seconda parte - v

Momenti speciali

Per essere davvero vicini a un bambino dovete trovare il tempo di stare unicamente in quel mondo con lui.

Manitonquat

Ho messo il capitolo sul “gioco” verso l’inizio del libro perché descrive atteggiamenti e strumenti che sono i più importanti anche in relazione agli altri argomenti di cui parleremo. Questo capitolo lo segue per descrivere il grande dono che possiamo fare ai nostri figli e a noi stessi. Prima si devono assimilare i princìpi del gioco, che danno una sensazione di potere ai più giovani e li fanno divertire nel ruolo privilegiato del leader, che poi è anche il segreto della magia dei “momenti speciali”.


I momenti speciali sono il dono più grande che possiamo fare a un bambino, doniamo infatti ciò che possediamo di più prezioso: noi stessi. Lo facciamo troppo di rado e di solito in modo incompleto. Inoltre doniamo ai bambini anche se stessi. Tanta della loro esperienza di vita in un mondo dominato dagli adulti è forgiata sulle nostre aspettative e richieste relative a come dovrebbero comportarsi. E, in fin dei conti, su come dovrebbero essere. I messaggi che ci inviano, nel loro linguaggio che non ci appartiene, sono spesso disattesi, poco considerati o compresi.


Come ho già detto, il loro è il mondo del gioco, giocando conoscono l’ambiente nel quale si trovano, danno un ruolo a noi adulti in questo ambiente e si manifestano a noi. È il loro linguaggio e il loro mezzo. Se vogliamo capirli dobbiamo imparare come vedono se stessi e il mondo prestando attenzione al loro modo di giocare. Più giochiamo con loro, alle loro condizioni, più si rendono disponibili per noi e noi per loro.


È un modo meraviglioso di rendersi accessibili: essere fonte di divertimento per il bambino, coltivare l’intima vicinanza e la gioia per entrambi.


Per essere davvero vicini a un bambino dovete trovare il tempo di stare unicamente in quel mondo con lui. Nessun altro, solo voi due che giocate nel suo mondo. Né fratelli, sorelle o altri bambini e adulti a diluire la concentrata esplorazione comune del mondo come lui ve lo mostra, dei pensieri e sentimenti che gli suscita. Perché per questa volta, per questo momento speciale, il bambino vi ha tutto per sé.


Dal godimento della vostra attenzione indivisa egli è sicuro di contare per voi, capisce quanto sia importante per voi conoscere i suoi sentimenti e pensieri intimi. Il divertimento, le risate e la gioia che condividete saranno anch’esse un tesoro personale di entrambi, da conservare per tutta la vita.


Il momento speciale è un invito al bambino a trascorrere del tempo insieme, solo voi due, e nel quale vi offrite di fare qualsiasi cosa desideri. È un momento solo per lui, e se si ripete spesso e con regolarità il bambino lo aspetterà gioioso e impaziente.


Dopo averlo sperimentato, aver visto che è lui a condurre il gioco, che può mostrare se stesso e il suo mondo e che voi lo apprezzate, ne siete felici, che siete davvero lì per lui, impazienti di giocare e imparare, allora vi chiederà ancora di avere un momento speciale.


La cosa importante è che siate abbastanza in forma per poter concedere tutta la vostra attenzione nel periodo di tempo che avete concordato. Nel decidere quanto durerà la sessione, pensate a quanto sarete in grado di mantenere la concentrazione, la premura e l’interesse sul bambino. Se è stata una brutta giornata e voi per primi avete bisogno di attenzione, è meglio aspettare finché non sarete in grado di esserci appieno. Se siete alla fine di una giornata dura e impegnativa pensate a cosa potrebbe rilassarvi. Cercate di offrire un momento che possa sembrare rilassato e senza pressioni. Offrite solo il tempo che pensate di poter gestire. Se credete di potercela fare solo per cinque minuti, allora che siano cinque minuti, anche se arrivano nel bel mezzo di qualcos’altro sono però molto importanti e sempre meglio di niente, sempre meglio che rimandare sempre.


È chiaro che periodi di tempo più lunghi sono l’ideale, sempre che riusciate a esserci con tutto il vostro essere. Dovete stabilirlo voi e avere cura di voi stessi.


Se è solo per mezz’ora (forse con la promessa di un tempo maggiore in seguito) sarà un altro solido passo verso la costruzione di un profondo legame reciproco.


