PARTE terza - La salute del bambino

Il massaggio
come terapia

Un tocco è abbastanza per farci capire che non siamo soli nell’universo

A. Rich

Se la pelle non tocca non sa

D. Dolci

Anni fa, in uno dei momenti più critici della mia vita, sentii l’esigenza di sottopormi per un periodo di tempo a un ciclo di massaggi. Ebbi la fortuna di incontrare Dimitri, un terapista straordinario, dotato di una sensibilità al di fuori del comune, che mi aprì le porte di un mondo completamente nuovo. Per me fu un anno (tanto durò la terapia) di apprendimento intensivo: oggi posso affermare con sicurezza che alcune tra le acquisizioni più importanti della mia esistenza sono avvenute proprio attraverso quella esperienza così speciale.


Innanzitutto mi resi conto di quanto importante sia la fiducia nel rapporto con il terapeuta e di quanto essa determini la buona riuscita della terapia: perché questa funzioni infatti occorre innanzitutto che chi la riceve sia aperto e disposto a riceverla.


Poi capii la differenza tra un tecnico della salute e un uomo-medicina che è la stessa differenza che passa tra un tecnico e un artista o un insegnante e un Maestro: il primo applica delle tecniche apprese sui libri e lavora con la mente, il secondo crea e lavora con il cuore, non istruisce ma riporta la persona affidata alle sue cure a se stessa, le ricorda semplicemente chi è…


Dimitri era come se avesse l’anima nelle mani e il suo era un tocco così delicato e amorevole da riuscire a sciogliere anche i blocchi più duri. Era un uomo normale che faceva le cose in modo straordinario, riuscendo a rendere sacro tutto ciò a cui si avvicinava.


E con me riuscì, attraverso le sue mani e le sue parole, a stabilire un contatto, un contatto profondo, quello che la mia bambina interiore cercava da sempre e che non aveva mai ricevuto in vita sua.


Il contatto è il bisogno fondamentale del bambino quando viene al mondo. Un neonato privato del contatto – come accade spesso ai piccoli prematuri – soffrirà profondamente delle conseguenze di questa precoce deprivazione sensoriale che porterà iscritta per sempre nella sua memoria cellulare.


Gli effetti devastanti della mancanza di contatto sono stati descritti ampiamente da Spitz nei suoi studi sui bambini ospedalizzati o abbandonati negli orfanatrofi, che molto spesso si sono lasciati morire d’inedia perché la vita priva di contatto non ha senso per l’essere umano.


Ma senza arrivare a questi estremi, possiamo dire che la principale paura dei bambini piccoli è proprio quella della mancanza di contatto. “Mamma, coccole!” chiede una mia piccola paziente alla madre quando si sveglia la notte in preda agli incubi…

Più volte nei suoi scritti Maria Montessori parla di contatto. Per esempio, ella dice “È come al telefono, ciò che conta è stabilire un contatto con la voce che parla.”1 Questo è il vero compito di un educatore o un genitore: stabilire un contatto. Il contatto può avvenire attraverso diversi canali sensoriali: la parola, il tocco.


Non ha importanza quale sia la via. L’importante è che ci sia il contatto e che sia appunto un contatto d’amore. Quello che Hillman definirebbe “da cuore a cuore, da ghianda a ghianda”2. Non è facile comprendere di cosa si tratti perché bisogna averlo provato per capire. Ma chi ha avuto il privilegio di averne fatto esperienza – anche una volta sola nella vita – sa che non esiste al mondo gioia più grande e più piena. Io credo si tratti del massimo appagamento possibile per un essere umano. Maria Montessori lo descriveva appunto come “la delizia suprema dell’adagiarsi in contatto anima ad anima”. Un contatto è una piccola cosa – scriveva sempre Maria – è come una chiavetta che può accendere 200 lampadine.3


Questa frase mi ricorda l’aneddoto riportato da Freud relativo a una sua nipotina: la bambina di tre anni dormiva nella sua camera ma aveva paura del buio per cui chiamò la zia (la moglie di Freud) dicendole “Zia, parla perché ho paura del buio”. La zia le rispose “Sì, ma anche se io parlo il buio c’è lo stesso”, al che la piccola replicò dicendole “No zia, perché se parli c’è la luce”4.

