4a tappa

Educare ai valori

Ogni bambino, ogni fanciullo, ogni giovane ha diritto a essere educato da “tutto ciò che lo circonda”, nella direzione della Verità, del Bello, del Bene e dell’Amore

Pietro Lombardo

Ti racconto una storia…

IL VERO VALORE DELL’ANELLO

Sono venuto qui, maestro, perché mi sento così inutile che non ho voglia di fare nulla: mi dicono che sono un inetto, che non faccio bene niente, che sono maldestro e un po’ tonto. Come posso migliorare? Che cosa posso fare perché mi apprezzino di più? Il Maestro gli rispose senza guardarlo: “Mi dispiace ragazzo. Non posso aiutarti perché prima ho un problema da risolvere. Dopo, magari”. E dopo una pausa aggiunse: “Ma se tu mi aiutassi, magari potrei risolvere il mio problema più in fretta e dopo aiutare te”. “Con piacere, maestro” disse il giovane esitante, sentendosi di nuovo sminuito visto che la soluzione del suo problema era stata rimandata per l’ennesima volta. “Bene” continuò il maestro. Si tolse un anello che portava al mignolo della mano sinistra e porgendolo al ragazzo aggiunse: “Prendi il cavallo che c’è la fuori e va’ al mercato. Ho bisogno di vendere questo anello perché devo pagare un debito. Vorrei ricavarne una bella sommetta, per cui non accettare meno di una moneta d’oro. Va’ e ritorna con una moneta d’oro il più presto possibile.” Il giovane prese l’anello e partì. Appena fu giunto al mercato iniziò a offrire l’anello ai mercanti, che lo guardavano con un certo interesse finché il giovane diceva il prezzo. Quando il giovane menzionava la moneta d’oro, alcuni si mettevano a ridere, altri giravano la faccia dall’altra parte e soltanto un vecchio gentile si prese la briga di spiegargli che una moneta d’oro era troppo preziosa in cambio di un anello.


Pur di aiutarlo, qualcuno offrì una moneta d’argento e un recipiente di rame, ma il giovane aveva istruzioni di non accettare meno di una moneta d’oro e rifiutò l’offerta. Dopo aver offerto l’anello a tutte le persone che incrociava al mercato – e saranno state più di cento – rimontò a cavallo de-moralizzato per il fallimento e intraprese la via del ritorno. Quanto avrebbe desiderato avere una moneta d’oro per regalarla al maestro e liberarlo dalle sue preoccupazioni! Così avrebbe ottenuto il suo consiglio e l’aiuto. Entrò nella stanza. “Maestro” disse “mi dispiace, non è possibile ricavare quello che chiedi. Magari sarei riuscito a ottenere due o tre monete d’argento, ma credo di non poter ingannare nessuno riguardo al vero valore dell’anello”.


“Quello che hai detto è molto importante, giovane amico”, rispose il maestro sorridendo. “Prima dobbiamo conoscere il vero valore dell’anello. Ritorna a cavallo e vai dal gioielliere. Chi può saperlo meglio di lui? Digli che vorrei vendere l’anello e chiedigli quanto ti darebbe. Ma non importa quello che ti offre: non glielo vendere. E ritorna qui con il mio anello”. Il giovane riprese di nuovo a cavalcare. Il gioielliere esaminò l’anello alla luce della lanterna, lo guardò con la lente, lo soppesò e disse al ragazzo: “ragazzo, di’ al maestro che se vuole vendere oggi stesso il suo anello, non posso dargli più di cinquantotto monete d’oro”. “Cinquantotto monete?” esclamò il giovane. “Sì” rispose il gioielliere. “Lo so che avendo più tempo a disposizione potremmo ricavare circa settanta monete d’oro, ma se ha urgenza di vendere…”.

Il giovane si precipitò dal maestro tutto emozionato a raccontargli l’accaduto. “Siediti” disse il maestro dopo averlo ascoltato. “Tu sei come questo anello: un gioiello unico e prezioso. E come tale puoi essere valutato soltanto da un vero esperto. Perché pretendi che chiunque sia in grado di scoprire il tuo vero valore?”. E così dicendo si infilò di nuovo l’anello al mignolo della mano sinistra.*

Per riflettere…

Si apre il capitolo con una storia perché diventi un’occasione di riflessione. Si provi singolarmente e poi in coppia a rispondere alle domande:

Quali sentimenti ha suscitato in te questo racconto? Quale idea del bambino?

