capitolo ix

Mobilità sostenibile,
muoversi senza motore

Scendere e salire
correre e frenare
vado zigzagando
buche da evitare
suono il campanello
voglio superare
quando vado in bici mi sembra di volare.
Girando per le strade
sento tanti odori
mi tappo bocca e naso
puzzano i motori,
vado verso il parco
voglio respirare
con la bicicletta …. posso anche rallentare.

(Bicicletta, canzone di Paolo Agostini)

Che cos'è la mobilità sostenibile, perché ne abbiamo bisogno

Le strade di molte città, anche di piccole dimensioni, da anni ormai non sono più a misura d'uomo, e tantomeno a misura di bambino. Sono passate dall'essere luoghi di aggregazione, di incontro, di gioco, di esplorazione… a spazi inquinati, invasi dalle auto e congestionati dal traffico.


Provate a pensare a com'erano i quartieri in cui vivevate da bambini e, se avete la possibilità di farlo, ripassateci oggi provando a ripercorrere le stesse strade, così come facevate solo vent'anni fa, date un'occhiata alla mobilità urbana, allo spazio dedicato ai parcheggi e a quello dedicato alle persone e ai bambini, per camminare e andare in bicicletta, stare all'aperto. Nella maggior parte dei casi saranno quasi irriconoscibili, innanzitutto a causa della quantità di auto in circolazione e del traffico che esse provocano e, in seconda battuta, per la quantità di veicoli fermi, visto che alcune zone sono diventate dei parcheggi diffusi. Se vostro figlio sta iniziando a fare le prime pedalate vi farà sicuramente paura; se siete abituati a muovervi a piedi non sarete sempre rispettati. Non possiamo certo arrestare nostalgicamente l'evoluzione delle città, ma abbiamo il dovere di impegnarci per garantire ai nostri figli l'opportunità di vivere in quartieri ospitali e sicuri, in cui possano muoversi in autonomia. L'invasione delle auto non aiuta.


Se devo essere onesta, prima che nascessero le mie bimbe mi ponevo il problema in modo limitato: quando potevo mi muovevo in bicicletta perché mi è sempre piaciuto farlo e fin da ragazzina sono stata abituata a pensarla come mezzo praticissimo per gli spostamenti. Ma non lo facevo ragionando consapevolmente su quanto fosse rivoluzionario, fin da allora, muoversi senza motore, senza bruciare carburante, senza produrre emissioni, migliorando il proprio benessere e preservando la salute a colpi di pedale.


Tant'è che solo da poco, riflettendo su com'è cambiata la città in cui abito, mi trovo a rimpiangere il piacere di pedalare e camminare con una maggiore libertà, soprattutto pensando che l'autonomia e la possibilità di muoversi per i nostri bambini è radicalmente diversa da quella che abbiamo avuto noi.

Alla fine degli anni Novanta in Italia è stato introdotto, con scarsi risultati, il concetto di mobilità sostenibile attraverso un decreto che doveva intervenire su vari fronti per diminuire il traffico e l'inquinamento1. Gli interventi previsti dal decreto, poi demandati alle amministrazioni locali, spaziano dal trasporto pubblico locale alla creazione di corsie preferenziali per i mezzi e piste ciclabili, dalla gestione oculata dei parcheggi ai servizi di car e bike sharing fino all'introduzione dei mobility manager2.


Ma questo genere di interventi, se anche viene applicato, funziona alla grande solo se trova terreno fertile. Se le persone, i genitori prima di tutto, non hanno coscienza del valore di una mobilità più intelligente, oltre che più sostenibile, non lasceranno mai a casa l'auto e non penseranno mai ad un'alternativa comoda e funzionale per la propria famiglia.


C'è un video lungimirante, realizzato all'interno di un progetto dell'ambasciata britannica in Messico, che punta ad aumentare la consapevolezza dei costi sociali dell'uso dell'auto e dimostra come questi condizionino le nostre città3. Esso fa un ragionamento interessante:

  • Esistono due tipi di persone che utilizzano l'auto: l'automobilista quotidiano e l'automobilista ombra. Il primo usa l'auto a prescindere dai suoi costi e lo farebbe in ogni caso. Il secondo la usa solo quando gli conviene.

  • Se studiamo il traffico vedremo che si comporta esattamente come un gas: si adatta allo spazio che lo contiene e, indipendentemente dal volume del contenitore, le sue molecole occupano tutto lo spazio che hanno a disposizione.

Quando la rete stradale di una città cresce, con nuove strade, ponti, circonvallazioni, rotonde, crescerà anche il numero degli automobilisti ombra che prima non utilizzavano l'auto, proprio perché hanno convenienza a farlo.


Il costo sociale di questa crescita, nell'uso e nell'abuso delle automobili, ricade però su tutta la popolazione, non solo su chi usa l'auto, e in particolare sulle nuove generazioni, che si ritroveranno a respirare un'aria più inquinata, avranno più malattie da curare, una maggior occupazione dello spazio pubblico a causa di strade e parcheggi, più stress e più traffico con cui convivere.


Ancora una volta dobbiamo guardare con sospetto la pubblicità e gli incentivi ad acquistare automobili e pretendere dalle amministrazioni pubbliche una maggiore attenzione alla mobilità dolce, un'attenzione che comprenda interventi concreti che la valorizzino come soluzione, invece di considerarla come un grattacapo.


Quando accompagniamo i bambini a scuola, a piedi o in bicicletta, o quando passeggiamo con passeggini e carrozzine, assieme ai nostri figli, rappresentiamo la cosiddetta utenza debole che – come dicono gli esperti – dovrebbe diventare un elemento di moderazione del traffico e non costituire un problema da risolvere. E se provassimo quindi a considerarla davvero la soluzione al problema del traffico insostenibile nelle nostre città?


Fare in modo che più cittadini, in particolare i più giovani, possano muoversi senza motore, utilizzando solo la forza delle proprie gambe senza rischiare la pelle, è un obiettivo che dovremmo porci come genitori, ma anche come cittadini, amministratori, educatori. Un obiettivo da raggiungere in tempi umani, ispirandoci ai Paesi o alle città che hanno risolto i problemi del traffico e dell'inquinamento urbano, favorendo concretamente l'uso delle biciclette, creando strade ciclabili, investendo in sicurezza e ambiente. Anche l'uso dei mezzi pubblici, il car e il bike sharing rientrano in questa pratica che favorisce la condivisione, abbatte le emissioni, è economica per tutti e rientra nelle lungimiranti soluzioni di consumo collaborativo di cui abbiamo già parlato.


