PARTE SECONDA - IN VIAGGIO VERSO LA SALUTE

Indicazioni stradali:
quale terapia?

Avrei voluto guarirti con le parole, perché in questo modo la guarigione avviene per sempre. Ma visto che tu vuoi guarire velocemente non ho altra scelta che usare le medicine.

Ba’ al Shem Tov

Come puoi pensare a guarire se non vuoi bene alla vita?

A. D. Manca

Cercate il Regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in più

Vangelo

Una notte feci un sogno, molto vivido e profondo, in cui un Maestro, molto simile al Cristo, mi diceva “Chiedi di essere guarita con ciò con cui potrai aiutare gli altri a guarire”.


Per tanto tempo mi sono scervellata su quale potesse essere questa terapia miracolosa e sono andata alla sua ricerca sperimentando un po’ tutti gli approcci “alternativi” che la vita mi proponeva man mano. Così per esempio ho scoperto i fiori di Bach e poi l’astrologia, quindi la Logosintesi… Ma sentivo che la risposta al quesito che mi assillava non risiedeva in una “tecnica”. E che anzi probabilmente non sarebbe mai arrivata nessuna risposta, perlomeno nella forma in cui me la aspettavo io. Poi un sabato santo, dopo aver guardato il film Sette anni in Tibet e aver pregato molto intensamente, ecco che all’improvviso ho compreso: “Ricordati chi sei!” mi sussurrava una vocina dentro di me… “Ricordati chi sei!” Come a dire “Se sarai ciò che sei non solo potrai guarire ma anche aiutare gli altri a farlo”.


E mi sono resa conto che la Vita ci ama a tal punto che vuole il meglio per noi e ci spinge a volte per strade dure e faticose proprio perché vuole darci di più: la Vita non vuole che noi ci accontentiamo! È come se ci sussurrasse all’orecchio “Tu sei di più, molto di più di quello che credi: ricordatelo e diventalo!”…


Il primo passo per intraprendere una terapia è acquisire la consapevolezza di averne bisogno. Non sempre è facile. Ci sono persone che sono cresciute dovendosela cavare da sole e per loro chiedere aiuto è estremamente difficile. Mettersi alla ricerca di un sostegno esterno è in questi casi invece proprio il punto di partenza per avviarsi verso la guarigione. Perché si può trasformare solo ciò che si accetta e si riconosce: “io ho un problema e non sono in grado di risolverlo da solo”.


Non per nulla quando un alcolista si reca agli incontri della Associazione Alcolisti Anonimi il primo passo che è chiamato ad intraprendere è affermare “Io sono un alcolista”.


Quando la sofferenza si fa verbo la ricostruzione diventa possibile.

Il secondo passo è orientarsi tra le innumerevoli proposte del mercato, il che non è poi così semplice: oggigiorno c’è la possibilità di scegliere tra una vasta gamma di approcci terapeutici, che spaziano dalla medicina allopatica a quella cosiddetta “alternativa” o meglio “complementare”, che comprende al suo interno numerose specialità: omeopatia, fitoterapia, floriterapia, agopuntura, ayurveda, riflessologia, massaggio, osteopatia, terapia craniosacrale, jin shin do, possono essere strumenti utili, così come molti altri, sia per gli adulti che per i bambini. Non esiste una terapia ottimale, esistono tante strade diverse, ognuna delle quali può essere più o meno adatta a un certo tipo di persona.


Ecco perché è difficile dare consigli in questo ambito: ognuno dovrebbe scegliere ciò che sente più affine alla sua personalità, verso cui si sente più attratto e poi provare a sperimentarlo. Sarà solo l’esperienza diretta che permetterà di dire se quel tipo di terapia è o no appropriata per lui. Una terapia per essere veramente efficace infatti dev’essere adeguata alle necessità del paziente, deve risuonare e corrispondere pienamente alle sue caratteristiche, in una parola dev’essere confezionata su misura, proprio come un vestito di alta sartoria, non certo come un capo fabbricato in serie, made in china…


Ciò che si può tracciare invece è una sorta di griglia per far comprendere le peculiarità di ogni singolo approccio e il livello energetico sul quale agisce.

Un mondo di energie

Abbiamo visto che esistono quattro livelli di malattia e ognuno va affrontato con gli strumenti più adeguati per quella particolare dimensione.


A Esculapio, dio della medicina, si attribuisce l’aforisma “prima la parola, poi la pianta, infine il coltello”, per indicare come i livelli energeticamente più elevati possano essere curati con la parola, quelli medi con la fitoterapia, quelli più bassi con la chirurgia.