Esplorando la quarta tappa

Spesso i valori vengono confusi con i comportamenti che traducono storicamente la virtù. Il valore è, più propriamente, l’atteggiamento, l’intenzionalità sottesa al comportamento.


Non sempre noi guidiamo gli eventi con i nostri comportamenti. Talvolta la vita ci viene incontro con le sue sorprese e a quel punto siamo noi che dobbiamo sforzarci di scoprire il “senso” e il “valore” di ciò che questa vuole insegnarci.


I valori sono come le stelle che guidano il nostro cammino.

Educare ai valori
L’educazione consiste nel fatto che l’uomo diventi sempre più uomo, che possa ‘essere’ di più e non solamente ‘avere di più’ e che, sappia sempre più pienamente essere uomo.
di conseguenza, attraverso tutto ciò che egli ha e tutto ciò che egli possiede,

Pascual Chávez Villanueva

I valori sono molto più importanti di quanto comunemente si creda, in quanto sono qualcosa di più di semplici astrazioni: essi sono delle realtà viventi, che una volta fatte proprie dall’essere umano assumono un ruolo di vero e proprio centro direzionale che domina e impartisce ordini, influenzando direttamente e indirettamente la realtà personale nel suo complesso. E questo contribuisce a plasmare lo stato della nostra mente e di conseguenza del nostro corpo, e inoltre concorre a determinare lo stato di equilibrio e di armonia interiore, oltre a quello di salute e di malattia.


In termini di genere possiamo considerare l’accettazione, vista nel capitolo sull’educazione (pag. 101), come il valore preminente del femminile, per la sua natura sovradeterminata in quanto comprendente altri valori quali l’accoglienza, l’ascolto e la comprensione. Sul versante maschile possiamo considerare come valore preminente la verità, anche perché essa affonda le sue radici nell’essenza dello spirito e in particolare in quell’allineamento che ci offre la possibilità di essere noi stessi in modo autentico e naturale. Vivere nella verità ed essere se stessi consente di entrare in contatto con il proprio nucleo vitale più elevato, con la propria area di eccellenza, per essere rigenerati attraverso la sua energia e il suo potere, e questo ha come felice conseguenza il fatto di accresce il livello di stima e sicurezza personale, necessarie per affrontare le difficoltà della vita. Rimanere ancorati alla verità e all’autenticità consente di sintonizzarsi con il proprio progetto di vita, di vivere un rapporto coerente con se stessi e con gli altri, ma anche di avere un rapporto vero e trasparente con la realtà. Al contrario di quando invece si vive nella falsità, nella menzogna e nell’inganno, dove le energie vitali sono destinate a disperdersi, le forze a impoverirsi, la coscienza ad annebbiarsi e il vero sé ad allontanarsi, assumendo un’immagine diversa da quella che si è (falso sé), fatta di tante maschere.

Da questa constatazione possiamo dedurre che ogni valore, virtù o qualità positiva ha una sua polarità negativa: al vero si contrappone il falso, al bello il brutto, al buono il cattivo, alla gioia la tristezza, al coraggio la codardia, all’intelligenza la stupidità, alla fiducia la diffidenza. I valori, proprio in virtù delle loro caratteristiche positive, svolgono un carattere nutritivo, organizzativo, costruttivo, creativo e aiutano a maturare e crescere, rendendo la persona degna di considerazione e di stima. Quelli che, contrapposti ai valori, possiamo chiamare svalori, essendo espressione di qualità negative, se vissuti e praticati portano a risultati e a conseguenze opposte, ovvero portano a devitalizzare, deprimere, distruggere, impoverire e disperdere ciò che si ha di positivo. Tutto ciò induce a un naturale e talvolta istintivo distacco dalla fonte di questi svalori; ciò per una sorta di autodifesa o di autotutela: per non venire travolti, danneggiati o confusi oppure per non perdere il senso dell’orientamento della propria esistenza. Non va dimenticato che la polarità valore-svalore rappresenta in astratto una fonte di giudizio: come il bello e il brutto, riferito al senso estetico delle cose, ma anche all’animo delle persone1. Per questo è importante aiutare i bambini fin da piccoli a conoscere e a pesare le cose o gli eventi con i quali entrano in contatto, per sviluppare un giusto discernimento della realtà e del mondo che li circonda. Thomas Verny afferma: “I valori non sono auspicabili solo per un loro vantaggio ma sono strumenti essenziali di autoprotezione da questo mondo complesso e spesso pericoloso. Senza una bussola interiore i nostri bambini potrebbero venire intaccati dalle bravate di individui privi di legami che potrebbero farseli amici e renderli vittime nelle varie relazioni, sul luogo di lavoro e in una miriade di avventure illegali e prive di etica”2.


