PARTE terza - La salute del bambino

I Fiori di bach:
un aiuto dal cielo…

Sappi che ogni tipo di erba e di fiore possiede una sua canzone.E dal canto delle erbe viene poi composto il canto del pastore, del profeta…

Rabbi Nachman di Bratzlav

Le cose importanti sono semplici

E. Bach

L’incontro con i fiori di Bach è arrivato piuttosto tardi nella mia vita e nella mia carriera professionale. Da tempo vagavo nella nebbia come medico alla ricerca di qualcosa in più, di uno strumento diverso, più consono al mio modo di essere terapeuta ma non riuscivo a trovare la strada. Da anni utilizzavo l’omeopatia con i miei piccoli pazienti ma non mi bastava perché ero convinta che dovesse esistere qualcosa di più semplice, alla portata di tutti, qualcosa di più delicato e dolce ma soprattutto di più facilmente accessibile anche a chi terapeuta non è.


Poi, lungo il cammino personale della sofferenza, ho incontrato i fiori: è stato più che altro un colpo di fulmine (proprio come per l’astrologia!), un innamoramento immediato, come se di punto in bianco i fiori mi avessero parlato, da vecchi amici che si confidano bisbigliando piano, raccontandomi i loro segreti. Da allora sono diventati i miei fedeli alleati e non li ho lasciati più: li ho sperimentati uno ad uno su di me, poi su familiari e amici e infine, una volta così collaudati, con i miei pazienti, grandi e piccini.


I risultati sono stati sorprendenti, a volte addirittura magici. Certamente al di là di ogni mia aspettativa.


Conoscevo i fiori come terapia per problematiche psicoemotive e invece mi sono trovata ad utilizzarli su adulti e bambini anche per problemi fisici come dolori articolari, mal di denti, cefalee, problemi ginecologici e via dicendo con effetti veramente stupefacenti. Ho letto e riletto i testi di Bach alla ricerca di tutti gli indizi possibili per carpire i segreti della sua rivoluzionaria terapia ma al pari di lui le maggiori informazioni mi sono arrivate attraverso l’esperienza personale e l’intuizione.


A Edward Bach vanno tutta la mia gratitudine e le mie benedizioni perché i suoi fiori sono stati per me dei compagni insostituibili sul mio cammino di guarigione, sempre disponibili a darmi una “spintarella” nei momenti di difficoltà: delle fate buone che con immensa generosità mi hanno elargito i loro preziosi doni…


Ecco perché mi dilungherò un po’ di più per raccontarvi la storia del loro scopritore.

Edward Bach, medico dell'anima

Edward Bach era un medico. Come Maria Montessori. Più o meno a lei contemporaneo. E al pari di lei anche lui è l’esempio di una vocazione potente, di una chiamata che non ammette repliche. Fin da bambino sapeva di volersi dedicare alla cura della sofferenza umana e decise di intraprendere gli studi di medicina già da ragazzino. La sua determinazione era assoluta e totale e nessuno potè interferire con i suoi progetti e le sue aspirazioni. Fu così che dopo un triennio di lavoro nella fonderia del padre, Bach si iscrisse all’Università di Birminghan per trasferirsi poi successivamente a Londra dove si laureò nel 1912. Iniziò a lavorare come responsabile medico del Pronto Soccorso dell’Ospedale Universitario e poi del reparto di chirurgia d’urgenza del National Temperance Hospital, quindi aprì un ambulatorio tutto suo e cominciò a dedicarsi allo studio della natura umana, alla ricerca di una terapia anche per quelle malattie croniche che sembravano resistenti a qualsiasi trattamento. Iniziò a interessarsi all’immunologia e diventò assistente di batteriologia presso l’Ospedale Universitario. In quegli anni si dedicò all’elaborazione di speciali vaccini a partire dai batteri presenti nell’intestino dei pazienti con malattie croniche.