La mobilità dolce dovrebbe diventare un'esigenza irrinunciabile, il modo più semplice, naturale e immediato per spostarsi in città, in particolare quando dobbiamo percorrere tratte brevi che stanno sotto i tre o quattro chilometri.


Oltre a mantenerci in forma senza spendere in costosi abbonamenti per la palestra o cure dimagranti, spostandoci con la sola forza delle nostre gambe miglioreremo il nostro umore. Il movimento, specie di primo mattino, permette di vivere la giornata in modo più sereno, di avere maggiore concentrazione e lucidità mentale, di evitare lo stress del traffico e del parcheggio, e di risparmiare notevolmente.

Sì, perché usare (troppo) l'auto è un altro dei paradossi in cui ci siamo infilati negli ultimi decenni e lo fa il 70% di 13 milioni di pendolari italiani4, nonostante in città la velocità media si aggiri attorno ai 15 chilometri all'ora, velocità media facilmente raggiungibile in bicicletta. Non sto dicendo che l'auto non sia utile e comoda, ma che ce ne sono troppe in giro (e anche troppe per ogni famiglia) e che una parte considerevole dei nostri stipendi va a coprire le spese di acquisto, di manutenzione e di carburante.

Mantenere una semplice utilitaria ha un costo enorme: si spende fino al 20% di uno stipendio minimo. Forse varrebbe la pena considerare se tenere solo un'auto in famiglia, non fosse altro che per il notevole risparmio.


Se ci avviciniamo alla mobilità sostenibile ci rendiamo conto subito di quanto sia contagiosa: ci rende ottimisti e positivi, i bambini nel loro desiderio di emularci si divertiranno moltissimo e saranno felici di andare a scuola a piedi o pedalando, si ammaleranno di meno e cresceranno più sani… provare per credere.

Quando sveglio le mie bimbe annunciando loro che si va a scuola in bicicletta non stanno nella pelle: la soddisfazione di arrivare a destinazione pedalando è grandissima e la fatica, il gusto di arrivare alla meta, sono sensazioni che rimangono per la vita.


Provate a stare in pista: è facile creare epidemie positive di mobilità sostenibile. E condividere la strada è un simbolo potente.

Dare l'esempio: andare al lavoro a piedi…

I bambini ci osservano, ci emulano, chiedono. Se nella nostra famiglia la mamma o il papà, o entrambi, cambiano qualche abitudine, loro la notano subito. Si accorgeranno che papà esce col caschetto da bici per andare in ufficio, vedranno che la mamma ha i capelli un po' più spettinati o che, semplicemente, calza scarpe diverse. E poiché camminare e andare in bicicletta è bellissimo, vorranno – giustamente – farlo anche loro.


L'associazione britannica Living Streets5 ha lanciato qualche anno fa una campagna nazionale per sollecitare tutti gli inglesi in età lavorativa a raggiungere il proprio luogo di lavoro a piedi6. L'iniziativa, denominata “Walking works”, si prefigge di portare le persone sulle strade e di creare azioni di sensibilizzazione nei confronti delle amministrazioni locali, perché i pedoni siano considerati prima delle auto nel traffico. Living Streets cerca di mettere in rete i “camminatori”, anche attraverso iniziative periodiche, come le “walking works week”: chi partecipa si incontra, crea dei tragitti comuni per raggiungere il luogo di lavoro, segnala eventuali disagi lungo il percorso, come ad esempio la mancanza di marciapiedi o qualche danno all'asfalto. La campagna lancia alcune simpatiche sfide ai camminatori7:

  • fate la prima colazione e iniziate il vostro tragitto, percorrendone a piedi almeno una parte;

  • fate fluire le idee, lasciate spazio alla vostra creatività, parlate con altri “camminatori”;

  • dopo la pausa pranzo, fate un giretto nei dintorni;

  • passeggiate con gli amici per risvegliare le energie e vivere qualche momento di relax;

  • evitate di camminare nei momenti di maggiore traffico;

  • prendetevi del tempo per camminare.

Leggendo queste poche righe ci chiediamo inesorabilmente che senso ha prendere sempre l'auto o anche l'autobus o la metro e spendere tutto il tempo di spostamento imbottigliati nel traffico.


Quando ci si muove a piedi si ha un po' di tempo in più per chiacchierare e per tenersi per mano. Potrebbe già bastare. Vale il tempo speso, anche se camminiamo solo per metà del nostro percorso o meno.


Camminare fa bene ed è anche terapeutico, per la mente e per il corpo; è un'ottima attività di prevenzione che favorisce una buona salute. Per questo è legittimo chiedersi perché a livello globale non si punti su qualcosa di così economico ed efficace per il benessere e la salute delle persone come l'uso delle gambe: un grande investimento per combattere problemi di sovrappeso, obesità, malattie cardiovascolari. Living Streets ha calcolato, nel 2006, il costo economico per le malattie dei lavoratori britannici: si parla di 175 milioni di giorni lavorativi persi, pari ad un costo di 13,5 miliardi. I promotori di Living Streets sostengono che con 90 minuti di esercizio fisico quotidiano i giorni di malattia si dimezzerebbero.

…o in bicicletta

Sulla stessa lunghezza d'onda è l'attività svolta da un gruppo di cicloamatori romani che ha lanciato il “Bike To Work”, “Vado al lavoro in bici”.


Oltre a gestire molte attività di promozione della mobilità dolce in rete, per dare visibilità alle loro iniziative nel territorio della capitale, gli ideatori di Bike To Work hanno redatto una guida8 completa (e divertente!) sulle motivazioni che sono alla base di questa scelta, arricchita da testimonianze di persone che hanno provato a cambiare, a lasciare a casa l'auto per scoprire increduli che il tempo impiegato a percorrere una strada trafficata è sempre inferiore, che i benefici economici e fisici sono enormi, che con un po' di pratica il ritmo si prende facilmente.

Ecco cosa leggiamo sulle prime righe della guida:

Perché andare in bicicletta?

Utilizzare la bici è facile, conveniente, consente spostamenti door-to-door, è salutare, economico, ma soprattutto è divertente. Rispettando il codice della strada e utilizzando un caschetto da ciclista, gli spostamenti in bicicletta sono sicuri.


Potete andare veloci o andare lentamente; nel traffico cittadino, dove la velocità media non supera il 15 Km/h, una bicicletta si muove molto più velocemente e agilmente.


Se poi siete stanchi di stare nel traffico potrete sempre scegliere un percorso alternativo che magari attraversa un parco o una zona pedonale (cosa che non potete fare con l'auto o la moto!) ed arrivare a lavoro rilassati e soddisfatti.


