1a tappa

Chi è il bambino

Chi è il bambino?
Un bambino è la forma più perfetta di essere umano.

Vladimir Nabokov

Ti racconto una storia…

LE STELLE MARINE

Una tempesta terribile si abbatté sul mare. Lame affilate di vento gelido trafiggevano l’acqua e la sollevavano in ondate gigantesche che si abbattevano sulla spiaggia come colpi di maglio, e come vomeri d’acciaio aravano il fondo marino, scaraventando le piccole bestiole del fondo, i crostacei e i piccoli molluschi, a decine di metri dal bordo del mare.


Quando la tempesta passò, rapida come era arrivata, l’acqua si placò e si ritirò. Ora la spiaggia era una distesa di fango in cui si contorcevano nell’agonia migliaia e migliaia di stelle marine. Erano tante che la spiaggia sembrava colorata di rosa. Il fenomeno richiamò molta gente da tutte le parti della costa. Arrivarono anche delle troupe televisive per filmare lo strano fenomeno.


Le stelle marine erano quasi immobili. Stavano morendo. Tra la gente, tenuto per mano dal papà, c’era anche un bambino che fissava con gli occhi pieni di tristezza le piccole stelle marine.


Tutti stavano a guardare e nessuno faceva niente.

All’improvviso il bambino lasciò la mano del papà, si tolse le scarpe e le calze e corse sulla spiaggia. Si chinò, raccolse con le piccole mani tre piccole stelle del mare e, sempre correndo, le portò nell’acqua. Poi tornò indietro e ripeté l’operazione.


Dalla balaustra di cemento, un uomo lo chiamò: “Ma che fai ragazzino?”. “Ributto in mare le stelle marine. Altrimenti muoiono tutte sulla spiaggia” rispose il bambino senza smettere di correre.


“Ma ci sono migliaia di stelle marine su questa spiaggia; non puoi certo salvarle tutte. Sono troppe!” gridò l’uomo. “E questo succede su centinaia di altre spiagge lungo la costa! Non puoi cambiare le cose!”.


Il bambino sorrise, si chinò a raccogliere un’altra stella di mare e gettandola in acqua rispose: “Ho cambiato le cose per questa qui!”.


L’uomo rimase un attimo in silenzio, poi si chinò, si tolse scarpe e calze e scese in spiaggia. Cominciò a raccogliere stelle marine e a buttarle in acqua. Un istante dopo scesero due ragazze ed erano in quattro a buttare stelle marine nell’acqua.


Qualche minuto dopo erano in cinquanta, cento, duecento, centinaia di persone che buttavano stelle di mare nell’acqua.

Così furono salvate tutte.*


Per riflettere…

Si apre il capitolo con il racconto di una storia perché diventi un’occasione di riflessione. Si provi singolarmente e poi in coppia a rispondere alle seguenti domande:

  • Quali sentimenti ha suscitato in te questo racconto?

  • Qual è il ruolo del bambino nella società?


Esplorando la prima tappa

Osserva un bambino che raccoglie conchiglie sulla spiaggia: è più felice dell’uomo più ricco del mondo.
Qual è il suo segreto? Quel segreto è anche il mio.
Il bambino vive nel momento presente, si gode il sole, l’aria salmastra della spiaggia, la meravigliosa distesa di sabbia.
È qui e ora. Non pensa al passato, non pensa al futuro. E qualsiasi cosa fa, la fa con totalità, intensamente; ne è così assorbito da scordare ogni altra cosa.

Osho

Se tradizionalmente il bambino è simbolo di nuova vita, di speranza e innocenza, è d’altra parte vero che lo stesso significato etimologico di “bambino” denota invece tutt’altra accezione del termine: esso deriva infatti da bambo, forma arcaica che sta per “sciocco” e con la quale, in origine, si voleva sottolineare l’immaturità dei bambini e la loro incapacità ad affrontare le difficoltà della vita. Oggigiorno sembra imperare una visione ambivalente e contraddittoria del bambino: da una parte ci sono gli eccessi “adultistici”, che vorrebbero un bambino che si conformi quanto prima a tempi, spazi e modi di dire e fare dell’adulto. Dall’altra parte è presente una visione “puerocentrica”, di coloro che considerano il bambino come un contenitore vuoto da riempire, poco intelligente, limitato e quindi imperfetto, inferiore. “L’adulto dimostra di non aver preso coscienza delle qualità e del valore presenti nel bambino comunemente ritenuto un essere passivo, bisognoso di attenzione e di cure; non si è ancora compreso che i figli, quando arrivano, sono un dono della vita, che viene a portare ai genitori ciò di cui hanno bisogno per poter maturare e crescere come persone. Dal figlio il genitore può attingere la vitalità, la gioia, la coerenza, la trasparenza, sempre che si permetta al bambino di essere se stesso”1.


La cultura contemporanea si limita a considerare le caratteristiche esterne del bambino, non riuscendone a cogliere la realtà e la sua ricchezza interiore; e nonostante già da tempo studi e ricerche abbiano dato e continuino a dare risposte significative all’interrogativo “chi è il bambino?”, sono ancora troppo pochi coloro che si lasciano interrogare da questa domanda. Eppure, se consideriamo che l’idea che abbiamo di una persona influenza il nostro agire e sentire nei suoi confronti, sarebbe davvero opportuno che chiunque abbia a che fare con i bambini si soffermi a riflettere su questa domanda.