I risultati furono incoraggianti e Bach decise di proseguire su quella strada ma la sua salute, sempre cagionevole, ebbe un forte peggioramento ed egli venne operato d’urgenza per un tumore maligno: la prognosi fu di tre mesi di vita. La terribile notizia non ebbe il potere di bloccare i suoi intenti e i suoi progetti: Bach si buttò anima e corpo nel lavoro per cercare di utilizzare al massimo il poco tempo che gli rimaneva così da portare avanti il più possibile le sue ricerche e le sue scoperte. Non si concedette pause né riposo e allo scadere dei tre mesi era miracolosamente guarito. Come riferisce la sua assistente Nora Weeks, egli “giunse alla conclusione che un interesse totale, un grande amore, una finalità precisa erano i fattori decisivi per la felicità dell’uomo sulla terra1 e quindi anche per la sua guarigione.

La sua reputazione come batteriologo intanto cresceva sempre più e anche il numero di pazienti che frequentavano il suo studio aumentava costantemente. Nel 1918 però la sua attività professionale subì una svolta: essendo stato impedito dall’Ospedale ai propri medici di esercitare incarichi all’esterno, Bach decise di dimettersi per poter continuare le sue ricerche e il lavoro con i pazienti. Investì tutto ciò che possedeva nell’allestimento di un piccolo laboratorio, ritrovandosi improvvisamente senza denaro. Ma ancora una volta la sorte venne in suo aiuto e poco dopo venne assunto come batteriologo all’ospedale Omeopatico di Londra dove lavorò fino al 1922. Fu lì che avvenne il suo incontro con l’omeopatia in seguito alla lettura dell’Organon di Hahnemann, incontro che trasformò il resto della sua vita. Molti erano infatti i punti in comune tra il suo lavoro e quello dell’omeopata tedesco, primo fra tutti il principio del “curare il malato e non la malattia” che Bach condivideva profondamente e che sarebbe divenuto la base del suo sistema floriterapeutico. Nel frattempo, grazie alle conoscenze omeopatiche acquisite, Bach riuscì a somministrare i suoi vaccini – chiamati i “Sette Nosodi di Bach” – per via orale con la grande soddisfazione di poter evitare le iniezioni ipodermiche, una modalità terapeutica che egli giudicava troppo violenta ed invasiva.


In quegli anni la fama di Bach era enormemente cresciuta: i suoi vaccini erano stati accolti con entusiasmo dalla classe medica e utilizzati anche in Germania e negli Stati Uniti ed egli veniva ormai definito come “il secondo Hahnemann”. Aveva pubblicato molti articoli su riviste mediche e omeopatiche e lavorava indefessamente in due ambulatori, continuando anche, come aveva sempre fatto, a curare la povera gente che non poteva pagare. Pur essendo la terapia con i nosodi molto più efficace di quelle tradizionali allora in uso, a Bach non bastava. Lui cercava altro: una terapia semplice, efficace, alla portata di tutti, non violenta (come lo è l’iniezione della siringa con ago che perfora la cute e invade il corpo), che curasse non solo i mali fisici ma anche quelli dell’anima. Per trovarla fece un gesto audace e coraggioso: nel 1930 lasciò Londra e la sua brillante carriera di batteriologo e si ritirò nelle campagne del Galles alla ricerca di erbe. Una decisione – dai più giudicata pazza e insensata – che cambiò non solo la sua vita ma le sorti stessi dell’umanità. (Proprio come quella della Montessori quando rinunciò alla sua cattedra universitaria…)


Venduto tutto ciò che possedeva, partì con una valigia che credeva contenesse pestelli e mortai mentre si rivelò con sua sorpresa piena di scarpe… Eppure anche lo sbaglio casuale si rivelò provvidenziale perché il metodo di preparazione dei fiori da lui scoperto non richiedeva nessuna attrezzatura mentre le centinaia di miglia che percorse da allora nelle campagne del Galles misero a dura prova i suoi piedi… Fu proprio lì, in Galles, in quella terra aspra di minatori e pescatori, in cui affondavano le origini della sua famiglia, che Bach trovò il suo dono: scoprì i fiori dalle virtù terapeutiche che sarebbero da allora diventati il suo unico e rivoluzionario strumento terapeutico. Uno dopo l’altro, nel giro di sei anni, Bach scoprì i 38 rimedi floreali che presero poi il suo nome.


