitata di fonti di ricerca per rispondere alle nostre domande. Dominguez Bello spiega che quando si analizza il microbioma dei neonati, “i bambini nati per via vaginale hanno soprattutto batteri come il Lactobacillus e il Bifidobacterium”, che sono tipi di batteri anaerobi (possono vivere senz’aria)11.


I nati da parto cesareo, d’altro canto, hanno un microbioma che contiene più

Streptococchi e stafilococchi. Questi sono batteri soprattutto aerobici (vivono, perciò, in presenza di aria), tipici della pelle umana, comunità molto diverse da quelle dei batteri vaginali.

Ecco la nostra interpretazione della ricerca pionieristica della dottoressa Dominguez Bello, illustrata in una tabella molto semplice a due riquadri.


NASCITA VAGINALE

PARTO CESAREO

Più Lattobacilli

Più Streptococchi

e Bifidobatteri

e Stafilococchi


Nella ricerca canadese CHILD – Canadian Healthy Infant Longitudinal Development [studio longitudinale su una coorte di bambini canadesi sani, seguiti nel loro sviluppo per riuscire a predire, prevenire e trattare le malattie croniche – N.d.T.], il gruppo di ricercatori transcanadesi [lo studio segue lo sviluppo dei bambini in diverse città del Canada N.d.T.], inclusa la professoressa Anita Kozyrskyj, ha scoperto anche che c’era una differenza nell’impronta batterica che dipendeva dalla modalità del parto12. Secondo la Kozyrskyj, 

Nel nostro studio pilota, quando abbiamo confrontato i neonati che erano stati fatti nascere con il cesareo con quelli partoriti per via vaginale, a tre o quattro mesi d’età i bambini nati con parto cesareo avevano una percentuale decisamente più bassa della componente batterica di tipo Bacteroides. A un anno d’età il livello era ancora basso, ma non così tanto.

Quali sono gli effetti degli antibiotici sul microbioma del neonato?

La situazione relativa alle alterazioni potenziali del microbioma intestinale viene complicata ancora di più se alla madre vengono somministrati antibiotici durante la gravidanza, il travaglio o il parto. Un motivo comune per la somministrazione di antibiotici è il rischio che il bambino contragga un’infezione da streptococco del gruppo B, o GBS.

Cos’è lo streptococco del gruppo B?

Lo streptococco del gruppo B è un batterio comune. Nel Regno Unito è presente nel microbioma dal 20 al 30 per cento degli adulti (uomini e donne). Il ventidue per cento delle donne in gravidanza ha il GBS nel microbioma vaginale13.


Per quanto la maggior parte dei neonati esposti allo streptococco del gruppo B durante la nascita vaginale non soffriranno di alcun effetto collaterale, vi è tuttavia un rischio significativo che un bambino appena nato possa sviluppare un’infezione da streptococco. L’infezione da streptococco del gruppo B è una patologia grave che può portare alla meningite, alla polmonite e alla sepsi (tossicità del sangue). Nel Regno Unito, circa 1 neonato su 2.000 sviluppa un’infezione da streptococco del gruppo B subito dopo la nascita e circa 1 su 10 fra questi ne morirà14.


Il Servizio Sanitario del Regno Unito ha scelto un approccio “fondato sul rischio” – il che significa che le madri in attesa non fanno un test di prassi per verificare la presenza del batterio, nonostante l’infezione possa essere rilevata se la donna fornisce un campione vaginale o urinario per altre ragioni. Esistono fattori certi di rischio che vengono tenuti sotto controllo dai medici e dalle ostetriche per capire quali siano le donne a rischio – aver avuto un precedente bambino con infezione da streptococco-B, entrare in travaglio prematuramente, durante il travaglio avere una temperatura corporea più alta di 37,8° C, e la rottura delle acque più di 18 ore prima della nascita sono tutti indicatori comuni15.


Se una madre presenta uno o più di questi fattori di rischio, il suo medico potrebbe prescriverle antibiotici da prendere quando si rompono le acque, oppure all’inizio del travaglio, a seconda di cosa avvenga prima.


