PARTE SECONDA - IN VIAGGIO VERSO LA SALUTE

L'educazione come terapia:
la via di Maria Montessori

Miglioriamo l’umanità cominciando dal bambino

M. Montessori

Quando sono andato a scuola, mi hanno chiesto cosa volessi diventare da grande. Ho risposto “felice”. Mi dissero che non avevo capito l’esercizio e io risposi che loro non avevano capito la vita.

J. Lennon

Una prova della correttezza del metodo educativo è la felicità del bambino

M. Montessori

Quando visito i bambini dai tre anni in su chiedo sempre loro se vanno volentieri a scuola: la maggior parte delle volte la loro risposta è “No” e il mio cuore si riempie di tristezza…


Proprio per questo motivo all’educazione e alla visione rivoluzionaria di Maria Montessori ho dedicato un intero volume1, per cui non mi dilungherò in questa sede. Ma non potevo non fare anche qui un accenno a questa donna eccezionale e al suo approccio educativo che è una vera e propria terapia spirituale.


Maria Montessori era un medico, non una pedagogista, e come tale il suo sguardo era interessato prevalentemente alla salute dei bambini. Lei, da pioniera, si era resa conto già allora, che “Vita psichica e vita fisica sono collegate insieme”2, per cui la salute del corpo dipende da quella dello spirito, principio poi confermato dalle ricerche delle neuroscienze. L’esperimento di San Lorenzo del 1906 ne è la testimonianza più eclatante: una cinquantina di bambini, figli di operai, di un quartiere povero di Roma, dopo aver frequentato la prima Casa dei Bambini creata dalla Dottoressa, subirono una radicale trasformazione psicofisica. Senza alcuna modifica alla dieta, né ausilio di farmaci ricostituenti, quei piccoli denutriti, pallidi e anemici, dai volti tristi e spenti, letteralmente rifiorirono, mostrando non solo gote rosse e ritrovata vitalità ma anche profonda gioia interiore. Tanto da far pensare alla Montessori a un vero e proprio miracolo…

La causa di questo fenomeno stava tutta in un unico fattore: l’interesse dei bambini nei confronti di un ambiente e di materiali su misura, rispondenti alle loro esigenze psichiche e spirituali.


Maria Montessori si era resa conto che il bambino – come del resto ogni essere umano – ha bisogno di essere nutrito non solo a livello fisico ma anche su piani più elevati e che tanti dei suoi disagi e dei suoi malesseri derivano proprio da una denutrizione “animica”, mentale e spirituale.


Oggi noi sappiamo che esiste un cocktail di neurotrasmettitori, costituito da dopamina, serotonina, endorfine e ossitocina, che sono alla base della nostra sensazione di felicità. La sostanza responsabile dell’interesse, della curiosità, della vitalità, della motivazione e dell’entusiasmo è la dopamina: quando siamo coinvolti in attività che ci piacciono, i livelli di questo neurotrasmettitore salgono vertiginosamente e noi proviamo un senso di euforia e di appagamento e ci sentiamo pieni di energia. Quando invece la nostra vita è piatta e noiosa, priva di esperienze entusiasmanti, ecco che la dopamina cala e insorge la depressione e la stanchezza… E gli adulti ricorrono a caffeina e nicotina (nei casi più gravi alle droghe) proprio per fare il pieno di dopamina e ritrovare la sensazione di benessere. Lo stesso vale per la serotonina, che aumenta quando ci si sente importanti e apprezzati e cala invece drasticamente quando ci si sente abbandonati e soli, causando tristezza ma anche seri stati depressivi. Ci sono poi altri circuiti che generano benessere e felicità: uno è quello mediato dalle endorfine (sostanze prodotte dal nostro organismo per far fronte al dolore: le endorfine permettono per esempio alla donna di sostenere il dolore del parto); un altro è quello legato all’ossitocina, detta anche “l’ormone delle coccole” perché il suo livello si innalza in situazioni di intimità e contatto fisico regalandoci una meravigliosa sensazione di appagamento. Endorfine e ossitocina consentono un attaccamento ottimale al neonato: una neomamma è letteralmente inondata di queste sostanze e, se tutto è andato bene, vive vicino al suo bambino in uno stato di vera e propria estasi e beatitudine. La stessa che prova il suo piccolo quando si stacca dal seno e sorride, mentre rivolini di latte gli colano ai lati del mento…