Andare in bicicletta riduce l'inquinamento, il traffico sulle strade e i costi sostenuti per gli spostamenti (benzina, ticket parcheggio, ecc.) ed è una forma di rispetto per tutti, anche nei confronti di chi si muove solo in auto.


Inoltre pedalare rassoda i glutei, pedalare con costanza farà sparire quegli odiosi rotoli di ciccia e avrete gambe bellissime!

Pedalare è molto meno faticoso e più veloce che camminare o attendere i mezzi pubblici, inoltre le persone che vanno in bici regolarmente sanno esattamente quanto tempo impiegheranno per arrivare da A a B. Chi va in bici non risente dei rallentamenti del traffico o delle perdite di tempo per la ricerca del parcheggio.


Pedalare vi aprirà un mondo pieno di nuove esperienze. Ma attenzione: può dare dipendenza!

 

Certo vi sono anche molti buoni motivi per uscire in auto: quando piove o fa freddo si azzera qualsiasi difficoltà, soprattutto con i bambini, e ovviamente non si fa alcuna fatica.


Il timore di arrivare sudati, di spettinarsi ed essere impresentabili al lavoro, di non essere comodi a pedalare in giacca e cravatta o con un bel tacco non sono assolutamente insormontabili.


Qualche soluzione intelligente si può trovare.

Potete mettere una maglietta di ricambio in borsa (dove avrete anche la borraccia), o al limite tenere in ufficio dei vestiti per il giorno in cui andrete al lavoro in bicicletta. Poiché si conosce di preciso il tempo necessario per arrivare al lavoro, è sufficiente partire un po' prima e pedalare lentamente per non sudare e arrivare asciutti a destinazione.


Se il luogo di lavoro è lontano, si può optare per fare solo l'andata in bici e il ritorno coi mezzi e invertire a giorni alterni. Un'altra idea può essere quella di spargere la voce tra colleghi che provengono dalla stessa zona, per condividere l'auto, magari nei giorni di pioggia.

Dal triciclo al piedibus 

Indurre i bambini a fare i compiti, fare in modo che si vestano, facciano la doccia e la colazione in tempi non geologici a volte è un'impresa eroica, ma se diamo loro una bicicletta o, da piccolini, un triciclo, saremo sicuri che ci seguiranno ovunque.


Una soluzione ottimale per favorire l'equilibrio e permettere ai bambini di essere presto autonomi sulle due ruote è iniziare con la bicicletta senza pedali, anche prima dei due anni. Vengono dal nord Europa dove sono chiamate pre-bike (pre-bici), run-bike o balance-bike (bici da equilibrio), ma ormai anche in Italia sono diffusissime. Senza pedali e senza rotelle, sono una validissima alternativa al triciclo o alla classica bici da bimbo con le rotelline, che ha lo svantaggio di non dare alcuna sensazione sull'equilibrio. All'inizio i bambini si siedono in sella e non fanno altro se non camminare, spingendosi con le gambe. Appena si sentono più sicuri aumentano la velocità e in modo molto naturale imparano a stare in equilibrio, sollevando le gambe quando prendono velocità. Rispetto al triciclo o alla bicicletta con le rotelle c'è una maggior sicurezza, dovuta al fatto che in caso di pericolo o incontrando qualche ostacolo il bambino ha una maggiore capacità di gestire il mezzo e può facilmente mettere giù le gambe.


I bambini amano il movimento, anche i più reticenti, e andare in bicicletta è divertente, dà soddisfazione e piacere. Forse la stessa cosa non vale per la camminata: capita spesso di sentire genitori che devono trascinare i figli a fare passeggiate, più o meno impegnative, in città o anche in montagna.


La soluzione è indubbiamente la compagnia: una gita, un'escursione con altre famiglie ha tutto un altro sapore se camminando con altri bambini si inventano storie, raccontando di gnomi e folletti che si nascondono dietro gli alberi o che ci aspettano alla meta con qualche sorpresa. Interessare i bambini attraverso dei racconti e creare un clima divertente e fantasioso, sfruttando la loro curiosità, è il modo migliore per crescere piccoli camminatori entusiasti della montagna, della collina, della strada.


Non sarà sempre così facile ma posso garantire, per averlo provato, che in compagnia funziona alla perfezione. Così come funzionano i sassi brillanti, i bastoncini e il desiderio di arrivare alla meta. Se volete che i vostri bambini si alzino con più brio e voglia di prepararsi al mattino per andare a scuola, potete organizzarvi per creare un Piedibus.

Il Piedibus è un autobus che va a piedi, è formato da una carovana di bambini che vanno a scuola in gruppo, accompagnati da due adulti, un “autista” davanti e un “controllore” che chiude la fila.

Il Piedibus, come un vero autobus di linea, parte da un capolinea e seguendo un percorso stabilito raccoglie passeggeri alle “fermate” predisposte lungo il cammino, rispettando l'orario prefissato.

Il Piedibus viaggia col sole e con la pioggia e ciascuno indossa un gilet rifrangente. Lungo il percorso i bambini chiacchierano con i loro amici, imparano cose utili sulla sicurezza stradale e si guadagnano un po' di indipendenza.

Ogni Piedibus è diverso! Ciascuno si adatta alle esigenze dei bambini e dei genitori. Il Piedibus è una realtà in molti Paesi del mondo e inizia a diffondersi anche in Italia.

È il modo più sicuro, ecologico e divertente per andare e tornare da scuola. Il Piedibus può nascere in ogni scuola dove ci siano genitori disponibili.9

Se il traffico e l'inquinamento raggiungono livelli insostenibili, la soluzione più seria e rivoluzionaria per risolvere il problema non è quella di avviare grandi progetti di riorganizzazione della viabilità e costosi lavori per costruire nuove strade e nuovi parcheggi, ma di creare le condizioni perché le persone lascino a casa l'auto volentieri, con la consapevolezza che è una scelta migliore, più funzionale al benessere della propria famiglia e della propria città. Una di queste alternative è far andare i figli a scuola a piedi, come facevamo noi in un passato non troppo lontano.


Organizzare e gestire un piedibus non significa solo dare un po' di autonomia ai nostri figli, ridurre il traffico e l'inquinamento: è una soluzione che favorisce le relazioni tra le famiglie, che trovano un'occasione concreta per collaborare, fare rete, con l'obiettivo comune di migliorare la qualità della vita attraverso una quotidianità più semplice e sostenibile. Al tempo stesso i bambini hanno la grande opportunità di legare tra loro, anche se appartengono a classi diverse e, inoltre, potranno conoscere un po' meglio i genitori accompagnatori oppure, in qualche situazione, anche nonni o zii che si offrono a fare da “autisti”. Un nuovo modo di riscoprire la genitorialità diffusa, per creare relazioni tra persone di diverse generazioni, per fare strada insieme con un obiettivo comune.