D’altro canto, i medici negli USA preferiscono un “approccio universale”, il che significa che tutte le donne in gravidanza fanno uno esame per lo streptococco-B a 35 o fino a 37 settimane, e chi risulta positiva al test prenderà gli antibiotici durante il travaglio16.

Quali conseguenze ha la somministrazione di antibiotici durante un parto cesareo?

Poiché ogni intervento comporta il rischio di infezioni, è prassi comune somministrare alla madre una dose di antibiotico prima dell’intervento per ridurne il rischio di infezioni. Dominguez Bello se ne occupa nella sua ricerca sugli effetti del cesareo sul microbioma:

Il cesareo implica l’uso di antibiotici. Alla madre viene somministrato un grammo di penicillina prima del parto, che ha dunque un impatto sul suo microbiota, e durante la nascita il bambino riceverà quei microbi che hanno subìto gli effetti dell’antibiotico.

Cosa impariamo analizzando gli effetti?

Kozyrskyj e colleghi17, nell’ambito dello studio CHILD (si veda pag. 163-172), hanno pubblicato di recente una nuova ricerca sugli antibiotici usati nelle maternità e il loro impatto sul microbioma intestinale del bambino. Lo studio ha analizzato gli effetti su duecento bambini canadesi nati fra il 2010 e il 2012; i ricercatori hanno scoperto che il 21 per cento delle madri in attesa avevano ricevuto somministrazioni antibiotiche perché erano ad alto rischio per lo streptococco-B, o per via della rottura delle membrane prima del travaglio. A un ulteriore 23 per cento delle madri erano stati somministrati antibiotici a causa di un cesareo elettivo o d’urgenza. Questo significa che, fra il 2010 e il 2012, una porzione considerevole delle madri in attesa aveva ricevuto una profilassi antibiotica intrapartum, ossia nel periodo attorno al travaglio e alla nascita.


I ricercatori hanno scoperto che il microbioma del neonato cambiava in relazione alla profilassi antibiotica intrapartum. Tutti i bambini, che fossero nati per via vaginale o con cesareo, avevano un microbioma alterato in modo significativo all’età di tre mesi se confrontati con quei bambini le cui madri non avevano preso antibiotici. In termini degli specifici ceppi batterici, a tre mesi il microbioma dei bambini esposti agli antibiotici aveva meno Bacteroides e Parabacteroides (che sono importanti per numerose attività metaboliche e proteggono dai patogeni pericolosi)18 e più Enterococcus (batterio lattico ben noto per essere un patogeno umano con un alto livello intrinseco di resistenza antibiotica)19 e Clostridium. I ricercatori hanno scoperto che le differenze persistevano fino a dodici mesi nei bambini nati con cesareo, soprattutto in coloro che non erano stati allattati.

Kozyrskyj e colleghi concludono affermando che

Gli antibiotici nell’intrapartum, vaginale o cesareo, sono associati a disbiosi intestinale del neonato e l’allattamento è in grado di modificare alcuni di questi effetti. Ulteriori ricerche sono giustificate per esplorare le conseguenze sulla salute di queste associazioni.

Una “disbiosi” del microbiota intestinale infantile associata a profilassi antibiotica materna significa che il microbioma non è del tutto “in equilibrio”. In altre parole, particolari specie batteriche, che sarebbero state presenti se gli antibiotici non fossero stati somministrati, mancano o non sono presenti in quantità ottimali – alcune specie potrebbero essere troppo presenti e altre troppo poco.

Nota per le madri in gravidanza: discutete sempre con il vostro medico i benefici e i rischi della somministrazione di antibiotici durante la gravidanza, il travaglio e il parto.

Perché dare importanza a un microbioma alterato?

Poiché le differenze fra i rispettivi microbiomi (fra neonati nati con parto vaginale e quelli nati con cesareo, o fra chi ha una madre a cui sono stati somministrati antibiotici e chi no, o ancora fra chi è allattato e chi invece è alimentato con formula) tendono ad essere meno evidenti a mano a mano che il bambino cresce, un osservatore scettico potrebbe vedere le similitudini dei rispettivi profili microbici da adulti e pensare:

Ecco, ora hanno profili batterici molto simili, dunque qual è il problema?