Il bambino nella società moderna
Il senso morale di una società si misura su ciò che fa per i suoi bambini.

Dietrich Bonhoeffer

Le recenti indagini statistiche hanno confermato che l’Italia è uno dei paesi con uno dei tassi di natalità più bassi del mondo: nel 2009 il numero medio delle nascite è stato 1,44 rispetto ai 2,1 figli per donna necessari per mantenere costante la popolazione. Le indagini economiche e sociologiche riguardo ai motivi che stanno alla base della caduta demografica delle società europee sottolineano il ruolo fondamentale giocato dalla stagnazione economica e dall’invecchiamento della società. In realtà la questione è più complessa. Studi approfonditi riferiti alla realtà socioculturale evidenziano che lo Stato non sostiene la neofamiglia con sussidi, asili nido ecc. e la donna è costretta a lavorare a tempo pieno per provvedere al sostentamento del nucleo famigliare. A tutto ciò si va a sommare l’idea che il figlio più che un dono sia un limite alla propria libertà, un fardello insostenibile da evitare. L’idea del bambino si sta trasformando da valore a disvalore, da escludere dalle proprie relazioni e progettualità di vita, da soggetto a oggetto di esperienza, specialmente quando questi è voluto a ogni costo e con ogni mezzo.


L’idea che il bambino rappresenta un cambiamento negativo è confermata dalle indagini sulla denatalità (del 2004) che rilevano che in genere sia le donne che gli uomini non considerano l’idea di mettere al mondo un figlio in quanto ostacolerebbe il percorso di studi, la carriera e aumenterebbe il peso di altri figli e delle altre persone a carico. Basti pensare che il movimento Childfree, emerso attorno al 2005 negli Stati Uniti e nel Nord Europa, è ormai ampiamente diffuso anche in Italia; ed è proprio sull’onda di questo pensiero, che trova il suo manifesto nel libro di Corinne Maier, No Kid. Quaranta ragioni per non avere figli, che vanno diffondendosi sempre più locali, alberghi e intere aree no kid (cioè che vietano l’accesso ai bambini poiché turberebbero la quiete dell’ambiente) che tanto fanno discutere e dividere l’opinione pubblica. 2


Parallelamente a questo ci si affaccia invece su una realtà che vede in crescita il dato di infertilità e in aumento il numero delle coppie che ricorrono alla fecondazione assistita con una conseguente medicalizzazione della gravidanza e del parto.


Tutto ciò fa riflettere su quanto si è ancora lontani dal comprendere che i figli non sono un diritto o una necessità dei genitori, bensì essi sono un valore aggiunto, un dono della vita.

L’approccio esteriore e l’approccio interiore al bambino
Il bambino come uomo che lavora, come compagno migliore di noi, che ci sostiene nel cammino della vita, è una figura ancora sconosciuta.
Su di essa esiste una pagina bianca nella storia dell’umanità. È questa pagina bianca che noi vogliamo cominciare a riempire.

Maria Montessori

Una concezione negativa del bambino, che vede nel figlio una limitazione, può rientrare nella logica dell’approccio esteriore al bambino.

Se guardiamo esteriormente il bambino è:

  • fonte di povertà (non garantisce un reddito alla famiglia; ha un costo non indifferente);

  • limite alla libertà personale dei genitori;

  • interferenza con la programmazione individuale dei genitori;

  • riduzione delle possibilità della vita di coppia;

  • responsabilità e impegno continuo di cura e assistenza (specialmente se piccolo; in particolar modo per la madre).

Tuttavia in quest’ottica viene abbandonata l’idea che il figlio possa rispondere anche ad altri bisogni, un po’ più “alti”, come quello di intimità, di scambio, di affetto e di conforto e di quelli di ordine ancora più elevato riguardanti l’accettazione della vita, la comprensione, l’unità, la creatività, la spontaneità e la bellezza.


L’approccio interiore al bambino considera invece la sua interiorità e permette al genitore di cogliere nel figlio una grande opportunità di crescita e un’intensa fonte di ricchezza valoriale.


Nell’approccio interiore, il bambino:

  • consente alla coppia di diventare famiglia e di assumere il ruolo di padre e di madre;

  • rappresenta una grande fonte di ricchezza e di possibile realizzazione;

  • apporta notevoli stimoli di cambiamento e di trasformazione a vari livelli;

  • intensifica e rafforza il sistema di relazioni familiari e non solo;

  • apre alla prospettiva transgenerazionale e quindi permette di trasmettere i propri valori e le proprie tradizioni aprendosi al futuro;

  • contribuisce all’evoluzione della vita della società e dell’umanità.

