parte prima - Il cerchio della salute e della malattia

Sacralità della nascita,
sacralità della morte

Dov’è il principio là è la fine

Vangelo di Tommaso

La morte non esiste. È un semplice trasloco. Si lascia una dimora per un’altra

Hampatè Ba

I morti sono gli invisibili, non gli assenti

V. Hugo

Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano, ma sono ovunque noi siamo

Sant’Agostino

L’ultimo dono fattomi dal mio papà in questa sua vita è stata l’esperienza della sacralità della morte.


Solo lui poteva aiutarmi a trasformare questo fantasma, che aveva turbato fin dall’inizio e per tanto tempo la mia esistenza, in un’occasione di apprendimento ed evoluzione. Per stargli vicina gli ultimi istanti ho dovuto guardarla, guardarla in faccia senza scappare e allora sì ho fatto grandi scoperte…


Ben conoscevo la sacralità della nascita, a cui avevo dedicato parte del mio ultimo libro, ma ancora mi era sconosciuta quella dell’atto finale, della morte, di cui così poco si parla nella nostra società occidentale per la quale essa rimane un grande tabù, da evitare ad ogni costo. Non così nelle culture tradizionali di tutto il mondo: in Africa ai funerali si canta e si balla e si tiene compagnia al defunto e ai parenti per un mese intero.


In ebraico il cimitero è chiamato “Bet Hachayim”, ovverossia “Casa della Vita”…


Come ci ricorda Hampatè Ba, la morte non è altro che un trasloco, un cambio di domicilio. Nascita e morte in realtà non sono che lo stesso identico passaggio in senso inverso: l’uno un andare, l’altro un ritornare. Perché, in entrambi i casi, alla fine del tunnel c’è la Luce.


Ecco perché davanti alla morte bisogna stare come davanti alla nascita: in rispettoso silenzio, in ascolto, in attesa. Chi va è come chi arriva: deve attraversare una soglia, passaggio delicato come soffio di vento ma al contempo potente e forte come rombo di tuono.


Identico il bisogno: non sentirsi soli, abbandonati ma sostenuti e accolti, in qualche modo protetti. Basta poco: un sorriso, una parola, una mano tenuta stretta, una carezza sul volto stanco. “Sono qui con te, sono qui con te, fai buon viaggio, ti tengo per mano…” perché il passaggio è stretto e a volte fa paura…


La morte, come la nascita, è un momento sacro, davanti a cui non si può far altro che chinare il capo: è richiesta l’accettazione del Mistero. Ma chi sa stare davanti alla Vita che va o che nasce senza tremare? Senza farsi prendere dall’ansia e dalla smania del fare? Pochi, ben pochi, ormai. E allora il dolore diventa sofferenza e la fine, come l’inizio, un’agonia. Imparare l’arte di stare lì, in pace e con amore, senza fare niente se non esserci totalmente, ecco cosa dovremmo fare. Questo è il vero sacri-ficio, dall’etimo latino “fare qualcosa di sacro”. La medicalizzazione sempre più sfrenata, l’accanimento terapeutico, l’ospedalizzazione forzata con il conseguente disorientamento negli anziani, l’abbandono nello squallore delle strutture istituzionali, derubano la sacralità della morte, compiendo un vero e proprio “sacrilegio”.


Oggi sempre più si viene al mondo e lo si lascia in ospedale, perdendo completamente la dimensione naturale e sacra dell’evento che diventa un atto anonimo, fatto in serie.


La morte senza amore, così come la nascita e la vita senza amore, senza contatto umano, senza calore, senza accoglienza: questa è la vera e unica morte di cui avere paura. E allora ecco che ci rendiamo conto che anche per l’ultimo passaggio della vita, come per il primo, ci vorrebbe un accompagnamento, l’aiuto di un’ostetrica che aiutasse ad affrontare il trapasso nel modo meno traumatico e più naturale possibile.


Ma dovrebbe essere una levatrice dell’anima quella che assiste chi va – come chi arriva – una sorta di vera e propria sacerdotessa (nel suo significato etimologico di rappresentante del sacro).


La sacralità appartiene ad ogni evento della vita, aderisce alla nostra pelle come un vestito, ci accompagna in ogni tappa della nostra esistenza ma richiede occhi speciali per essere riconosciuta.