Partiamo, in senso inverso, dal primo gradino della scala terapeutica: il livello fisico, quello cioè più grossolano, più denso dal punto di vista energetico.


Questa dimensione è quella su cui agisce la medicina allopatica: ci sono situazioni che richiedono inevitabilmente l’assunzione di farmaci chimici o di interventi chirurgici (per esempio in un caso di grave trauma cranico o di pneumotorace meno male che esiste la sala operatoria!) ma se il disturbo non è localizzato a quel determinato livello bensì ad uno superiore, ecco che questi strumenti perdono la loro efficacia.


La medicina allopatica opera secondo una visione meccanicistica che considera la salute come assenza di malattia, il corpo umano come un ingranaggio da riparare e la malattia come conseguenza dell’azione di microrganismi esterni – quali virus e batteri – o agenti inquinanti o, nel caso dei disturbi cronici degli adulti, come conseguenza dell’usura dell’organismo.


La soluzione per questo tipo di medicina consiste nel curare i sintomi, ossia combattere gli agenti patogeni esterni con farmaci (per es. antibiotici o cortisone). È quello che io sono solita chiamare l’approccio dell’imbianchino: compare una macchia di umido sulla parete e gli si dà una mano di intonaco…


Poi ci sono altri approcci che vanno invece a cercare cosa c’è dietro la macchia: sono quelle che vengono definite anche “terapie energetiche o vibrazionali”. Per comprendere come agiscono però è necessario dire qualcosa di più sulla struttura energetica dell’essere umano, altrimenti si rischierebbe di non capire.

Oggi la fisica quantistica ha dimostrato ciò che i saggi di tutte le tradizioni hanno insegnato per millenni e cioè che il mondo in cui viviamo, animato o inanimato, è fatto di energia radiante: “l’universo è un’enorme struttura di interferenze energetiche”1, una sorta di gigantesco ologramma cosmico, in cui ogni parte contiene l’informazione del tutto. La materia, in quest’ottica, non sarebbe nient’altro che “luce congelata”.


L’uomo non ne è che un riverbero, ecco perché i mistici di tutti i tempi l’hanno sempre definito “un essere di luce”… Oggi la scienza è in grado di legittimare questa affermazione. Come ci ricorda il medico americano Gerber, l’uomo è un essere multidimensionale “in equilibrio dinamico con un universo di energia e luce di varie forme e frequenze”2.


Energeticamente parlando, l’essere umano possiede cinque corpi distinti: un corpo fisico, un corpo eterico, un corpo astrale, un corpo mentale e un corpo causale.


Il corpo fisico è quello che conosciamo e possiamo osservare con i nostri sensi; gli altri corpi invece, che sono costituiti da energia sottile, cioè meno densa di quella fisica, possono essere percepiti solo da chi possiede doti di sensitività e chiaroveggenza.


Agli scettici qui ricordo, usando le parole di Gerber, che “i corpi superiori sono invisibili solo perché le tecnologie che possono renderli visibili sono ancora allo stadio di ricerca. Il mondo astronomico delle radiofrequenze e dei raggi X era anch’esso un universo sconosciuto finché le tecnologie adatte potessero essere sviluppate per estendere le percezioni dei nostri sensi in quelle direzioni. Così, nel caso delle energie sottili, è auspicabile uno sforzo analogo per rendere visibile l’invisibile.”3


Tali corpi, secondo gli studi di Kim Bong Han e Hodson, precedono la nascita del corpo fisico e anzi servono come organizzatori di questo, su cui agiscono attraverso una rete di canali, chiamati “meridiani” dalla medicina cinese e “nadi” da quella indiana. Questi binari energetici – se ne sono individuati più di 70.000 – sono poi regolati, per l’antica medicina indiana, da una serie di centraline, i famosi “chakra”, veri e propri vortici ruotanti di energia sottile, che agiscono come dei trasformatori che riducono la frequenza dell’energia da un livello superiore ad uno inferiore. Essendo ognuno dei sette chakra associato ad un plesso nervoso e una ghiandola endocrina, ecco che l’energia da loro veicolata si traduce in attività ormonale e cellulare in tutto l’organismo. Così ad esempio “un minor flusso di energia attraverso uno dei chakra può provocare un’ipofunzione in qualcuna delle ghiandole endocrine chiave, per esempio un blocco del chakra della gola può provocare ipotiroidismo.”4

Ma torniamo ai cinque corpi: il corpo eterico è strettamente adeso a quello fisico e “agli occhi del chiaroveggente, la forma eterica prenatale che appare subito dopo il concepimento sembra un piccolo corpo fatto di materia luminescente e leggermente vibrante”5. Il corpo eterico è quello che ha il compito di strutturare il corpo fisico e in cui sono situati i meridiani e i chakra e su cui quindi può agire l’agopuntura per disostruire i canali energetici intasati, sciogliere i blocchi e ripristinare il normale flusso della corrente. A un’alterazione del corpo eterico fa seguito immancabilmente una malattia sul piano fisico.


