PARTE SECONDA - IN VIAGGIO VERSO LA SALUTE

L'arte come terapia

Si usano gli specchi per guardarsi il viso e si usa l’arte per guardarsi l’anima

G. B. Shaw

L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è

P. Klee

Senza arte, la crudezza della realtà renderebbe il mondo insopportabile

G. B. Shaw

Devo confessare che l’arte – intesa come espressione pittorica e architettonica – non ha mai avuto un posto importante nella mia vita, forse per una sorta di ribellione adolescenziale nei confronti dei miei genitori che invece ne erano appassionati: avevano una casa piena di quadri e ci trascinavano da piccoli nei viaggi estivi ad ammirare le bellezze delle ville venete o dei paesini medioevali della Toscana.


L’arte io l’ho scoperta da adulta, e anche molto recentemente devo dire, grazie ad un amico artista: quando l’ho visto disegnare, mi sono incantata ad osservare la sua mano tracciare segni sul foglio con una naturalezza mai vista prima e mi sono commossa… Allora mi sono ricordata che in un periodo difficile della mia vita era stato proprio il disegno ad aiutarmi a sciogliere vecchi nodi e ho ritirato fuori la matita sanguigna con cui mi ero dilettata un tempo, insieme al mio figlioletto, a tratteggiare volti, che parevano uscire dalla mia mano in modo assai misterioso e stupefacente…


L’arte ha un ruolo importantissimo nella vita di un bambino ed è, al pari della musica, del canto, delle fiabe e della danza, uno strumento terapeutico di primaria importanza.


Steiner le attribuisce un ruolo fondamentale e nelle scuole antroposofiche alle discipline artistiche è offerto un posto di primo piano.

Secondo l’educatore austriaco l’arte “si rivolge alle forze del cuore; è una terapia di amore nella libertà. Essa aiuta anzitutto il paziente ad uscire dal proprio isolamento e, poiché egli ha perduto momentaneamente la capacità di amare e la possibilità di comunicare efficacemente i propri problemi, gli insegna la lingua del cuore: l’arte. Immergendosi nei processi artistici più che inseguendo un risultato, il paziente ridiventa un essere creatore ad immagine e somiglianza del Grande Artista”1 come scrive De Luca, arteterapeuta antroposofico che spiega come i sensi vengano sollecitati dall’uso dei materiali e del colore rendendo accessibile l’accesso al nucleo spirituale del paziente che giace come addormentato in un castello incantato…

E allora ecco che a seconda dei disturbi si fa ricorso ad una tecnica piuttosto che ad un’altra: la creta ad esempio aiuta chi ha perso il senso del tatto a ritrovare il con-tatto con la vita nella sua dimensione più solida e concreta. Sarà molto utile quindi per i pazienti schizofrenici o i bambini violenti, ansiosi e con problemi di concentrazione.


Chi è molto rigido invece o soffre di idee ossessive dovrebbe dipingere.

I colori e le pitture vegetali, insieme alla calda e morbida cera d’api, sono molto adatti per i depressi, che hanno perso il senso della vita e del gusto per la vita: per esempio i bambini o gli anziani che perdono l’appetito e rifiutano il cibo, così come gli anoressici traggono vantaggio dal dipingere con la tecnica dell’acquarello le forme della natura, alberi e fiori, in calde tonalità.


L’illustrazione di fiabe aiuterebbe a ritrovare il senso del calore che così facilmente si perde nella nostra società dominata dal freddo delle macchine e da un eccesso di pensiero razionale.

“Un felice accostamento di colori e una composizione riuscita dei quadri sono stimolanti per la circolazione dei liquidi organici, del sangue, e per la respirazione interiore. Il risultato terapeutico va dallo scioglimento degli spasmi fino all’attivazione e alla rigenerazione del sangue”2 afferma Treichler.

