prima parte - ii

La struttura
dell'essere umano

Che ci piaccia o no, siamo noi la causa di noi stessi. Nascendo in questo mondo, cadiamo nell’illusione dei sensi; crediamo a ciò che appare. Ignoriamo che siamo ciechi e sordi. Allora ci assale la paura e dimentichiamo che siamo divini, che possiamo modificare il corso degli eventi, persino lo Zodiaco

Giordano Bruno

Nel parlare di educazione non possiamo non parlare dell’essere umano e in particolare della sua realtà interiore, dal momento che l’educazione si diversifica dall’allevamento e dall’addestramento usato con gli animali proprio in virtù della presenza dell’autocoscienza, che riguarda in modo specifico l’uomo. La conoscenza interiore dell’essere umano diventa indispensabile se desideriamo incamminarci lungo la via della crescita e dello sviluppo. In questo libro vorremmo cercare di descrivere com’è fatto, come funziona e in parte anche come si sviluppa l’uomo, senza avere la pretesa di esaurire l’argomento, ma come semplice contributo per mettere a fuoco alcuni aspetti essenziali, il più possibile concreti, affinché ognuno possa cominciare a riflettere su se stesso e al contempo comprendere il senso profondo dell’azione educativa.


A ben vedere, abbiamo molte conoscenze riguardo il corpo umano e la sua anatomia (tante nozioni ci vengono fornite fin dalla tenera età), mentre per quanto riguarda la realtà psichica, proprio per il fatto che è soggettiva, ne sappiamo tendenzialmente poco, anzi, possiamo dire che essa costituisce ancora qualcosa di evanescente e misterioso. Da sempre l’uomo si è confrontato con questa realtà complessa, prima con la religione, poi con la filosofia e infine con la psicologia, senza però essere arrivato a realizzare una visione condivisa della psiche o meglio dello psiche-soma, perché l’una non può essere separata dall’altro. Nel corso del presente capitolo cercheremo di fare riferimenti ai preziosi contributi dati in questo campo da autori come Freud, Jung e Assagioli. L’idea è quella di offrire una visione semplice e schematica della nostra struttura interiore, cercando di evidenziare il rapporto tra le diverse parti e le corrispondenze che esistono tra la psiche e il corpo. Ciò in coerenza con una visione olistica, globale e unitaria, senza però perderci nei particolari, vista la complessità della materia.

Spirito, anima e corpo

A questo proposito, prendiamo spunto dalla nostra tradizione culturale che vede l’essere umano costituito da tre componenti fondamentali: lo spirito, l’anima e il corpo (figura 1). Questi costituiscono dei riferimenti di partenza indispensabili se non vogliamo perdere per strada pezzi essenziali su come è articolata la nostra natura umana.


Cerchiamo ora di vedere in sintesi che cosa intendiamo per spirito, anima e corpo.

Spirito. Lo spirito è rappresentato dall’uno, perché contiene in sé il tutto. Per cui lo spirito viene inteso come l’eterno, l’infinito, l’insieme dell’universo e, proprio per questo, è considerato presente in ogni cosa. La fisica quantistica ritiene che tutti noi siamo collegati gli uni agli atri, interdipendenti e parte di un unico insieme inseparabile. Per semplificare potremmo dire che lo spirito è la sintesi di tutte le potenzialità che esistono in ogni essere umano; queste potenzialità sono rappresentate dal simbolo del fuoco. Nella mitologia greca Zeus (il re dell’Olimpo e il padre degli dei), per la stima che riponeva in Prometeo, gli diede l’incarico di forgiare l’uomo. Prometeo lo modellò dal fango e lo animò con il fuoco divino; quello che i latini chiamavano ignis, e che ritroviamo all’interno della parola dignità, la quale rappresenta la parte più nobile di ogni essere umano, che rende regale la sua natura, data dalla partecipazione del logos umano a quello divino. Il cardine della moderna civiltà giuridica e dello stato di diritto si basa sulla dignità fondata sul riconoscimento della pari dignità di ogni uomo, a difesa e tutela dei diritti civili di ogni essere umano, quale sia la razza, l’età, o la religione di appartenenza. Lo spirito riguarda l’individualità, l’identità personale e quindi il nostro vero Io e la nostra essenza, in quanto espressione e sintesi delle diverse componenti che albergano nel nostro essere.