È una buona domanda. Qual è esattamente il problema se si ha un microbioma alterato nei primi dodici mesi di vita ma poi le differenze non persistono? Perché dargli importanza?


Kozyrskyj ha ipotizzato che l’impronta microbica del bambino cambi nel tempo: il profilo batterico del neonato alla nascita è diverso da quello che avrà dopo poche settimane, e questo sarà ancora diverso dopo pochi mesi e poi dopo un anno. Suggerisce che il microbioma intestinale si sviluppi seguendo uno speciale schema “in successione”:

Lo sviluppo del microbioma intestinale infantile avviene in successione. Ci sono i batteri fondatori che gettano le fondamenta per la colonizzazione da parte della generazione successiva di batteri. I batteri che si avvicendano nella colonizzazione sono poi quelli che avremo da adulti. Perciò il genere Bacteroides è proprio fra quelli che arrivano in un secondo momento nel processo di colonizzazione.

Ad avere importanza non è solo la relativa penuria oppure l’abbondanza di una determinata specie batterica in un particolare momento dei primi tempi di vita del bambino. Ciò che è significativo è lo schema di colonizzazione nel corso del primo anno di vita. Afferma la Kozyrskyj:

Non credo basti dire ‘una certa impronta batterica a tre mesi è importante’, o ‘un’altra certa impronta batterica a un anno di vita è importante’. Quello che io e i miei colleghi pensiamo è che sia decisivo lo schema seguito nel corso di tutto il primo anno di vita.

Il che sembrerebbe suggerire che sia previsto l’arrivo di specifici batteri in un preciso ordine temporale e in momenti prestabiliti come parte di un disegno completo di colonizzazione ordinato lungo tutto il primo anno di vita. Con “sia previsto” si intende che questo è il modo previsto dalla natura. Sappiamo come si ritenga che i primi batteri ad arrivare nel microbioma intestinale abbiano un ruolo decisivo per l’addestramento ottimale del sistema immunitario del bambino.


Il taglio cesareo, le profilassi antibiotiche e persino l’alimentazione con formula rischiano di distruggere questo intero processo di colonizzazione in successione, sin dai primi istanti di vita. La domanda successiva, pertanto, dovrà essere: tutto questo potrebbe avere conseguenze per la salute a lungo termine del bambino?

La dottoressa Kozyrskyj e i suoi colleghi stanno attualmente verificando se esista o meno un legame potenziale fra l’interferenza nel processo di colonizzazione microbica in successione che avviene nei primi dodici mesi di vita e lo sviluppo di alcune patologie, incluse le allergie. Hanno pubblicato di recente un articolo in cui si analizza la relazione fra gli schemi di colonizzazione del microbioma intestinale e la sensibilizzazione ai cibi nel primo anno di vita20.

I ricercatori dello studio CHILD concludono così:

La ricchezza microbica del basso intestino e un’elevata proporzione di enterobacteriaceae/ bacteroidaceae nella prima infanzia sono associate a conseguente sensibilizzazione ai cibi, suggerendo che una precoce colonizzazione intestinale potrebbe contribuire allo sviluppo della patologia atopica, incluse le allergie alimentari.

In risposta alla domanda se l’interferenza negli schemi microbici abbia conseguenze a lungo termine sulla salute, l’articolo suggerisce che queste conseguenze potrebbero esserci. Se è previsto che certi batteri specifici arrivino nell’intestino in determinati momenti e seguendo un particolare ordine, poiché tutto fa parte di un completo schema di colonizzazione, qualsiasi interferenza in questo schema potrebbe a buon diritto rappresentare un fattore che contribuisce a rendere il bambino più suscettibile alle allergie alimentari.


(Se desiderate saperne di più sulle tecniche di ricerca e le scoperte pilota della dottoressa Kozyrskyj e del suo gruppo di ricercatori impegnato nel progetto CHILD, alle pagine 163-172 troverete una trascrizione integrale della nostra intervista con lei).

Cosa si può fare se il cesareo è necessario?