Considerate la possibilità di ricavare un momento, anche piccolo, ogni giorno. Cercate ogni tanto di riuscire a dedicare un’intera mattinata, un intero pomeriggio o un’intera serata. Pensateci, immaginate la meravigliosa esplorazione dei suoi interessi, voi due soli, mentre lui prende le redini della situazione e voi seguite felici.


L’importante è far sì che sia davvero il momento del bambino. Se c’è da insegnare qualcosa sarà lui a farlo, anche se conoscete già tutto sull’argomento, ma sarete felici che lui voglia mostrarvi il suo sapere, grati e orgogliosi del suo aiuto. Attenti a correggere le inesattezze; anziché contraddire potreste suggerire di voler esplorare la cosa insieme a lui, lasciando che sia lui a guidare. Ora che sapete come giocare e come farlo sentire alla guida del suo mondo insieme a voi, avete gli strumenti essenziali per i momenti speciali. Più li utilizzerete, maggiori saranno i vostri progressi, più crescerà il divertimento.


Potreste considerare, come feci anch’io, di partire per un lungo viaggio insieme e di dedicare una parte del tempo ai momenti speciali. Portai con me mio figlio maggiore in molti lunghi viaggi in British Columbia, Alaska, Europa, e in altri più brevi. Ci fece un gran bene. Non è sempre facile quando bisogna pensare anche al lavoro perché è necessario trovare qualcosa che piaccia e si adatti al bambino mentre voi non ci siete. Ma c’è tutto il resto del tempo da trascorrere insieme, in auto, in treno o su un aereoplano, tempo per ascoltarlo, per visitare luoghi interessanti.


Lo portai con me a un Convegno Internazionale sul Trattato Indiano, nella Riserva di White Earth, nel Minnesota, e a un Rainbow nello stato di Washington, dove mi aiutò a preparare l’area per l’intrattenimento dei bambini, e aveva solo cinque anni. Mi feci portare da lui ovunque e mi feci spiegare tutto quello che le persone stavano facendo. Andammo anche a un raduno nella Riserva Okanagan, dove fu presentato, a sette anni, come mio assistente. E lo era di certo! Lo invitai a dire a tutti cosa avrebbe sempre potuto dire per tenere alto il mio spirito e lui senza esitazione prese il microfono e disse: “Ti voglio bene, papà.”


Quando feci un intervento al convegno sulla pace ad Anchorage, portai con me Tokeem. Per fortuna a quel tempo mio fratello viveva a Kodiak e fu felice di stare con il nipote per lunghi periodi di tempo mentre ero impegnato nel convegno. Tokeem fece la sua prima esperienza di pesca con un retino nel Cook Sound. Incontrò anche il mio co-relatore, un astronauta che era stato sulla luna. A tredici anni lo portai con me nei miei tour europei.


In tutti questi viaggi, per la maggior parte del tempo eravamo soli. Rispondevo alle sue domande – era ed è ancora curioso e avido di sapere – ma trascorreva ancora più tempo a esplorare per conto suo raccontandomi poi le sue scoperte.


Sua madre Emmy aveva un appuntamento settimanale con lui per il “momento speciale”. Tokeem a un certo punto voleva sempre andare al centro commerciale per giocare con i videogiochi e per lo più si divertiva a spiegarle come andava giocato ogni singolo gioco. In seguito, Emmy scrisse un articolo raccontando la storia di un particolare momento speciale in cui lei aveva deciso di non parlare per tutto il giorno in memoria di un amico che era morto. Chiese a Tokeem se preferisse cambiare giorno, ma lui disse che gli avrebbe fatto piacere comunque andare con lei al centro commerciale. Durante la mezz’ora del viaggio di andata Tokeem parlò, e parlò più di quanto avrebbe fatto se lei avesse risposto. Quando arrivarono aveva talmente tante cose da dire che non giunsero mai nell’area destinata ai giochi ma trascorsero tutto il tempo camminando su e giù per il centro mentre lui parlava e lei ascoltava. Continuò a parlare lungo la via del ritorno e all’arrivo lei spense il motore e restarono seduti in auto a parlare ancora un bel po’!


Ora, dovete sapere che Emmy è una consulente familiare, è molto brava, e trascorre moltissimo tempo ad ascoltare i bambini e a far sì che condividano con lei i propri pensieri e sentimenti. Si meravigliò che dopo tutti quegli anni Tokeem potesse trascorrere tanto tempo a confidarsi aprendo il cuore, l’anima e la mente come mai prima. E lei non aveva dovuto far altro che stare zitta!


