PARTE SECONDA - IN VIAGGIO VERSO LA SALUTE

Consapevolezza e meditazione
come terapia

Scopri ciò che non ti abbandona e non ti abbandonerà mai.
Tutto il resto se ne andrà

Sri Mooji

Semplicemente rimani al centro del Cerchio

Lao Tzu

Dietro ogni cosa c’è Dio

E. Bach

In basso nessuna soluzione, in alto nessun problema

R. Assagioli

Molti anni fa lessi un aneddoto riguardo al Buddha che mi colpì molto: si dice che una volta qualcuno gli chiese chi realmente lui fosse, se un filosofo, un pensatore, un santo o uno yogi e che la sua risposta fu “Io non sono che un guaritore, io sono un medico”.


Quale migliore esempio della stretta connessione esistente tra terapia e meditazione?

“Secondo me, la meditazione e la medicina sono i due poli di una stessa scienza in cui manca ancora il legame che le collega. Ma molto dolcemente si avvicinano l’una all’altra” dice Osho1 e ci ricorda che le parole “medicina” e “meditazione” vengono dalla stessa radice…

Quando si pensa alla meditazione in genere ci si immagina un asceta seduto a gambe incrociate nella posizione del loto, ecco perché tendo in genere ad evitare l’uso di questo termine che va oggi così di moda ma che è molto spesso mal compreso ed equivocato. La meditazione sembra un’arte destinata a pochi eletti, a persone spirituali, devote o addirittura ad aspiranti-mistici. Si moltiplicano i corsi di meditazione e molte persone sono convinte che si tratti di una tecnica da imparare né più né meno quanto l’acquerello o la ceramica. Nulla è più falso di tutto ciò: la meditazione è uno stato dell’essere, un modo di stare nel mondo senza essere del mondo…


La meditazione, dice Osho, non si impara: sboccia da sola quando il tempo è maturo. Proprio come l’amore: perché in fondo sono la stessa cosa… Anche Krishnamurti ci ricorda che “Un tentativo deliberato di meditare non è meditazione. Deve accadere; non può essere provocata. Tutti i tentativi di meditazione non sono che il suo esatto diniego.”


Perciò ciò di cui dovremmo preoccuparci è solo di prepararle il terreno: di togliere le erbacce e i detriti che impediscono all’acqua della nostra sorgente di scorrere come dovrebbe. La meditazione, dice Osho, non è altro che aprire una porta e permettere al Divino di entrare. Ma se siamo pieni di zavorra come fa la Luce a penetrare? Ecco perché è importante fare spazio eliminando tutto ciò che non serve più. Non c’è nulla da mettere, ma solo da togliere e restare recettivi e aperti in attesa… Quando, dopo aver tanto cercato, si lascia cadere ogni sogno, ogni progetto, ogni desiderio, ogni pensiero, ecco che si diventa vuoti e quel vuoto può essere colmato da mani invisibili.


Solo quando siamo vuoti il Divino arriva e ci riempie, o per meglio dire è libero di emergere perché in realtà è già in noi da sempre. E così scopriamo che quel vuoto, che tanto ci spaventa, è invece pienezza e Luce senza fine.


Tutti i libri che parlano di meditazione insistono sull’importanza di stare nel momento presente ma purtroppo non spiegano come si fa a starci… Io me lo sono chiesto per anni sentendomi totalmente incapace in questa abilità fino a quando ho scoperto che – come ci ricorda saggiamente Osho – è semplicemente impossibile stare nel presente se non ci si è liberati del passato e dei suoi macigni…