Trovo bellissima e verissima questa affermazione: “Se parli c’è la luce”. È proprio così, perché la parola illumina e dà la vita. La parola è una potente forma di contatto, così come lo sono il canto o la musica per esempio, che rappresentano per il neonato una sorta di “enveloppe sonore”, cioè di involucro sonoro che offre contenimento e protezione.


La parola può portare la luce là dove c’era il buio, può trasformare la vita, può aprire porte chiuse da secoli, può spalancare finestre sigillate da tempo immemorabile. Quante volte si dice “le tue parole mi hanno toccato profondamente”… La parola tocca e il tocco parla: in fondo sono un cerchio e tutte e due arrivano fino al cuore.


Ma il tocco – così come la parola – non può essere un tocco qualunque: non basta toccare un bambino per stabilire con lui un contatto d’amore. “Il bambino è una sorgente d’amore; quando lo si tocca, si tocca l’amore” diceva Maria Montessori e quindi chi si avvicina a lui deve farlo con grande rispetto e delicatezza, con un senso di vera e propria riverenza: “Multa debetur pueri reverentia” diceva Giovenale. L’adulto deve avvicinarsi al bambino scalzo e in punta di piedi, chiedendo il permesso “Posso?”: solo così il bambino potrà spalancargli i cancelli del suo cuore e farsi toccare da lui, farsi accarezzare l’anima.


Chi ha esperienza di neonati sa bene quanto essi siano sensibili al modo in cui sono tenuti: se stanno piangendo per esempio, in braccio ad alcune persone incredibilmente si calmano. Ma non con tutte…


Se il tocco è frettoloso e distratto non nutre, non trasmette amore; se si tocca con le mani ma la testa è da un’altra parte e così pure il cuore, il massaggio non funziona. Un bambino se ne accorge subito, a un bambino non si può mentire, lui lo sente se noi siamo lì per lui oppure no. Ed è qui che sta tutta la differenza.


Il massaggio quindi può essere un tocco d’amore ma non necessariamente lo è. Una cosa è certa però: è efficace e terapeutico solo se è un tocco d’amore. Ma per essere un tocco d’amore occorre che chi lo compie sia lì con tutto se stesso, che ci metta il cuore, che, al pari del mio terapeuta, abbia l’anima nelle mani: “Sono qui con te e ti amo” è il messaggio che il tocco, ogni tocco, dovrebbe trasmettere al bambino.


Il massaggio non è una questione di tecnica, è una questione d’amore. La tecnica è importante ma da sola non funziona. Bisogna conoscere la tecnica e poi andare oltre. Il massaggio è un’arte, è un dono: perché è un gesto d’amore. Potente, oltre ogni nostra immaginazione, in grado di scatenare alchimie che possono compiere miracoli.

Sappiamo che i piccoli prematuri massaggiati quotidianamente aumentano di peso maggiormente e più velocemente rispetto ai loro coetanei non massaggiati, segno evidente che il tocco è cibo che nutre corpo e anima. Forse ancora però non sappiamo fino a che punto il contatto e il contenimento sia importante per un neonato: a volte, nei casi in cui egli è incerto e vagante sulla soglia della vita, può diventare l’elemento discriminante per decidere e scegliere di restare. Un gesto e una parola d’amore possono essere ciò che fa la differenza, ciò che inducono a stare qui, nonostante tutto, come dimostra il caso delle gemelline premature citato a proposito del potere terapeutico dell’amore. In questa situazione un semplice abbraccio tra sorelline ha avuto un effetto straordinario, perché, come ci ricorda Osho, l’abbraccio “dà un contatto immediato con il bambino. Con l’abbraccio raggiungi l’essenza più intima dell’altra persona, tocchi quell’essenza vergine e permetti semplicemente a quell’anima limpida di pulsare di nuovo, di tornare a vivere: hai dato inizio, hai innescato un processo di guarigione”5.