Il diritto che ogni bambino ha di arrivare fin davanti alla sua scuola a piedi o in bicicletta è lo stesso che ha qualunque insegnante o alunno di arrivarci in automobile o in autobus: le strade, la città sono di tutti.

Sul sito ci sono moltissimi documenti10 di grande utilità che aiutano i genitori interessati ad attivare un piedibus e in particolare una guida che affronta tutti i passi da fare, dall'indagine preliminare per verificarne la fattibilità, allo studio e verifica dell'itinerario, al piano degli accompagnatori fino alla lettera di adesione e alla verifica finale. È disponibile anche un vademecum per gli accompagnatori e alcuni documenti rivolti espressamente alle attività da svolgere con i bambini sul tema della sostenibilità. La chiave di tutto è nella disponibilità da parte dei genitori di organizzare e gestire il piedibus, in collaborazione con la scuola. È importante anche che le amministrazioni comunali ne comprendano il valore e che investano sul piedibus, pensando anche che i costi di un'attività di questo tipo sono minimi, a differenza di quando si investe sulla costruzione di rotatorie, parcheggi e altro.

Trasportare i bambini in bicicletta: seggiolino, rimorchio, cammellino

Muoversi in bicicletta con un bambino piccolo è molto piacevole, ma va sempre installato il seggiolino, come previsto dal codice della strada11, e andrebbe indossato il casco, da adulti e bambini, anche se non è obbligatorio per legge.

Dal 2005 è in vigore la normativa europea EN 14344, che offre indicazioni sul trasporto dei bambini in bicicletta.


Il bambino fino agli 8 anni di età può essere trasportato su un velocipede da un ciclista maggiorenne. I seggiolini devono riportare specifiche sigle, in base al peso del bambino e alla posizione sulla bicicletta in cui si possono montare:

  • A 15: seggiolini posteriori per bambini che pesano da 9 a 15 kg

  • A 22: seggiolini posteriori per bambini che pesano da 9 a 22 kg

  • C 15: seggiolini anteriori per bambini che pesano da 9 a 15 kg (oltre questo peso occorre posizionarli dietro)

L'età indicata per iniziare è 9 mesi ed è fondamentale che il bambino sia in grado di stare seduto da solo.


I seggiolini non devono rendere possibile il contatto tra i piedi del bimbo e le ruote della bicicletta, attraverso i poggiapiedi. Devono avere inoltre cinghie di sicurezza regolabili e facili da allacciare, meglio se con una doppia apertura contemporanea che renda impossibile, per il bambino, sganciarsi da solo.


Se fissato davanti al ciclista, il seggiolino deve essere applicato al telaio della bici e non al manubrio. Sul retro invece può essere fissato sia sul telaio che sul portapacchi. Tuttavia lo svantaggio del posizionamento sul portapacchi è che il seggiolino non è minimamente ammortizzato e il bambino subisce maggiori contraccolpi.


Il codice della strada vieta il trasporto di due bambini su un'unica bicicletta, installando ad esempio un seggiolino davanti e uno dietro e in effetti è molto pericoloso.

Una delle soluzioni possibili è quella di utilizzare un carrello, cioè un rimorchio porta bimbo. I carrellini, molto diffusi nel nord Europa dove la mobilità in bicicletta è all'avanguardia, stanno trovando una buona diffusione anche in Italia anche se è indubbio che la mancanza di strade o piste ciclabili ne renda difficile l'utilizzo o lo limiti a coloro che vivono in alcune lungimiranti città. Il codice comunque ne prevede l'uso per trasportare uno o due bambini12 che devono comunque viaggiare legati con le cinture di sicurezza.


Alcuni modelli di carrello si sganciano facilmente e si trasformano in comodi passeggini singoli o doppi, altri sono dotati anche di un ampio vano porta oggetti, altri permettono di trasportare anche neonati non ancora in grado di stare seduti che vengono posizionati come in auto, in un seggiolino apposito con le cinture di sicurezza.


Personalmente ho provato ad utilizzare il carrello e lo considero una soluzione ideale per percorrere strade ciclabili o ampie piste, mentre su strade strette e molto trafficate non mi sento molto sicura, anche perché i bambini sono in una posizione più bassa e quindi meno visibili dalle auto, per quanto il carrello sia ben segnalato con un'asta dotata di bandierina e stringhe rifrangenti. Ci sono modelli che superano questo problema: si tratta di biciclette con un rimorchio anteriore integrato, ma non sono di facile reperibilità e hanno costi più impegnativi.


Queste difficoltà si potrebbero superare molto facilmente nella maniera più semplice e banale: il rispetto dei limiti di velocità da parte di tutti, anche di chi viaggia in auto, ha fretta e ha davanti a sé un rettilineo. Le amministrazioni e gli organi di pubblica sicurezza hanno il dovere di far rispettare queste norme: se nei centri urbani tutti i veicoli si muovessero realmente a una velocità inferiore ai 50 Km orari, non ci sarebbero problemi di visibilità e anche i genitori che trainano un carrello potrebbero circolare in sicurezza, visto che hanno diritto di farlo!

Uso del seggiolino

- Vantaggi:

  • spostamenti semplici e veloci nel traffico;

  • compattezza;

  • costo limitato.

 

- Svantaggi

  • si può portare solo un bimbo;

  • per lunghe percorrenze può risultare un po' scomodo per il bambino;

  • più difficile mantenere l'equilibrio quando il bimbo si muove un po' (attenzione a non lasciare mai la bici incustodita, nemmeno per un istante!)

  • in caso di caduta o incidente sia il ciclista che il passeggero si possono fare male;

  • portare un bimbo con il seggiolino rende molto difficoltoso e pericoloso caricare la bici con altri pesi (ad esempio la spesa) perché si riduce la stabilità.

Uso del carrello

- Vantaggi:

  • si possono portare fino a due bambini;

  • i bimbi sono molto più protetti in caso di freddo, pioggia, sole, insetti, grazie alla copertura e alla zanzariera: per questo può diventare un mezzo per muoversi in ogni stagione;

  • maggiore comodità per il bimbo che può dormire comodamente e anche giocare o parlare con il fratellino;

  • in caso di caduta della bici il carrello rimane stabile;

  • In caso di incidente, se il carrello si ribalta, i rischi sono inferiori rispetto al seggiolino: i bimbi sul carrello viaggiano con casco e legati con la cintura, e l'intelaiatura in metallo del carrello deve essere pure considerata una protezione;

  • può essere utilizzato per trasportare molte cose: i carrelli hanno un vano porta oggetti, ad esempio per la spesa.