Un’altra volta io e Tokeem andammo in campeggio sull’October Mountain, nel Berkshires. Avevo ricevuto due biglietti per un fine settimana di concerti classici con la Boston Symphony Orchestra al parco della musica Tanglewood. Era l’unico della nostra comunità che desiderasse accompagnarmi. Mi chiese di cosa si trattava e io gli diedi un’idea di ciò che mi aspettavo, che avremmo passato lì la notte e durante il giorno avremmo mangiato sul prato e ascoltato musica. Mi chiese se poteva portarsi dei fumetti e ne caricammo a sufficienza. Piantammo una tenda, accendemmo il fuoco e lui mi raccontò le trame di molti dei suoi fumetti. Durante i concerti mi chiese cosa suonavano e poi si mise a leggere mentre ascoltavamo.


Durante l’ultimo concerto della domenica pomeriggio gli spiegai che il solista aveva fatto più di chiunque altro in quel secolo per portare il suo strumento all’attenzione del pubblico. Tokeem si alzò e con lunghi passi si avvicinò alla struttura aperta che ospitava l’orchestra, percorse tutta la navata e restò per molto tempo in piedi sotto al solista, quindi tornò. Mi chiese il nome del solista e se lo ripeté. Poi non ne parlammo più ma quando arrivammo a casa la comunità era impaziente di sapere se i concerti gli fossero piaciuti. Sorrise e disse con orgoglio: “Ho sentito Jean-Pierre Rampal!”


Oggi vorrei aver goduto di più quei meravigliosi anni della loro crescita e aver offerto più momenti speciali ai miei ragazzi e agli altri bambini della comunità. Ma ancora ero solo agli inizi di tutte le cose che ho imparato e che ora posso condividere con voi. Gli anni volano tanto in fretta e non ce ne rendiamo conto finché non sono passati, come nella canzone di Malvina Reynold Turn around: “Ti volti e ha due anni, ti volti e ha quattro anni, ti volti ed è un giovane uomo che sta uscendo di casa.”


Ricordo di aver guardato Tashin addormentato nel mio letto quando aveva circa nove anni e di aver pensato: “Non resterà sempre così, prima che me ne renda conto se ne sarà andato.” Ora hanno entrambi le loro famiglie e io spero di avere momenti speciali con i miei nipoti.


Ne ricordo alcuni con Tashin, le volte in cui mi chiedeva di costruirgli arco e frecce e io ero un disastro in questo, ma lui era contento lo stesso. Le passeggiate che facevamo di solito nei boschi, cercando tacchini selvatici, la tana dove la volpe teneva i cuccioli, lo stagno del castoro e le lontre che giocavano. I nostri momenti migliori arrivarono non prima dell’adolescenza. Da vecchio marinaio avevo chiesto a Tokeem se desiderasse andare in barca; aveva risposto di no, che la vela non gli interessava ma che avrei dovuto chiederlo a Tashin perché a lui piaceva. Perciò io e Tashin iniziammo a uscire in barca e trascorremmo tanti bei momenti insieme, esplorando i rami e le paludi del delta del Merrimac River. Una volta ci colse una tempesta, trascinammo la piccola imbarcazione a riva e la capovolgemmo, stringendoci al riparo sotto di essa. Meglio di tutto era quando per periodi più lunghi riuscivo ad affittare uno sloop cabinato e andavamo in esplorazione di Cape Anne o Cape Cod e della Massachusetts Bay, portando con noi cibo, un fornelletto da campo e i sacchi a pelo. Solo noi due in mezzo al mare, io che per lo più ascoltavo e rispondevo alle domande. Quei momenti ci unirono tantissimo.


Nell’agosto del 1995 avevamo attraccato a Gloucester e io ricordai una crociera analoga del 1945 fatta insieme a mio padre quando avevo la sua età, 15 anni. Eravamo in un ristorante quando un grido ci giunse dalla strada e una folla irruppe all’interno gridando che la guerra era finita e il Giappone si era arreso! Fu uno dei pochissimi momenti belli che ricordo insieme a mio padre, che non ho visto spesso mentre crescevo.