Per quanto riguarda gli adulti, ancora più e ancora meglio potremmo dire che ciò che occorre non è tanto toccare il bambino (che a volte può essere un atto invasivo per esempio per i piccoli prematuri), quanto entrare in contatto col bambino, “get in touch” come dicono gli anglosassoni, perché essere in contatto implica una pratica congiunta che richiede accettazione da entrambe le parti e collaborazione. Io ti tocco, noi entriamo in contatto: c’è un’enorme differenza. Per entrare in contatto col bambino bisogna che l’adulto si metta innanzitutto all’ascolto del bambino a partire da uno spazio di silenzio e raccoglimento, di presenza mentale.

Massaggio e culture

Il massaggio è una delle quattro pratiche di maternage che compongono il cosiddetto “care-taking package”, cioè quel pacchetto di cure materne – come lo chiamano gli anglosassoni – che serve a soddisfare ed appagare i bisogni di ogni essere umano appena giunto in questo mondo e che è costituito, oltre al massaggio, dall’allattamento, dal portage e dal co-sleeping.


Nelle culture tradizionali del mondo, dall’Africa, all’Asia, al Sud America, all’Australia e le isole Fiji, il massaggio viene praticato quotidianamente: si tratta di una tradizione millenaria che si tramanda di madre in figlia. Dice un antico proverbio maori: “Massaggia le gambe di tua figlia così che possa camminare con grazia attraverso le pianure”.


In Cina il massaggio ai bambini si chiama “tuina” e viene utilizzato anche dai medici in ospedale per alleviare diversi tipi di patologie. Il massaggio, stimolando determinati punti della rete energetica formata da migliaia di canali eterici, rimuove eventuali blocchi energetici e fa rifluire la forza vitale (il chi) all’interno dell’individuo così da mantenere un equilibrio tra yin e yang.


Secondo la medicina ayurvedica indiana, il massaggio andrebbe iniziato ancora prima del taglio del cordone ombelicale per ripulire il neonato dai frammenti di membrana amniotica. Per renderlo ancora più delicato, lo si esegue facendo rotolare sul corpo del bambino una pallina di pasta morbidissima fatta con acqua, farina, olio di mandorle e un pizzico di curcuma che ha proprietà antinfettive. La consistenza e la temperatura di questa pasta è molto simile a quella della pelle della mamma. Il tocco è dolcissimo, proprio come una carezza, ancora più lieve di quella effettuata da mano umana: provatelo e ve ne renderete conto.


Nella cultura senegalese si ritiene fondamentale massaggiare quotidianamente un bambino fin dai primi giorni di vita per favorirne la crescita, per far sì che passi da uno stato liquido, molle, informe, di indeterminatezza, ad uno stato solido, duro, definito, di maturità. I movimenti eseguiti sul bambino dalle mani esperte prima della nonna e poi della mamma, sono piuttosto energici e servono per plasmarlo, per dargli forma e modellarlo proprio come un vaso d’argilla. In genere la seduta di massaggio termina con alcuni movimenti ginnici e il rovesciamento a testa in giù del bambino per fargli acquisire un buon senso dell’equilibrio.


Un elemento importante da ricordare è che il massaggio, come tutte le attività di routine che vengono effettuate sul neonato (bagno, educazione sfinterica, ecc.) viene sempre effettuato sulle gambe della mamma che fungono da supporto. Si è visto, grazie alle ricerche di Stork, che l’appoggio esterno sul corpo materno, oltre a rispondere a un bisogno molto forte del neonato, è fondamentale per la costruzione dell’io psichico del bambino.


Anche se le tecniche variano leggermente da cultura a cultura, lo scopo del massaggio rimane sempre identico: far circolare l’energia tra la mamma e il bambino e consentire uno stato di contatto e comunicazione profonda che, per alcuni autori come Leboyer e Reich, – e io concordo con loro – possiede addirittura un dimensione sacra e spirituale.


Perché solo passando attraverso il corpo, come ci ricorda Osho, si possono raggiungere le vette dello spirito.


“Nulla può curare l’anima se non i sensi” scriveva Oscar Wilde “come nulla può curare i sensi se non l’anima” e Maria Montessori diceva che lo sviluppo spirituale del bambino può avvenire solo attraverso cose concrete. Lo stesso afferma Steiner, il quale sostiene che l’esperienza del tatto è un’esperienza del divino.