La “bussola interiore” di cui parla Verny è frutto dell’educazione attuata dalla famiglia e sostenuta dalla società, che ha un ruolo fondamentale per la conoscenza e lo sviluppo dei valori e della ricchezza interiore, sia nei bambini di oggi che nelle generazioni future.


Quando si parla di crisi dell’educazione, crisi di valori, si pensa proprio a una scissione, una rottura tra l’essere e l’avere, l’importanza spropositata che si tende a dare all’esteriorità, all’apparire contro la scarsa considerazione per il proprio essere. La ricchezza non esiste solo fuori, ma principalmente esiste dentro di noi. Solo se abbiamo questa ricchezza dentro, nel nostro cuore, costituita dalle nostre virtù e dai valori nei quali crediamo e che pratichiamo, la possiamo portare fuori e trasmettere agli altri.


Grazie ai valori i membri della famiglia, in modo particolare i soggetti in età evolutiva, sperimentano la significatività della propria esistenza, ma anche la possibilità di entrare in contatto con i valori innati per scoprirli, conoscerli, coltivarli e farli propri in coerenza con il proprio progetto di vita. Questo accade più di frequente attraverso la relazione rilevante tra genitori e figli.


I genitori sono chiamati a confrontarsi sul sistema di valori in cui far crescere i propri figli e a orientarne il percorso. In una società come quella odierna, l’attrattiva ai valori è inevitabilmente fragile perché, anche quando essi sono ancora riconosciuti validi, spesso sono sprovvisti di significato. Nel parlare e agire con i figli, ogni genitore dovrebbe essere consapevole dei propri valori vissuti e del fatto che tutto ciò che si fa, si dice, lascia un segno, un’impronta nella mente e nel cuore dei figli.


Bettelheim in Un genitore quasi perfetto sostiene che: “L’idea che la vita familiare fosse tanto più soddisfacente in passato e dovrebbe esserlo allo stesso modo oggi, è un mito in contrasto con l’evidenza dei fatti. Un mito che ci rende insoddisfatti del presente. Sarebbe opportuno sforzarci di vedere in una prospettiva più ragionevole i problemi che dominano la nostra esperienza di vita familiare. L’unità della famiglia poggia oggi sui legami affettivi tra i suoi membri, le richieste emotive che vengono rivolte a ciascuno sono molto più grandi; sono inoltre molto più elevate le aspettative psicologiche che la vita familiare dovrebbe fornire. Sono appunto queste maggiori e meno tangibili richieste ed aspettative a rendere precari i rapporti familiari”3.

Spesso le frustrazioni dei genitori nascono da aspettative molto elevate su un figlio. Il compito educativo, educare, richiede ai genitori:

  • impegno, sacrificio, disponibilità;

  • accettazione, rispetto e valorizzazione del figlio;

  • protezione e disponibilità affinché il figlio possa essere se stesso;

  • valori da trasmettere, delle mete da raggiungere e dei compiti da realizzare;

  • di avere chiaro quello che sta vivendo: discernere il positivo e il negativo;

  • di promuovere e sviluppare le parti positive, come i talenti, le qualità e i pregi;

  • di ridurre le parti negative fatte di istinti e passioni poco controllate, che necessitano di essere riconosciute (nemici interni) e educate.

Qualsiasi metodologia educativa implica l’accettazione “incondizionata” del figlio, per quello che è, con le sue capacità e con i suoi limiti. Accettazione, nel senso di accoglienza del figlio, non significa permettere al bambino qualsivoglia comportamento; al contrario, prevede che un genitore possa fare presente al figlio quali sono i limiti oltre i quali non è bene andare, ma soprattutto quali sono le potenzialità da implementare. Dunque accogliere la persona del figlio nella sua globalità.

Orientamento attuale della società

Oggi con l’elevarsi del tenore di vita l’attenzione sociale si sta spostando sempre più:

  • dall’alto al basso;

  • dalla psiche al corpo;

  • dal dentro al fuori dell’uomo;

  • dall’essere all’avere;

  • dai valori ai bisogni;

  • dal soggetto all’oggetto.

Pietropolli Charmet osserva che la famiglia da etica è diventata affettiva: non trasmette più valori, regole, modelli per imparare a controllare i propri desideri, ma ricerca l’ideale del vivere bene insieme, evitando o appianando possibili conflitti.