Doni così grandi non si acquistano però senza fatica e sofferenza e la vita certo non risparmiò Edward Bach. Sulla sua pelle sperimentò il dolore fisico e psichico dei suoi pazienti e visse in povertà il resto della sua intensa ma breve esistenza. Morì a soli 50 anni.


Poco si sa di lui e della sua vita privata e pochissimi sono gli scritti che ci ha lasciato: molti testi lui stesso li diede alle fiamme non ritenendoli adatti agli uomini dei suoi tempi (anche alcuni in cui aveva studiato un collegamento tra fiori e astrologia!). Peccato.


La sensazione è che avrebbe avuto molto di più da dirci. Ma forse ci ha lasciato l’essenziale, il resto tocca a noi scoprirlo, proprio come fece lui.

Lo spirito dei fiori

Il mio intento con queste pagine è di far conoscere ai genitori e alle famiglie una risorsa terapeutica prodigiosa e ancora non sufficientemente nota (nella quale a volte nemmeno chi la usa professionalmente crede a mio avviso fino in fondo), quale la floriterapia, in un modo a loro facilmente accessibile ma nello stesso tempo completo, mettendone in risalto soprattutto l’aspetto più trascurato: quello spirituale.


Ognuno di noi viene al mondo con un compito specifico: ebbene il mio, o meglio uno dei miei, credo sia lo spiegare cose difficili in modo semplice, affinché tutti le possano capire. È un compito che mi dà una grande soddisfazione perché sono convinta – come dicono del resto i saggi di tutti i tempi – che la verità risieda nella semplicità.


Non è facile parlare di spiritualità a chi non ne è avvezzo: è un po’ come cercare di descrivere sentieri di alta montagna a chi non c’è mai stato, eppure non si può parlare di Fiori di Bach senza parlare di spiritualità perché è in questo ambito e a questo livello che essi agiscono primariamente. La floriterapia non può essere ridotta a una prescrizione sintomatica, dev’essere riconosciuta e compresa nel suo significato originale, quello cioè di una terapia spirituale per l’uomo che vuole incamminarsi sulla strada della guarigione totale, “olistica” nel senso più vero del termine. Non si possono usare i fiori senza conoscerne la filosofia che li sottintende. Allora è importante capire innanzitutto come funzionano e su quali presupposti si basa la loro azione.

Per farlo mi servirò delle parole dello stesso Bach: “I fiori agiscono facendo aumentare le nostre vibrazioni e creando dei canali per ricevere il nostro Sé spirituale. Questi rimedi sono capaci, come la bella musica o qualsiasi altra cosa che ci ispira, di innalzare la nostra natura e di portarla più vicino alla nostra anima, dandoci quiete e alleviando la nostra sofferenza.”2


Per Bach il vero scopo dei rimedi floreali è “avvicinarci alla Divinità interiore” perché è solo essa che guarisce.


Anche nei fiori, come nell’omeopatia, ciò che cura è l’informazione energetica che viene rilasciata all’acqua, che funge da supporto. Non c’è nessuna parte del fiore nel preparato floriterapico: la pianta viene lasciata in una ciotola di vetro al sole in una giornata di cielo limpido e terso (in alcuni casi bollita) e poi viene eliminata una volta “appassita” e solo l’acqua viene conservata e somministrata.


Dice Julian Barnard, grande promulgatore dell’opera di Bach, che “Le piante rappresentano idee in forma fisica, come fossero pensieri della terra”3 e pertanto trasmettono il loro messaggio di guarigione “non in base alla chimica delle foglie e dei fiori ma alle proprietà di energia sottile di cui sono permeate, una sorta di spirito o di coscienza vegetale di cui ci siamo scordati o con cui abbiamo perso il contatto”.4


Già nel 1700 von Haller, docente di medicina all’Università di Gottinga del resto scriveva: “Una grande varietà di forza si cela nelle piante stesse, le cui caratteristiche esterne ci sono note da tempo ma la cui anima, e qualunque componente divina esse racchiudano, ancora ci sfugge.”5


Ecco possiamo dire che Bach riuscì a stabilire un contatto con l’anima delle piante e a farsi rivelare i loro segreti e le loro virtù curative (proprio come la Montessori fece con i bambini…).