Ed eccomi cinquant’anni dopo, con mio figlio, a guardare i fuochi d’artificio. Ho sempre conservato quei ricordi fra i più preziosi della mia vita. Sono stato così felice di sentire Tashin, andando a un raduno in Brasile nel 2003, raccontare ai nostri amici che quelli erano anche alcuni dei suoi ricordi più belli. Come molti uomini, quando mi guardo indietro mi rammarico delle occasioni perdute e di non aver trascorso più momenti speciali con ognuno dei miei ragazzi. Desidero spesso che fossimo andati a pescare di più, o in campeggio, o in canoa. Quello che sono riuscito a fare mi ha fatto un gran bene. Sarà stato così anche per loro? Tutto quello che posso dirvi è che oggi, a trent’anni, sono padri molto migliori di me. Il modo in cui stanno con tutti i bambini è un esempio perfetto e un modello di come si dovrebbe stare con i più giovani. Hanno una pazienza infinita, sono premurosi, ascoltano, capiscono e sono attenti alle prospettive e ai sentimenti dei bambini. Sono rispettosi, offrono scelte ma sono fermi sui limiti che non possono essere superati, non si arrabbiano, hanno per lo più un atteggiamento rilassato, divertente, giocano tanto, fanno molta lotta e tante coccole. Se tutti i bambini avessero dei padri così saremmo certo arrivati in Paradiso!


Le vacanze, i campeggi e cose del genere sono delle ottime occasioni per avvicinare le famiglie. Non sono momenti speciali, i quali prevedono un adulto e un bambino, la piena attenzione rivolta al bambino e a quello che vuole fare, ma i momenti speciali potrebbero essere organizzati all’interno del viaggio. Ogni adulto potrebbe invitare a turno ogni bambino a fare quello che il bambino suggerisce. È un modo per variare, cambiare e sentirsi tutti più uniti.


Durante i momenti speciali non dovrebbero esserci interruzioni, niente lavoro, cucinare, pulire, telefonare, visite, altri bambini o persone che chiedono la vostra attenzione. Un momento rilassato in cui siete riposati e pronti a essere presenti appieno, notando tutto del bambino, ascoltando ciò che ha da dire, ma anche il tono con cui lo dice, i movimenti, la postura, le espressioni del volto. È come se in questi momenti egli fosse nuovo di zecca, abbracciatelo tutto e conoscetelo.


Lo avete invitato a far sì che questo sia il suo tempo; all’inizio potrebbe non sapere cosa fare con questo rovesciamento dei ruoli, ma se vi vedrà impazienti di fare ciò che desidera, vi metterà alla prova. Se percepirà il vostro entusiasmo per i suoi suggerimenti, se davvero vi divertirete a fare ciò che vi chiede, inizierà a esplorare le varie possibilità e a immaginare da solo come godere della vostra attenzione. Vi mostrerà di più se stesso, sentimenti e pensieri che nel fluire quotidiano della vita con altre persone attorno non ha avuto l’opportunità di confidare. L’amore e l’interesse che provate per lui lo fanno sentire al sicuro.


Potreste sentirvi tentati di “aiutare” il suo gioco, di indicare modi migliori, di guidare o insegnare. Resistete alla tentazione. Se cercate di dirigere non potrete conoscere i suoi sentimenti, le sue preferenze, le sue idee, ciò che lo fa ridere o lo infastidisce, quello che lo diverte e gli piace davvero.


Anche se trovate la sua attività stupida o noiosa, lontana dai vostri gusti, sarà molto meglio se mostrerete interesse e tutto l’entusiasmo di cui sarete capaci. Verrete ripagati da una maggiore intimità. Se la bambina volesse giocare con i trucchi, non sarà questo il momento di menzionare l’oppressivo indottrinamento dei giovani da parte delle aziende di cosmesi; lasciate questa conversazione per un’altra volta e fate le prove su come presentargliela senza privarla della gioia e della creatività davanti alla scatola del trucco.


I bambini imparano sempre (soprattutto quando non cerchiamo di insegnare); sfrutteranno la vostra attenzione per esplorare e testare le frontiere della propria esperienza. Appoggerete le loro esplorazioni? Quanto disordine potete concedere? Quanto si possono sporcare? Quanto baccano sopportate? Non c’è dubbio che avete dei limiti, e loro vogliono conoscerli, renderà il loro mondo più sicuro. Ma sarebbe meglio che i limiti imposti siano solo relativi alla loro salute e sicurezza, non alla vostra convenienza. Va bene dover mettere qualche panno in più in lavatrice e rimettere a posto il caos, ne sarà valsa la pena per tutto il divertimento e ciò che avete imparato insieme. Se vengono posti dei limiti sorgeranno delle obiezioni: vorranno sapere perché, e gli andrà detto in una maniera comprensibile (“perché ho detto di no” non è una ragione). Se se la prendono hanno bisogno di essere ascoltati e capiti, non saranno pronti ad ascoltare le vostre ragioni finché sono contrariati; direte: “Sei dispiaciuto, volevi tanto fare quella cosa, ma purtroppo non è possibile.” Restate calmi, pazienti e amorevoli, sopportate il loro dispiacere ma mantenete fermo il limite. Più tardi potrete riparlarne e spiegare meglio il perché, magari suggerendo delle altre scelte. Parleremo ancora di come stabilire i limiti più avanti.