Sul versante della genitorialità e degli stili di vita, si osserva:

  • perdita dei connotati generazionali della filiazione ed enfatizzazione della realizzazione personale4;

  • controllo della procreazione (dal figlio rimandato al figlio a tutti i costi), innalzamento dell’età primipare e contrazione del periodo della fecondità a pochi anni;

  • riduzione delle nascite con caduta di ordine superiore a due figli;

  • entrambi i genitori impegnati nel lavoro;

  • minor tempo trascorso in casa;

  • figli impegnati in molteplici attività extrascolastiche;

  • presenza massiccia di televisione, computer, internet e telefonino nella vita quotidiana.

A fronte di queste osservazioni, già Platone (428/7 a.C. – 348/7 a.C.) nell’Apologia di Socrate affermava: “Io vado intorno facendo nient’altro che cercare di persuadere voi, e più giovani e più vecchi, che non dei corpi dovete prendervi cura, né delle ricchezze né di alcuna altra cosa prima e con maggior impegno che dell’anima, in modo che diventi buona il più possibile, sostenendo che la virtù non nasce dalle ricchezze, ma che dalle virtù nascono le ricchezze e tutti gli altri beni per gli uomini, sia privati che pubblici”.

Psiche, comportamento, educazione e valori

Quando si parla della psiche del bambino generalmente si considerano gli aspetti legati alla sfera biologica del corpo e degli istinti, e quindi i bisogni (Inconscio inferiore); poco ci si riferisce al rapporto con l’ambiente circostante e a quanto vissuto nella quotidianità (Inconscio medio), meno ancora si pensa alla consapevolezza e ai valori (Inconscio superiore; si veda l’anatomia dello psicosoma, capitolo 3, pag. 50).


Allevare un figlio non vuol dire soltanto allattarlo, nutrirlo finché non sia divezzato, bensì vuol dire sostenere il bambino nella prima età e poi nell’adolescenza, prestandogli le cure necessarie per il suo sviluppo fisico e psichico.


L’accompagnamento consapevole del figlio evita molti disagi. Va ricordato che i figli sono lo specchio fedele dei genitori, e questi trasmettono al figlio quello che hanno e non quello che non hanno. Attenti a cosa si dice e si fa con i figli, perché a partire dall’idea che noi abbiamo di lui e da quello che diciamo il figlio costruisce l’immagine di sé e si rispecchia in noi.


La moderna neurologia ha scoperto l’esistenza nell’uomo dei neuroni a specchio.

Nei primi anni di vita i bambini assimiliamo il come si fa attraverso un colloquio silente fra coscienze, scrive Merleau-Ponty: “lo schema corporeo assicura la corrispondenza immediata fra ciò che [il bambino] vede fare e ciò che fa”5. Recenti studi di neurofisiologia hanno ulteriormente dimostrato questa correlazione6. In particolare è stata scoperta una classe di neuroni nella corteccia premotoria delle scimmie: i mirror neurons (neuroni specchio). Questi neuroni si attivano nella scimmia sia quando questa compie una determinata azione, sia quando osserva la medesima azione compiuta da un altro individuo. Alcune evidenze sperimentali rendono ipotizzabile la presenza di un sistema molto simile nell’uomo.

 

La scoperta dei neuroni mirror ha radicalmente mutato il nostro modo di concepire il rapporto tra azione, percezione e processi cognitivi. In particolare questa scoperta ha messo in evidenza per la prima volta un meccanismo neurofisiologico capace di spiegare molti aspetti della nostra capacità di entrare in relazione con gli altri, quali la capacità di comprendere il significato delle azioni altrui, di imitarle, e di afferrare le intenzioni che ne sono alla base.

I neuroni specchio sono cellule nervose che si attivano quando compiamo una determinata azione e anche quando quell’azione la compie qualcun altro. Se prendiamo un caffè al bar nel nostro cervello si accendono determinati neuroni, che però si attivano anche se vediamo qualcun altro prendere un caffè. Ciò implica che “capiamo” quello che fanno gli altri sfruttando le stesse risorse neurali che usiamo quando compiamo noi la stessa azione. Osservazione e azione sono intimamente legate. Può discenderne che, più sviluppiamo le nostre capacità di agire, più sviluppiamo quelle di comprendere le azioni eseguite dagli altri; e più sviluppiamo le capacità di capire le azioni degli altri, più sviluppiamo le nostre di agire.