 

- Svantaggi

  • è più costoso;

  • è un po' più pesante da trasportare13.

L'ADAC14 ha confrontato entrambi i sistemi in relazione alla sicurezza, alla facilità d'impiego, al comportamento nel traffico e al confort e ha realizzato un crash test con risultati tutt'altro che scontati:

In merito alla sicurezza il rimorchio è un po' in vantaggio, soprattutto per la sicurezza quotidiana, perché non si ribalta così facilmente.
Una bicicletta con un bambino nel seggiolino non può essere lasciata per nessun motivo incustodita, poiché può cadere in qualsiasi momento e il bambino può ferirsi gravemente.
Chi fa molte gite o viaggia per lunghi percorsi è probabilmente servito meglio con un rimorchio che offre un maggiore confort: il bambino può dormire, può portare dei giocattoli e quindi magari annoiarsi meno.
Chi si muove di più in città, con strade strette e a doppio senso di marcia, con la presenza di altri ciclisti, è sicuramente servito meglio dal seggiolino, poiché più agile; l'utilizzo è migliore; il comportamento di guida è più semplice.
In entrambi i casi si dovrebbe prima fare un po' di pratica, poiché è un tipo di guida differente, sia con un bambino nel seggiolino, sia con un rimorchio ingombrante dietro15.

Il “cammellino” o trail-gator è un'ultima soluzione interessante per trasportare un bambino un po' più grande, a partire dai quattro anni circa, quando non è ancora autonomo sulle strade ma è in grado di stare in sella e pedalare. Si tratta di un tubo speciale che permette di attaccare la bici dell'adulto a quella del bambino, tenendo sollevata la sua ruota anteriore. Questo gli permette di pedalare o anche di riposarsi e al tempo stesso di essere guidato, in particolare lungo tratte più pericolose o semplicemente per fare percorsi lunghi sui quali si stancherebbe. È un accessorio usato soprattutto dagli appassionati di cicloturismo ed è apprezzato da molte famiglie anche in città, ma meno versatile per un uso quotidiano.

Consumo collaborativo e mobilità: car sharing, car pooling, jungo

Mobilità sostenibile non significa solo muoversi senza motore, anche se io ritengo che sia l'obiettivo più ambizioso e importante a cui tendere, per gli spostamenti quotidiani, tutte le volte che è possibile. Esiste un florido mercato di auto elettriche e ibride che sicuramente hanno una valenza, ma io continuo a pensare che la differenza possiamo farla diminuendo l'uso di tutte le auto, condividendole e rallentando.


Il consumo collaborativo per quanto riguarda i mezzi di trasporto è ancora lento a entrare nelle nostre abitudini. Riflettendo in particolare sul costo per l'acquisto e la manutenzione di un'auto risulta davvero conveniente cercare soluzioni che, pur comportando un po' di organizzazione, possono diventare proficue per più nuclei familiari o addirittura per un'intera comunità.


Pensiamo ad esempio ai condomini, a chi vive nella stessa via e ha esigenze molto simili o così diverse che possano portare a poter condividere un mezzo, senza problemi di sovrapposizione. Ma chi lo fa? Chi riesce a lasciarsi alle spalle il senso di possesso dell'auto, così simbolica per la famiglia?


Servono a tutte le famiglie due auto? Nelle piccole città, poco servite dai mezzi pubblici, quasi tutte le famiglie hanno due auto: una la usa il papà, che lavora fuori, l'altra la mamma per gli spostamenti quotidiani con i bambini. Forse non sarà una soluzione universale, che tutti possono adottare, ma se un componente della famiglia, quello che si muove più agilmente, si organizza in modo da muoversi a piedi o con mezzi pubblici, si risparmia moltissimo; così come se si condivide un'auto tra vicini di casa, con esigenze e orari diversi.

Car sharing

Il car sharing è il servizio che cerca di favorire il passaggio dal “possesso” all'“uso” dell'auto, permettendo alle persone di non averne una di proprietà senza rinunciare a spostarsi. In genere è curato da aziende private che gestiscono una flotta di automobili dislocate in diversi parcheggi della città o anche altrove. Gli utenti si iscrivono al servizio e quando serve loro l'auto la prenotano con un piccolo anticipo. La spesa comprende una quota annuale e quelle relative ai consumi, anche in base alla fascia oraria e al giorno di richiesta. In questo modo i costi fissi sono spalmati sugli utenti che utilizzano il servizio, le auto diminuiscono e chi utilizza il car sharing ha moltissimi benefici e vantaggi, come la possibilità di percorrere le strade riservate ai taxi e agli autobus, agevolazioni per i parcheggi (come la sosta gratuita in centro) o la possibilità di accedere alla zona a traffico limitato.


Il car sharing è presente in molte città medio-grandi ma non trova ancora una diffusione capillare, in particolare nei piccoli centri.

Il car pooling16

Il car pooling è invece fondato sulla condivisione di un'auto privata tra più persone, che mettono a disposizione il proprio veicolo o contribuiscono a coprire le spese di chi offre l'auto. Dopo la registrazione al servizio online si può cercare un passaggio o inserire il proprio viaggio. Già molto diffuso nei paesi del Nord Europa e degli Stati Uniti il car pooling è una pratica che in Italia si sta facendo conoscere anche grazie alle numerose piattaforme web che consentono a chi cerca e a chi offre un passaggio di incontrarsi e definire al meglio i dettagli organizzativi del viaggio, che sia esso di natura occasionale o continuata, anche per lunghe percorrenze. Si tratta, in un certo senso, di un autostop organizzato, che si basa sulla reciproca fiducia e che ha messo in atto un sistema per evitare delusioni, inutili attese, promesse non mantenute. L'impegno preso è confermato da un biglietto elettronico, le informazioni di contatto sono autenticate dal sistema, l'autista e il passeggero dopo il viaggio lasciano una valutazione reciproca che testimonia l'affidabilità di entrambi.