Bach era un uomo di grande intuito, anzi un sensitivo (visto che curava anche con il tocco delle sue mani che però riservava a rare occasioni in quanto lo considerava un dono non trasmissibile) e, come racconta Barnard, gli bastava pensare alla persona che voleva curare per sentirsi come lei e farsi attrarre da una pianta che presentasse la sua stessa proprietà vibrazionale, il cui modello energetico cioè fosse in sintonia con la condizione emozionale da lui provata in quel momento. Fu così che scoprì i 12 fiori guaritori e gli altri 26 aiutanti e assistenti: sulla base del principio di similitudine.


“Due corpi che presentano lo stesso modello energetico vibrano in sintonia, analogamente a un violino che capta la vibrazione di un altro strumento suonato allo stesso tono.”6

Perché i simili si attraggono. È quanto succede anche nelle relazioni tra esseri umani…


E allora la guarigione avviene per un meccanismo di risonanza.

I fiori agiscono in modo così delicato e sottile da raggiungere i livelli più alti dell’essere umano: quelli dello spirito.


Quindi secondo Bach “basandosi sulla vita e sulla storia del paziente, il medico dovrà essere capace di individuare il conflitto che causa la malattia o la disarmonia tra il corpo e l’anima e di dare i consigli necessari e di scegliere la terapia corretta che porterà alla guarigione del paziente.”7

Questo è il cuore della floriterapia, il suo senso più profondo.

“Questo metodo di guarigione, che ci è stato rivelato per grazia divina – scriveva ancora Bach – dimostra che sono le nostre paure, le nostre preoccupazioni, le nostre ansie e altre emozioni del genere a spianare la via alla malattia”8. Se noi permettiamo per esempio alle interferenze esterne – ai consigli o alle prevaricazioni altrui – di impedirci il nostro peculiare e unico cammino, se lasciamo che le persone che ci circondano ostacolino i nostri piani e la nostra libertà, se svolgiamo il nostro lavoro solo per senso del dovere con irritazione e impazienza, ecco che inevitabilmente ci avviamo sulla strada della malattia perché dimostriamo di non dare ascolto alla sottile voce dell’anima, l’unica che sa indirizzarci verso la giusta direzione, che sa ciò di cui abbiamo bisogno.


Ma come possiamo sentire ciò che la nostra anima ha da dirci? Mettendoci in ascolto del suo sussurro: “la nostra anima ci parla attraverso la nostra intuizione, i nostri istinti, attraverso i nostri desideri, i nostri ideali, ciò che abitualmente ci piace o non ci piace; ci parla in modo tale che a ciascuno di noi risulti facilmente comprensibile”.9 Ecco allora che per esempio le nostre preferenze diventano uno strumento che ci permette di “interpretare gli ordini spirituali della nostra anima”, la quale sa che “l’appagamento è l’unica cura efficace”10 per noi in questo mondo: assecondare i propri desideri più profondi e più veri quindi non è egoismo, contrariamente a quanto ci è stato insegnato ma, al contrario, obbedienza al nostro “Piano Divino”.


Secondo Bach non occorre lottare contro le malattie e le preoccupazioni, non bisogna combatterle e contrastarle ma semplicemente dimenticarle, concentrandosi nello sviluppo delle virtù che ancora ci mancano: un approccio che definirei molto “montessoriano”…


Bach ci ricorda che ad ognuno di noi è stata affidata “una determinata opera da compiere, che solo noi possiamo svolgere. Ognuno di noi ha un proprio lavoro da svolgere e ha il potere e la conoscenza necessari per compierlo alla perfezione”11: si tratta solo di capire qual è e di mettersi a farlo… “Scopriamo la cosa che ci interessa di più nella vita e facciamola”12 diceva Bach. E avremo risolto gran parte dei nostri problemi perché, come egli scriveva

La vera salute ha origine nella felicità e la felicità è facilmente raggiungibile perché deriva da piccole cose: fare quello che ci piace veramente, stare con le persone che amiamo davvero.13

In fondo la cura è molto semplice ma non sempre così facile da applicare…

Utilizzo pratico dei fiori di Bach: qualche esempio

I Fiori di Bach agiscono dunque a livello spirituale e per un meccanismo a cascata hanno effetti su tutti gli altri piani: da quello psicologico-emotivo a quello fisico. Una mia amica una volta ha descritto l’effetto dei fiori come “una pioggia di benessere”.