In questo senso sapete chi sono i migliori e più esperti meditatori? I bambini! I bambini piccoli, ancora non guastati dai condizionamenti degli adulti, nascono già esperti nell’arte della meditazione: vivono nel qui e ora, si meravigliano di ogni creatura, sono totali in tutto ciò che fanno. Basterebbe imparare da loro… Come dice Yuan-Wu “Tra tutte le sedici pratiche di meditazione quella con i neonati è la migliore”. Eh, sì, perché i neonati sono appena arrivati dal regno della Luce, si sono appena staccati dalla Fonte e ne sono ancora totalmente pregni. Ma invece che immergerci nel loro sguardo noi ci mettiamo alla ricerca di guru e di seducenti maestri che a volte si scoprono essere persone di poca esperienza o pochi scrupoli che ci convincono della improrogabile necessità di distruggere l’ego, di combattere la mente e ci troviamo invischiati in situazioni delicate che possono arrecarci danni anziché benefici. Anche qui si tratta di fraintendimenti, purtroppo molto diffusi. La mente non va distrutta ma solo scavalcata e lo si può fare unicamente dopo un lungo processo preliminare. Esistono delle tappe da rispettare, dei gradini da percorrere. A volte, in certe persone l’Io è così piccolo e debole che ha bisogno di essere rafforzato – e non indebolito – per poter acquisire l’autonomia necessaria a procedere lungo il proprio cammino. Solo dopo sarà possibile andare oltre. “Senza radici non si vola” è il titolo di un bel libro sulle costellazioni familiari che esprime perfettamente questo concetto. “Solo se prima sviluppi salde radici nella terra, poi puoi spiegare le tue ali e volare alto nel cielo. Più profonde sono le radici, più l’albero può svettare verso l’alto, fino a raggiungere le stelle. Se non sei profondamente radicato nel mondo materiale, non puoi elevarti nella dimensione interiore”.2

Il processo di radicamento in alcuni individui è la parte più difficile e faticosa del loro percorso: i poeti, gli artisti e le Anime sensibili e delicate sono le più restie ad “impiantarsi” in questo mondo e impiegano molto tempo a volte per completare il loro atterraggio… Per loro l’accettazione della realtà terrena è passaggio indispensabile per potervi portare un pezzo di cielo, della cui memoria sono i migliori custodi e testimoni. Essi sanno che la vera sfida per ogni essere umano è stare nel mondo senza appartenervi ovvero senza attaccarvisi, come passeggeri in transito, con un bagaglio leggero, nella consapevolezza che quella che stiamo vivendo non è la nostra ultima realtà ma solo un’esperienza temporanea. Chi ha avuto nella sua vita, anche solo per qualche momento fugace, la possibilità di guardare oltre il velo, di dare una “sbirciatina” a quello che i cabalisti chiamano “il Regno del 99%”, sa di cosa sto parlando e di quanto sia difficile vivere in bilico sospesi tra due mondi, come veri e propri funamboli…


Oggi per parlare di meditazione si usano termini molto di moda come “mindfullness” o “presenza mentale” ma a me piace usare un linguaggio più semplice, accessibile a tutti, per cui preferisco parlare di consapevolezza. “La Vita è la meta e la consapevolezza è la metodologia, la tecnica per raggiungerla” scrive Osho. Eh sì, perché – come ci ricorda Jon Kabat-Zinn “La consapevolezza è essenzialmente attenzione. È guardare dentro di sé, in uno spirito di autoindagine e autocomprensione”.