Road sharing17

È un altro servizio di car pooling che invita gli utenti a una riflessione: 

Quanti sono coloro che, vuoi per motivi di lavoro, di studio o altro, si spostano in continuazione soli in auto, spesso anche più di una volta nella settimana? Sicuramente moltissimi… RoadSharing.com è un modo facile per trovare compagni di viaggio, è un punto di incontro fra chi cerca e chi offre passaggi auto per risparmiare, inquinare meno e fare nuove amicizie!18

Jungo19

Per spostarsi in città invece si può adottare Jungo, ideato dall'italiano Enrico Gorini. Questo sistema, che sta a metà tra il car sharing e l'autostop, funziona in modo molto semplice: ci si iscrive all'associazione con 15 euro annui e si diventa jungonauta (e jungonatore), ricevendo una tessera d'identità che serve sia per dare passaggi che per riceverne, come strumento di riconoscimento reciproco e condivisione delle stesse regole. Per cercare un passaggio ci si posiziona in strada esibendo la tessera, come si fa con il dito all'insù per il classico autostop. Chi chiede il passaggio paga venti centesimi fissi più dieci per ogni chilometro a chi lo offre. Attraverso un sistema gestito a monte Jungo filtra ed esclude dal sistema coloro che hano precedenti penali.


Jungo, a differenza degli altri sistemi, punta sull'immediatezza e sulla velocità, perfetti soprattutto in città.


Nella “dottrina Jungo”, il traffico stradale è semplicemente una rete di “nastri trasportatori”, costituiti dai sedili vuoti delle autovetture viaggianti.


Dal punto di vista del nastro trasportatore, le automobili hanno un'efficienza del 24%: ogni auto trasporta in media 1,2 persone. Significa che si potrebbe far muovere lo stesso numero di persone con un quarto di spesa e un quarto di inquinamento. Con meno auto, il tempo medio di spostamento in città potrebbe diventare 3-4 volte inferiore all'attuale20.

Si tratta del più grande spreco energetico della storia! Inutile, evitabile. Se raddoppiasse il tasso di riempimento delle autovetture, ogni anno gli italiani si arricchirebbero senza sforzo di circa 5 miliardi di euro (guadagno reale: il dato è sterilizzato dalle accise!): poco meno dell'intero bilancio della giustizia italiana. Senza contare l'incommensurabile beneficio ambientale, e senza contare l'enorme riduzione di spesa sanitaria (legata alla riduzione dei fattori di rischio polmonari e all'infortunistica).


Da questo punto di vista, i posti auto vuoti sono una enorme risorsa, clamorosamente sottoutilizzata e facilmente accessibile.


In molte città, è disponibile il servizio di bike sharing, ormai diffuso capillarmente, un servizio che prevede l'utilizzo delle biciclette condivise per i viaggi di prossimità, anche laddove il mezzo pubblico non arriva o non può arrivare.

Mobilità e sicurezza: muoversi con i bambini senza farsi investire

Uno degli aspetti che frena di più i genitori a muoversi con i bambini a piedi e soprattutto in bicicletta è la paura. Paura delle auto che spesso non rispettano i limiti di velocità nemmeno nelle aree abitate, paura degli incroci pericolosi, delle carreggiate troppo strette, dei marciapiedi occupati dalle auto in sosta. È una paura legittima, visto lo stato in cui versano le strade e le città italiane, ed è profondamente ingiusta, frutto di una politica miope che non rispetta tutti i cittadini allo stesso modo. Non è giusto che i diritti dei pedoni e dei ciclisti siano calpestati a favore di quelli di chi guida l'auto o di chi la parcheggia selvaggiamente. In genere le biciclette sono considerate un problema da risolvere, più che parte della soluzione al traffico congestionato, e la costruzione di rotonde per lo scorrimento veloce è sempre prioritaria rispetto alla costruzione di piste o strade ciclabili.


L'appello alle amministrazioni locali è quindi importante e fondamentale, attraverso opportune segnalazioni, richieste, proposte e soprattutto sostenendo concretamente chi porta avanti soluzioni sostenibili per le nostre città e dimostra di attuarle.


Non è corretto pedalare sui marciapiedi, ma in alcune zone è realmente l'unica soluzione attuabile con dei bambini, pur con mille attenzioni. Ci si trova obbligati molto spesso a scendere per attraversare perché le rotonde in bicicletta con bambini sono pericolose.


A piedi, salvo in alcune zone impraticabili, è consigliato camminare sempre sui marciapiedi e non avventurarsi su strade che non li hanno, specie se il nostro bimbo è sul passeggino. Nei punti pericolosi è meglio tenere i bimbi in braccio o su un supporto come la fascia o il marsupio.


Per non farsi investire in bicicletta invece vanno seguite alcune regole fondamentali, dettate dal Codice della Strada ma anche dal comune buon senso e vanno insegnate ai bambini, abituandoli giorno per giorno, offrendo spunti quotidiani sui rischi che si corrono, insegnando loro a prevenirli.


Innanzitutto ci si deve dotare di caschetto, fanale anteriore e posteriore, campanello molto squillante, specchietto retrovisore e casacca rifrangente. Altri segnali rifrangenti vanno posizionati sulla bicicletta, in particolare sul seggiolino posteriore o sul carrello; meglio se di sera aggiungiamo anche delle luci intermittenti, in aggiunta a quelle fisse. Sulle biciclette da bambini può essere utile un'asta con una bandierina da attaccare al portapacchi in modo che le auto la vedano meglio. Non preoccupiamoci di sembrare un albero di Natale!


In generale con o senza bambini al seguito è opportuno scegliere percorsi alternativi e meno trafficati, anche se leggermente più lunghi, come strade secondarie oppure scorciatoie attraverso i parchi ove possibile. In Italia laddove c'è una pista ciclabile siamo obbligati a utilizzarla.

È opportuno rendersi sempre ben visibili, soprattutto se capita di viaggiare con il buio, cercando il contatto con gli occhi di chi è in auto, e richiamando la sua attenzione. Le collisioni con le auto avvengono di solito in situazioni che si possono verificare frequentemente, purtroppo: l'auto che esce da un parcheggio o da una strada secondaria e non vede il ciclista, l'automobilista che apre la porta proprio mentre arriva la bicicletta, l'auto che svolta a destra o che, ferma al semaforo, non vede la bici. Dobbiamo cercare di essere visibili e prevedibili e quindi non salire e scendere di continuo dai marciapiedi, non andare contro mano, non andare a zig zag tra le auto, non giocare a rincorrersi o fare a gara sulle strade, nemmeno se poco trafficate. È sempre opportuno stare alla larga da autobus e furgoni perché possono non vederci. Se ci affiancano, anche nei pressi di un semaforo, dobbiamo rallentare e farci superare o, se siamo in sosta, fare in modo che ci vedano. Usiamo il campanello, spesso e volentieri, non solo per salutare gli amici. Non portiamo troppo peso: se andiamo a fare la spesa e non abbiamo un rimorchio limitiamoci all'essenziale, soprattutto se trasportiamo anche un bambino21.