Quando abbiamo capito che un bambino nato con il cesareo potrebbe mancare di alcune specie di microbi che invece avrebbe acquisito se fosse nato per via vaginale, e che questo potrebbe avere conseguenze a lungo termine sul suo sistema immunitario, abbiamo pensato subito a nostra figlia e alle circostanze della sua nascita con parto cesareo.


Dopo che per quattro volte l’induzione del parto era fallita, Toni ha avuto un cesareo. Ad ogni induzione, Toni iniziava ad avere le contrazioni ma il travaglio non si avviava mai appieno; la cervice iniziava a dilatarsi ma poi il travaglio entrava in stallo. Le acque non si sono mai rotte, il che significa quasi certamente che nostra figlia non ha avuto alcuna esposizione ai microbi vaginali di Toni.


Non abbiamo mai sequenziato il microbioma intestinale di nostra figlia, perciò non sappiamo se la sua impronta microbica rifletta ancora le circostanze della sua nascita.


Sapendo ciò che sappiamo ora, avremmo incluso nel nostro piano nascita una lista di cose per garantire un’esposizione microbica nell’eventualità in cui si fosse reso necessario un cesareo. La lista avrebbe compreso la richiesta al personale medico di abbassare il telo schermante al momento della nascita per permettere al bambino di essere messo direttamente sul petto di Toni per un immediato contatto pelle a pelle in sala operatoria, avviando da quel momento in poi un allattamento esclusivo. Se, dopo uno screening in gravidanza, il microbioma vaginale di Toni fosse risultato negativo per patogeni, avremmo anche potuto considerare una “inseminazione microbica a tampone”. Questa procedura applicata nei cesarei d’elezione (con protocolli molto rigidi) è attualmente oggetto di ricerca da parte della dottoressa Dominguez Bello.

Molto di questa lista sarebbe stato possibile grazie a un nuovo tipo di cesareo che mette la donna “al centro”, disponibile ora in alcuni ospedali innovatori del Regno Unito e in alcune altre parti del mondo, compresi gli USA21.


Talvolta chiamato “cesareo naturale” o “cesareo dolce”, la tecnica dell’intervento prevede piccoli ma significativi cambiamenti rispetto alla procedura convenzionale, inclusi minime modifiche nella prassi di lavoro, l’aumento dello staff (per esempio, un’infermiera in più o un membro in più nel gruppo di neonatologia), e posizionamento di una flebo nella mano non dominante della madre, così che le risulti più facile poter tenere il bambino.

Quali sono i benefici del contatto pelle a pelle dopo il cesareo?

Secondo Philip Steer, professore emerito di Ostetricia,

Nella pratica ostetrica illuminata, è normalissimo tirare fuori il bambino dalla pancia e darlo subito alla madre per avere un contatto pelle a pelle.

Oltre a facilitare il legame madre-bambino, il contatto pelle a pelle rende possibile il trasferimento dei microbi della pelle della madre al bambino e aiuta ad avviare l’allattamento. Ammesso che non vi sia un’emergenza medica per la madre o il bambino, non è affatto necessario separarli. Il personale medico può aspettare a tagliare il cordone ombelicale finché non abbia smesso di pulsare, e per tutto il tempo che il bambino è sul petto della madre. Naturalmente, questa procedura è la stessa sia con cesareo, sia con parto naturale.


Se il contatto immediato pelle a pelle con la madre è impossibile per via di un’emergenza medica (in caso di cesareo, così come in caso di parto vaginale), il bambino può essere tenuto pelle a pelle con il padre o un altro familiare stretto. Esistono poche ricerche cui attingere in merito al trasferimento microbico in uno scenario del genere, ma possiamo supporre che sia benefico. I microbi del padre genetico o di un familiare stretto sono quelli letteralmente imparentati con il bambino, e quelli che avrà attorno quando la famiglia tornerà a casa.