Il professor Giacomo Rizzolatti, neuroscienziato italiano famoso in tutto il mondo per la scoperta dei neuroni mirror, in un’intervista afferma: “Non a caso oggi vediamo la possibilità di sfruttare i neuroni specchio nella riabilitazione, cioè per fare riapprendere rapidamente schemi motori a persone che, per qualsiasi motivo, non li abbiano potuti utilizzare per lunghi periodi”7, esemplifica lo scienziato. “Però i neuroni specchio ci hanno aperto prospettive anche su fronti diversi – prosegue –. Ora, infatti, sappiamo che interpretiamo alcune cose con i neuroni specchio, in maniera fenomenologica: qualcuno fa qualcosa e la sua azione in qualche modo risuona in me”.

Il ruolo dell’empatia

Sul piano educativo i neuroni a specchio hanno permesso di dare una consistenza scientifica alla possibilità di entrare in contatto con la coscienza dell’altro attraverso l’empatia, che letteralmente significa “sentire dentro”. In pratica essa offre la possibilità di entrare in sintonia e di identificarsi con l’altro, o meglio, di entrare “nei suoi panni”, per avvertire dentro, temporaneamente, gli stati d’animo che attraversano la sua anima e di conseguenza anche le energie che vive, oltre ai suoi pensieri e alle sue emozioni.


Roberto Assagioli descrive l’empatia come la proiezione della propria coscienza in un altro essere, pur rimanendo se stessi8. L’essenza dell’empatia sta nella capacità di cogliere quanto provano gli altri, indipendentemente dalle loro espressioni verbali e corporee. Per entrare nello stato empatico è necessario innanzitutto rilassarsi, distaccarsi dal mondo esterno, per poter entrare all’interno di sé; una volta che questo è avvenuto è opportuno assumere un atteggiamento interpersonale neutrale (sospensione del giudizio) di natura osservativa, che va oltre se stessi (senza abbandonare la propria visione della realtà), accanto a un vivo e sincero interesse per la persona con la quale si vuole entrare in comunione comunicativa.


Fare una sorta di vuoto e di silenzio interiore consente di evitare di cadere in preda alle possibili interferenze esterne o interne, frutto delle nostre passioni, preoccupazioni personali, pregiudizi, o altro, che impediscono e ostacolano nella relazione una comunicazione fluida ed efficace. “Essere empatici – afferma Assagioli – significa accostarsi agli altri con simpatia, con rispetto, perfino con meraviglia e stabilire così un profondo rapporto interiore”9. Possiamo perfino dire con Carl Rogers che l’efficacia di un processo di comunicazione è direttamente proporzionale al livello di empatia esistente tra chi emette e chi riceve il messaggio10.


Dalle neuroscienze sappiamo che la psiche dell’individuo attraverso la coscienza svolge un ruolo sovradeterminato nell’organizzazione e nello sviluppo del cervello e della mente del bambino11. Da qui l’importanza di entrare in contatto e di comunicare con lui fin dall’inizio della sua esistenza nel grembo materno.


Il ricorso alla tecnica del rispecchiamento empatico, che inizia con la gestazione12, consente alla madre di entrare da subito in sintonia empatica con il figlio attraverso il processo d’identificazione con lui, per cogliere la sua realtà personale e i suoi vissuti.

Al contempo essa deve anche disidentificarsi da lui per rientrare nel suo ruolo di madre al fine di interpretare lo stato interiore del figlio. In questa maniera comprende di cosa può avere bisogno. Ciò gli dà la possibilità, attraverso la sua azione di rispecchiamento, di aiutare il figlio a mano a mano che cresce a diventare sempre più cosciente della sua realtà personale e a utilizzare le sue capacità personali. In seguito questo può essere fatto, oltre che dalla madre, anche dal padre e da tutte le persone che svolgono una funzione educativa nei confronti dei bambini attraverso:

  1. la riformulazione, che consiste nel riproporre, nel momento della pausa, quanto è stato comunicato senza aggiungere altro, solo per verificare se quello che è stato detto o è avvenuto è stato compreso esattamente;

  2. la delucidazione, che agevola l’autocomprensione e l’eterocomprensione perché rileva quanto captato dai messaggi del corpo, i vissuti che accompagnano i contenuti cognitivi trasmessi. Ad esempio: “Mi sembra di cogliere dal tuo volto un senso di gioia e felicità”;

  3. la capacità di interloquire o di fare domande, che consente di porre delle questioni in modo aperto e generico oppure in modo diretto e preciso per far emergere con maggior chiarezza gli aspetti della comunicazione che sembrano contorti o confusi, o che hanno bisogno di più dati o informazioni dettagliate, senza con questo scadere nel giudizio critico;

  4. l’uso di messaggi in prima persona, come “Personalmente penso di…” o “Io preferisco fare…”, che aiutano a distinguere le diverse posizioni, di evitare di entrare in conflitto, favorendo la libertà di decisione.