L’invito è quello di contemplare il bambino per poterlo davvero comprendere: contemplare significa fissare lo sguardo e soprattutto il pensiero su qualcosa che suscita ammirazione, stupore; dal latino cum templum significa “per mezzo del cielo”. Come l’augure, il sacerdote romano, restava in contemplazione del cielo per poter cogliere la volontà degli dèi, in base al volo degli uccelli nel cielo, così anche noi dovremmo fissare con la stessa meraviglia il bambino nella sua esteriorità e soprattutto in quello che è il suo “cielo interiore”, per cogliere appieno la ricchezza e il messaggio che egli porta con sé, per afferrare quei segnali che il bambino ci invia, al fine di aiutarlo e creare le condizioni ideali affinché lui possa essere libero di esprimere se stesso e di realizzare il suo progetto di vita, il motivo per cui è venuto al mondo. Questo implica da parte dell’adulto un atteggiamento di disponibilità, accoglienza, accettazione e rispetto, il sapersi mettere in ascolto del bambino con lo scopo di diventare quel terreno fertile e favorevole di cui egli ha bisogno per svilupparsi; ed ecco che mentre l’adulto educa, impara ad autoeducarsi e a riscoprire la sua ricchezza interiore, le sue potenzialità, alla luce di quello che il bambino riesce, con la sua purezza e la sua vitalità, a far emergere e a far riscoprire al genitore.

La mission del bambino
Vivi con i bambini e imparerai ad amare. Così diventerai tu un bambino e più ancora: un essere umano.

Georg Groddeck

“Educare ad essere” si propone come un metodo innovativo, in quanto accanto alle esigenze dei genitori fa proprie le esigenze del bambino. Il bambino costituisce il punto di partenza e di arrivo del metodo, perché aiuta a sviluppare l’essere genitore attraverso il bambino che è stato e che vive dentro di lui, e che molte volte è nascosto in qualche parte dimenticata del suo cuore; scrisse Munari: “Conservare lo spirito dell’infanzia dentro di sé per tutta la vita vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare”3, cioè quell’amore e quella apertura che permette di gustare la bellezza e le infinite possibilità che la vita offre.


Solo se l’adulto entra in contatto con il suo bambino interiore riesce a ritrovare se stesso, la propria essenza, le proprie energie vitali e ad aprirsi con amore e consapevolezza a una dimensione più ampia della vita. È dunque necessario che l’adulto superi l’idea che il bambino sia solo un essere passivo bisognoso di cure; in realtà egli è un dono della vita all’umanità, è un essere vivo, intelligente e interiormente molto ricco e attivo. Il bambino, fin dal concepimento, è dotato di un proprio progetto di vita e di un insieme di pregi e di limiti che funzionano secondo una modalità complementare a quella dell’adulto.


Il compito del bambino è dunque quello di “essere per il genitore una guida interiore”: egli offre al genitore la possibilità di fare insieme un cammino di crescita e di evoluzione, che è anche un cammino di crescita della famiglia e della società. Il figlio, con il suo essere al mondo, permette al genitore di proiettarsi e di rivedersi in lui, avendo così un’occasione unica per rileggere e rielaborare la propria storia personale, proprio perché una delle abilità straordinarie del bambino è quella di riuscire, prima o dopo, a mettere in evidenzia i difetti e i limiti dei genitori; di fronte a questo molti genitori non sanno cosa fare e vanno in crisi, tuttavia se riuscissero a cogliere il bambino come “guida interiore” capirebbero che la provocazione del bambino mira alla conoscenza del genitore, per sapere se si può fidare di lui nell’affrontare la vita. In realtà gli serve per sapere se il genitore lo accetta così com’è e se lo ama, e lo invita, per amor suo, a superare i suoi limiti, facendogli sviluppare non solo le competenze genitoriali latenti ma la persona in tutta la sua totalità. Lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung con grande saggezza ha sentenziato: “Se c’è qualcosa che desideriamo cambiare nel bambino, dovremmo prima esaminarlo bene e vedere se non è qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi”. Il bambino è la nostra parte migliore, sempre, con la sua purezza e la sua vitalità viene a svegliare l’adulto dal suo sonno, dalle sue abitudini; lo invita a rimettersi in gioco e riprendere in mano la propria vita, ricordando che questa è continuo movimento e crescita.

Chi è il bambino?
I bambini sono degli enigmi luminosi.

Daniel Pennac

Ai bambini bisogna accostarsi con fede. Non solo con rispetto. Perché dire “con rispetto” significa riconoscere che il bambino è fragile.
Dire “con fede” significa riconoscere che il bambino è pieno di Dio.