Potrebbero esserci anche altri benefici emotivi e psicologici nel contatto pelle a pelle fra il neonato e persone diverse dalla madre, come descritto in una storia commovente raccontata dalla professoressa Lesley Page:

Ricordo una giovane coppia adorabile, provenivano dall’India e vivevano nel Regno Unito. La madre ebbe un cesareo d’emergenza e dopo l’intervento era stordita. Guardai il padre che non sapeva proprio da che parte cominciare, perciò gli dissi: ‘possiamo mettere il bambino a contatto della sua pelle?’. Lui sollevò il camice e mise il bambino sul petto, gli dissi di avvicinarlo al cuore e il suo volto si illuminò. Percepii che quel momento avrebbe fatto la differenza per la relazione futura di quel padre e quel bambino.

Quali sono i benefici dell’allattamento dopo un cesareo?

Nel terzo capitolo abbiamo visto che allattare è un sistema per trasmettere al bambino nutrimento, anticorpi, sostanze antinfiammatorie, componenti immunitari, ormoni, prebiotici e specifici ceppi batterici. Tutte cose che sarebbero di estremo beneficio a un bambino nato con la chirurgia.


Nell’articolo dello studio CHILD, a proposito dell’impatto dovuto agli antibiotici assunti dalla madre, i ricercatori sottolineano come l’allattamento modifichi alcuni degli effetti disbiotici associati all’uso di antibiotici nel corso del travaglio e del parto22.

Così, i nostri risultati dimostrano i benefici di un allattamento continuativo, in seguito a un cesareo d’emergenza, nel promuovere un profilo microbico intestinale dopo lo svezzamento che sia paragonabile a quello di bambini nati con parto vaginale e senza esposizione IAP.

(IAP sta per “Impatto della profilassi antibiotica materna nell’intraparto”, ossia la somministrazione alla madre di antibiotici nel periodo in prossimità del travaglio e del parto, per prevenire le infezioni). La ricerca mostra con chiarezza i benefici dell’allattamento per il microbioma del bambino, soprattutto quando il parto è un cesareo d’emergenza.


Secondo la professoressa Carter,

Uno dei meccanismi di protezione del corpo è l’allattamento. La lattazione, nella mia idea, è una sorta di polizza assicurativa che funziona per ogni tipo di nascita. Se c’è un cesareo è più difficile, quindi mantenendo così alti i tassi di incidenza dei parti chirurgici, rendiamo più difficoltoso l’allattamento. Ed è una vera sfortuna perché allattare è una forma di assicurazione aggiuntiva per il neonato.

Se tutti i neonati, le madri e i padri ricevessero di prassi il sostegno e l’incoraggiamento necessario ad avere subito un contatto pelle a pelle, e se ci fosse un sostegno aggiuntivo per riuscire ad allattare, e se questa fosse la norma per tutti i parti, vaginali e chirurgici, vedremmo probabilmente un aumento dei tassi di allattamento, il che conferirebbe al neonato un sicuro beneficio microbico. A sua volta, questo beneficio per il microbioma del neonato si tradurrebbe in un potenziale significativo miglioramento della sua salute per tutto il corso della vita.

Cos’è un’inseminazione microbica a tampone?

La dottoressa Dominguez Bello sta studiando una tecnica pionieristica di “inseminazione a tampone” che, se fosse stata disponibile all’epoca, sarebbe potuta apparire nel piano nascita di Toni, soprattutto se il microbioma vaginale di Toni fosse risultato negativo alla presenza di patogeni durante la gravidanza, e se Toni fosse potuta rientrare nei criteri di inclusione e nei rigidi protocolli stabiliti dalla ricerca di Dominguez Bello. La tecnica è in risposta a un problema sollevato dal Philip Steer, Emerito professore di Ostetricia all’Imperial College di Londra, e già direttore dell’“International Journal of Obstetrics and Gynaecology”:

Tengo moltissime conferenze sul taglio cesareo e affronto spesso il tema del microbioma e della sua importanza per lo sviluppo futuro del bambino. Ritengo probabile che si possano trovare delle tecniche, per esempio ottenendo una selezione di batteri materni da trasmettere in modo artificiale al bambino, assicurandoci di imitare il processo naturale.