Il Sacro non è per tutti. Non può essere rivelato a chi non è pronto a riceverlo. Non può essere toccato da mano impura. Va custodito nel cuore, in raccoglimento, fino a che il momento giunge di aprire il tabernacolo e offrirlo al mondo. Il Sacro ha i suoi tempi e i suoi messaggeri. Non ha fretta e nemmeno riguardo per le norme umane. Lui segue altre leggi. Alle porte del Sacro si può solo bussare, scalzi, in punta di piedi. E solo agli eletti è concesso di accedere al suo spazio, in cui si entra a capo chino con le ginocchia flesse.


Il Sacro è un dono ma non per tutti: solo per chi riesce a reggerne il peso, allora sì, diventa piuma e battito d’ali…

Gli invisibili

Come si fa a spiegare la morte a un bambino? Spesso gli adulti non ne parlano ai loro figli perché hanno paura di farli soffrire ma il non detto è molto più doloroso della verità, spiegata naturalmente in un modo comprensibile. E tutto ciò che viene evitato e temuto diventa un tabù. I bambini del resto, a volte fin da piccolissimi, si interrogano sui misteri della vita, specialmente i piccoli Scorpioni… Una volta una mamma mi ha raccontato che la sua bimba di tre anni andava spesso a prendere dalla libreria i volumi di filosofia su cui lei aveva studiato e li sfogliava con grande interesse e concentrazione: allora un giorno le chiese cosa vi stesse cercando, al che la piccola rispose “Sto cercando la morte”… (la bimba in questione aveva l’ascendente Scorpione).


Per spiegare a un bambino dove sono finiti il nonno o la nonna che sono morti si può semplicemente dirgli che non è che non ci sono più, sono solamente invisibili ma continuano a vegliare su di noi. È proprio così del resto dal punto di vista spirituale: in realtà siamo tutti collegati (come ci ricorda il saluto Lakota “Mitakuye oyasin”) e i nostri cari che se ne sono andati in un’altra dimensione è come se cercassero di dirci “Noi ci siamo!”. Spesso ci compaiono in sogno e ci parlano o ci mandano messaggi anche molto precisi e aiuti insospettati…


Come ci ricordano le parole di Victor Hugo “Il prodigio di questa grande dipartita celeste che si chiama morte è che quelli che partono non si allontanano. Abitano un mondo di chiarore ma assistono, commossi testimoni, al nostro mondo di tenebre. Sono lassù, e vicinissimi. Chiunque voi siate, voi che avete visto svanire nella tomba un essere caro, non crediate che egli vi abbia abbandonato. C’è sempre. È più che mai al vostro fianco. La bellezza della morte è la presenza. Presenza inesprimibile delle anime amate, che sorride ai nostri occhi pieni di lacrime. Colui che piangiamo è scomparso, non se ne è andato. Non scorgeremo più il suo dolce volto ma ci sentiamo sotto le sue ali.”1 Provare per credere…

Canto Navajo

Non restare a piangere sulla mia tomba

Non sono lì, non dormo

Sono mille venti che soffiano

Sono la scintilla diamante sulla neve

Sono la luce del sole sul grano maturo

Sono la pioggerellina d’autunno

quando ti svegli nella quiete del mattino…

Sono le stelle che brillano la notte

Non restare a piangere sulla mia tomba

Non sono lì, non dormo


Suggerimenti per chi arriva
e per chi va...
  • Curare l’ambiente, renderlo il più possibile bello, raccolto, accogliente e silenzioso.

  • Tenere accese luci soffuse e calde e/o candele.

  • Tenere un sottofondo di musica rilassante (ottima l’arpa).

  • Spruzzare nell’ambiente qualche goccia di essenza profumata delicata.

  • Somministrare Walnut più volte nel corso della giornata sui polsi e spruzzarlo anche nell’ambiente (altri fiori possono essere indicati a seconda della situazione).

  • Pronunciare sempre e solo parole rassicuranti e amorevoli (“Sono qui con te, va tutto bene”, “Ben arrivato, ti aspettavamo…!” o “Fai buon viaggio…Ti stanno aspettando, non sei solo…”.


Compagni di viaggio
Compagni di viaggio
Elena Balsamo
Come adulti e bambini insieme possono aiutarsi a guarire.Una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia e in particolare della coppia mamma-bambino. Compagni di viaggio volge l’attenzione alla salute emotiva della famiglia.Basandosi sulla sua personale esperienza di medico e di paziente, Elena Balsamo offre al lettore una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia (e in particolare della coppia mamma-bambino), nonché numerosi spunti di riflessione sul significato della malattia e sul messaggio contenuto nei sintomi, per trasformare la sofferenza in un’occasione preziosa di apprendimento ed evoluzione. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.