È una terapia dolce, quella con i fiori, senza controindicazioni o effetti collaterali, che si impara un po’ alla volta a gestire anche da soli e si può usare in gravidanza e nei neonati senza rischi di aggravamenti (ci sono solo due o tre fiori in base alla mia esperienza che vanno gestiti con cautela perché possono “muovere” molto le emozioni e far riaffiorare i traumi).


Qualche goccia al giorno ed ecco che si può ritornare “interi”, proprio come l’omino di plastica di un mio piccolo paziente di quattro anni che ha detto allo psicoterapeuta che lo seguiva: “Tu dàgli quattro gocce di questa boccetta quattro volte al giorno e vedrai che starà benissimo”…


I bambini sono particolarmente sensibili ai fiori e si rendono conto subito se sono quelli giusti per loro: a volte sono loro stessi che li chiedono alla mamma, fin da piccolissimi.

La scelta dei fiori non si effettua in base al tipo di patologia o di sintomi presentati dal bambino, ma in base alla sua reazione agli stessi (“ciò che si deve fare è notare il modo in cui il paziente affronta la malattia”14 diceva Bach), come potrete evincere dagli esempi seguenti tratti dalla mia casistica, perché ogni essere umano è unico e ha il suo modo peculiare di rispondere agli eventi della vita. Per cui, come vedrete, allo stesso sintomo (per esempio la febbre) possono corrispondere fiori diversi a seconda della causa che l’ha provocata e della reazione della persona ad essa.

Eccovi alcune storie per farvi comprendere meglio:

Sofia, 17 anni, è in preda a una forte influenza: febbre a 39°, estrema spossatezza e una cefalea “insopportabile”. Migliora con un rimedio omeopatico ma poi ha una imprevista ricaduta. È sabato sera e lei afferma di non farcela a passare la notte così. “È troppo” dice alla mamma che me lo riferisce al telefono, raccontandomi anche delle sue preoccupazioni per la scuola. All’improvviso mi si accende una lampadina e io le suggerisco di darle Elm (il fiore di chi si sente troppa responsabilità sulle spalle e a cui il compito da affrontare appare troppo grande e difficile): due gocce in un bicchier d’acqua da sorseggiare ogni tanto. Dopo un quarto d’ora il mal di testa è notevolmente calato e la mattina dopo la ragazza è sfebbrata. Questa volta non ci sono ricadute. Olive e Walnut l’aiuteranno a ritrovare l’energia perduta e il coraggio per affrontare il nuovo anno scolastico con i cambiamenti che lo accompagnano. Questo caso, brillantemente e velocemente risoltosi, mi conferma l’azione ad ampio raggio dei fiori: quando si è colta la natura di ciò che sta dietro la malattia e il modo del paziente di reagire ad essa, l’effetto si verifica anche a livello fisico in situazioni acute.


Un altro esempio per una patologia simile ma con una reazione diversa: Sonia, 2 anni, ha alcuni episodi di vomito e diarrea e all’improvviso sale la febbre a 39°. La bimba è sonnolenta, in uno stato di torpore e dorme per la maggior parte del tempo. Appare totalmente ipotonica. Due gocce di Clematis in un bicchier d’acqua da sorseggiare ogni tanto la rimettono in piedi in 24 ore. La piccola riprende le forze, inizia a mangiare e a giocare e ben presto torna quella di prima.