Tonino Bello

Oggi dalla ricerca clinica e scientifica sappiamo con certezza che il bambino, sin dal grembo materno, è un essere:

  • unico, originale e irripetibile, dotato di una propria identità. Questa comincia a prendere forma a livello genetico proprio nella fase dell’incontrodell’ovulo con lo spermatozoo, dove la loro unione porta all’organizzazione della struttura genomica, realtà che accompagnerà l’individuo nel corso della sua vita. Alla nascita l’essere umano dispone di tratti personali ben definiti che lo caratterizzano come essere unico, autentico e che possono essere rilevati osservando la sua morfologia, la sua espressione e il comportamento;

  • completo e attivo, con a disposizione tutto ciò che gli serve per vivere e svilupparsi nelle circostanze in cui si trova4. Il bambino dimostra, inoltre, di possedere una sua libertà decisionale, coerente con la capacità del sistema umano di autoevolversi e di automodificarsi5;

  • intelligente, in quanto dotato di una sua intelligenza di tipo linguistico, musicale, logicomatematico, spaziale, fisicochinestico, intrapersonale, interpersonale 6. Questa intelligenza ha un carattere essenzialmente istintivo e intuitivo, poiché conosce relativamente il mondo in cui vive, avendo a sua disposizione ancora un’esperienza limitata;

  • capace di interagire da subito con l’ambiente circostante, di entrare in relazione con l’altro, di comunicare con lui e di realizzare dei legami che continuano nel tempo7. Sappiamo inoltre che è capace di creare intese, grazie alla sua capacità propositiva e collaborativa;

  • cosciente e talvolta consapevole di quel che gli accade, in quanto le tracce delle esperienze che vive rimangono iscritte nella sua vita. Le sensazioni che viviamo e che gli trasmettiamo e le parole che gli rivolgiamo sembrano avere un forte impatto sulla sua esistenza futura8.

Il bambino è dunque in tutto e per tutto una persona, per questo egli va rispettato e considerato al pari di tutti gli esseri umani. Sappiamo che l’idea che il genitore ha del figlio condiziona la sua relazione con lui, ma se il genitore riconosce, nella sua interezza, il valore del figlio, è possibile creare le basi per un dialogo creativo tra le due parti, che permetta a entrambi di crescere e maturare a partire dai primi istanti di vita del bambino.


Il bambino è una realtà pluridimensionale: per questo è importante che i genitori, impegnati nel delicato compito di “nutrire le radici” poste durante la vita nel grembo materno, entrino in contatto e in relazione con il loro figlio con un atteggiamento di disponibilità, rispetto e sensibilità9. Si tenga presente che il bambino sente o avverte prima di tutto l’atteggiamento interiore, quello del cuore, con il quale ci si avvicina a lui, perché questo diventa il suo riferimento nella relazione che condiziona il suo comportamento. Ecco perché è bene che l’adulto si accosti al bambino con empatia e senza pregiudizi, e che lo consideri non più come oggetto, bensì come soggetto d’esperienza; solo allora si potrà cogliere il valore e la ricchezza di cui il bambino è portatore e che attende d’essere scoperta e valorizzata, sul piano fisico, ma anche su quello mentale e spirituale.


Per cui è bene domandarsi: chi è il bambino per me? Che cosa rappresenta e di che valori è portatore?

Con che modalità, con quali sentimenti e con che intenzioni mi accosto a lui?

Dal bambino ideale al bambino immaginario…per giungere al bambino reale
Tre cose ci sono rimaste del paradiso: le stelle, i fiori e i bambini.

Dante Alighieri

– Il bambino ideale

Un archetipo è un simbolo che rappresenta un’idea, un concetto; comunemente l’archetipo del bambino rappresenta l’insieme dei valori più alti e nobili dell’essere. La dimensione archetipa si manifesta nel bambino ideale attraverso:

  • vitalità

  • energia

  • unità

  • coerenza

  • spontaneità

  • gioia

  • amore (tenerezza)

  • meraviglia

  • originalità

Il Mahatma Gandhi sostiene che “il miglior modo per capire e imparare la legge dell’amore è attraverso i bambini piccoli”. In genere il figlio viene per rispondere a un grande bisogno dell’anima di amore e unità e il suo compito principale è quello di rendere felici i suoi genitori, sempre se questi glielo permettono.

– Il bambino immaginario

Dall’idea del bambino ideale deriva il bambino immaginario, che vive a stretto contatto con la dimensione psichica e inconscia dei genitori.

Il bambino immaginario ha un ruolo molto importante poiché:

  • libera nei cuori le emozioni, i sentimenti e gli affetti;

  • smuove la mente, le idee, le immagini e le fantasie;

  • stimola le forze e le energie e con esse la voglia di fare, cercare, scoprire, cambiare e di rimettersi in gioco;

  • orienta verso la strada della coerenza, verso se stessi e verso gli altri.

Vivere una relazione intima con questo bambino consente di recuperare il proprio animo bambino e di riscoprire la parte più profonda di sé, che può nascondere progetti e intuizioni ancora da svelare e maturare.


Il figlio, infatti, se i genitori sono disposti ad accettarlo e ad accoglierlo, può essere una grande occasione trasformativa e può favorire:

  • il processo di apertura interiore (attraverso l’analisi della propria storia personale, dei conflitti e la presa di coscienza delle proprie risorse endogene);

  • il confronto interiore con la propria madre o padre, evocando vissuti, emozioni, ricordi arcaici e inconscio, quesiti irrisolti legati alla qualità dell’esperienza primitiva che si è avuta con i propri genitori;

  • il rispecchiarsi e il ritrovarsi in lui, per cogliere i propri pregi e difetti ed essere così un’occasione di cambiamento: basti pensare a come il bambino riflette, per esempio, con i suoi atteggiamenti e comportamenti, il clima familiare in cui si trova a vivere.