Quanto è importante dunque il nostro agire, il nostro modo di relazionarci? Tantissimo per la crescita dei nostri figli. I bambini apprendono attraverso un processo a tappe: l’introiezione (appropriarsi dell’altro), l’imitazione (fare come l’altro) e infine l’identificazione (sentirsi come l’altro). Ossia i figli imparano in ogni momento dai genitori; imparano quello che vivono.


I figli ci assomiglieranno nei fatti ben più che nelle parole e nei consigli, in quanto l’esempio è modello e sostegno, è qualcosa da imitare. Educare è preparare alla vita.

Quale corso ai propri desideri?

I nostri desideri possono essere animati dall’alto o dal basso.

Se i desideri vengono animati dall’alto, dai valori (interiori), dalla possibilità di costruire qualcosa di utile e di bello, essi vengono mossi dall’impegno e dal sacrificio. Ciò rafforza l’Io personale che sostiene la forza del pensiero. Se, al contrario, i desideri vengono animati dal basso, dai nostri istinti (esteriori) per soddisfare i nostri bisogni, senza essere autocontrollati nei loro effetti e nelle loro conseguenze, questi rischiano di imporsi e di trascinare l’Io persona verso il basso, indebolendolo. La percezione è di falsa libertà, perché priva di responsabilità (delega cieca).


Il noto musicista Ludwig van Beethoven in uno scritto diceva: “Raccomandate ai vostri figli di essere virtuosi; perché soltanto la virtù può rendere felici, non certo il danaro. Parlo per esperienza. È stata la virtù che mi ha sostenuto nella sofferenza. Io debbo a essa, oltre che alla mia arte, se non ho messo fine alla mia vita col suicidio”.


Una poesia di Ottavio Menato è significativa nel sottolineare l’importanza della speranza nel processo di crescita dei figli, recita così:

Semina la speranza
Semina semina: l’importante è seminare – poco, molto, tutto – il grano della speranza.
Semina il tuo sorriso, perché splenda intorno a te.
Semina le tue energie per affrontare le battaglie della vita.
Semina il tuo coraggio per risollevare quello altrui.
Semina il tuo entusiasmo, la tua fede, il tuo amore.
Semina le più piccole cose, i nonnulla.
Semina e abbi fiducia: ogni chicco arricchirà un piccolo angolo della terra.

Ottaviano Menato

Errori educativi più comuni
Noi adulti abbiamo creato un mondo di adulti e spesso guardiamo il bambino come colui che dobbiamo introdurre in un mondo di adulti.
Vogliamo modellarlo perché diventi come noi. Spesso noi adulti non abbiamo la percezione di questa straordinaria potenza di ricchezza e di intuizione che c’è nel cuore del bambino.

Maria Montessori

Nel complesso percorso di educazione e di accompagnamento alla crescita dei nostri figli, inevitabilmente si può incappare nei cosiddetti errori educativi, che è bene conoscere, ma soprattutto è utile riconoscere quelli che ci tentano di più. Parliamo di svalutazione, intellettualismo e adultismo, iperprotezione e permissivismo.

– Svalutazione

La svalutazione prevale quando sminuiamo il fare e l’essere di nostro figlio, per esempio con affermazioni tipo: “Stai zitto! Tu sei un bambino e non capisci certe cose”, “Ma che fai? Sei un buono a nulla”, “Stupido! Cosa combini!”.


La svalutazione si supera quando siamo in grado di:

  • dare valore al figlio (vuol dire avere un’immagine positiva di lui);

  • riconoscere nel figlio potenzialità latenti che si possono manifestare, se vengono create le condizioni. I figli possono essere lo specchio positivo dei genitori;

  • ritenere che tutto ciò che dice e fa il figlio è importante; questo gli permet te di avvertire in se stesso che sia lui che la sua vita hanno valore;

  • riconoscere nel figlio la sua parte mezza piena, cioè il suo Inconscio superiore (possibilità e capacità), e non tanto quella mezza vuota relativa all’Inconscio inferiore (problemi e difficoltà), permette di aprire le porte della sua vita e alla speranza del futuro.


– Intellettualismo e adultismo

  • Evitare di trattare il figlio come un adulto, facendolo vivere in un ambiente di adulti e solo con adulti.