Se i momenti speciali sono un evento atteso e regolare si noteranno cambiamenti nel bambino e nella vostra relazione. Anche i sentimenti di affetto e intimità si accresceranno, insieme al senso di un rapporto più profondo e nuovo. Naturali e frequenti manifestazioni di affetto, un piacere generale nello stare insieme a voi in ogni occasione, e l’impazienza di ritrovarsi in quei momenti speciali. Sarete più consapevoli delle sue difficoltà quando si presenteranno, dei suoi problemi a scuola, con gli insegnanti, gli amici, i fratelli, e grazie alla fiducia che è stata costruita, verrà più spesso da voi per un aiuto o un consiglio.


Quando sfrutterete le abilità discusse nel capitolo precedente a proposito del gioco, sarete in grado di imparare molto su questa giovane persona. Impersonando il ruolo del più debole (del più piccolo, più stupido, più goffo e imbranato) e dando a lui quello del più forte (del più grande, più intelligente, più competente e abile), potrebbe manifestare attraverso il gioco molte delle sue difficoltà. Vi potrebbe chiedere di fare la parte del neonato, della sorellina o dell’allievo, mentre rovescia i ruoli e fa la mamma, la sorella maggiore, la maestra. Sarà occasione di grande divertimento; giocate il ruolo comico dello sciocco incapace combina pasticci che lui deve correggere, e nel momento in cui ride calcate la mano, esagerate, fate le vocine e le facce idiote, i capitomboli, e divertitevi a recitare il pagliaccio (per gli adolescenti sarà un po’ diverso – osservate le loro reazioni, e se ridono siete sulla buona strada), gridate di terrore alle sue minacce e fuggite per salvarvi la vita. Se invece siete voi a dar la caccia al bambino, appena lo avete acchiappato lasciatelo scappare di nuovo, incapaci di trattenerlo, e fatelo più e più volte. Ricontrollate il capitolo sul gioco. La risata del bambino vi svelerà ciò su cui sta lavorando.


È divertente fare lo sciocco. Io ne so qualcosa, all’inizio della mia carriera lo facevo di professione. Da adolescente ho sviluppato il grande potere di far ridere un pubblico di coetanei. Ridevamo tutti delle cose che per noi erano difficili, oppressive, dolorose, stupide o che ci confondevano; era il nostro modo di assicurarci una superiorità e inviolabilità rispetto a ogni minaccia. Le esplosioni di risa che suscitai da comico adolescente sul palcoscenico erano per me come il nettare e l’ambrosia, nutrivano la mia anima. E mi facevano sentire parte di una cospirazione di adolescenti. A vent’anni presi parte a una commedia di grande successo, con il mio amico Dick Brown che faceva da spalla al mio idiota buffone. Trascorremmo un anno fantastico di fronte a un pubblico entusiasta finché non lui si fidanzò con una giovane donna rispettabile che gli fece chiaramente capire di non aver alcuna intenzione di essere la moglie di un uomo di spettacolo, perciò tornai all’università a studiare teatro.


Parenti e colleghi potrebbero farsi domande a proposito del vostro ruolo di scemo del villaggio, ma non fatevi intimidire. Soffocate la vostra dignità e traetene il massimo del divertimento. Dite loro che non volete lasciare solo a Duffy Duck tutte le risate di casa. Ma, per favore, state alla larga dal sarcasmo, troppi sono gli adulti tentati di usarlo con i bambini. Invece non è affatto divertente, il sarcasmo è una forma di critica e un modo per mostrare la propria superiorità, e non aumenterà l’intimità fra adulto e bambino.