Inoltre al genitore è richiesto di conciliare la regressione con la progressione:

  • REGRESSIONE: capacità di tornare indietro. Il genitore dimostra di avere un’innata propensione a ritornare bambino se sa sorridere ai vezzi del figlio, se sa farsi strumento nelle sue mani per consentire che si identifichi con lui e lo imiti; cioè se riesce a regredire, a farsi piccolo, fino a essere in grado si sentire e cogliere quello che il figlio sente e vive.

  • PROGRESSIONE: capacità di evolvere. Questo permette al bambino di proiettarsi nel futuro e di aprirsi alla speranza e quindi alla possibilità di essere “con l’altro”, e al divenire “come lui”. Inoltre la relazione sullo stesso piano favorisce un travaso d’informazioni dall’Inconscio collettivo del genitore a quello del bambino e viceversa.

Dice Coelho in Monte Cinque: “Un bambino può insegnare sempre tre cose a un adulto:

  • a essere contento senza motivo,

  • a essere sempre occupato con qualche cosa,

  • a pretendere con ogni sua forza quello che desidera”.

– Il bambino reale

Infine il bambino reale è quello fisico, concreto, che richiede la cura e l’assistenza da parte dei genitori per formarsi, crescere, imparare a vivere in questo mondo. È importante fare alcune considerazioni:

  • l’inizio della vita del bambino coincide con il concepimento e da quel momento egli ha degli scambi e viene nutrito, in particolare dalla madre, che rappresenta il suo primo ambiente di vita;

  • con i genitori (madre e padre e insieme come coppia) entra in relazione e costruisce i suoi primi legami, i quali condizionano il formarsi di tutti i legami successivi: “Dal nostro primo passo nel mondo dipende il resto dei nostri giorni”, diceva Voltaire;

  • l’ambiente familiare rappresenta il suo ambiente di vita nel quale condivide emozioni, affetti, esperienze, obiettivi e valori comuni.

FOCUS

L’epigenetica e il ruolo dei genitori nella formazione del figlio

Negli ultimi dieci anni la ricerca epigenetica, che studia i meccanismi molecolari per mezzo dei quali l’ambiente controlla l’attività dei geni, ha dimostrato che i meccanismi di DNA trasmessi attraverso i geni non sono fissati alla nascita. Le influenze dell’ambiente possono modificare i geni senza modificare il modello base; e queste modifiche, attraverso l’epigenoma, possono essere trasmesse alle generazioni future esattamente come i modelli del DNA, attraverso la doppia elica.10


Alla luce di questo, i genitori possono dunque migliorare l’ambiente prenatale e postnatale (i meccanismi di programmazione epigenetica consentono all’ambiente di controllare l’attività genetica) e quindi agire da “ingegneri genetici” nei confronti dei figli11.


Un’ulteriore ricerca12 ha sottolineato il primato delle componenti relazionali rispetto alle componenti sociostrutturali; esse riguardano principalmente il rapporto diadico madre-bambino e il rapporto triadico madre-padre-figlio.

Dall’interazione con l’ambiente (rappresentato soprattutto dai genitori) il bambino riceve il nutrimento, le impronte e le informazioni necessarie alla costruzione della propria personalità.


Si deduce che non è indifferente se il nutrimento (fisico, emotivo, cognitivo, esistenziale) che il bambino riceve dall’ambiente sia salubre oppure inquinato.

  • Un ambiente teso, ansioso e disarmonico favorisce nel bambino uno stato di tensione, ansia, irritabilità; lo fa star male e riduce in lui la capacità di adattamento e di relazione. Nathaniel Hawthorne (1804-1864) nella sua celebre opera La lettera scarlatta afferma: “I bambini partecipano sempre, per istinto mimetico, al nervosismo di chi sta con loro; e in particolare avvertono sempre ogni turbamento o sovversione imminente, di qualunque genere, nella situazione familiare”.13

  • Viceversa, un ambiente rilassato, sereno e armonioso induce uno stato di calma, serenità e benessere nel bambino, lo predispone alle relazioni e facilita la sua capacità di apprendimento.

  • L’ambiente ideale è un ambiente sereno, stimolante e socializzante. Il bambino, libero di potersi esprimere, vi trova una base sicura che gli offre la possibilità di esplorare ciò che lo circonda e di sperimentare e costruire nuove modalità di relazione e nuove creazioni.


Esperienze di vita in famiglia: i genitori raccontano...

Riportiamo di seguito la testimonianza di una mamma che ha frequentato il percorso per genitori “Educare ad essere”.


Dopo aver frequentato il corso per genitori, mi è capitato di vivere un’esperienza con mio figlio tanto breve e semplice, quanto profonda e significativa, che mi ha aiutata a riflettere e a comprendere meglio che cosa s’intende per approccio interiore ed esteriore al bambino.