Come vedremo, questo Io si esprime in tre modi diversi a seconda della sua azione ed è conosciuto sia come Io o Sé transpersonale (chiamato anche Io spirituale), sia come Io o Sé personale (che riguarda quello che siamo in questo mondo), sia come Io o Sé genomico (o corporeo o psicobiologico, che rappresenta in sintesi il nostro modo di percepire e vivere il corpo e regola l’attività del nostro organismo, rendendo possibile il suo funzionamento; figura 2).


L’Io è strettamente legato alla coscienza, che illumina e che, a seconda dei casi, rende presente quanto percepito. In realtà essa viene vissuta come supercoscienza, se riferita alla trascendenza, e come semplice coscienza se percepita nello stato di veglia, che può divenire autocoscienza ed eterocoscienza, nel caso in cui riguardi la coscienza di sé, degli altri o dell’ambiente. Diventa invece subcoscienza se riferita ai vissuti della realtà corporea ed ereditaria e incoscienza nel caso in cui precede la veglia o quando la coscienza si spegne, come nel sonno o nel coma. Lo psicologo austriaco Victor Frankl considera lo spirito come parte della realtà umana tesa alla ricerca della verità e del senso delle cose1.

Anima. È rappresentata dal due, dall’uno diviso in due parti o da polarità fra loro complementari che si integrano a vicenda. Sul piano verticale queste polarità danno origine a quella che possiamo ritenere la relazione primaria, data dal rapporto polare spirito-materia che nell’uomo assume un livello di integrazione molto elevato. Se consideriamo la questione sul piano qualitativo-quantitativo, possiamo dire che l’essere umano su questa terra è l’essere più vivo, elevato e prezioso di tutte le creature e dotato di potenzialità illimitate. L’interazione spirito-materia rappresenta l’interazione tra psiche e corpo, la quale dà origine all’anima umana che, sul piano della vita interiore, corrisponde all’inconscio; essa è ciò che muove e dà la vita: l’essere è animato proprio perché ha in sé la vita. L’anima è per sua natura unitaria, possiamo dunque affermare che l’inconscio è uno, anche se per praticità si può dividere in tre parti: l’anima superiore, nella quale ritroviamo tutto ciò che riguarda la dimensione astratta, dei valori, ed è vicina alla dimensione dello spirito; l’anima media, riferita all’ambiente di vita e alla vita quotidiana; e infine l’anima inferiore, che si trova accanto all’altro polo, quello del corpo fisico (figura 3 alla pagina seguente). Quest’ultima regola la vita dell’organismo, a partire da quanto ricevuto in eredità dai genitori, ed è mossa dall’istinto di sopravvivenza, da quell’energia che Freud chiamò libido. Nella tradizione più recente di anima, quella superiore è fatta coincidere con l’anima cosciente, quella media con l’anima razionale o relazionale e quella inferiore con l’anima senziente.


Sul piano orizzontale si sviluppa un’altra polarità importante dell’animo umano che riguarda il polo maschile-femminile, le due parti della mela che corrispondono sul piano fisico-esteriore al maschio e alla femmina e sul piano psichico-interiore (secondo Jung) all’Animus per il maschile e all’Anima per il femminile, che sono alla base delle relazioni umane.


Una terza polarità è quella assiale che riguarda il polo anteriore, corrispondente al futuro, e quello posteriore, corrispondente al passato; insieme concorrono al processo procreativo attraverso gli organi genitali. Queste due forze, se non si incontrano nel presente, non possono generare una nuova vita.