A Elisa invece compare all’improvviso un broncospasmo con difficoltà respiratoria. La mamma, grande osservatrice delle sue figlie e molto esperta a cogliere le connessioni, mi chiama al telefono e mi racconta che la bimba ha visto in televisione immagini che l’hanno molto spaventata: le prescrivo Mimulus, Aspen (i fiori della paura) ed Elm insieme a Rescue remedy. Il giorno dopo incredibilmente è passato tutto…


I fiori sono fondamentali per la mamma durante la gravidanza (anche perché non hanno effetti collaterali e non c’è rischio di sovradosaggio), durante il post-partum e per i neonati: li aiutano a sentirsi accolti nel mondo in cui si sono ritrovati all’improvviso catapultati. Walnut in particolare è essenziale: li protegge dalle interferenze esterne creando una sorta di guscio energetico e ne facilita l’adattamento alla nuova realtà. Il fiore del noce è fondamentale non solo per chi è appena arrivato ma anche per chi sta per andarsene: più volte ho visto persone anziane sul letto di morte perdere il colorito grigio cereo e ritrovare il sorriso dopo la somministrazione di qualche goccia della preziosa essenza…


Nelle terapie croniche i fiori vanno assunti per molto tempo, in genere diversi mesi. La loro azione si manifesta anche attraverso la comparsa di sogni che danno utili indicazioni al paziente circa il suo percorso di guarigione.


Ecco per esempio quello di una mia paziente dopo l’assunzione di Larch, il fiore dell’autostima: “Camminavo verso un bosco: a sinistra era scuro, a destra chiaro, era un bosco di larici. Mi dirigevo verso quella parte. Spingevo una carrozzina con il mio bambino. Camminavo nella neve a piedi nudi ma non avevo freddo. Ero molto stupita di questo perché io soffro molto il freddo e ho sempre bisogno di avere i piedi molto caldi. Era come se una vocina dentro di me mi dicesse “Vedi, ce la puoi fare!”.


Altre volte il fiore agirà come un catalizzatore che richiama energie esterne sotto forma per esempio di un messaggio improvviso attraverso un libro, un film, un amico.


In ogni caso dopo l’assunzione dei fiori il disperato ritroverà la speranza, il depresso, dopo aver versato una buona dose di lacrime, ricomincerà a sorridere, l’impaziente si calmerà, l’insicuro riacquisterà fiducia nelle sue capacità, l’apatico e il rassegnato riscoprirà la voglia di vivere…

Il rimedio per le emergenze

Non posso, per concludere questo capitolo, non dire due parole sul famoso “Rescue remedy” che è stato più volte per me un rimedio “salva-vita”: senza le miracolose goccine non sarei sopravvissuta a dieci anni di attacchi di ansia e crisi di panico, affrontati senza alcuna terapia farmacologica…


Ma il Rescue remedy, una miscela di cinque fiori studiata appositamente da Bach per le situazioni d’emergenza, non serve solo per alleviare sintomi emotivi in caso di spaventi, cattive notizie, lutti, traumi di qualunque genere ed entità, ma anche per curare sintomi fisici, a volte improvvisi e inspiegabili. Perché come Bach ci ha insegnato, dietro ogni sintomo c’è sempre una perturbazione ad un altro livello più elevato, emotivo e spirituale, che provoca un’interferenza nel sistema mente-corpo, anche se noi spesso non riusciamo a coglierla e identificarla.


Personalmente ritengo – ma è solo una mia ipotesi e intuizione – che i cinque fiori che compongono la formula del Rescue remedy non siano altro che i corrispettivi rimedi dei cinque traumi che ci portiamo dietro da quando veniamo al mondo e che corrispondono astrologicamente a Saturno, Urano, Plutone, Nettuno e Chirone. Star of Betlehem per esempio – rimedio che scioglie i traumi – è la stella di Betlemme e si addice alla ferita primaria associata a Chirone che, guarda caso, è proprio una cometa…


Clematis invece, così utile per i sognatori e nei casi di perdita dei sensi, corrisponde perfettamente a Nettuno, il pianeta dell’oblio e dell’immaginazione; Rock Rose, rimedio per gli stati di terrore e gli attacchi di panico, è adatto a sciogliere le tematiche associate al potente Plutone.