Anche i singoli colori hanno funzioni specifiche: il rosso è legato all’energia della crescita, dell’azione, al vigore della volontà e stimola direttamente il sangue; il giallo alle energie dello Spirito ed è quindi molto utile in persone con problemi di ansia e attacchi di panico oltreché in pazienti con problemi respiratori; il verde è legato ai processi escretori e il viola a quelli riproduttivi, il blu ha un’azione sedativa e via dicendo…

E quindi ecco che un’attività che ai più può apparire esclusivamente ludica assume ben altro significato e diventa curativa, terapeutica.

Un’altra proposta a mio avviso molto interessante e accattivante nell’ambito dell’arte come terapia (anche se non si propone assolutamente come tale) è quella di Arno Stern. I suoi laboratori di pittura per bambini dai due anni in su – ma aperti anche agli adulti fino ai 90 anni – sono diventati famosi in tutto il mondo.


Il principio su cui si basano è quello – molto montessoriano – della libertà: di scelta, di espressione, in un clima di assoluta assenza di competitività e giudizio.


L’adulto che propone l’esperienza ha un ruolo di assistente: mostra l’uso degli strumenti, come tenere in mano un pennello, come intingerlo nel colore senza farlo sgocciolare. È presente e disponibile a dare aiuto ma solo per attaccare i fogli alla parete con le puntine da disegno o fornire uno sgabello ai più piccoli che non arrivano all’altezza giusta…


Non dà suggerimenti su cosa dipingere e non commenta i risultati, incoraggia solo a padroneggiare la tecnica in modo preciso e poi lascia spazio al bambino di esprimere la propria creatività.

Ciò che avviene nei Closlieu è una sorta di decondizionamento culturale: ci si libera dalle false credenze del non essere capaci, del non avere talento artistico, dalla spinta all’essere produttivi, a fornire prodotti apprezzabili da altri e si tracciano segni per il puro piacere di farlo, in un clima di totale libertà ma anche di calore umano e di condivisione intergenerazionale. Si riscopre il vero senso dell’arte che si è perduto in genere sui banchi di scuola dove, come ci ricorda Arno Stern “l’arte è stata abbassata al rango di una lezione, al pari di quelle di storia e geografia. E una volta grande cosa farà il bambino “educato all’arte”? Metterà più piede in un museo? Non sarà né un creatore, né un amante dell’arte. Rifiuterà ciò che ha consumato prematuramente.”3

“La traccia è il flusso della vita” ci ricorda ancora Stern e nei suoi atelier i bambini vi si affidano con fiducia e ritrovano la serenità, la gioia, la libertà e l’autonomia di cui hanno così bisogno per crescere.


Quando propongo in tutta Italia, insieme all’amico e collega artista Tommaso D’Incalci, laboratori di disegno per bambini e adulti, rimango ogni volta stupita della potenza e della delicatezza di questo straordinario strumento che riesce a tirar fuori emozioni e sentimenti rimasti a volte sepolti nell’animo e nel cuore di grandi e piccini.


I bambini, nella loro innata spontaneità, fanno dono dei tesori più grandi: esprimono su carta l’amore profondissimo per la mamma e il papà, o il compagno di giochi, ma anche la rabbia che covano dentro per un’ingiustizia o un tradimento o la gioia delle piccole cose quotidiane… Il loro stupore è grande quando si sentono liberi di esprimersi come meglio credono: di usare i colori e gli strumenti che preferiscono (matite colorate, pastelli a cera, pennarelli o gessetti), di scegliere il soggetto del loro disegno e lo spazio che vogliono dedicargli sul foglio. Non sempre tutto questo infatti a scuola viene permesso.


Ma ancora più grande è il senso di meraviglia che leggo nei loro occhi quando guardano Tommaso tracciare sulla loro striscia di carta segni che si trasformano ben presto in navi, pesci colorati, enormi camaleonti, bambini che volano insieme ai loro palloncini… I più piccoli ne rimangono letteralmente incantati e lo fissano a lungo come rapiti da una misteriosa magia…


Perché difficilmente i bambini hanno occasione oggi di vedere un artista al lavoro, di osservare da vicino come nasce l’arte. Ed è questo invece che appassiona, che fa scattare l’interesse e l’entusiasmo.