Corpo. Il corpo riguarda il numero tre perché viene dopo lo spirito e l’anima. Esso è lo strumento attraverso il quale l’essere umano entra in contatto con il mondo materiale, acquisendo coscienza di sé e del mondo. Se prendiamo a modello la candela e la paragoniamo all’essere umano, potremmo dire che lo spirito è rappresentato dal fuoco dello stoppino, l’anima è rappresentata dall’aria e dalla cera liquida, mentre il corpo è rappresentato dalla cera solida. Allo stesso modo nella punta del cono possiamo intravedere lo spirito, nello spazio racchiuso tra la punta e la base l’anima e nella base il corpo fisico. Di conseguenza, quando parliamo di spirito o Io ci riferiamo al centro, quando parliamo di anima ci riferiamo alla parte mediana, mentre quando parliamo di corpo ci riferiamo a quella periferica. Lo spirito è in contatto con il mondo della coscienza cosmica; il corpo invece è in contatto con il mondo materiale, è legato alla materia, la condiziona e ne è condizionato; l’anima è collocata fra questi due mondi, li unisce e li fa cooperare ed è influenzata dalle rispettive caratteristiche. Nel corpo umano la parte centrale, che rappresenta la torre di comando, è data dalla testa, con tutto il sistema neurosensoriale; la parte intermedia riguarda il torace con i suoi sistemi respiratorio e cardiocircolatorio, che fungono da mediatori tra la parte alta e bassa e la parte interna ed esterna del corpo; invece la parte periferica, quella più terrena, si riferisce all’apparato digestivo e urogenitale. Quest’ultimo produce le cellule sessuali, i gameti maschili e femminili, in grado di trasmettere il patrimonio genetico e così di garantire la continuità della vita e il susseguirsi delle generazioni. Dato lo stretto rapporto esistente tra anima e corpo, è importante che quest’ultimo sia sano e in salute per garantire una buona funzionalità della mente e della psiche.

Lo sviluppo dell’essere umano

Questa suddivisione dell’essere umano tra parte superiore, media e inferiore e il suo collegamento con la struttura del cervello e con il funzionamento della mente (in quella che è stata la sua evoluzione) è ben presente negli studi di MacLean2, il quale presenta lo sviluppo del cervello dell’uomo secondo una tripartizione anatomo-funzionale del sistema nervoso centrale fondata sull’evoluzione filogenetica. In questo “cervello tripartito” ritroviamo una componente rettiliana più antica (troncoencefalo, ipotalamo, nuclei della base), alla quale si sovrappone prima una componente limbica (sistema limbico) e, successivamente, una componente neocorticale più recente (corteccia cerebrale). MacLean ipotizza che ciascuna parte abbia un tipo di memoria, di organizzazione spaziotemporale, di intelligenza, proprie e particolari. Il comportamentale rettiliano, più primitivo, è organizzato principalmente negli schemi motori di azione che permettono le attività di predazione, territorialità ed esplorazione, secondo schemi rigidi e automatici, con ridotte capacità di modulazione e di arresto. Esse sono cicliche, collegate ai ritmi della natura e connesse con i bisogni alimentari e sessuali.


Nelle specie dotate di cervello limbico compaiono comportamenti che indicano la capacità di riconoscere gli altri, ben visibile nelle dinamiche di attaccamento-accudimento dei mammiferi. Questo arricchisce l’assetto rettiliano e consente di instaurare una molteplicità di interazioni sostenute dal riconoscimento, dalla sintonizzazione, dalla cooperazione e dalla partecipazione ai processi emotivi. Infine nella tipologia neocorticale prende forma la relazione con le idee e con la capacità di organizzare sintatticamente i simboli comunicativi, cioè il linguaggio, che sostiene una mappa cognitiva delle interazioni sociali tanto ampia e complessa da permettere al singolo individuo di partecipare alla costituzione di gruppi numerosi e articolati.