Quando poi il corpo eterico si separa da quello fisico sul piano visibile si determina il fenomeno che noi chiamiamo morte.


Il corpo eterico può essere visualizzato con il metodo della fotografia Kirlian.6

Il corpo astrale, detto anche animico, è il livello successivo: è fatto di energia più sottile ed è legato alle emozioni e ai sentimenti. È a partire da questo strato che avrebbero origine il 90% delle malattie fisiche (come del resto sosteneva Edward Bach). I buchi a questo livello sono responsabili della maggior parte dei nostri problemi… La psicoterapia agisce su questo livello.

Secondo Steiner l’uomo ha in comune il corpo fisico con il mondo minerale, il corpo eterico con il mondo vegetale e il corpo astrale con il mondo animale.

Poi c’è il corpo mentale, sede dell’intelletto, appannaggio esclusivo degli esseri umani. È su questo livello che agisce l’omeopatia utilizzando le informazioni contenute nelle sostanze vegetali, minerali e animali veicolate dall’acqua per andare a sostituire messaggi scorretti e riportare così la giusta informazione mancante.


C’è chi sostiene che corpo astrale e corpo mentale non siano altro che due strati dell’Anima.

Infine c’è il corpo causale che è il livello più propriamente spirituale. Si chiama causale proprio perché questo piano contiene le cause di tutto quello che siamo e che saremo e quindi anche le nostre precedenti incarnazioni. Il corpo causale è l’unico che non muore mai: è ciò che chiamiamo Spirito.


Su questo livello agisce per esempio l’ipnosi oppure la fede: “La tua fede ti ha guarito” diceva Gesù alludendo proprio a questa dimensione. Numerosi sono i casi di guarigioni miracolose, testimoniate anche da medici (come per esempio il dottor Soresi nel suo libro Guarire o il dottor Siegel nei suoi volumi Amore, medicina e miracoli e Come l’amore guarisce): fenomeni inspiegabili per la scienza che eppure accadono sotto i nostri occhi increduli. Che si tratti dell’acqua di Lourdes o di un pellegrinaggio a Medjugorje o più semplicemente di una preghiera pronunciata per eliminare delle banali verruche, sta di fatto che l’elemento “fede” fa scattare meccanismi psicofisiologici che ancora sfuggono alle indagini dei ricercatori.

In ogni caso conoscere questi differenti livelli è importante per sapere che cosa si sta facendo e su cosa si sta agendo: se assumo un analgesico o un antibiotico so che sto lavorando sul piano fisico (in questo caso va ricordato che “la terapia medica è giusta e benefica quando un intervento risulta necessario ma non ha niente a che fare con una autentica guarigione”7); se mi sottopongo ad una sessione di agopuntura o mi curo con la medicina cinese so che sto agendo sul piano eterico; se uso un rimedio omeopatico, secondo i canoni unicisti, lavoro sul livello mentale; e infine se utilizzo la preghiera agisco sulla dimensione spirituale.

Che per curare si utilizzi un tubetto di granuli, una boccetta di fiori o una parola ben detta – e quindi benedetta – non ha importanza, ciò che conta è che il rimedio o la tecnica adottata risuoni alla stessa frequenza del paziente e metta in moto le sue risorse: perché la guarigione viene sempre dall’interno. Non è mai il fuori che cura, dall’esterno arriva soltanto la spinta d’incoraggiamento… Al resto pensa la Vita.


Ecco perché a volte da solo il rimedio non basta, occorre anche che gli si affianchi un’azione, una trasformazione del pensare e dell’agire. “Comprendere, possedere, trasformare” diceva Assagioli ed è diventato il motto della Psicosintesi. Il pensiero errato, l’idea falsa e preconcetta va sostituita con un’altra più idonea e positiva.