La tecnica a tampone ha lo scopo di inseminare artificialmente il microbioma di un bambino nato con cesareo, utilizzando i microbi vaginali materni. Il viso del bambino viene strofinato dal medico con un tampone imbevuto di microbi presi dalla vagina della madre. Secondo Dominguez Bello,

Considerando il caso in cui un cesareo si riveli necessario, abbiamo pensato a cosa poter fare per ristabilire le condizioni utili al bambino, e la risposta è molto logica. L’idea è che se il bambino deve per forza nascere con parto cesareo, lo facciamo nascere così ma poi gli presentiamo il contenuto vaginale della madre.

Finora, Dominguez Bello ha condotto le sue ricerche a Puerto Rico, in Ecuador, Bolivia e Cile. Di recente, le è stato garantito il permesso di portare avanti ulteriori studi in altri Paesi, inclusi Svezia e USA, con altri gruppi di altri Paesi che si coordinano per essere parte della ricerca.

Come funziona l’inseminazione a tampone e quali sono i risultati.

I ricercatori inseriscono un tampone sterile nella vagina della madre subito prima dell’operazione, poi rimuovono il tampone e lo mettono su un piatto sterile durante l’operazione. Appena il bambino è nato, i ricercatori gli strofinano prima la bocca con il tampone e poi il resto del volto e del corpo.

Dominguez Bello sta ora analizzando la prima serie di risultati:

Pubblicheremo il primo mese di dati per mostrare che il principio funziona. Stiamo seguendo questi bambini da un anno e ne stiamo reclutando altri. Finora, con i bambini che abbiamo inoculato, non abbiamo avuto nessun problema di salute. Fra due o tre anni, realizzeremo un articolo più ampio in cui discuteremo una maggiore quantità di dati, inclusi quelli sulla salute dei bambini.

Dovremmo essere molto cauti perché siamo davvero all’inizio di questo progetto di ricerca, ma i risultati preliminari sembrano favorevoli. Per citare un articolo che parla della ricerca di Dominguez Bello, pubblicato su “Nature” del 1° febbraio 2016:

I quattro bambini che hanno ricevuto il tampone ospitavano comunità batteriche epidermiche, intestinali, anali e orali che somigliavano più a quelle di bambini nati in modo naturale che non a quelle di bambini partoriti con cesareo ma non sottoposti alla procedura23.

Questo vuol dire che la tecnica dell’inoculo a tampone potrebbe parzialmente ripristinare il microbioma di bambini nati con cesareo, permettendo loro di avere un profilo microbico più vicino a quello dei bambini nati con parto naturale. Dominguez Bello si riferisce ai bambini che hanno ricevuto l’inseminazione a tampone dicendo che sono stati “inoculati”.


Afferma:

Abbiamo solo fatto delle analisi a livello delle comunità, ma finora possiamo dimostrare che i bambini inoculati hanno gruppi microbici più vicini a quelli dei bambini nati per via vaginale. In altre parole, abbiamo una prima prova che stiamo almeno in parte ripristinando i microbi vaginali nei bambini nati con cesareo. Anche se nati con il cesareo, sono molto più simili ai bambini partoriti per via vaginale che non agli altri nati con intervento chirurgico.

La ricerca della Dominguez Bello prosegue e, nel momento in cui scriviamo, non si sa ancora se la tecnica dell’“inoculo a tampone” conferisca di fatto benefici positivi per la salute del bambino. Ma se i risultati completi confermeranno che questa tecnica è in grado almeno parzialmente di ripristinare il microbioma dei bambini nati con cesareo, e se si dimostra che questo possa avere ripercussioni positive sulla loro salute, potrebbe trattarsi di una vera e propria svolta, almeno per quelle madri che rientrano nei rigidi criteri di inclusione della ricerca. Questa tecnica forse non riuscirà mai a sostituire tutti i benefici di un parto vaginale e, comunque, non ripristina e non rimpiazza i microbi intestinali materni.