In ebraico pregare si dice “lehitpallel” che significa anche “mettersi di fronte a se stessi, vedersi con gli occhi del testimone”3. “Non si raggiunge l’illuminazione immaginando figure di luce, ma portando alla coscienza l’oscurità interiore – diceva Jung – Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia.” Nella nostra società, caratterizzata da ritmi di vita sempre più frenetici e artificiali però non c’è più tempo per fermarsi a riflettere, non c’è più spazio per la ricerca interiore. E allora si perde la capacità di stare nel momento presente e ci si lascia travolgere dal fiume dei pensieri, delle sensazioni e delle emozioni senza riuscire ad osservarli come muti testimoni. E invece la meditazione è proprio questo: osservare semplicemente il proprio mentale come spettatori di un film perché in questo modo automaticamente se ne esce fuori. Come dice Osho, il miracolo risiede nel fatto di diventare dei testimoni. Per farlo però occorre “stare seduti nella caverna del proprio cuore”, per usare le parole di Sri Mooji, perché lì è il potere.
Ben pochi però sono coloro che riescono a dedicare qualche momento all’inizio e alla fine della giornata al silenzio e al raccoglimento necessario a calmare la mente e ritrovare la serenità e forse anche la gioia. Eppure diversi studi hanno dimostrato che rimuginare in modo ossessivo sui problemi riduce la capacità di risolverli. È quanto mi ha ricordato Rosella De Nicolò, operatrice di cranio-sacrale biodinamico e conduttrice di percorsi di mindfullness, a cui ho posto qualche domanda – per rispondere ai dubbi degli scettici iperrazionali – riguardo alla pratica meditativa: “Esistono basi scientifiche che ne dimostrano l’efficacia terapeutica?” “L’efficacia terapeutica della meditazione è stata dimostrata ormai da numerose ricerche: per esempio “Stroke” e “American Journal of Cardiology”, due riviste scientifiche americane, hanno pubblicato diversi studi sull’effetto della meditazione sulle malattie cardiovascolari. In particolare è stata verificata la diminuzione dello spessore della placca arterosclerotica della carotide dopo un programma di 9 mesi di meditazione e un netto miglioramento dello stato di salute di un gruppo di donne con angina pectoris resistente ai farmaci dopo tre mesi di meditazione. “Support Care Cancer” nel 2001 ha pubblicato uno studio su 89 pazienti ammalati di tumore: sette settimane di training meditativo che comprendeva un incontro di un’ora e mezzo a cadenza settimanale e esercizi quotidiani a casa hanno visto nettamente ridotti i livelli di ansia e stress. È stata dimostrata inoltre una diminuzione della reattività agli stimoli stressanti con un effetto positivo anche in chi soffre di attacchi di panico. Durante la meditazione si verifica una forte riduzione della frequenza del respiro e di quella cardiaca: uno stato di profondo rilassamento, diverso però da quello del sonno. Studi effettuati dallo psichiatra giapponese Tomo Hirai sui monaci zen in meditazione hanno messo in evidenza la base biologica di quel particolare tipo di rilassamento che risulta associato nel cervello ad un aumento della regolarità delle onde alfa, soprattutto a livello delle aree corticali frontali e ad un aumento dei segnali di coerenza tra diverse aree cerebrali. Come a dire che non pensare aiuta a pensare meglio… Quando poi viene raggiunta una fase di totale silenzio interno si registra la comparsa dei ritmi teta, rari negli adulti, inequivocabili segnali di uno stato di completo rilassamento e profondo stato meditativo. La pratica meditativa inoltre aiuta a riequilibrare le emozioni: tutti gli studi sulla meditazione dimostrano infatti che con la pratica regolare si riduce la produzione di ormoni e neurotrasmettitori dello stress, cortisolo, adrenalina e noradrenalina, mentre aumenta la produzione di melatonina e serotonina, sostanze che accompagnano stati di profondo benessere dell’organismo.“

“Chi vuole sperimentare la meditazione da dovrebbe incominciare?” ho chiesto quindi a Rosella che mi ha risposto così: “Bisogna partire dal corpo e dalle esperienze sensoriali che esso ci permette di vivere. Bisogna innanzitutto tornare al respiro che, proprio come un’ancora, ci riporta in ogni momento al presente, al qui e ora. È un’ancora che ci riporta a noi stessi e alla realtà. La pratica del respiro è il cuore della meditazione: ritornare, momento dopo momento, al respiro accorgendosi di ciò che ci distoglie da esso ci permette di vivere il qui e ora. Attraverso la consapevolezza del respiro e del corpo entriamo in contatto con le emozioni e ci alleniamo ad osservarle e accoglierle per quello che sono. Quando impariamo ad accogliere ogni nostro pensiero, emozione, sensazione senza giudizio, entriamo nella natura dell’accettazione e ci apriamo a scoprire qualcosa di nuovo di noi stessi. Accettazione non significa rassegnarsi, ma accogliere e dare valore a ciò che si presenta, anche se non ci piace.” Una conquista non da poco… “La presenza mentale conduce alla concentrazione; la concentrazione conduce alla visione profonda, la visione profonda conduce alla comprensione, la comprensione conduce alla compassione”4 dice Thich Nhat Hanh e questo, io credo, dovrebbe essere il vero obiettivo di ogni pratica meditativa.