A volte va cambiato un comportamento, se non addirittura uno stile di vita. La liberazione dal sintomo non è altro che un’azione che libera: a volte ci viene richiesto di compiere scelte radicali e nel momento stesso in cui lo facciamo ecco che la malattia magicamente scompare… Non sono rari i casi in cui per esempio alla chiusura di una relazione malata che si trascinava da tempo fa seguito la guarigione da sintomi di vario tipo e vario genere, come dermatiti croniche o extrasistoli e tachicardie.


Per concludere questo paragrafo sui diversi livelli di terapia, ho voluto rivolgere qualche domanda ad Elisabetta Galli, medico antroposofo, nonché mia carissima amica dai tempi dell’Università: uno dei rari esempi di terapeuti che lavorano anche sulla sfera spirituale accompagnando i pazienti in un percorso di consapevolezza di sé.


Secondo te, Elisabetta, quali sono le lacune maggiori riscontrabili oggi in ambito terapeutico? “Una non chiara visione dei diversi livelli di malattia e terapia: in genere si assiste ad un eccessivo accanimento sulle problematiche fisiche, ma a volte anche su quelle emotive, dimenticandosi di quelle spirituali… Eppure tutto parte da lì! Ci sono anche casi però in cui persone da tempo sul cammino spirituale evitano di affrontare problematiche psicologiche che li bloccano nel loro processo evolutivo, mantenendoli ad un livello infantile da un punto di vista emotivo. Ci sono poi coloro che puntano tutto sulle pratiche spirituali e sul lavoro animico scordandosi totalmente del corpo… Ma il fatto è che l’essere umano è un’unità composta da tutti questi diversi elementi! Ecco perché dico che ciò che veramente manca dal punto di vista terapeutico è la conoscenza profonda dell’essere umano in tutti e tre gli ambiti sopracitati.”

Già, la completezza e l’equilibrio sono principi fondamentali in tutte le medicine tradizionali del mondo, da quella cinese a quella indiana, ma noi occidentali sembriamo averli persi per strada…È verissimo quello che hai detto: pur se rivolta alla psiche o allo spirito, la terapia deve passare anche attraverso il corpo perché corpo, anima e spirito non sono entità separate. Ecco perché Osho afferma che “tutti i problemi sono psicosomatici. E ogni problema deve essere affrontato da entrambi i lati”8.

Ciò significa per esempio che anche utilizzando una terapia verbale, l’effetto deve essere sentito nel corpo, non solamente compreso a livello mentale. Si può aver fatto chiarezza e aver capito ogni singolo particolare della propria storia ma se non lo si è “vissuto” attraverso l’esperienza corporea ed emotiva, liberando ciò che era bloccato a quei livelli, non si riuscirà a guarire. Come sono solita dire io, c’è un “click” che deve scattare…


C’è qualcos’altro che vorresti dirci, Elisabetta?

“Vorrei solo ricordare due cose: la prima è che lo strumento più importante per effettuare il cambiamento, e quindi arrivare alla guarigione, secondo me consiste nel trasformare lo sguardo, ovvero nell’osservare una determinata situazione (un trauma per esempio) in modo totalmente diverso da quello a cui siamo abituati di solito.


Faccio un esempio: una persona amata ci ha lasciato a un certo punto della nostra vita, generando in noi una ferita di abbandono e facendoci credere che il viaggio in due sia sempre destinato ad interrompersi. Se però guardiamo questo evento con altri occhi potremo accorgerci che in realtà non si è trattato di un viaggio interrotto ma di una missione compiuta! Ci siamo accompagnati per un tratto di strada e questa esperienza ci ha permesso di crescere ed acquisire saggezza. Accettandola nel suo significato più profondo, possiamo svoltare e cambiare disco sul nostro grammofono e ascoltare nuove canzoni…


L’altro punto che vorrei ricordare è l’importanza di affidarsi a terapeuti qualificati, che siano essi stessi in un cammino di autoconoscenza ed autoeducazione e che abbiano un cuore aperto. Purtroppo oggi sul mercato della salute si trova di tutto e ci sono molte persone che si improvvisano causando disorientamento e a volte anche danni nelle persone che vi si affidano senza cognizione di causa.”


Grazie di averlo ricordato! È esattamente l’argomento del prossimo paragrafo…

Attenzione ai trabocchetti

Uno dei pericoli della nostra epoca è proprio, a mio avviso, la superficialità con cui si affronta la questione terapeutica. Molte delle terapie attualmente di moda (per esempio le costellazioni familiari) vengono proposte in sedute di una giornata o un week-end, illudendo le persone, che vi si rivolgono spesso in situazioni disperate, che queste tecniche cambieranno loro la vita come per magia.