Forse un giorno, in futuro, la tecnica dell’inseminazione microbica a tampone potrebbe diventare un’opzione di ripristino parziale per tutti i bambini nati con cesareo nel mondo. Ma fino ad allora, vale la pena sottolineare che l’“inoculo a tampone” non è attualmente una procedura medica standard raccomandata – è solo una procedura che in questo momento è studiata da un punto di vista scientifico, utilizzando rigidi protocolli. Se un bambino viene inoculato senza osservare questi protocolli, esiste il rischio che agenti patogeni pericolosi che si trovino nel microbioma vaginale vengano introdotti nel bambino con conseguenze inaspettate (soprattutto se il microbioma materno non sia stato analizzato durante la gravidanza). Speriamo, fra non molto, di avere risposte più definitive a proposito di questa tecnica, il che si dimostrerebbe senza dubbio molto utile per le madri in attesa e il loro personale medico.


Ecco un sommario dei principali punti discussi in questo capitolo:

  1. Negli ultimi 100 anni, la nascita è diventata sempre più medicalizzata. Fra gli interventi comuni troviamo l’induzione del parto, la rottura artificiale delle membrane, l’uso di ossitocina sintetica, l’anestesia epidurale e il taglio cesareo.
  2. Fino ad oggi, sono pochi gli studi sulle possibili conseguenze a lungo termine per la salute del bambino dovute a questi interventi alla nascita.
  3. Con un cesareo d’elezione (o praticato prima che si rompano le acque), è probabile che il bambino non venga esposto ai microbi intestinali e vaginali materni – cosa che invece dovrebbe avvenire con una nascita vaginale.
  4. Con questo tipo di cesareo, invece, la prima grande esposizione microbica verrà dall’aria della sala operatoria, forse dalla pelle di qualche persona lì presente, magari neppure la madre.
  5. Con il cesareo d’emergenza, in cui la madre è già in travaglio attivo e le acque si sono rotte prima dell’intervento, il bambino potrebbe aver ricevuto una certa esposizione ai microbi vaginali nel canale del parto.
  6. Come i bambini nati con parto vaginale, anche quelli nati con cesareo (che sia elettivo o d’emergenza) acquisiranno altri microbi dall’essere toccati e nutriti – questo nuovo flusso di microbi si unirà alla “festa di colonizzazione” nell’intestino del neonato.
  7. Né i bambini nati con cesareo elettivo, né quelli nati con intervento d’emergenza, sono esposti alla serie completa di microbi vaginali e intestinali materni, il che vuol dire che molto probabilmente avranno un microbioma intestinale alterato se confrontato con quello dei bambini partoriti per via naturale. Questo potrebbe avere conseguenze sull’addestramento del loro sistema immunitario.
  8. Le ultime ricerche scientifiche indicano che i bambini nati con cesareo potrebbero beneficiare di un immediato contatto pelle a pelle con la madre (che è oggi possibile in sala operatoria) e dell’allattamento quando possibile.
  9. La dottoressa Dominguez Bello della New York University sta studiando una tecnica di “inseminazione microbica a tampone” nella quale un “inoculo” (una quantità di microbi) di microbi vaginali materni viene subito presentato al bambino appena nato con cesareo, con lo scopo di fargli acquisire alcuni dei microbi con cui sarebbe entrato in contatto se fosse nato per via vaginale. I risultati preliminari, ottenuti utilizzando rigidi protocolli, indicano che questa tecnica potrebbe in parte ripristinare il microbioma neonatale.

Effetto microbioma
Effetto microbioma
Toni Harman, Alex Wakeford
Come la nascita influenza la salute futura.Il parto è un momento cruciale per la formazione del microbioma umano: come si forma e qual è la sua importanza per la salute del bambino? Che cos’è il microbioma umano? E perché è così importante? Il trasferimento al figlio dell’insieme dei microorganismi presenti sul e nel corpo della madre al momento della nascita sembra rivestire un ruolo fondamentale nella salute futura del bambino. Si tratta di un evento particolarmente delicato, che purtroppo è messo a rischio dalle moderne pratiche che circondano il parto. Come fare allora per preservare questo fondamentale processo?Effetto microbioma di Toni Harman e Alex Wakeford risponde proprio a questa domanda e spiega qual è la sua importanza per la salute del bambino. Conosci l’autore Toni Harman e Alex Wakeford, coppia professionale e nella vita, sono registi e produttori cinematografici. Il loro film-documentario, Microbirth (2014), è stato insignito del primo premio, il Grand Prix Award, al Life Sciences Film Festival di Praga.