“Dai loro frutti li riconoscerete” diceva Gesù a proposito dei falsi profeti: se la meditazione non si traduce in azione quotidiana, in un approccio di “amorevole gentilezza per tutto il mondo”5, di attenzione concreta alle difficoltà del nostro prossimo, allora secondo me si è mancato il bersaglio…


La spiritualità senza cuore, senza compassione, non è vera spiritualità: in quel bellissimo inno di San Paolo che fa parte della lettera ai Corinti è detto: “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l’amore, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi l’amore, non sarei nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi l’amore, niente mi gioverebbe.”6

E ce lo ricorda oggi il teologo Vito Mancuso: “Il valore di un essere umano non dipende da ciò che ha, non dipende da ciò che sa, non dipende neppure da ciò che è…Il valore di un essere umano dipende dalla sua capacità di creare relazione, di dedicarsi, di uscire da sé, di aprirsi, di abbracciare, di amare”.7 Questa è meditazione, questa è spiritualità.

E ancora afferma Osho: “Meditazione e amore sono due vie profondamente legate tra loro; in realtà sono due facce di una stessa medaglia.”8 Se la meditazione non irradia amore non è vera meditazione: solo chi medita sa cos’è l’amore e solo chi ama sa cos’è la meditazione… La meditazione può fare bene anche a distanza, cioè se qualcuno medita per noi. Sta cercando di dimostrarlo una ricerca condotta dal dott. Gioacchino Pagliaro, direttore del U.O.C (Unità operativa complessa) di Psicologia Clinica Ospedaliera dell’AUSL di Bologna, su un gruppo di pazienti con problemi oncologici seguiti dall’Ospedale Bellaria. L’équipe dei meditatori ha utilizzato una meditazione della tradizione tibetana, denominata Tong-Len: “questa pratica consiste nel meditare sulla sofferenza propria o di altre persone – in questo caso per dei pazienti – utilizzando la compassione, per aiutarli a liberarsi dalla sofferenza”9 dice il dott. Pagliaro. Sono stati quindi monitorati i valori ematici e pressori dei pazienti facenti parte del campione (di cui una metà ha formato il gruppo di controllo) nonché, da un punto di vista psicologico, i livelli di ansia, stress e depressione degli stessi. “A distanza di 3 o 5 anni dalla conclusione della ricerca si andrà a vedere nel registro dei tumori che cosa sarà successo nella vita di questi pazienti.”10 Per il momento si sono registrati dei significativi miglioramenti in particolare degli stati depressivi. Ma sicuramente questo studio così innovativo e pionieristico merita ulteriori approfondimenti. Del resto le ricerche del giapponese Masaru Emotu sulla memoria dell’acqua portano alle stesse conclusioni: la preghiera è un’energia che con la sua frequenza può modificare altri campi energetici. Lui lo ha dimostrato attraverso le fotografie dei cristalli di ghiaccio, per esempio quelli dell’acqua di un lago esaminata prima e dopo una meditazione collettiva: i risultati sono veramente sorprendenti e non possono non lasciare stupiti… Ci sarà ancora molto da indagare in questo ambito ma io credo vi siano già i presupposti per ottenere grandi sorprese che potranno avvicinare sempre più la Scienza alla Fede. Perché, come ci ricorda il grande fisico Max Plank “Religione e scienza non si escludono, ma si completano e si condizionano a vicenda. E la prova è rappresentata dal fatto che proprio i più grandi scienziati di tutti i tempi erano penetrati da profonda religiosità”. Da Galileo a Keplero e a Newton, da Edison, a Marconi e a Einstein, per citarne solo alcuni, tutti questi grandi geni dell’umanità, fautori di enormi scoperte in ambito scientifico, erano arrivati alle stesse conclusioni e cioè che, per usare le parole del biologo Reinke, “quanto più profondamente si penetra nel meccanismo della natura, tanto più grandioso ci si presenta da lontano, dalla sfera metafisica, il riflesso della divinità”. Ed è così che oggi i neuroscienziati Newberg e Waldmann possono affermare, citando numerose prove scientifiche, che “il fattore principale che migliora la funzione cerebrale e la salute è la preghiera e la relativa fede in Dio o in una fonte spirituale”11 “Poca scienza allontana da Dio – diceva Pasteur – ma molta riconduce a Lui”…
Meditare dunque, come abbiamo visto, fa bene al corpo e all’anima. Ma come far entrare questa pratica spirituale nella nostra vita di tutti i giorni? Anche qui non ci sono ricette prestabilite: ognuno deve sentire dentro di sé qual è la modalità e lo strumento più appropriato per avvicinarsi all’esperienza del sacro (lo studio del pianeta Nettuno nella carta natale personale può dare qualche indicazione o conferma in merito). Per alcuni può trattarsi del movimento (meditazione camminata, danza o passeggiate al chiaro di luna sulla spiaggia), per altri di viaggi o pellegrinaggi in luoghi che racchiudono un’energia speciale (cattedrali ma anche spazi naturali come deserti o montagne); per altri ancora di letture a carattere spirituale o di ispirazioni artistiche che si esprimono con la poesia, la scrittura, la pittura o la musica. C’è chi arriverà a sperimentare il Divino attraverso il tantra e chi attraverso lo yoga, chi con la ripetizione di mantra e chi nel servizio ai sofferenti. Ognuno ha la sua strada e la sua via: tutte arrivano alla stessa vetta. L’importante è ricordare che la meditazione non dev’essere una fuga dalla realtà e anche che a volte non è sufficiente di per sé per attivare un processo di guarigione: come sostiene Loyd, in certi casi alcuni tipi di meditazione infatti possono rappresentare un meccanismo di coping, che consente di gestire i sintomi temporaneamente ma non di curarli alla radice, per cui non appena si smette di meditare ecco che inevitabilmente essi ricompaiono. Ecco perché lui propone la meditazione dello Schermo del cuore, che anziché scollegare la mente per quietarla la coinvolge per guarire la fonte dello stress e della paura presenti in essa. Posso testimoniare che funziona…