Ma la guarigione, tranne qualche eccezione che ha più il sapore del miracolo, non è mai molto rapida, perché un processo di reale trasformazione di sé richiede tempo. Possono volerci mesi, ma anche anni. Dipende da ciò che si vuole seminare: se ravanelli, querce o addirittura sequoie… Per i terapeuti per esempio la strada è in genere molto più lunga che per gli altri, perché si può condurre qualcuno solo fin dove si è già arrivati…


In ogni caso, come sanno bene i contadini, il terreno va preparato per renderlo idoneo alla semina. La raccolta dei frutti può essere anche veloce ma richiede sempre un tempo preliminare di lavoro assiduo e poi di attesa.


Non solo, spesso e volentieri in queste sedute estemporanee o nei seminari di un fine settimana, si scatenano processi, si mettono in moto dinamiche profonde che poi il paziente si ritrova a gestire da solo con grossissime difficoltà.


A me successe una volta con una meditazione kundalini a cui mi indirizzò un medico: mi affidò ad una giovane ragazza per farmi fare questa esperienza che là per là, lo riconosco, fu bellissima ma poi mi causò un’intensificazione all’ennesima potenza del mio stato di ansia che mi dovetti gestire da sola con enorme fatica, una volta tornata a casa.


Io credo che un terapeuta responsabile dovrebbe mettere a conoscenza del paziente i rischi che corre, gli effetti per così dire collaterali del trattamento che gli propone, e soprattutto dovrebbe garantirgli un’assistenza prolungata nel tempo, così da poter continuare a digerire le dinamiche innescate in un singolo incontro. Ma alle caratteristiche di un buon terapeuta e alla sua scelta è dedicato un apposito capitolo.


L’invito qui è solo quindi a discriminare con attenzione e senso critico così da saper scegliere tra le innumerevoli proposte del mercato della salute quelle veramente valide e più adatte a noi.

Questa via ha un cuore?

Sì, esistono tanti approcci terapeutici possibili: in questo volume ne ho presi in considerazione alcuni ma ce ne sono molti altri.


Ciò che mi preme sottolineare però è che sono solo strumenti e andrebbero fatti passare al vaglio del cuore, proprio come suggerisce Castaneda con il suo invito rivolto a ognuno di noi: “Qualsiasi via è solo una via, e non c’è nessun affronto, a se stessi o agli altri, nell’abbandonarla, se questo è ciò che il tuo cuore ti dice di fare… Esamina ogni via con accuratezza e ponderazione. Provala tutte le volte che lo ritieni necessario. Quindi poni a te stesso, e a te stesso soltanto, una domanda: questa via ha un cuore? Se lo ha, la via è buona. Se non lo ha, non serve a niente.”9

Io ne sono profondamente convinta e questo è proprio ciò che mi chiedo sempre di fronte ad ogni scelta in ambito terapeutico.


C’è da dire poi che il fenomeno della guarigione è molto complesso e non sempre, come pensiamo noi, si risolve con la scomparsa dei sintomi: a volte la malattia non viene eliminata ma il paziente raggiunge un livello di consapevolezza spirituale che rappresenta la vera forma di guarigione a cui quell’anima anelava.


Ci sono testimonianze di malati terminali per esempio che dichiarano di essere arrivati al perdono e alla pace interiore solo negli ultimi istanti della loro vita terrena e questo rappresenta per loro il vero obiettivo a cui aspiravano.

Già, il perdono… È l’ultima tappa, quella finale, quella che estirpa il male.

Curioso come in ebraico “mahala” cioè malattia, abbia la stessa radice di “mehillà”, perdono, a indicare la stretta relazione che li lega. Dice Loyd “Non ho mai visto un problema di salute senza un problema connesso al perdono”10 e il suo collega Ben Johnson, direttore della Immune Recovery Clinic di Atlanta, afferma di non aver mai trovato una persona affetta da cancro che non avesse anche un problema di perdono.