Nel febbraio 2012, grazie all'inziativa lanciata da Times Cyclesafe, Cities fit for cyclists22 con un manifesto di otto punti, è nato in Italia un movimento spontaneo che ha preso il nome di #salvaiciclisti23, denominato con l'hashtag (#), che viene utilizzato su Twitter per divulgarne le attività e segnalarne le iniziative.


Questo movimento si sta attivando in modo concreto ed efficace e chiede alla politica interventi mirati per aumentare la sicurezza dei ciclisti sulle strade italiane, sulle quali negli ultimi dieci anni ne sono morti 2.556.


La campagna di #salvaiciclisti è stata sposata da molti giornali e appoggiata da numerosi blogger e gli otto punti si sono trasformati in un disegno di legge sottoscritto da parlamentari di tutte le forze politiche.


Credo che ogni genitore non possa che essere felice e speranzoso che nella propria città vengano attuati e rispettati i punti del manifesto24. Dopo poche settimane dal lancio della campagna, i blogger italiani hanno lanciato l'iniziativa “Caro Sindaco”, una lettera con cui si chiede l'implementazione a livello locale di dieci punti per favorire la ciclabilità e la sicurezza dei ciclisti nelle città italiane. Un segnale forte che dimostra l'insofferenza generale da parte della cittadinanza e l'esigenza sentita e condivisa di cambiare lo stato dell'arte in Italia, ispirandosi alle città ciclabili del Nord Europa dove la mobilità dolce ha tutto un altro stile.

  1. Garantire l'applicazione a livello locale degli 8 punti del Manifesto del Times per le aree di competenza comunale.

  2. Formulare le opportune strategie per incrementare almeno del 5% annuo gli spostamenti urbani in bicicletta nei giorni feriali.

  3. Contrastare il fenomeno del parcheggio selvaggio (sulle strisce pedonali, in doppia fila, in prossimità di curve ed incroci, sulle piste ciclabili).

  4. Far rispettare i limiti di velocità stabiliti per legge e istituire da subito delle “Zone 30” e “zone residenziali” nelle aree con alta concentrazione di pedoni e ciclisti.

  5. Realizzare, qualora mancante, un Piano Quadro sulla Ciclabilità o Bici Plan.

  6. Monitorare e ridisegnare i tratti più pericolosi della città per la viabilità ciclistica di comune accordo con le associazioni locali.

  7. Redigere annualmente un documento pubblico sullo stato dell'arte nel proprio comune di competenza della viabilità ciclabile indicando i risultati dell'anno appena trascorso e gli obiettivi futuri.

  8. Dotare ogni strada di nuova costruzione o sottoposta ad interventi di manutenzione straordinaria di un percorso ciclabile che garantisca il pieno confort del ciclista.

  9. Promuovere una campagna di comunicazione per sensibilizzare tutti gli utenti della strada sulle tematiche della sicurezza.

  10. Dare il buon esempio recandosi al lavoro in bicicletta per infondere fiducia nei cittadini e per monitorare personalmente lo stato della ciclabilità nella propria città.

Un grande punto di riferimento per chi sceglie, o vorrebbe scegliere, la bicicletta è la Fiab, unica associazione nazionale dei ciclisti urbani e dei cicloescursionisti. La Fiab è una Onlus che raccoglie 15.000 soci di 130 associazioni e che sostiene e promuove l'utilizzo della bicicletta con numerose iniziative che mirano a sensibilizzare le istituzioni e coinvolgere le famiglie: opera per creare un ambiente a misura di persona, vivibile, attraente, sicuro, sostenibile e sano attraverso lo sviluppo diffuso della ciclabilità intesa come risorsa per il territorio e per le città.


Se nella nostra famiglia entra una buona dose di senso civico e la volontà di pretendere anche attraverso azioni di progettazione partecipata una mobilità differente, forse i nostri bambini ne trarranno beneficio.

Testimonianza:

scegliere il proprio percorso
Renzo è un cittadino impegnato, papà di quattro bambini, ciclista appassionato ed esperto di mobilità sostenibile. Il suo impegno per una città più ciclabile si è concretizzato, oltre che con la testimonianza personale, anche attraverso la creazione del piedibus nella scuola dei suoi bambini e di un gruppo informale che nella sua città opera per sensibilizzare le persone e per contribuire alla realizzazione del Bici Plan cittadino, con osservazioni da parte di chi la bicicletta la usa davvero. Il suo è un percorso quotidiano fatto di esperienza e condivisione.

Non so dire da dove sia partita la mia passione per la mobilità sostenibile e in particolare per la bicicletta. Di certo scaturisce da un'educazione alla sobrietà, alla capacità di accontentarsi e gioire di ciò che si ha, senza desiderare molto altro. L'esigenza di muovermi in bicicletta la sento davvero come personale e intima e provo persino un certo senso di colpa a usare l'automobile perché vivo costantemente nel desiderio di fare il più possibile e sento lo stimolo a comportarmi di conseguenza. È indubbio che ognuno di noi vive esperienze differenti e il mio è un percorso tutto personale che cerco di condividere con la mia famiglia: i miei bambini mi seguono in questo percorso e mi danno soddisfazione, ma so già che con l'adolescenza arriverà il momento in cui dovrò affrontare le richieste del motorino e mi attrezzerò di conseguenza!


Al momento in famiglia abbiamo un'auto ma mi piacerebbe dimostrare che si può stare anche senza, anche solo mettendo in comune i mezzi di trasporto, ad esempio tra amici o vicini di casa. Mi chiedo sempre se fare il passo con qualche amico o vicino di casa: il contributo economico che io potrei offrire per l'uso limitato che faccio dell'auto basterebbe per pagare l'intera assicurazione!

Il fatto è che viviamo in un delirio assurdo in cui le abitudini che abbiamo e la nostra percezione della realtà sono lontane dalla logica e dalle reali esigenze di vita, al punto che siamo attratti da stupidaggini e abbiamo difficoltà a condividere, per esempio, le nostre auto. L'automobile di famiglia “deve” essere sempre a disposizione, rappresenta il nucleo familiare, non averla è sinonimo di mancanza di libertà e prestarla risulta inconcepibile. Secondo me queste sono costruzioni mentali che non tengono conto del motivo per cui abbiamo l'auto e che in fondo è molto banale.

Nel mio piccolo ho cercato di fare qualcosa: ho istituito il piedibus nella scuola frequentata dai miei bambini coinvolgendo altri genitori, mi sono iscritto alla Fiab25, ho coinvolto molte persone in un progetto che cerca di sensibilizzare la cittadinanza e l'amministrazione su questi temi.