Bambini e consapevolezza

In ogni adulto c’è il bambino che è stato. In ogni bambino c’è l’adulto che sarà. Adulti e bambini, attraverso la consapevolezza, possono percorrere insieme la strada della comprensione e dell’amore.

Thich Nhat Hanh

Ho avuto la fortuna di partecipare una volta a Roma ad una meditazione camminata e ad una conferenza di Thich Nhat Hanh, il monaco vietnamita fondatore della comunità di Plum Village in Francia. Quest’uomo dall’aspetto esile e delicato mi ha profondamente colpito e commosso: qualcosa di speciale emana dai suoi occhi e dal suo cuore, qualcosa che non può non toccare e far vibrare… Amo il suo linguaggio semplice e poetico e anche il fatto che sia uno dei pochi personaggi di elevato calibro spirituale ad occuparsi anche dei bambini. Per loro ha scritto diversi libri (Discorsi ai bambini e Semi di felicità) in cui spiega ai genitori e agli educatori come coltivare la consapevolezza insieme ai propri figli e ai propri piccoli allievi.

Una proposta che trovo molto utile è quella relativa alla “stanza della pace”. Ecco come la descrive lo stesso Thich Nhat Hanh: “Io penso che la casa nel ventunesimo secolo dovrebbe avere una camera, chiamata la camera del respiro. Una camera dove si possa cercare asilo per difendersi dalle aggressioni, dai rumori, dal modo di parlare pesante, dalla rabbia, dalle afflizioni. Ogni casa dovrebbe essere dotata di una camera del genere, sarebbe l’equivalente della nostra sala di meditazione qui a Plum Village, un posto sacro, …un vero posto di pace.”12 dove ci si può sedere per ritrovare la consapevolezza attraverso il respiro: “Inspirando mi calmo, espirando sorrido”. Ogni volta che papà è arrabbiato, ogni volta che la mamma strilla il bambino si può rifugiare in quel territorio ed avere una sorta di “immunità diplomatica”: lì nessuno lo può sgridare. Ma anche i genitori possono ritirarsi in quella stanza per ritrovare la calma e la pace perduta… Non occorre un grande spazio, basta un piccolo angolo dove mettere qualche cuscino e magari un piccolo tavolino con un vaso di fiori e una campana, il cui suono ci riporterà a noi, alla nostra interiorità: “Ascolta, ascolta (inspirando), questo meraviglioso suono mi riporta alla mia vera casa” (espirando)13. È come se il suono della campana ci dicesse “Caro, io sono qui per te. Sono con te. Sono qui per sostenerti.” Educare i bambini fin da piccoli alla consapevolezza di sé, al riconoscimento delle proprie emozioni e offrire loro uno strumento semplice e concreto per farvi fronte è estremamente importante per farli diventare adulti equilibrati e responsabili ma è certo che i genitori devono essere i primi a dare l’esempio: ecco perché i genitori dovrebbero coltivare innanzitutto in se stessi la presenza mentale per poter essere veramente con i loro bambini e non solo fare delle cose insieme a loro… La pratica della consapevolezza sarebbe di grande utilità anche per gli insegnanti: iniziare la giornata a scuola con un piccolo momento di silenzio e raccoglimento, con un esercizio di centratura o una breve meditazione consentirebbe di incominciare il lavoro in modo diverso e creerebbe la giusta atmosfera per far fiorire tutte le possibilità e potenzialità che i bambini albergano nei loro cuori e nelle loro anime.