Un giorno, dopo pranzo, mio figlio G. di 4 anni mi ha chiesto se giocavo con lui al “ristorante”: gli rispondo che in quel momento non posso perché devo sparecchiare la tavola, ma potremo giocarci più tardi, oppure, nel frattempo, può iniziare a giocare lui e portarmi da assaggiare quello che cucina. Così mentre io m’infilo i guanti per lavare, lui comincia a prepararmi tutta una serie di dolci e delizie: torte, gelato, panna…. A ogni sua portata sto al gioco e fingo di mangiare con gusto quello che mi porge, ringraziandolo e dicendogli quanto è buono quello che ha preparato. Nonostante stessi caricando la lavastoviglie e fossi impegnata in altro, G. deve aver colto che ero comunque disponibile nei suoi confronti, s’impegnava per creare nuovi piatti e a ogni coppetta che mi presentava mi spiegava con grande soddisfazione che cosa aveva preparato e mi mostrava come dovevo mangiarla, per esempio mi diceva: ‘Questo è un frullato, puoi usare la cannuccia’. Oppure, quando mi ha portato una coppa con la panna, mi ha mostrato che potevo fare a meno di usare il cucchiaino e mi ci potevo tuffare sopra e mangiarla come un cono perché era tantissima. Io mi sono lasciata condurre e ho seguito le sue indicazioni… Non so bene come spiegarlo a parole, ma è stato come se fosse scattato qualcosa in me, più mi lasciavo guidare da mio figlio e più mi divertivo a giocare e mangiare quello che mi preparava. Sarà andato avanti e indietro dalla sua cucinetta dieci volte e cominciavo a chiedermi: ‘Chissà quando si ferma…’. Allora gli ho detto che dopo tutti quei dolci avevo proprio la pancia piena e che avrebbe potuto prepararmi una tisana, così ecco che arriva con una tazzina: ‘Mamma, ti ho preparato la tisana di fragole e ciliegie!’.


Mentre la sorseggio, m’immagino davvero il loro sapore, il rosso dei frutti, il calore dell’estate, il sole… Premesso che quel giorno ero un po’ stanca e pensierosa, mi sono resa conto che G. sapeva esattamente ciò di cui avevo bisogno e mi stava nutrendo con tutto il suo amore e tutta la sua dolcezza, mi stava ricaricando e scaldando il cuore. Dentro di me ho pensato che mi stava aiutando a ritrovare la mia energia vitale, la mia bambina interiore, ed era come se mi stesse dicendo: ‘Mamma, impara a gustare la vita! La vita è bella e dolce, assaporala! Non un cucchiaino alla volta, tuffatici dentro, come con la panna, guarda come faccio io…’. E mentre viaggiavo con la mente in questi pensieri, mi giro per chiudere la lavastoviglie, ed ecco che mi trovo di nuovo di fronte il mio piccolo ometto, stavolta non mi porge nulla, tiene le braccia nascoste dietro la schiena e mi dice: ‘Mamma, ho un regalo per te!’. Apre le mani e cosa trovo? La mia macchinetta bianca! Quella di quando ero piccola, che avevamo ritrovato qualche settimana prima in una scatola di giochi vecchi dai nonni… Mi sono commossa.


G. è stato proprio un Maestro, mi ha guidato, mi ha dato ciò di cui avevo bisogno, e quando io finalmente ho capito quello che c’era da capire si è fermato, soddisfatto perché gli avevo permesso di adempiere il suo compito.

Questo episodio mi ha fatto molto riflettere su quanto ci era stato detto al corso rispetto al bambino e ho pensato che il mio ‘stare al gioco’ con lui rispecchiava l’approccio esteriore al bambino, cioè considerarlo inferiore a me e abbassarmi al suo livello per giocare a far finta di fare qualcosa, mentre ‘giocare’ con mio figlio corrispondeva all’approccio interiore, voleva dire lasciarsi guidare e imparare da lui, innalzarsi al suo livello.


Come dice la nota poesia di Janusz Korczak:

Dite:
è faticoso frequentare i bambini.
Avete ragione.
Poi aggiungete:
perché bisogna mettersi al loro livello,
abbassarsi, inchinarsi, curvarsi, farsi piccoli.
Ora avete torto.
Non è questo che più stanca.
È piuttosto il fatto di essere obbligati
a innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.

Letture consigliate

Per i genitori:

  • Balsamo E., Libertà e amore. L’approccio Montessori per un’educazione secondo natura, Il leone verde, Torino, 2010.

  • Ferrucci P., I bambini ci insegnano, Oscar Mondadori, Milano, 2010.

  • Glöckler M., La dignità del bambino piccolo, Daelli Editore, Milano, 2014.

  • Pellegrino P., I primi sei anni da mamma e da papà , Astegiano, Marene (CN), 2013.

  • Verny T.R.; Weintraub P., Bambini si nasce. Le sfide della genitorialità dal concepimento attraverso l’infanzia, Bonomi, Pavia, 2004.

Da leggere con mamma e papà:

  • Alemagna B., Che cos’è un bambino?, Topipittori, Milano, 2008.

  • Munsch R., Sforza L., Ti amerò sempre, Il leone verde, Torino, 2015.