Per-dono: il dono per eccellenza, un dono speciale che regala libertà a chi lo offre e a chi lo riceve. Perdonare vuol dire lasciar andare: i vecchi rancori, l’antica rabbia che ci avvelena il sangue e fa pesante il cuore. Perdonare vuol dire sciogliere i nodi stretti e intrecciati che rendono difficile il respiro. Non è lavoro da poco: in realtà è lavoro per pochi. Per chi vuole una cura radicale, senza metastasi, senza recidive. Non servono medicine d’uomo a questo scopo. Occorre ben altro. Ci vuole fede: la forza di fidarsi e di affidarsi, di accogliere il dono, di trasformare il metallo in oro. Non senza essere prima passati nella forgia. Semplicemente per scoprire che dietro la rabbia, l’arroganza, l’odio che ci hanno fatto così male c’è una radice sola: il suo nome è paura e sofferenza. Gli altri, i “nemici”, sono esattamente come noi… Uguali le debolezze e le ferite. Del resto ce lo ricorda anche l’etimo della parola “cattivo”, derivante dal latino “captivus”, che significa “prigioniero”: siamo tutti ingabbiati nelle prigioni delle nostre credenze, dei nostri sensi di colpa, delle nostre memorie dolorose…


Da questa consapevolezza nasce l’amore, quello che si chiama compassione.

Molti degli incontri – o meglio dei re-incontri – che facciamo nella nostra vita con genitori, partner, figli, amici, hanno proprio questa finalità: arrivare a perdonarci e sciogliere antichi nodi rimasti intrecciati…


Ma il perdono non è solo per gli altri: molto spesso la persona che dobbiamo perdonare siamo noi! Eh sì, perché uno degli intralci più grossi che incontriamo sul nostro cammino sono proprio i nostri sensi di colpa che, come la palla al piede del carcerato, ci impediscono di avanzare e di godere la vita in tutta la sua pienezza e libertà. Dopo aver scavato a lungo nelle profondità della nostra anima, in genere si arriva proprio lì, a quella che io considero la causa della maggior parte dei nostri mali: un inconscio, misconosciuto, torturante senso di colpa che ci bisbiglia sotto voce: “Non meriti di stare bene, non meriti di essere felice, non meriti di essere amato…”


Finché non si estirpa questa erbaccia dal nostro campo interiore non ci sarà mai nessuna possibilità di guarigione ma solo soluzioni palliative e temporanee.

Le malattie più gravi e devastanti affondano quasi sempre le loro radici in un inconscio senso di colpa di vivere. Chi per motivi svariati (per esempio la perdita di un figlio o di un fratello o di un genitore) nel più profondo di sé sente di non avere il diritto di esistere si autosabota ogni volta che la Vita vuole elargirgli i suoi doni in una sorta di inconscia autopunizione. Un esempio classico di questa dinamica sono le malattie autoimmuni (come l’artrite reumatoide, il morbo di Crohn, la sclerosi multipla o la psoriasi) che consistono, secondo la definizione dell’APAI11 in “condizioni patologiche causate da una reazione immunitaria diretta contro costituenti propri dell’organismo che vengono “scambiati” per agenti esterni pericolosi.”


Ma non c’è bisogno di arrivare a danni così eclatanti: a volte l’autosabotaggio si realizza semplicemente attraverso malesseri anche banali che si manifestano subito prima o dopo un evento gioioso o un successo impedendo così di viverli appieno.


In ogni caso va ricordato che “nessuno può far niente per l’uomo, a meno che ciascun uomo sia pronto a fare qualcosa per il suo bene”12: la terapia non si può imporre e se ci ritroviamo a farlo è bene che indaghiamo sul nostro senso di impotenza e la nostra “sindrome da salvatore”…


C’è un’altra considerazione da tenere presente riguardo ai tempi della guarigione: a volte questa può avvenire da un istante all’altro, a volte invece richiede anni e anni di lavoro perché non si può eliminare una malattia fino a quando essa non ha adempiuto completamente alla sua funzione, per esempio di percorso iniziatico. Ecco perché nel Talmud è scritto che la malattia è come legata a una sorta di giuramento: “di giungere in un giorno determinato e di non lasciarlo se non in un giorno specifico, in un’ora specifica, tramite un medico specifico e una medicina particolare”13. Come a dire che c’è una sorta di “destino” già scritto che detta le norme della malattia e della guarigione.

Io penso, come sostiene il cabalista Nadav Crivelli, che in ogni situazione della vita il destino rappresenti solo un terzo della realtà: gli altri due terzi sono il nostro impegno consapevole a modificarlo, e la misteriosa presenza della Provvidenza divina, grazie alla quale tutto può venire improvvisamente capovolto, in modo imperscrutabile e non programmabile, per opera di quella che, nel linguaggio religioso, viene solitamente definita “Grazia”. Ecco perché dovremmo fare nostre le parole di Sant’Ignazio di Loyola: “Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio” o della famosa “Preghiera della serenità” attribuita ad autori diversi: “Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare e la saggezza per conoscerne la differenza.”