Questo ed altri modelli teorici aiutano a comprendere come in generale la filogenesi si propone nell’ontogenesi umana e come si sono evoluti il cervello e la mente nel tempo nella continua lotta per la vita, animata dall’istinto di sopravvivenza, ma evidenziano anche il progresso delle varie fasi dello sviluppo umano, i suoi diversi passaggi e le sue acquisizioni, a partire dalla vita prenatale fino alla vecchiaia. Nelle sue ricerche antropologiche Erik Erikson3 prende in considerazione l’intero ciclo della vita nelle sue diverse fasi, seguendo i processi che si snodano in ogni individuo secondo un continuum progressivo a partire dalla nascita. Egli ritiene che ogni elemento della persona sia già presente prima che questo emerga e analizza le caratteristiche di ogni fase di sviluppo in accordo con le fasi di sviluppo psicosessuale proposte della psicanalisi. Egli riporta in prospettiva positiva otto fasi di sviluppo psicosociale, nelle quali avvengono i vari passaggi: una volta superata una particolare fase evolutiva, che accresce il senso di maturità interiore, si accede alla fase successiva con tutte le sue difficoltà e possibilità.

L’eredità, l’ambiente e l’individualità

Se osserviamo bene, i modelli proposti da MacLean, Erikson e da altri sono standardizzati e validi per tutti, però ci dicono poco sullo specifico individuale della persona, sul quale viene fondata l’educazione, e in particolare il metodo “Educare ad essere”. Va precisato che, sul piano educativo, ciò che va bene a un particolare individuo può non andar bene a un altro o addirittura può risultare nocivo; inoltre, quello che può andare bene ed essere adeguato in un certo momento e in una particolare occasione o contesto, può risultare inadeguato in altri. Questo perché il processo educativo è per sua natura esclusivo e personalizzato, e la sua azione va riferita unicamente a quel preciso momento, luogo e situazione. Esso riguarda la globalità della persona, non intesa però come semplice somma delle sue parti: questo porterebbe a smarrire il senso del sé, quale garante della continuità della nostra esistenza.

Inoltre una vera educazione può avvenire solamente all’interno di una relazione intima e profonda, fondata sul cuore e sulla comprensione, dove l’educando non è solo conosciuto nei suoi caratteri esteriori, ma compreso nella sua essenza. Condizione che si realizza quando l’educatore, con la sua disponibilità, riesce ad andare oltre ogni barriera, a superare ogni resistenza e pregiudizio e a vivere l’educando come parte di sé, all’interno della sua coscienza, in una relazione di grande empatia: cosa in genere piuttosto facile per i genitori naturali che hanno condiviso quasi tutto, in un rapporto esclusivo con il figlio, fin da prima del suo concepimento. Dice Gottman: “Prendere sul serio le emozioni dei bambini richiede empatia, notevoli capacità di ascolto, e il desiderio di vedere le cose dalla loro prospettiva. Richiede altresì una buona dose di altruismo…”4.


Queste nozioni non sono ancora state fatte proprie dalla scienza dell’educazione, fino ad ora ancorata a una sorta di determinismo biologico e ambientale, incapace di riconoscere il grande ruolo svolto dall’individualità nella genesi e nella formazione dell’essere umano. A questo proposito, Edoardo Boncinelli afferma che le informazioni del DNA sono fondamentali, ma da sole non bastano a spiegare i comportamenti dell’individuo poiché i geni fanno una serie di proposte che possono venire accettate oppure no, in base all’intervento di fattori ambientali e non solo5. Gli studi di Devlin e altri6, pubblicati sul prestigioso giornale “Nature”, dimostrarono che l’intelligenza si basa solo per il 34% sul patrimonio genetico, mentre il restante 66% dipende da fattori ambientali e, noi aggiungiamo, probabilmente da altro. Per ambiente si intende l’insieme delle condizioni che caratterizzano la vita dell’individuo, quali il nutrimento, le malattie, l’agiatezza, le frustrazioni ecc. Ma anche l’ambiente, da solo, non basta per spiegare l’esistenza delle caratteristiche individuali, anche se in certi casi si dimostra più importante del genoma: sappiamo infatti che l’influenza dell’ambiente aumenta con l’età, perché gli eventi positivi e negativi si accumulano nel tempo.