  • Riservare in casa uno spazio a misura di bambino per permettergli di giocare e vivere nel mondo dell’infanzia (gioco, fiaba, fantasia), che corrisponde al mondo interno.

  • Evitare di coinvolgere il bambino nel mondo degli adulti (TV, discussioni o altro), se non necessario, e creare dei momenti di incontro e di esperienza con i coetanei.

  • Evitare di occupare il tempo del bambino con una serie di attività che si susseguono una dopo l’altra per tutta la giornata; permettetegli invece di avere degli spazi adeguati propri.

  • Con il figlio si può parlare di tutto usando un linguaggio a lui comprensibile.

  • Si deve sempre dire la verità e mai le bugie. Ovviamente, quella verità che edifica e che il bambino è in grado di capire.

In sintesi: permettiamo ai bambini di vivere la loro infanzia per poter crescere in modo armonico.


– Iperprotezione

  • Il bambino ha bisogno di genitori che lo accolgano con il sorriso (vero) e che lo accettino, così com’è, con i suoi limiti, con le sue capacità e possibilità di crescita.

  • I genitori o altri non devono sostituirsi al bambino, ma guidarlo o accompagnarlo nelle attività fino alla conquista della propria autonomia.

  • Affidare fin da piccolo al figlio dei compiti che è in grado di assolvere da solo o con l’aiuto di altri.

  • Al figlio, salvo casi eccezionali, va dato in più solo ciò che si merita o ciò che si è conquistato con la fatica e l’impegno.

In sintesi: permettiamogli di vivere le esperienze che possono essere utili alla sua crescita.


– Permissivismo

Il bambino va contenuto in una rete di relazioni e orientato secondo uno stile di vita organizzato, dove sono previste delle attività e del tempo libero, per permettergli di ritrovarsi ed esprimersi.

  • I figli hanno bisogno di precise indicazioni, di comprendere l’importanza delle regole da seguire e di imparare a rispettarle, come condizione per riuscire.

  • Il figlio va aiutato a diventare consapevole del suo ruolo, nel contesto in cui si trova, così da conoscere i suoi diritti e doveri e contribuire al buon funzionamento della famiglia e della società.

In sintesi: aiutiamo i figli a conoscere e usare la libertà in modo costruttivo e in modo compatibile con lo sviluppo della loro sana autonomia.

FOCUS

Trasmettere i valori

Per educare ai valori non basta volerlo, ma risulta necessario viverne e trasmetterne il contenuto in modo coerente con le proprie azioni quotidiane.

La quotidianità è il grande teatro delle rappresentazioni valoriali. Infatti sia i bambini che gli adolescenti sono osservatori attenti e puntuali nel rilevare i segnali e le incongruenze che serviranno loro da riferimento per costruirsi una propria visione del mondo.

EDUCARE AI VALORI, EDUCARE ALLA VITA13

  • Se i bambini vivono con le critiche, imparano a condannare

  • Se i bambini vivono con l’ostilità, imparano a combattere

  • Se i bambini vivono con la paura, imparano a essere apprensivi

  • Se i bambini vivono con la pietà, imparano a commiserarsi

  • Se i bambini vivono con il ridicolo, imparano a essere timidi

  • Se i bambini vivono con la gelosia, imparano a provare invidia

  • Se i bambini vivono con la vergogna, imparano a sentirsi colpevoli

  • Se i bambini vivono con l’incoraggiamento, imparano ad essere sicuri di sé

  • Se i bambini vivono con la tolleranza, imparano a essere pazienti

  • Se i bambini vivono con l’accettazione, imparano ad amare

  • Se i bambini vivono con l’approvazione, imparano a piacersi

  • Se i bambini vivono con il riconoscimento, imparano che è bene avere un obbiettivo

  • Se i bambini vivono con l’onestà, imparano a essere sinceri

  • Se i bambini vivono con la correttezza, imparano cos’è la giustizia

  • Se i bambini vivono con la gentilezza e la considerazione, imparano il rispetto

  • Se i bambini vivono con la sicurezza, imparano ad avere fiducia in se stessi e nel prossimo

  • Se i bambini vivono con la benevolenza, imparano che il mondo è un bel posto in cui vivere

  • Se i bambini vivono con la lode, imparano ad apprezzare

DIECI VALORI ATTUALI DA DONARE A UN FIGLIO

  • La prevedibilità

  • La collaborazione

  • L’ascolto

  • La benevolenza

  • La lentezza

  • La tranquillità

  • La memoria

  • L’accoglienza

  • Il coraggio

  • La solidarietà14

Non è sufficiente conoscere intellettualmente i valori per praticarli; è necessario sentirli, averli cioè assimilati così profondamente da farli diventare parte costitutiva della propria persona. In questo modo agiremo credendo in determinati valori, e i nostri figli, osservandoci e imitandoci, apprenderanno i valori in cui crediamo.