Dopo aver dedicato anni della propria vita alla ricerca a un certo punto bisogna arrivare a quella che io chiamo la “resa totale”, che è un atto di fede, un abbandonarsi al Divino, nella consapevolezza che proprio quando sono disposto a mollare e a rinunciare a tutto, quel tutto può finalmente realizzarsi: “Dovete rinunciare a volere e a lottare per ciò che volete allo scopo di riceverlo”14 afferma Loyd. Non si tratta di rassegnazione, ma di una scelta consapevole, di un atto di volontà.


Scrive Recalcati che bisogna “attraversare tutto per dimenticare tutto”: il “lavoro sulla memoria si fa per arrivare a un punto di oblio, a un punto di dimenticanza” che “non è la semplice dimenticanza di chi non vuole ricordare e dice “Non voglio saperne!”. Proprio perché ho ricordato tutto posso dimenticarmi, e proprio perché posso dimenticarmi adesso posso dire di sì, posso seguire la via del mio desiderio”15. E vivere finalmente nel presente, che è l’unico tempo che c’è.


In ogni caso circondarsi di persone positive e passare quanto più tempo possibile in un ambiente sano, piacevole e rilassante è sicuramente altamente benefico per accelerare i tempi di guarigione. Come scriveva Bach: “La terapia del futuro consisterà essenzialmente nel fornire al paziente quattro elementi. In primo luogo la quiete; poi la speranza e la gioia; e, infine, la fede.”16


Oggi non ho più dubbio alcuno: la vera guarigione consiste nel “guarire i problemi spirituali del cuore! “17 perché “l’amore e la verità interiori sono più importanti di qualsiasi risultato finale e circostanza esterna”.18 Come ci ricorda Osho “Se consegui il tuo stesso essere, la tua anima, la tua essenza più intima, e il mondo intero è perduto, ne vale la pena”19: quale conquista infatti più grande di questa?!

Se stiamo bene interiormente (cioè ci sentiamo importanti e sicuri) possiamo essere in pace con qualunque circostanza esterna, anche se non è quella che preferiremmo.

E “la sola cosa che può farci star bene interiormente è essere deprogrammati dalla paura e riprogrammati, collegarsi alla Fonte e scegliere continuamente la via dell’amore e della luce nel momento presente”20.


Quindi il vero dilemma non è più quello tra la medicina tradizionale o ufficiale e la medicina naturale o complementare perché, come afferma saggiamente A.Loyd, la fonte della guarigione non si trova né nell’una né nell’altra corrente, in quanto “Non si trova affatto nel mondo fisico. È nel mondo dello Spirito, il mondo dell’energia”.21 “La nostra realtà spirituale è la realtà più potente della nostra vita, tuttavia tendiamo a concentrare la maggior parte del nostro tempo e della nostra attenzione sulle circostanze fisiche ed esterne”.22 Invece la vera medicina è spirituale.23

La vera terapia

Quindi qual è la vera terapia?

Ci ho messo cinquant’anni per capirlo e ho dovuto fare un lungo viaggio per trovarla, un viaggio periglioso nelle profondità del mio essere. Ma ora so. Non perché l’ho letto sui libri ma perché l’ho vissuto sulla mia pelle, giorno dopo giorno. Ci sono stati momenti in cui credevo di non uscirne viva, attimi in cui ho temuto di perdermi per sempre perché attraversare l’inferno, esplorare l’abisso, è impresa a volte eroica. Ma gli sforzi sono sempre ripagati. Ne vale sempre la pena.


E ora ho compreso: la vera terapia, non quella sintomatica che tappa le falle per un po’, ma quella che guarisce definitivamente, è un cammino, fatto di tanti passi, ognuno dei quali svela quello successivo.


La vera terapia, l’ho compreso all’improvviso un Sabato santo (il giorno precedente alla Pasqua, quando si celebra l’uscita di Cristo dal sepolcro), è ricordarci chi siamo, tornare a casa, ritrovare se stessi e divenire ciò che si è sempre stati e sempre si sarà: un nucleo purissimo di Amore e Gioia senza fine. In una parola riconnetterci al Divino. Ritrovare il Centro e scoprire che è un Campo di infinite possibilità…


La vera terapia è ricostruire la propria storia, quella che è iscritta in noi da tempo immemorabile: nelle stelle, nel palmo della nostra mano, sui solchi dei nostri piedi, nel nostro corpo tutto e nella nostra anima.


È srotolare la matassa, sciogliere i nodi affinché con quel filo dorato si possa tessere un arazzo, il nostro dono a noi stessi e al mondo.