Ma ecco qualche esempio, tratto dalla mia casistica clinica, sull’efficacia del rimedio d’emergenza in caso di problematiche fisiche: Emanuele, 5 anni, ha di punto in bianco un mal di pancia violento che lo fa piangere dal dolore e la mamma non sa cosa fare per aiutarlo, sta quasi per portarlo al pronto soccorso quando le viene in mente di chiamarmi e io le consiglio di spruzzare sul pancino del piccolo un po’ di Rescue spray, più volte nel giro di dieci minuti. Dopo poco Emanuele si addormenta e quando si sveglia del mal di pancia non c’è più traccia alcuna.


Gabriella è un’infermiera: si sveglia una mattina con i linfonodi inguinali estremamente gonfi e subito pensieri angoscianti le si affacciano alla mente. Corre a farsi vedere in ospedale ma la visita e gli esami non riscontrano alcuna situazione anomala. Lei però è piegata in due dal dolore. Dietro mia prescrizione, con molta tenacia, continua a spruzzare Rescue remedy sulla zona dolente fino a che a poco a poco il gonfiore diminuisce – insieme alla sofferenza – e nel giro di qualche giorno è scomparso del tutto.


Un aneddoto familiare: mia madre viene colpita da ictus, farfuglia suoni incomprensibili e non riesce a muovere il braccio destro. Mentre siamo in attesa dell’ambulanza, le spruzzo più volta sui polsi il Rescue remedy. All’arrivo degli infermieri ecco che la capacità di articolare parole è tornata e il braccio ha ripreso a muoversi. Peccato che da quel momento in poi l’uso del potente rimedio mi sia stato espressamente vietato nonostante abbia dichiarato di essere un medico…


Un altro ricordo sempre personale: mio padre è ricoverato in fin di vita in ospedale per problemi di reni. La dottoressa mi dice che teme non riuscirà a passare la notte. Allora mi faccio coraggio e le chiedo un favore come collega: la prego di dire alle infermiere di spruzzargli tutta la notte ogni ora del Rescue sui polsi. Con mio sommo e grato stupore acconsente che le lasci il flaconcino. Mio papà supera la notte e torna a casa dove se ne andrà poi qualche tempo dopo circondato dall’affetto dei suoi familiari.


Dopo molteplici esperienze di questo genere io ora consiglio di tenere il rimedio sempre a portata di mano nella farmacia familiare (o ancora meglio nella borsa…) e suggerisco di provarlo in prima istanza per i sintomi più disparati: dalle emorroidi alle ustioni (preferibilmente nella formula spray senza alcool in questi casi), dagli svenimenti agli spasmi affettivi… E in ogni caso lo faccio somministrare ai bambini prima delle vaccinazioni e dopo sul punto di inoculazione del vaccino. Così come anche durante eventuali ricoveri ospedalieri o interventi chirurgici per ridurre il vissuto traumatico.


Il Rescue remedy è poi per me rimedio di eccellenza per il parto: aiuta la mamma a vivere meglio, con meno ansia e paura l’esperienza del travaglio e aiuta anche il bambino nel ventre ad affrontare la grande avventura della nascita con più serenità e tranquillità. Può essere spruzzato a questo scopo anche sopra il pancione, specie in situazioni di difficoltà: un arresto della dilatazione, una bradicardia fetale, l’assunzione di un farmaco o un anestetico, un taglio cesareo.


Sarebbe poi utilissimo per i piccoli prematuri se solo la medicina ufficiale fosse disponibile a sperimentarlo…


Ma nell’attesa che allopatia e floriterapia si incontrino, iniziamo noi nel nostro piccolo a scoprire questi rimedi semplici e potenti che Madre Natura ci ha donato e fatto conoscere attraverso l’opera di quel grande medico che fu Edward Bach e ci stupiremo di quanto la nostra vita ne uscirà trasformata.


Ecco qualche indicazione per l'utilizzo dei fiori
in alcune situazioni molto comuni:
  • Rabbia, bambino geloso che picchia il fratellino o i genitori: HOLLY.