Quando i bambini, proprio come i primi allievi di Maria Montessori, hanno la possibilità di vivere in un ambiente caldo e accogliente, in cui si sentono riconosciuti, compresi e amati, un ambiente ricco e nutriente per la loro anima, che suscita il loro interesse ed entusiasmo, ecco che immediatamente i loro livelli dei suddetti neurotrasmettitori si alzano, riaccendendo la loro vitalità e inondandoli di gioia e felicità. Quando invece vivono situazioni traumatiche o comunque di disagio il tasso di queste sostanze si abbassa notevolmente generando una sensazione di malessere o veri e propri sintomi.

In modo veramente profetico, la Dottoressa aveva scoperto che “La malattia è talvolta una pura apparenza che ha cause esclusivamente psichiche, come fosse un’immagine anziché una realtà. … Le fughe nella malattia non sono simulazioni, ma rappresentano sintomi reali, alterazioni febbrili della temperatura, e veri disturbi funzionali che qualche volta hanno grave apparenza. Eppure sono malattie inesistenti, collegate nel subconscio a fatti psichici che riescono a dominare le leggi fisiologiche. L’io con la malattia riesce a sottrarsi a situazioni o ad obblighi spiacevoli; la malattia resistente ad ogni trattamento, sparisce solo liberando l’io dalla situazione a cui volle sottrarsi. Come i difetti morali, così molte malattie e stati morbosi possono sparire nei bambini, ponendoli a vivere in un ambiente libero, di attività normalizzante” tanto che – lei scriveva – “Oggi i nostri pediatri riconoscono le nostre scuole come Case della Salute, ove si inviano bambini che hanno malattie funzionali resistenti alle cure comuni e si ottengono sorprendenti risultati di guarigione”3. Scuola dunque come terapia…


Quanto sono ancor oggi innovative, anzi oserei dire rivoluzionarie, queste parole! Sono passati un centinaio d’anni da quando Maria Montessori le ha pronunciate e ancora stentano a essere prese in considerazione e messe in pratica, sia dai medici che dagli educatori.


Eppure i risultati da lei ottenuti sono visibili agli occhi di tutti, oggi come allora. Basta guardare uno dei tanti filmati che mostrano i bambini intenti al lavoro in una delle migliaia di scuole Montessori sparse in tutto il pianeta: piccolini dai volti radiosi, sereni, in pace, che sembrano aver raggiunto quell’equilibrio interiore che gli adulti disperatamente vanno cercando con indicibili sforzi. Bambini che imparano a non cercare riconoscimenti all’esterno ma che godono semplicemente dei risultati delle loro azioni perché sanno che l’aver operato bene è di per se stesso la migliore ricompensa! Bambini che imparano a collaborare tra loro senza competizione alcuna, perché sanno che la condivisione è una delle maggiori fonti di gioia. Bambini che vanno a scuola felici e ci andrebbero anche la domenica… Quale migliore prova della correttezza del metodo educativo? E allora perché – c’è da chiedersi – la maggior parte delle scuole invece non sono “Case della salute” per i bambini ma al contrario vera e propria fonte di malesseri e disagi? La fatica che i bambini fanno per affrontare e vivere una scuola che si presenta loro come luogo di oppressione e noia anziché di espansione e gioia, si esprime in malattie del corpo, come dermatiti, allergie, tossi croniche estenuanti, infezioni ricorrenti e via dicendo, che guarda caso miracolosamente scompaiono quando per esempio genitori illuminati decidono di trovare per i loro figli soluzioni migliori e più rispondenti ai loro bisogni.