Dicono i Nativi americani “Toccare e Sentire significa fare esperienza. Molte persone vivono per tutta la vita senza mai Toccare veramente o essere toccati da qualcosa. Queste persone vivono in un mondo della mente e della fantasia ma in realtà non sanno cosa sia toccare perché non vivono e non sono capaci di diventare tutt’uno con la vita.” E invece le “cose del cuore” si possono imparare solo attraverso il Toccare. L’unico modo in cui possiamo vincere la nostra solitudine è attraverso il Toccare. È solo così che impariamo a essere totali.”6

Dovremmo dunque, come dice Leboyer, che molto ha operato per farla conoscere in Occidente, riscoprire l’arte del massaggio, “quest’arte profonda, semplice e molto antica che aiuta il bambino ad accettare il mondo e sorridere alla vita”.


Dovremmo reimparare l’arte del tocco.

Oggi sono sempre più diffusi i corsi di infant massage per i neonati e della pratica del massaggio sono stati studiati i tanti effetti benefici sulla salute sia del bambino che dell’adulto ma da noi in Occidente il tocco viene visto ancora con sospetto perché ha assunto una connotazione sessuale, mentre in tutte le culture tradizionali del mondo ciò non accade affatto. Il bisogno di contatto fisico è, diversamente da quanto accade nella nostra cultura, socialmente riconosciuto e corrisposto e il massaggio viene effettuato anche tra adulti ed è considerato, soprattutto in Oriente, una pratica terapeutica a tutti gli effetti.

Noi occidentali dovremmo pertanto reimparare dai popoli “che hanno conservato il significato profondo delle cose” a toccarci e a toccare il bambino. In fondo, per stare bene, basta così poco…

Riflessologia plantare

Una forma particolare di massaggio, utile sia agli adulti che ai bambini, è la riflessologia plantare: anche questa ho avuto modo di sperimentarla grazie ad una cara amica, Maria Luisa Bruschi, che la pratica con grande competenza, amore e passione.


Le ho chiesto di spiegarmi in poche parole che cos’è la riflessologia plantare ed ecco cosa mi ha risposto: “È una tecnica di stimolazione del piede su punti particolari che riflettono i vari organi del corpo. Sì perché il piede è una sorta di specchio o di mappa in cui è riassunto l’intero organismo. Il piede racconta la nostra storia sia da un punto di vista fisico che energetico ed emozionale: massaggiandolo noi tentiamo di collegare tutti questi aspetti perché in genere le disarmonie sono causate da una mancanza di colloquio tra le parti.


I solchi ci parlano per esempio di come ci muoviamo nel mondo, degli ostacoli che abbiamo dovuto affrontare, delle nostre carenze energetiche, così come le callosità ci parlano invece di eccessi e di accumuli. Altri dati ci vengono forniti dalla temperatura del piede, dalla sudorazione e dall’odore. Io uso tutti i miei cinque sensi per capire lo stato energetico della persona e so che il piede non mente mai…”


Che cos’è che ti piace di più della riflessologia e che ti ha portato a sceglierla come tuo privilegiato strumento terapeutico?


“Mi affascina l’immediatezza della risposta all’intervento e la semplicità che la rende una tecnica applicabile anche ai bambini, i quali tra l’altro rispondono piuttosto velocemente al trattamento, dimostrando di gradire molto il massaggio ai piedini … Ottimi risultati si ottengono nei piccolini con problemi di stitichezza, reflusso, bronchiti, dolori da dentizione ma anche con ansia, agitazione e insonnia. La riflessologia inoltre si è dimostrata utile per i problemi mestruali nelle adolescenti e anche per stimolare il parto e per il rivolgimento dei bambini podalici. Inoltre, per chi la sa leggere, il piede racconta la storia del nostro concepimento, della nostra vita prenatale e della nostra nascita.”


La riflessologia può essere associata ad altre terapie collaterali?

“Dovrebbe esserlo secondo me: personalmente il mio obiettivo è di collaborare con altre figure professionali, quali ginecologo, pediatra, psicologa, nutrizionista, osteopata, così da effettuare un trattamento a 360° del paziente in una visione interdisciplinare e veramente olistica.”