Esiste però un terzo fattore che potrebbe intervenire in mancanza di altre spiegazioni: il caso. In questo modo si nega l’esistenza di una realtà preordinata e gerarchizzata, retta da precise leggi; queste non si riducono né alle cause genetiche, né a quelle ambientali e meno ancora alla casualità, in senso lato, ma tutte queste cause concorrono continuamente e costantemente a muoversi e a operare delle scelte e decisioni ai vari livelli dell’esistenza. Dobbiamo tener conto della complessità nella quale opera la vita e della possibilità che esista una realtà sovraordinata rappresentata dalla psiche individuale, presente in ogni essere umano fin dall’inizio. Per questo è auspicabile cominciare ad andare oltre il determinismo biologico che guarda solo a fattori innati (come il corredo genetico), ma anche oltre il determinismo ambientale e alla stessa epigenetica, che assegna al fattore ambientale il ruolo dominante nelle spiegazioni delle dinamiche e delle variabilità umane; questo perché in realtà la relazione organismo-ambiente è reciproca e dialettica (figure 4 e 5). Lo stesso genoma non è una struttura fissa, statica e immutabile; il funzionamento delle sequenze nucleotidiche muta continuamente nel tempo, sotto la pressione di stimoli interni ed esterni al nostro corpo.


Se vogliamo fare un ulteriore passo in avanti nella giusta direzione dobbiamo cominciare a riconoscere la presenza della componente individuale, lo psicotipo, accanto alla componente ereditaria, il genotipo e ambientale, l’ecotipo. La vita umana individuale non comincia né con la fusione dei due pronuclei maschile e femminile, al momento della fecondazione che dà luogo alla formazione dello zigote, né in un momento successivo alla fecondazione relativo alla perdita della totipotenza delle cellule, al venir meno della capacità di produrre gemelli identici e al completamento dell’impianto sulla parete uterina7, ma inizia ancora prima del concepimento. Per la psicanalisi il concepimento rappresenta il momento del passaggio dal bambino immaginario, che vive nel mondo interiore dei genitori, al bambino reale che comincia a vivere nel mondo esteriore. Tanto che per Françoise Dolto il concepimento del bambino è frutto di tre desideri: quello della madre, del padre e del bambino stesso8. Secondo Dumas la costruzione fondamentale dell’individuo non dipende dal coito che gli ha dato corpo, ma dal modo in cui i genitori hanno mentalmente concepito il figlio sognandolo insieme o parlandone, vale a dire assegnandogli un posto nell’ordine familiare che determinerà poi il suo destino e la sua vita9. Naturalmente le tre componenti costitutive dell’essere umano vanno considerate all’interno di una funzionalità unitaria che si fonda e si alimenta dinamicamente in un rapporto che è, a un tempo, di reciproca dipendenza e di reciproca autonomia. L’interazione dell’individualità con il corredo genetico e con l’ambiente determina il fenotipo, espressione manifesta delle caratteristiche genetiche.

Alcuni fenotipi saranno influenzati prevalentemente dallo psicotipo e manifesteranno una forte individualità, altri dal genotipo ed evidenzieranno i tratti genetici dei loro genitori e altri ancora dall’ecotipo, cioè evidenzieranno in particolare le influenze acquisite dall’ambiente. Le tre relazioni che costituiscono il terreno, l’humus, nel quale l’essere umano si forma e si sviluppa fin dall’inizio riguardano l’aspetto psicobiologico, psicosociale e transpersonale.