Mi è capitato diverse volte di assistere a guarigioni improvvise e totali di patologie croniche con il semplice trasferimento del bambino in un ambiente scolastico più idoneo alle sue esigenze, dove ha potuto sentirsi accolto e compreso: il bambino chiede di essere amato e capito, a casa come a scuola. Non chiede certo la luna…


“Bisogna imparare a capire il linguaggio dell’anima che si sveglia in loro – diceva la Montessori parlando dei bambini – se vogliamo comprendere i loro bisogni profondi”4.


Il bambino infatti, secondo Maria – e io concordo pienamente con lei – è “incompreso nella sua parte divina”5 e bisogna pertanto proteggerne “con cura scientifica la vita spirituale… difendendo la sua normalità”6. Quanta strada ancora da percorrere…!

Il futuro è nelle mani dei bambini

Mi sono trovata un giorno, mentre ero seduta a leggere su una panchina in un parco di fronte a casa, ad ascoltare i discorsi di un gruppetto di ragazzini, che avranno avuto massimo una dozzina d’anni: sono rimasta veramente sconvolta dal loro interloquire, zeppo di volgarità di ogni tipo e di ogni genere…


Già a dieci anni vivono con gli smartphone in mano tutto il giorno, comunicando solo virtualmente sui social network e abitando un mondo del tutto artificiale in cui non esiste più il calore della convivialità, il piacere del dialogo e del contatto umano, la bellezza che nasce dalla semplicità della natura.


Che tristezza! Questi dunque – mi sono chiesta – saranno gli adulti di domani? A loro sarà affidato il mondo, le sorti del pianeta?


Ancora una volta mi sono resa conto di quanto sia importante la prevenzione, ancor più della cura: se questi bambini avessero potuto crescere in ambienti diversi, frequentare una scuola differente, dove trovare adulti motivati, in grado di suscitare in loro l’interesse, in grado di farli accendere, entusiasmare per qualcosa, quanto sarebbe stato diverso il loro modo di parlare…E non intendo solo da un punto di vista linguistico naturalmente, ma per ciò che si nasconde dietro a quella maschera: un pauroso, terrificante vuoto interiore.


E allora dovremmo chiederci, insieme a Sophie Rabi, non solo “che mondo lasciamo ai nostri figli?” ma anche “che figli lasciamo a questo mondo?”

Pensiamo agli adolescenti (a cui Maria Montessori aveva dedicato un bellissimo progetto, quello dei “Figli della Terra”): come ci ricorda un professore di liceo veramente illuminato, Alessandro D’Avenia, si parla tanto di loro ma poco con loro. “Abbiamo dato loro tutto per godere la vita – egli scrive nel suo bellissimo libro L’arte di essere fragili – ma non abbiamo dato loro una ragione per viverla. Abbiamo scambiato la felicità con il benessere, i sogni con i consumi. Il risultato è una generazione spesso perduta in un deserto di noia, a caccia di oasi di senso, intrappolata in miraggi emotivi necessari a risarcire una profonda solitudine”7. Una generazione di giovani smarriti, che vorrebbero “progetti e non oggetti”, che chiedono “la speranza dell’impossibile reso possibile”, che “cercano testimoni prima che maestri…testimoni della bellezza”, che desiderano “avere a fianco persone affidabili per la loro navigazione”. Ma il problema è che “spesso chi dovrebbe testimoniare il futuro è privo di destino: provoca vocazioni solo chi ha trovato e vive la propria”8. E quanti adulti, quanti genitori, quanti insegnanti, quanti terapeuti possono dire di esserci riusciti?