Esercizi per educare ad essere

ESERCIZI MEDITATIVI

  1. Ascoltare il proprio respiro (4/5 minuti, 3 volte al giorno) Ascoltare per alcuni minuti il flusso del respiro per imparare a osservarlo e viverlo senza volerlo modificare, per sviluppare le proprie capacità di sentire, la propria sensibilità e quindi la propria consapevolezza.14 Ascoltare il ritmo del respiro permette una conoscenza più intima e profonda di se stessi, favorendo così anche l’ascolto e la comprensione del figlio, nel suo essere, nella presa di coscienza delle sue qualità da valorizzare, dei suoi limiti e delle sue necessità.

  2. Esercizio della candela Meditare sulla fiamma (luce, calore e vita che rappresentano la verità, l’amore e la potenza creativa) di una candela di cera d’api, espressione dell’amore della natura, immaginando in questa la dimensione di luce di vostro figlio. Una volta fatto questo si chiudono gli occhi e si immagina che la sua fiamma entri nel vostro cuore a illuminare il vostro corpo, la vostra anima e la vostra vita. A questo punto ci si unisce con la luce e il calore e la vita di tutti i genitori per dare luce, calore e vita al mondo intero.


Notabene:

  • compito del genitore è quello di non spegnere e tenere viva questa fiamma;

  • spegnere la fiamma significa togliere speranza e limitare al figlio la possibilità di accedere e utilizzare le sue potenzialità;

  • dobbiamo riconoscere al figlio queste possibilità (vita, amore, conoscenza), imparare a utilizzarle e insegnare a lui come farle proprie nella vita.

La dimensione del Sé superiore del figlio la viviamo praticamente quando, attraverso la presenza del figlio, acquisiamo:

  • la forza per affrontare una situazione;

  • l’amore per accettare e vivere una realtà;

  • la conoscenza per comprendere e risolvere un problema.

DIARIO EDUCATIVO

Compilate il diario giornaliero della relazione educativa con vostro figlio.

Durante la giornata, soffermatevi a osservare vostro figlio:

  • le sue emozioni e le modalità con cui si esprime;

  • le sue abitudini e le sue attitudini, cosa gli piace e cosa lo infastidisce;

  • come gioca, come si muove e come si relaziona con l’ambiente e con le persone, siano esse adulti o bambini;

  • la vostra relazione con lui, gli stimoli e le risposte che offrite alle sue richieste e alle sue necessità;

  • sintonizzatevi con lui a livello empatico e provate a sentire come lui sente, a guardare il mondo con i suoi occhi e dal suo punto di vista (per esempio provate ad abbassarvi alla sua altezza e a osservare la realtà che vi circonda).

Dopo la fase osservativa, che permette di raccogliere dati utili al fine di comprendere meglio il bambino e le sue reazioni, procedete compilando il diario giornaliero. Avrete così modo di riflettere con più serenità e maggiore obiettività sui comportamenti adottati nella relazione con il figlio e questa consapevolezza vi permetterà di trovare soluzioni a qualche difficoltà o di valorizzare le qualità e i talenti del vostro bambino.


Nel diario potete inoltre raccogliere aneddoti simpatici o perle di saggezza che di certo, ogni giorno, i bambini sanno regalare.


Il diario non è solo uno strumento utile, ma con il passare del tempo acquisirà anche un valore affettivo, vi sorprenderà notare come le situazioni evolvono e come voi crescete assieme a vostro figlio; e un domani sarà bello poter ricordare e condividere insieme questi momenti trascorsi che sono dei piccoli tesori preziosi.

Respira. Sarai madre per tutta la vita.
Insegna le cose importanti. Quelle vere.
A saltare pozzanghere, ad osservare gli animali, a dare baci di farfalla e abbracci stretti. Non dimenticare questi abbracci, e non negarli mai. Può darsi che fra qualche anno gli abbracci che ti mancheranno saranno quelli che non hai dato.
Dica a tuo figlio quanto lo ami, ogni volta che lo penserai.
Lascialo immaginare. Immagini con lui.
Le pareti possono essere ridipinte. Le cose si rompono e possono essere sostituite.
Le urla della mamma fanno male per sempre.
Puoi lavare i piatti più tardi. Mentre tu pulisci lui cresce.
Lui non ha bisogno di tanti giocatoli. Lavora di meno e ama di più.
E, soprattutto, respira.
Sarai madre per tutta la vita.
Lui sarà bambino una sola volta.

Jessica Gómez Álvarez

  • Descrivete una situazione della vostra vita di genitore (in coppia o individualmente) nella quale avete chiesto e ottenuto aiuto dal figlio oppure avete ricevuto da lui un apporto determinante nel fare, accettare, risolvere una questione e avete appreso un’importante lezione di vita. Oppure illustrate un sogno importante che avete fatto con vostro figlio (se ne avete fatti).

  • Cercate di individuare i tratti distintivi di vostro figlio (individualità personale) che non lo fanno assomigliare né alla madre, né al padre.

Attività 1a tappa – Poster da compilare: Chi è il mio bambino?

Dopo aver osservato più da vicino la realtà esteriore e interiore del bambino, ci soffermiamo ora su chi è nostro figlio: lo conosciamo realmente? Leggete con attenzione le domande che trovate nelle pagine successive e ascoltate quello che vi risuona dentro; poi provate a scrivere su un foglio le risposte, dopodiché appendete il poster in un punto visibile della casa e tenete a mente le domande. Nei giorni successivi osservate il nostro bambino e verificate quanto le vostre affermazioni sono corrette.