La meditazione dei sassolini ovvero
la meditazione del “sono qui con te”…

Ecco una meditazione che Thich Nath Hanh propone ai bambini ma che può essere adottata anche dagli adulti (per esempio un genitore può farla per i propri figli).


Vi vorrei parlare della meditazione dei sassolini. Ogni bambino dovrebbe andare a cercarne cinque. Dopo aver trovato i cinque sassolini più belli, andate a lavarli con molta cura con del sapone e poi asciugateli. Fate questo con cura e amore perché i sassolini vi aiuteranno a trovare la pace e a essere più felici. Se c’è la mamma con voi vi potete far aiutare a cucire un sacchetto dove tenere i sassolini.


…Quando sarete sicuri di sedere nella posizione più bella, tirate fuori il vostro sacchettino con i cinque sassolini, è molto importante farlo lentamente e in piena presenza mentale. Tirate fuori ogni sassolino, uno alla volta: uno, due, tre, quattro e cinque, metteteli vicino a voi, a sinistra e appoggiate il sacchettino vuoto lì vicino.


…Quanto tutti avranno tirato fuori i cinque sassolini si sentirà il suono della campana.


Dopo aver ascoltato il suono della campana, comincia la pratica della meditazione dei sassolini.


Prima di sedervi in meditazione fate una lista dei nomi di cinque persone che pensate di voler richiamare alla vostra mente.


“…Inspiro e richiamo il nome della persona che amo di più”. Se è vostra madre, inspirate profondamente e ripetete interiormente “Mamma”. Ripetete il suo nome in modo che sia completamente presente anche se non è con voi o addirittura anche se non fosse più in vita, in quel momento lei sarà con voi.


…Espirando sorridete e dite “Sono qui”. Siate presenti al cento per cento.


…Ripetete il nome di vostra madre per cinque inspirazioni e “sono qui” per cinque espirazioni.


Fatto questo, usando due dita della mano sinistra prendete un sassolino, passatelo alla mano destra e appoggiatelo in terra alla vostra destra.


…Continuate poi a sedere diritti e ricominciate a respirare ripetendo il nome della seconda persona che avete scelto.


…Finiti i cinque respiri, spostate il secondo sassolino dalla vostra sinistra alla vostra destra e continuate con le altre persone fino a che i cinque sassolini saranno finiti.14


Il suono della campana e un bel massaggio alle gambe e ai piedi concluderà questa semplice ma efficace meditazione.


Compagni di viaggio
Compagni di viaggio
Elena Balsamo
Come adulti e bambini insieme possono aiutarsi a guarire.Una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia e in particolare della coppia mamma-bambino. Compagni di viaggio volge l’attenzione alla salute emotiva della famiglia.Basandosi sulla sua personale esperienza di medico e di paziente, Elena Balsamo offre al lettore una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia (e in particolare della coppia mamma-bambino), nonché numerosi spunti di riflessione sul significato della malattia e sul messaggio contenuto nei sintomi, per trasformare la sofferenza in un’occasione preziosa di apprendimento ed evoluzione. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.