  1. Aspetto psicobiologico: governato inconsciamente dalle memorie genetiche ereditarie iscritte nei geni e nel proprio corpo in un rapporto transgenerazionale dato dai genitori e progenitori della famiglia di origine.

  2. Aspetto psicosociale: influenzato in forma conscia e inconscia dell’ambiente familiare e sociale; legato alla cultura d’appartenenza, allo stile di vita, e regolato dai processi epigenetici.

  3. Aspetto transpersonale: collegato inconsciamente ai processi creativi delle forze cosmiche e universali; si manifesta attraverso l’individualità, il suo progetto e le potenzialità latenti, proiettate verso il divenire e capaci di offrire all’umanità nuove occasioni ed esperienza di vita.

Un esempio interessante relativo al significato dell’individualità è dato dalla vita familiare dove “… nonostante i fratelli e le sorelle abbiano fondamentalmente le stesse disposizioni genetiche, e ricevano influssi ambientali simili, sono tuttavia molto diversi, perché in fondo tramite gli interessi individuali, la personale capacità di percezione, lo specifico sentimento di giustizia e la loro possibilità di valutare i comportamenti accogliendoli o rifiutandoli, sono essi stessi a determinare la loro diversità, e a determinare la misura in cui vogliono essere plasmati dalle persone e dall’ambiente che li circonda”10. Anche se questo può suonare strano è lui, il bambino, l’artista che suona lo spartito genetico. Nell’editoriale del British Medical Journal del novembre 2000, il concepito è considerato fin dall’inizio una totalità unica e da subito attiva, tanto che l’embrione è descritto come un attivo orchestratore del suo impianto e del suo destino: è lui che si inserisce nel suo ambiente in modo conforme al suo progetto di vita.

Valorizzare la vita interiore

Il tentativo di valorizzare fin dai primordi la vita interiore, la vita psichica, intesa oltre la mente e il cervello, parte dalla constatazione, come dice Massimo Gandolfini (Direttore del Dipartimento di Neuroscienze della fondazione Poliambulanza di Brescia), che il cervello, gli organi di senso, il sistema propriocettivo e motorio e i neuroni specchio sono certamente strutture necessarie per l’elaborazione cosciente, ma (proprio a causa dell’estrema complessità, coniugata all’assoluta unicità di ogni individuo) sono insufficienti a spiegare il fenomeno della coscienza11. Da qui la necessità di prendere in considerazione la dimensione transpersonale e di recuperare la funzione fondamentale della componente individuale. Al punto che si potrebbe pensare che difficilmente la psiche, con la sua individualità, sarà in seguito così presente e incisiva come nelle prime fasi della vita; le sfide da affrontare in questi primi momenti non sono affatto di poco conto, se si vogliono porre basi sane per la costruzione dell’organismo e se si vuole promuovere un corretto sviluppo della personalità futura, di quello che potrà essere l’uomo, il cittadino di domani. Molto probabilmente l’individualità è stata fino a oggi trascurata perché, essendo per sua natura soggettiva, non dispone di una base oggettiva e concreta di studio, come invece possono avere l’ambiente per la definizione dell’ecotipo e l’ereditarietà per la definizione del genotipo; oltre alla nostra incapacità concreta di valutare il risultato finale di variabili che si compongono fra loro in modo, per noi, imprevedibile e non determinabile. Essa va intesa come una diretta emanazione della dimensione transpersonale dello spirito, per l’azione che svolge sia nella formazione dell’identità personale che nella manifestazione dell’Io. Inoltre, essa rende possibile la relazione reciproca tra coscienza e coscienza, tra Io-Tu, senza la quale non vi può essere relazione. Della sua natura essenzialmente psichica se ne parla in ambito psicoanalitico quando si fa coincidere il processo del concepimento con il passaggio del bambino dal mondo immaginario dei genitori al mondo reale nell’utero materno: avvalorando in questo modo la continuità della sua identità nel passaggio dalla dimensione psichica alla dimensione psicosomatica. Esperienza che molti genitori hanno confermato di aver vissuto al momento del concepimento del figlio. Due libri contengono diversi episodi di genitori che hanno avuto modo di incontrare dei bambini non ancora concepiti. Nel libro Soul Trek di Elizabeth Hallet12, 180 genitori raccontano le loro esperienze personali di sogni, visioni, apparizioni, e altre tipologie di eventi in cui il loro futuro bambino annunciava di stare arrivando, portando amore, conforto e consiglio alla madre e al padre. Altri 30 casi sono presentati da Sarah Hinze in Coming From the Light: Spiritual Accounts of Life Before Life13.