  • Incubi, spavento per cause irrazionali (mostri, fantasmi ecc.), paura che succeda qualcosa di brutto, malattie insorte per spavento: ASPEN.

  • Paura dell’aggressività altrui, di andare a scuola, dell’adulto autoritario in bambini timidi e sensibili, malattie insorte per paura o paura di ricadute o per esempio di muovere un arto dopo una frattura: MIMULUS.

  • Tristezza, lacrime facili, scoraggiamento, depressione: GENTIAN.

  • Cambiamenti: (nascita, trasloco, eruzione dei denti, svezzamento, ingresso al Nido, viaggi ecc.): WALNUT.

  • Stanchezza nelle mamme sovraffaticate o nei ragazzi che studiano tanto: ELM e OLIVE.

  • Ipotonia (bambino apatico, sonnolento e ipotonico) nel corso di qualsiasi patologia o in caso di sensazione di svenimento: CLEMATIS.

I fiori di Bach si somministrano in acuto mettendo due-tre gocce dell’essenza in un bicchier d’acqua e bevendo un sorso ogni tanto; come terapia cronica preparando una boccetta da 30 ml. di acqua + 1 cucchiaino di brandy o di aceto di mele nei bambini (per conservare la preparazione) e 2-3 gocce di ogni fiore necessario.


Possono essere usati anche in crema (7-10 gocce di fiore per ogni 100 ml. di crema base) o in spray da spruzzare nell’ambiente.



Indicazioni per l'uso di
Rescue Remedy:

Il Rescue Remedy può essere utilizzato per tutti i tipi di traumi sia fisici che psichici:

  • Incidenti, malattie improvvise gravi.

  • Lutti.

  • Ricoveri ospedalieri.

  • Prima e dopo interventi chirurgici o dentistici.

  • Prelievi, per esempio prima delle vaccinazioni e dopo sul punto di inoculazione.

  • Paure improvvise, attacchi di ansia e panico (anche prima di andare dal dottore nei bambini che hanno timore delle visite) o durante voli aerei in persone che ne hanno paura.

  • Dolori improvvisi e molto forti di qualunque genere (sul punto del dolore).

  • Coliche gassose dei neonati (sul pancino).

  • Cattive notizie che lasciano in stato di shock.

  • Problemi durante il parto.

  • Svenimenti.

  • Ictus o altre emergenze (in attesa dell’ambulanza).

  • Febbri molto alte, malattie esantematiche.

  • Ustioni, ematomi, punture di insetti (sotto forma di crema – Rescue cream).

È molto utile per:

  • Chi assiste malati terminali o persone in situazioni gravi.

  • Chi lavora su di sé, per esempio durante una psicoterapia, per aiutare a far riaffiorare e sciogliere i ricordi traumatici.

  • I neonati prematuri o ricoverati in neonatologia.

Il Rescue remedy può essere utilizzato diluito (4 gocce in 250 ml. di acqua, l’equivalente circa di un bicchiere d’acqua, o metà bottiglietta da 500 ml.) da sorseggiare ogni 5-10 minuti. Se la persona non fosse in grado di bere, si possono applicare le gocce di essenza pura direttamente dietro l’orecchio, sui polsi o sulle labbra. Oggi il Rescue remedy esiste anche in spray, formulazione che consiglio vivamente perché di comodo utilizzo anche con i bambini: in questo caso basta spruzzarne un po’ sui polsi o sotto i piedini più volte al bisogno. Non c’è rischio di sovradosaggio.


Compagni di viaggio
Compagni di viaggio
Elena Balsamo
Come adulti e bambini insieme possono aiutarsi a guarire.Una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia e in particolare della coppia mamma-bambino. Compagni di viaggio volge l’attenzione alla salute emotiva della famiglia.Basandosi sulla sua personale esperienza di medico e di paziente, Elena Balsamo offre al lettore una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia (e in particolare della coppia mamma-bambino), nonché numerosi spunti di riflessione sul significato della malattia e sul messaggio contenuto nei sintomi, per trasformare la sofferenza in un’occasione preziosa di apprendimento ed evoluzione. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.