Hai un desiderio particolare come riflessologa?

“Vorrei insegnare alle mamme a massaggiare i piedi dei loro bambini. Non è difficile, basta imparare pochi semplici tocchi che consentirebbero di alleviare tanti piccoli fastidi. E poi il massaggio potrebbe diventare un rituale divertente ed efficace, da riservare magari alla sera, prima di andare a dormire…”


Mi sembra proprio una bellissima idea!

Come abbiamo visto, Tuina pediatrico, riflessologia plantare o massaggio ayurvedico sono solo alcuni dei tanti approcci che si possono scegliere in base alla propria sensibilità e recettività.


Ma, al di là di qualsiasi tecnica o terapia, resta il fatto che il massaggio, inteso come tocco amorevole, fa bene all’anima.


Io per esempio lo sperimento ogni volta che la mia amica Nadia, esperta di pettinature e look su misura ma anche grande conoscitrice dell’animo umano, mentre mi lava la testa mi massaggia il cuoio capelluto: a volte arrivo da lei stanca e avvilita, sofferente e giù di corda e sempre, immancabilmente, ne esco rifiorita…


Il massaggio al neonato:
raccomandazioni di Leboyer

“Nessun massaggio propriamente detto prima che il bambino abbia compiuto il mese di età.


Diciamo che nei primi tempi si tratta di toccare il piccolo, piuttosto che di praticargli un massaggio propriamente detto. È sufficiente che le mani seguano e percorrano il corpo. Che il corpo si senta “in contatto”. Abbiate le mani leggere all’inizio. Meglio ancora: carezzevoli.


Poi a poco a poco lasciate emergere la forza. … Attraverso di voi passa un’energia. Che non è vostra. È questa energia che vi guida. A condizione che siate attente e disponibili. Siete in un certo senso uno strumento. Più sarete rilassate, meglio passerà questa forza.


Quanto deve durare il massaggio ogni giorno? Quanto tempo? Quando il bambino ha pochi giorni non si tratta veramente di “massaggio”, ma solamente di carezze, di sfioramenti. E dura solo pochi minuti. Si allungherà man mano che il bambino…si allunga e entra nella vita.


Anche se volete sapere il “tempo esatto” dovete assolutamente dimenticare l’orologio. Perché, a poco a poco, il tempo dedicato al massaggio diventerà più lungo e, quando il bambino avrà circa un mese, la seduta durerà dai venti ai trenta minuti.


Ricordatevi che il massaggio deve essere fatto molto lentamente. È da questa lentezza che si capirà la vostra abilità e la vostra comprensione.


Fino a che età? Almeno per i primi quattro mesi. …In realtà, per il benessere dell’uno e dell’altra, nulla vieta di andare molto più in là.

Il maestro è, ancora una volta, il bambino. Sarà lui ad insegnarvi, a istruirvi. Alla sola condizione che siate modeste. E sufficientemente semplici, sufficientemente aperte per seguirlo.


Sì, lasciatevi guidare da lui. Del resto, verrà un giorno in cui il vostro massaggio, finalmente, si farà da sé. …Allora, raggiunta questa perfezione, voi dove sarete? Chi fa il massaggio? Chi è massaggiato? Chi guida? Voi? Il piccolo? Chi conduce la danza? Qualcosa… di dentro. Che c’è. Che c’è sempre stato. Ma che sonnecchiava. Qualcosa che c’è e che sa.”


Tratto da F. Leboyer, Shantala. L’arte del massaggio indiano per far crescere i bambini felici


Compagni di viaggio
Compagni di viaggio
Elena Balsamo
Come adulti e bambini insieme possono aiutarsi a guarire.Una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia e in particolare della coppia mamma-bambino. Compagni di viaggio volge l’attenzione alla salute emotiva della famiglia.Basandosi sulla sua personale esperienza di medico e di paziente, Elena Balsamo offre al lettore una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia (e in particolare della coppia mamma-bambino), nonché numerosi spunti di riflessione sul significato della malattia e sul messaggio contenuto nei sintomi, per trasformare la sofferenza in un’occasione preziosa di apprendimento ed evoluzione. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.