Certo non saranno solo le risate a venir fuori quando le emozioni del gioco viaggiano alte. Se emergeranno ansia, lacrime o rabbia dovete esser pronti e presenti nel vostro ruolo di ascoltatore empatico. Incoraggiate un completo sfogo dei sentimenti, restate fermi, una solida base di amore e comprensione. Se riuscite a prestare ascolto a tutti i sentimenti dei bambini senza tentare di modificarli, dirigerli o deviarli, verranno espressi appieno e dopo si riaffaccerà la natura giocosa con fiducia rinnovata.


La cosa che ascolto più di frequente da vecchi personaggi in là con gli anni come me è che, guardando indietro quando erano genitori di bimbi piccoli, non avevano capito quanto sarebbe stato breve quel momento. Rimpiangiamo tutti, non solo di non aver trascorso più tempo di “qualità”, ma anche di “quantità” con i nostri figli. I momenti speciali sono tempo della miglior qualità, perché distillato e concentrato con ogni singolo bambino. Tempo di rilassarsi e uscire dagli altri ruoli, che non è facile trovare, ma che è talmente prezioso da costituire una assoluta priorità. Costruisce relazioni intime e rafforza il legame affettivo, un legame che sarà sempre più importante man mano che entrambi si cresce.


Come genitori potreste temere di non essere bravi in questo mestiere; sono invece alquanto sicuro che lo siate, viene da sé, il fatto stesso che stiate leggendo questo libro lo dimostra; potrete acquisire maggior sicurezza creando quante più occasioni possibili per momenti speciali. Questo vi darà maggiori opportunità di dimostrare il vostro amore, e cosa potreste fare di più importante per voi stessi? Cosa potreste fare di più importante, più accogliente e apprezzato per un bambino? È un bene per entrambi, per tutta la famiglia e il mondo intero!

Crescere insieme nella gioia
Crescere insieme nella gioia
Manitonquat (Medicine Story)
Prendersi cura dei bambini nella via del cerchio.Manitonquat, storyteller nativo del Nord America, ci insegna a trasformare la vita quotidiana con i bambini in un’avventura consapevole e gioiosa. Crescere insieme nella gioia è un progetto meraviglioso che per noi genitori del ventunesimo secolo è difficile anche solo immaginare, ma si può realizzare. Significa vivere con piena consapevolezza il nostro coinvolgimento con l’ambiente che ci circonda e gli accadimenti del momento; quando siamo con i bambini, in una sintonia profonda, loro ci rendono partecipi del loro coinvolgimento, ci aprono le porte per esplorare nuovi mondi, e l’esperienza può essere condivisa a tutto tondo. Presi dal vortice frenetico delle preoccupazioni, dei ritmi di lavoro e delle esigenze familiari, non siamo neppure consapevoli dell’immensa solitudine che ci circonda, dell’incredibile e innaturale condizione dell’essere adulti del tutto soli (o quasi) a mandare avanti una serie di compiti che richiederebbe invece la presenza di un’intera tribù di persone, le quali, un tempo, sentivano l’urgenza di legarsi, di stare vicine, di cooperare e di unirsi in entità più grandi. Gli esseri umani hanno bisogno di legami affettivi e della vicinanza dei loro simili.Il processo di apprendimento per diventare un essere umano completo richiede quindi legami che forniscono un aiuto prezioso per guidare e proteggere il bambino fino alla sua trasformazione in un vero e proprio adulto; chi lo circonda dovrebbe instillare in lui fiducia e autostima e offrire il necessario senso di appartenenza. Manitonquat, storyteller nativo del Nord America, con la sua esperienza quarantennale a contatto con i bambini e le loro famiglie, ci illustra un bellissimo percorso alla scoperta dei tanti strumenti a nostra disposizione per trasformare la vita quotidiana con i bambini e i ragazzi in un’avventura divertente, consapevole, gioiosa; offre ai genitori aiuti preziosi per prendersi innanzitutto cura di loro stessi, per guarire le proprie antiche ferite e guardare alla relazione con i più giovani da una prospettiva nuova, pervasa da un profondo sentimento di rispetto e di amore incondizionato. Conosci l’autore Manitonquat, il cui nome tradotto in inglese è Medicine Story (la storia che cura), è narratore, poeta e guida spirituale della nazione nativa americana Wampanoag. Svolge attività di insegnante e formatore sui temi della pace e della non violenza, della giustizia, dell’ambiente e della presa di coscienza per una società più giusta.Negli Stati Uniti è responsabile di un programma di sostegno per nativi nelle carceri. Ha pubblicato numerosi libri e articoli.