Quali sono i TALENTI e le qualità di tuo figlio?
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  • .......................................
  • .......................................

Intelligenza prevalente (fisico-cinetica, interpersonale, intrapersonale, logicomatematica/numerica, musicale, linguistica, spazio-temporale, altro)
Che lavoro pensi farà da adulto?

Quali sono le cose che rendono FELICE il tuo bambino? Quali attività e giochi preferisce fare?
Ha capacità di attenzione e concentrazione?
Porta a termine ciò che inizia?

Che cosa irrita o fa arrabbiare il tuo bambino?
Come esprime la sua RABBIA?
Come riesci a gestirla?

Tuo figlio conosce la differenza tra bene e male?
È tendenzialmente calmo o agitato?
Quali sono i suoi difetti o limiti?
Come puoi supportarlo e aiutarlo a migliorarsi?

Che RELAZIONE ha il bambino con la mamma? E con il papà?
Come si relaziona con gli altri? Fratelli, sorelle, nonni, amici, compagni…?
Come si relaziona con la natura e con
lo spazio e gli oggetti che lo circondano?

Ha chiaro il suo ruolo e posto in famiglia?
È disponibile a collaborare in casa?
In che modo si rende utile?

Quali sono le PAURE del tuo bambino?
Perché? Le avete mai affrontate insieme?

Quand’è che il tuo bambino si sente TRISTE o DELUSO?
Pensa a un episodio che gli è capitato: come lo hai aiutato a superare la tristezza?

Fa proprie le REGOLE e rispetta i comandi?
Quali sono le regole principali che avete in casa? In che modo le avete stabilite e proposte al bambino?

Educare ad essere
Educare ad essere
Gino Soldera
Per diventare ciò che siamo.Una guida pratica per riconoscere e valorizzare i talenti del bambino e aiutarlo a costruire il proprio progetto personale di vita. Educare ad essere è un metodo originale che affronta la questione dell’educazione in modo radicale e globale, per rispondere alle complesse sfide poste dalla società. Riconosce al bambino un ruolo attivo e interattivo, l’esistenza di grandi potenzialità e di un proprio progetto di vita, che non può e non deve essere ignorato. Il libro di Gino Soldera offre strumenti semplici e pratici per comprendere la realtà meno conosciuta del bambino e i suoi molteplici bisogni, per costruire relazioni armoniose e un dialogo aperto e creativo, a beneficio della famiglia e dell’intera società. Educare ad esseredi Myriam Zarantonello, pediatraCredo siamo tutti coscienti che il tema dell’educazione sia un problema e un’urgenza nella nostra società.Questo testo di Soldera, Da Mar e Verticilo ci aiuta a riscoprire questo valore e a comprendere come rispondere a questa esigenza per sanare gli errori di una deriva culturale che antepone le cose delle persone. Gli autori auspicano un’altra “rivoluzione copernicana”: quella di porre al primo posto le esigenze interiori dell’essere umano fin da prima del concepimento.Chi siamo, come veniamo in questo mondo, perché, qual è il senso della nostra esistenza: è importante che queste e altre domande esistenziali guidino quando si sceglie di essere genitori, perché concepire e crescere un bambino è una grande responsabilità, alla quale ci si prepara con attenzione.Questo testo diventa particolarmente interessante per il pediatra, il quale, nei “bilanci di salute”, ha l’opportunità preziosa di incontrare più volte genitori e bambini. Spesso le domande sulle difficoltà più comuni, legate ai bisogni fisiologici come il pianto, il sonno, l’alimentazione, esprimono la difficoltà dell’adulto a dare risposte adeguate, a comprendere e vivere meglio la relazione con il bambino. Anche il pediatra può correre il rischio di limitarsi a rispondere con un farmaco, pensando di poter risolvere sbrigativamente i sintomi somatici, invece di considerarli sentinelle di disagi più profondi. È per questo che concetti importanti come struttura della psiche, progetto di vita, costruzione di valori, completano anche nel pediatra quella conoscenza del bambino che va oltre la fisicità, per coglierne l’interiorità, rispettando così l’unità e la complessità che caratterizza l’essere umano fin dall’inizio della sua vita.Buona lettura! Conosci l’autore Gino Soldera, psicologo e psicoterapeuta, insegna Psicologia ed Educazione Prenatale all’Università IUSVE di Mestre-Venezia, Psicoantropologia all’Accademia ConSè di Brescia e svolge l’attività di supervisore presso il Consultorio Familiare del CIF di Dolo (VE).È consigliere internazionale dell’APPPAH (Associazione Americana di Psicologia Prenatale Perinatale e Salute), membro del Comitato Scientifico della Scuola Italiana per la “Care in Perinatologia” e socio onorario dell’Associazione “Genitorialità”.Dirige la rivista Il Giornale Italiano di Psicologia e di Educazione Prenatale dell’ANPEP (Associazione Nazionale di Psicologia e di Educazione Prenatale), di cui è presidente.