Gli adulti, d’altro canto, si stupiscono durante i laboratori dei segni che escono dalla loro mano incerta e vi trovano tracce di percorsi, cicatrici, vecchie storie dimenticate… Mettono da parte la vergogna (“Io non so disegnare”), la titubanza, e ogni volta il loro tratto si fa più sicuro e l’autostima cresce alimentata da un clima di uguaglianza e di non giudizio. E a poco a poco il bianco e nero si fa colore, il buio diventa luce, i traumi si trasformano in opportunità…


Ed ecco che disegnare insieme in gruppo, a volte sdraiati a terra come fanno i piccoli, sulle note di un pianoforte, diventa un’incredibile, piacevolissima terapia. E per tutti, partecipanti e conduttori, un’incredibile occasione di crescita e di arricchimento reciproco.


Il disegno liberow

Prendo a prestito dal bellissimo libro di Piero Ferrucci Crescere. Teoria e pratica della psicosintesi questa proposta di attività relativa al disegno (che in realtà è molto simile a quella che proponiamo Tommaso ed io ai nostri laboratori):


“Prendete alcune matite colorate e dei fogli da disegno. Prima di incominciare a disegnare, interponete qualche momento di calma e di rilassamento fra la vostra attività precedente e ciò che state per fare. Poi permettete alla vostra mano di disegnare liberamente e state a vedere che cosa salta fuori sulla carta.


Lasciate che la vostra mano disegni qualsiasi cosa voglia disegnare, astratta o concreta che sia. …E mentre disegnate lasciate che i movimenti della mano si sviluppino spontaneamente: possono essere fluidi o a strattoni, veloci o lenti ecc. Quando sentite di aver finito, studiate il vostro disegno: ha ancora bisogno di qualche ritocco finale? In tal caso completatelo come volete.


…Poi guardiamo di nuovo il disegno, questa volta in maniera più analitica. Qual è il suo stile? (è infantile, elaborato, nervoso, meccanico, ecc.?). Come abbiamo usato i colori? (notare l’esistenza o l’assenza di colore, contrasto e armonia, toni chiari o scuri, ecc.). Com’è rappresentato lo spazio? (è affollato, vuoto, oppressivo, impersonale, intimo, occupato irregolarmente?). Il disegno è statico o dinamico? Qual è l’atmosfera generale? (triste, gioiosa, agitata, serena, ecc.). A mano a mano che osserviamo il disegno può darsi che i suoi colori, le sue forme o alcuni suoi dettagli suscitino in noi una sfumatura emotiva, un ricordo, un’intuizione. Dopo un po’ giriamo il foglio e scriviamo sul retro ciò che ci è venuto in mente. Insomma, dopo aver trasformato in forme visibili le nostre energie interne tentiamo di trasformare queste forme visibili in comprensione e in parole.


…ciò che conta è capire, non dare spiegazioni. …E anche se i disegni rimangono ai nostri occhi dei geroglifici senza significato, essi soddisfano perlomeno un nostro bisogno vitale: il bisogno di esprimere. …A mano a mano che facciamo vari disegni liberi, viene a galla una molteplicità di forme.. E allora incominciamo a renderci conto dell’enorme varietà di energie che esistono in noi, vere e proprie entità psichiche con una loro vita indipendente. E il fatto che di solito non siamo capaci di percepire queste entità non significa che non esistano: significa soltanto che non ne eravamo coscienti.”4


Compagni di viaggio
Compagni di viaggio
Elena Balsamo
Come adulti e bambini insieme possono aiutarsi a guarire.Una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia e in particolare della coppia mamma-bambino. Compagni di viaggio volge l’attenzione alla salute emotiva della famiglia.Basandosi sulla sua personale esperienza di medico e di paziente, Elena Balsamo offre al lettore una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia (e in particolare della coppia mamma-bambino), nonché numerosi spunti di riflessione sul significato della malattia e sul messaggio contenuto nei sintomi, per trasformare la sofferenza in un’occasione preziosa di apprendimento ed evoluzione. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.