Per questo è molto probabile che l’individualità, detentrice di gran parte delle potenzialità, svolga (in modo conscio o inconscio) un importante ruolo di orientamento nella vita, mettendo in gioco aspetti dell’intelligenza che vanno oltre l’intelligenza ideomotoria, emotiva e cognitiva, quali l’immaginazione creativa, l’ispirazione e l’intuizione: qualità umane che hanno contribuito a realizzare grandi opere e scoperte o a percorrere la via dei valori etici e morali che hanno guidato lo sviluppo delle grandi civiltà e che possono aiutarci a intravedere il nostro futuro. Sappiamo che il sistema educativo misconosce tutt’ora le grandi potenzialità iniziali esistenti nel bambino, considerato in genere un essere passivo e incompetente, privo di coscienza e consapevolezza, trattato come un piccolo adulto, e reso con sistematicità dai genitori conforme ai loro progetti e a quelli della società. In questo modo viene ampiamente limitata la possibilità di tutelare, riconoscere e sviluppare le sue propensioni e le sue risorse.


Anzi, l’averle ignorate in modo sistematico ha creato le premesse perché vengano messe abbondantemente in discussione nel corso della formazione e della crescita da relazioni e atteggiamenti inadeguati e pregiudiziali, per essere poi definitivamente abbandonate e dimenticate. Nonostante questo, a volte nel corso della vita accadono degli eventi più o meno felici che le fanno riemergere, permettendo di scoprire dei lati che la persona non sapeva neanche di avere.

Il grave errore insito nel sistema educativo passato e presente è quello di considerare quasi esclusivamente la parte esteriore del bambino piccolo, trascurando quella interiore, relativa alla psiche; inoltre della struttura psichica viene considerata quasi unicamente la parte inferiore, quella riguardante la sfera biologica, degli istinti e dei bisogni del corpo, a svantaggio della parte superiore, che invece rappresenta la vera ricchezza dell’essere umano, in quanto detentrice del progetto di vita e con esso della possibilità di realizzare uno sviluppo sano, equilibrato e armonico (sempre che sia reso praticabile dalle condizioni ambientali e di vita). Per questo fin dall’inizio il bambino ha bisogno di un approccio educativo adeguato per poter essere messo nelle condizioni di esprimere quelle qualità, quelle virtù e quei valori che gli sono propri; cioè ha bisogno di armonia dentro e fuori di sé; di amare e di sentirsi amato; di dare spazio al profondo bisogno di unità nella bellezza, nella giustizia, nella verità e di libertà. Robert Browning ritiene che “… sapere (educare) consiste nell’aprire un passaggio da cui lo splendore imprigionato possa sfuggire, non nel fare entrare una luce che erroneamente si ritiene trovarsi all’esterno”14. Ne consegue che l’opera educativa dei genitori non può essere rinviata, deve partire fin dall’inizio, e deve essere orientata direttamente all’individualità del figlio, per entrare in sintonia con lui, ma anche per ricordargli che in questo cammino non è solo, che altri sono con lui nell’aiutarlo a superare le difficoltà che incontra, nel garantirgli le migliori condizioni di esistenza, nel fornirgli tutti i materiali e stimoli necessari al suo sviluppo; affinché non gli venga mai meno tutta l’accoglienza, la comprensione e la disponibilità di cui ha bisogno per cominciare da subito a realizzare il suo progetto di vita per il quale è presente in questo mondo. Ed è proprio a partire da tale ribaltamento di prospettiva con cui si considera il bambino, da incompetente esteriore a competente interiore, che si può cominciare a pensare all’apertura di una nuova azione educativa futura nei confronti delle giovani generazioni.