Maria Montessori ci ha indicato una strada da seguire, affinché i bambini siano veramente “una speranza e una promessa per l’umanità”, ma la sua via richiede coraggio e impegno e anche, per gli adulti che vi si cimentano, una profonda disciplina interiore e una seria formazione che potremmo definire “spirituale”. Purtroppo questo aspetto è spesso sottovalutato e oggi, nel fermento montessoriano che è esploso un po’ come una febbre improvvisa, si assiste anche a deplorevoli improvvisazioni e ad applicazioni superficiali del suo approccio che è invece contraddistinto da un rigoroso metodo scientifico. Stiamo attenti a non spacciare per “montessori” ciò che non lo è: il rischio è di gettare cattiva luce su questo messaggio così unico e speciale, che si rivela essere, se correttamente applicato, una vera e propria terapia spirituale sia per i bambini che per gli adulti che hanno occhi per vedere e orecchi per intendere…

La parola ai bambini
a cura di Cristina Chiappa

Nella mia classe di scuola dell’infanzia seguo la “via del cerchio”, i cui elementi fondanti sono il rispetto, l’attenzione alle emozioni, la socializzazione e la gioia. I bambini sono abituati a parlare in cerchio, dove ognuno ha il suo spazio ed è ascoltato, dove ci si aiuta a superare le difficoltà o a condividere le proprie conquiste. Parlando di scuola, voglio riportare un cerchio fatto tra i bambini della classe ed alcuni loro compagni andati in prima elementare.


Gabriele :

 

Che si fa alle elementari?

Lorenza:

 

si fanno i compiti.

Lorenzo:

 

certo, stai in prima!

Flavia:

 

vanno bene i compiti?

Lorenza:

 

sì.

Emma:

 

come si sta alle elementari?

Francesco:

 

si sta seduti, si fanno i compiti, un po’ di ricreazione.

Lorenzo :

 

cosa è la ricreazione?

Andrea:

 

una pausa, si gioca un po’.

Gabriele:

 

si gioca solo a ricreazione?!? È meglio stare in questa classe.


Segue uno scambio di informazioni sui nuovi compagni e su come si sentono nella loro nuova classe. Pur stando in classi diverse tutti concordano che a scuola vanno volentieri, che è bello imparare nuove cose ma in ogni classe (ce ne sono tre) c’è un “bambino che disturba e fa dispetti”.


Flavia:

 

e non cercate di capire perché fanno i dispetti, quando fate il cerchio?

Annibale:

 

no, ma il cerchio non si fa alle elementari.

Gabriele:

 

noo?!? E come fate a parlare? Quando è che vi consigliate?

Annibale:

 

per parlare alziamo la mano… ma per rispondere alle domande della maestra, o per chiedere di andare in bagno, se ci serve qualcosa. Tra di noi parliamo durante la ricreazione e a mensa… ma è poco tempo e, sai maestra? Non tutti sanno parlare.

Maestra:

 

cosa intendi? Non tutti parlano italiano?

Annibale:

 

no, non parlano delle cose che succedono, di come stanno. Se sono tristi, arrabbiati… se uno gli fa un dispetto o sono tristi, o vanno dalla maestra o rifanno il dispetto al bambino.

Emma:

 

eh… ma così non si finisce mai! Scusa ma diglielo alla tua nuova maestra di fare il cerchio!

Annibale:

 

veramente… mi vergogno…


Compagni di viaggio
Compagni di viaggio
Elena Balsamo
Come adulti e bambini insieme possono aiutarsi a guarire.Una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia e in particolare della coppia mamma-bambino. Compagni di viaggio volge l’attenzione alla salute emotiva della famiglia.Basandosi sulla sua personale esperienza di medico e di paziente, Elena Balsamo offre al lettore una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia (e in particolare della coppia mamma-bambino), nonché numerosi spunti di riflessione sul significato della malattia e sul messaggio contenuto nei sintomi, per trasformare la sofferenza in un’occasione preziosa di apprendimento ed evoluzione. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.