Per farlo si possono usare tanti strumenti, quelli a noi più congeniali. Non ha importanza quali. È la Vita stessa che ce li fa incontrare. Ma occorre un fuso. A me lo regalarono due vecchiette sarde quando nacqui. Ora so perché. Avrei dovuto pungermi un giorno, proprio come la Bella addormentata… ma per svegliarmi e capire che è solo attraverso il fuso della Consapevolezza e dell’Amore che si può trasformare un ammasso di fibre in un filato che poi diventerà un tessuto, una coperta in cui avvolgere se stessi e il mondo in un arcobaleno di colori.


Qualche suggerimento per stare bene...

Una buona terapia per me dev’essere plurisensoriale: ecco qualche consiglio utile da applicare quando non si sta bene…

  • Concedersi il dovuto riposo delegando ad altri compiti e doveri.

  • Circondarsi di persone positive, allegre e rassicuranti ed evitare quelle negative, che ci spaventano o ci criticano…

  • Ascoltare della buona musica: bisogna trovare quella giusta che in quel preciso momento risuona con il nostro stato d’animo e vibra alla giusta frequenza.

  • Farsi preparare o prepararsi un buon cibo, qualcosa che ci piace e ci attira in quel momento, qualcosa di genuino, nutriente e gustoso.

  • Sedersi e respirare visualizzando aria azzurra che entra da una narice durante l’inspiro ed esce dall’altra durante l’espiro passando attraverso i polmoni (si può ascoltare una musica rilassante se ci aiuta a trovare la concentrazione).

  • Se la malattia non ce lo impedisce, fare qualche passo all’aria aperta in mezzo alla natura, senza fretta, osservando ciò che ci circonda e respirando ad ogni passo.

  • Se se ne ha la possibilità, farsi fare un massaggio, anche solo ai piedi.

  • Quando si è scarichi di energia farsi un impacco con sale grosso ben caldo da posizionare, opportunamente avvolto in un panno, nella zona dei reni e un pediluvio con dello zenzero.

  • Aiutarsi con i fiori di Bach opportunamente scelti e con qualche esercizio di logosintesi…

  • Accendere una candela nella stanza in cui ci troviamo o prima di dormire la sera: aiuterà a purificare l’aria dell’ambiente e a riconnetterci con la Fonte.

  • Chiedere all’Essenza (qualunque sia il nome che vogliamo attribuirle: Dio, Vita, Universo, Fonte, Grande Spirito ecc.) o alle nostre Guide spirituali (Angeli, Maestri, Antenati) di sostenerci e darci, attraverso le intuizioni o i sogni, le indicazioni per procedere sul nostro cammino e trovare le soluzioni più adeguate per la nostra guarigione.

Ricordiamoci sempre che per guarire veramente è necessario:

  • Individuare le nostre credenze errate e smantellarle una per una così da non credere più a nulla di falso (cioè alle menzogne insite nella propria programmazione) ma solo alla Verità presente nel proprio cuore, nella propria mente, nel proprio Spirito.

  • Rinunciare a mantenere il controllo sulle situazioni per ottenere il raggiungimento di un determinato risultato finale.

  • Rinunciare a ciò che si desidera ottenere affidandosi con fiducia alla Vita (o a Dio) che sa cosa è meglio per noi e ci conduce con mano sapiente.

  • Vivere ogni istante della nostra vista nell’Amore, indipendentemente dai risultati.


Siamo come creta nelle mani di un vasaio che è un grande Artista. Lasciamoci modellare: lui vuole fare di ognuno di noi un capolavoro, un vaso unico e speciale, un’urna per accogliere il Divino

E.B.

Rimando quindi al volume di Loyd Il Codice dell’Amore, a cui mi sono ispirata per queste ultime righe, per alcuni esercizi molto efficaci e semplici (a base di gesti, visualizzazioni e lettura di enunciati) che possono veramente aiutarci a cambiare la nostra vita, un passo dopo l’altro…

Compagni di viaggio
Compagni di viaggio
Elena Balsamo
Come adulti e bambini insieme possono aiutarsi a guarire.Una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia e in particolare della coppia mamma-bambino. Compagni di viaggio volge l’attenzione alla salute emotiva della famiglia.Basandosi sulla sua personale esperienza di medico e di paziente, Elena Balsamo offre al lettore una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia (e in particolare della coppia mamma-bambino), nonché numerosi spunti di riflessione sul significato della malattia e sul messaggio contenuto nei sintomi, per trasformare la sofferenza in un’occasione preziosa di apprendimento ed evoluzione. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.