Educare ad essere
Educare ad essere
Gino Soldera
Per diventare ciò che siamo.Una guida pratica per riconoscere e valorizzare i talenti del bambino e aiutarlo a costruire il proprio progetto personale di vita. Educare ad essere è un metodo originale che affronta la questione dell’educazione in modo radicale e globale, per rispondere alle complesse sfide poste dalla società. Riconosce al bambino un ruolo attivo e interattivo, l’esistenza di grandi potenzialità e di un proprio progetto di vita, che non può e non deve essere ignorato. Il libro di Gino Soldera offre strumenti semplici e pratici per comprendere la realtà meno conosciuta del bambino e i suoi molteplici bisogni, per costruire relazioni armoniose e un dialogo aperto e creativo, a beneficio della famiglia e dell’intera società. Educare ad esseredi Myriam Zarantonello, pediatraCredo siamo tutti coscienti che il tema dell’educazione sia un problema e un’urgenza nella nostra società.Questo testo di Soldera, Da Mar e Verticilo ci aiuta a riscoprire questo valore e a comprendere come rispondere a questa esigenza per sanare gli errori di una deriva culturale che antepone le cose delle persone. Gli autori auspicano un’altra “rivoluzione copernicana”: quella di porre al primo posto le esigenze interiori dell’essere umano fin da prima del concepimento.Chi siamo, come veniamo in questo mondo, perché, qual è il senso della nostra esistenza: è importante che queste e altre domande esistenziali guidino quando si sceglie di essere genitori, perché concepire e crescere un bambino è una grande responsabilità, alla quale ci si prepara con attenzione.Questo testo diventa particolarmente interessante per il pediatra, il quale, nei “bilanci di salute”, ha l’opportunità preziosa di incontrare più volte genitori e bambini. Spesso le domande sulle difficoltà più comuni, legate ai bisogni fisiologici come il pianto, il sonno, l’alimentazione, esprimono la difficoltà dell’adulto a dare risposte adeguate, a comprendere e vivere meglio la relazione con il bambino. Anche il pediatra può correre il rischio di limitarsi a rispondere con un farmaco, pensando di poter risolvere sbrigativamente i sintomi somatici, invece di considerarli sentinelle di disagi più profondi. È per questo che concetti importanti come struttura della psiche, progetto di vita, costruzione di valori, completano anche nel pediatra quella conoscenza del bambino che va oltre la fisicità, per coglierne l’interiorità, rispettando così l’unità e la complessità che caratterizza l’essere umano fin dall’inizio della sua vita.Buona lettura! Conosci l’autore Gino Soldera, psicologo e psicoterapeuta, insegna Psicologia ed Educazione Prenatale all’Università IUSVE di Mestre-Venezia, Psicoantropologia all’Accademia ConSè di Brescia e svolge l’attività di supervisore presso il Consultorio Familiare del CIF di Dolo (VE).È consigliere internazionale dell’APPPAH (Associazione Americana di Psicologia Prenatale Perinatale e Salute), membro del Comitato Scientifico della Scuola Italiana per la “Care in Perinatologia” e socio onorario dell’Associazione “Genitorialità”.Dirige la rivista Il Giornale Italiano di Psicologia e di Educazione Prenatale dell’ANPEP (Associazione Nazionale di Psicologia e di Educazione Prenatale), di cui è presidente.