Letture consigliate

  • Deranja M.N., Educare con gioia: come educare i ragazzi di oggi a scoprire i veri valori della vita, Ananda Edizioni, Gualdo Tadino (PG), 2013.

  • Dorothy N., Harris, R., I bambini imparano quello che vivono, Fabbri, Milano, 2000.

  • Fabio R.A., Genitori positivi, figli forti. Come trasformare l’amore in educazione efficace, Erickson, Trento, 2003.

  • Ibarrola B., Gabán J., Storie per educare bambini felici, S. Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2012.

  • Lombardo P., Educare ai valori, Vita Nuova, Verona, 2007.


Attività 4a tappa – L’albero dei valori

Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano sempre due o tre.
Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino.

Enzo Biagi

Educare ad essere
Educare ad essere
Gino Soldera
Per diventare ciò che siamo.Una guida pratica per riconoscere e valorizzare i talenti del bambino e aiutarlo a costruire il proprio progetto personale di vita. Educare ad essere è un metodo originale che affronta la questione dell’educazione in modo radicale e globale, per rispondere alle complesse sfide poste dalla società. Riconosce al bambino un ruolo attivo e interattivo, l’esistenza di grandi potenzialità e di un proprio progetto di vita, che non può e non deve essere ignorato. Il libro di Gino Soldera offre strumenti semplici e pratici per comprendere la realtà meno conosciuta del bambino e i suoi molteplici bisogni, per costruire relazioni armoniose e un dialogo aperto e creativo, a beneficio della famiglia e dell’intera società. Educare ad esseredi Myriam Zarantonello, pediatraCredo siamo tutti coscienti che il tema dell’educazione sia un problema e un’urgenza nella nostra società.Questo testo di Soldera, Da Mar e Verticilo ci aiuta a riscoprire questo valore e a comprendere come rispondere a questa esigenza per sanare gli errori di una deriva culturale che antepone le cose delle persone. Gli autori auspicano un’altra “rivoluzione copernicana”: quella di porre al primo posto le esigenze interiori dell’essere umano fin da prima del concepimento.Chi siamo, come veniamo in questo mondo, perché, qual è il senso della nostra esistenza: è importante che queste e altre domande esistenziali guidino quando si sceglie di essere genitori, perché concepire e crescere un bambino è una grande responsabilità, alla quale ci si prepara con attenzione.Questo testo diventa particolarmente interessante per il pediatra, il quale, nei “bilanci di salute”, ha l’opportunità preziosa di incontrare più volte genitori e bambini. Spesso le domande sulle difficoltà più comuni, legate ai bisogni fisiologici come il pianto, il sonno, l’alimentazione, esprimono la difficoltà dell’adulto a dare risposte adeguate, a comprendere e vivere meglio la relazione con il bambino. Anche il pediatra può correre il rischio di limitarsi a rispondere con un farmaco, pensando di poter risolvere sbrigativamente i sintomi somatici, invece di considerarli sentinelle di disagi più profondi. È per questo che concetti importanti come struttura della psiche, progetto di vita, costruzione di valori, completano anche nel pediatra quella conoscenza del bambino che va oltre la fisicità, per coglierne l’interiorità, rispettando così l’unità e la complessità che caratterizza l’essere umano fin dall’inizio della sua vita.Buona lettura! Conosci l’autore Gino Soldera, psicologo e psicoterapeuta, insegna Psicologia ed Educazione Prenatale all’Università IUSVE di Mestre-Venezia, Psicoantropologia all’Accademia ConSè di Brescia e svolge l’attività di supervisore presso il Consultorio Familiare del CIF di Dolo (VE).È consigliere internazionale dell’APPPAH (Associazione Americana di Psicologia Prenatale Perinatale e Salute), membro del Comitato Scientifico della Scuola Italiana per la “Care in Perinatologia” e socio onorario dell’Associazione “Genitorialità”.Dirige la rivista Il Giornale Italiano di Psicologia e di Educazione Prenatale dell’ANPEP (Associazione Nazionale di Psicologia e di Educazione Prenatale), di cui è presidente.