La bicicletta viene quasi sempre categorizzata come mezzo alternativo, mentre dovremmo pensarla come mezzo del futuro per la mobilità urbana, ragionando con l'unità di misura dei secoli, non dei decenni, cercando di guardare davvero al futuro. Le auto oggi condizionano tutto e ipotecano le nostre città, tutto è pensato per le auto: parcheggi, strade a scorrimento veloce, autostrade. Dovremmo invece pensare alle evidenze che emergono dai cambiamenti climatici, dall'esaurimento delle risorse, dalla crisi economica: noi genitori abbiamo il dovere di farlo! Non possiamo associare tutto al modello di sviluppo che ci sta portando alla rovina.


Io uso sempre la bicicletta e già da tempo a causa della crisi mi sono reso conto che le auto, almeno nella mia città, sono un po' diminuite: la gente si sposta meno, cerca di risparmiare sui carburanti. Forse le necessità contingenti sono arrivate al momento giusto.


Tutti al giorno d'oggi offrono ricette per una vita sana: alimentazione e attività fisica sono al centro di dibattiti e conferenze. Usando la bicicletta ho migliorato il mio grado di salute oggettiva (valori del sangue, peso corporeo), ma anche a livello soggettivo posso dire di raggiungere un grande benessere: per me è un piacere e credo che si possa sperimentare solo vivendolo. Ringrazio la vita perché ho la possibilità di farlo, spero di continuare a stare bene fisicamente per potermi muovere senza motori e cerco di costruirmi un futuro di longevità.


Fare un uso quasi esclusivo della bicicletta mi porta a uno stile di consumo differente: frequento solo i negozi di prossimità o produttori che si trovano a distanze ragionevoli, vado a fare la spesa con i bambini e carico tutto sul mio carrello: ho la consapevolezza che in questo modo oltre a diminuire il traffico sostengo l'economia locale, i piccoli negozianti di quartiere con cui ormai ho un rapporto personale. Credo che questo sia un veicolo di cambiamento che ci mette in relazione tra cittadini come succedeva una volta, e ci allontana dallo stile impersonale dei grandi centri commerciali, situati spesso fuori dai centri abitati e pensati solo per chi arriva in auto. No, io preferisco uno stile più lento, dove arrivo con la forza delle mie gambe. I miei bambini lo vivono anche negli spostamenti in cui loro stessi sono protagonisti, ad esempio andando a scuola con il piedibus. Anche le attività extrascolastiche i miei bimbi le svologono in zona (sport, musica), possono così essere più autonomi e tutto ciò è più semplice anche per noi genitori!


In questo modo cambia il punto di vista sulle cose, ci si accontenta, ma al tempo stesso si riscoprono relazioni e opportunità che fanno crescere l'intera famiglia e passo passo la comunità a cui si appartiene.


Viviamo in una grande contraddizione: tutti noi difendiamo a parole i diritti dei bambini, il diritto alla salute, al gioco, al benessere. I pediatri ci invitano a condurre una vita sana, a educarli al benessere e sostengono le loro teorie attraverso studi scientifici. Poi però castriamo questi propositi con mancanze assurde, ad esempio la cronica assenza di strade ciclabili o di marciapiedi e percorsi dedicati, impedendo ai bambini di esercitare alcuni di questi diritti. Di queste contraddizioni ti rendi conto di più quando sei in sella o a piedi.


Dal mio umile punto di vista mi sono reso conto che chi progetta la mobilità urbana non è un ciclista; per questo ho costituito un gruppo informale, guidato dalla Fiab con competenza e disponibilità, che si è impegnato nella progettazione partecipata del Bici Plan della mia città: non abbiamo colore politico, non apparteniamo a nessuna associazione, vogliamo solo che muoversi in bicicletta con le proprie famiglie sia possibile per tutti. Credo che questo sia un modo di fare politica in modo autentico, con proposte che fanno incontrare la gente, che offrono l'opportunità di parlare un linguaggio comune in una babele sociale costruita negli anni.


Tutti i giorni incontro una grande quantità di automobilisti che viaggiano da soli e che fanno tragitti brevi: sono il 75% degli automobilisti della mia città! Ed è incredibile pensare come, da un giorno all'altro, come per magia, potrebbero sparire il 75% delle auto in circolazione, se solo avessimo più consapevolezza, più voglia di cambiare. Io ne sono convinto: l'auto più ecologia è quella che lasciamo a casa!


Questi temi su cui mi sono impegnato derivano anche dal fatto che in questo campo sono diventato nel tempo una persona credibile, vivo questi temi con coerenza, gli altri genitori lo hanno constatato e in molti hanno condiviso questo impegno, ci siamo messi sulla stessa lunghezza d'onda, per vivere stili di vita più sostenibili e insegnarli ai nostri bambini. L'ingrediente segreto è l'entusiasmo ed è davvero contagioso, il cambiamento sociale è come un'epidemia!

Eco-famiglie
Eco-famiglie
Elisa Artuso
Riflessioni, esperienze, idee per una maggiore consapevolezza e un orientamento più sostenibile.Suggerimenti e proposte concrete per essere più ecologici e per insegnare ai nostri figli il valore dell’eco-sostenibilità. Eco-famiglie di Elisa Artuso raccoglie proposte concrete per essere più ecologici senza spendere una follia, per ridurre i consumi inutili e per insegnare ai bambini il valore dell’eco-sostenibilità, consigli pratici per organizzare gli acquisti, ricette di autoproduzione, proposte creative per giocare, andare in vacanza e gestire i rifiuti. Ogni capitolo è corredato da testimonianze di chi sta sperimentando un’ecologia nuova e concreta, senza estremismi: il vero cambiamento parte dalle piccole cose, se si pensa solo in grande si rischia di non iniziare mai.Un cambiamento concreto che ci consenta di consegnare alle generazioni future un ambiente salutare e pulito non è solo necessario, ma improcrastinabile, e può avvenire solo se le famiglie imparano a costruire relazioni virtuose tra di loro, che aiutino a modificare gradualmente le abitudini all’insegna del consumo critico e responsabile, della mobilità sostenibile, di un nuovo modo di vedere la pulizia e la propria cura personale, di costruire le nostre case e di gestire il nostro denaro. Conosci l’autore Elisa Artuso, libera professionista e blogger, si occupa di comunicazione digitale e scrive di ambiente ed infanzia.È socia fondatrice di un gruppo d’acquisto solidale e autrice di Mestiere di mamma, un blog-magazine per famiglie amiche dell’ambiente. Vive a Bassano del Grappa.