parte prima - Il cerchio della salute e della malattia

Che cos'è la salute?

“Tutto ciò che la natura fa lo fa in cerchio”

Alce Nero

“La salute è la piena realizzazione di ciò che siamo”

E. Bach

“La salute del corpo dipende da quella dello spirito”

M. Montessori

Non so se vi è mai capitato di essere follemente innamorati e di sentirvi tutt’uno con il mondo: come se foste voi stessi una zolla di terra del prato su cui siete sdraiati o un alito del vento che vi scompiglia i capelli o una delle tante stelle che illuminano il cielo in una notte d’estate… È una sensazione unica e indimenticabile: ci si perde in una dimensione senza tempo e all’improvviso ogni preoccupazione e pensiero scompare, ogni malessere, ogni fastidio, ogni dolore.


Ecco che cos’è, secondo me, la salute: essere innamorati della Vita e accettarla in ogni suo aspetto sentendosi una cosa sola con lei.

Molti di noi invece ne hanno una visione in negativo: pensano cioè che essere sani significhi semplicemente non essere malati…


Ma la salute è molto, molto di più della semplice assenza di malattia: è un senso di benessere, la sensazione di stare bene nel proprio corpo, di essere appagati nell’anima, di essere al posto giusto nel mondo, di essere Uno con l’esistenza stessa. La salute è gioia di vivere.

Ho avuto modo di osservarlo più volte durante la mia pratica pediatrica: un bambino felice, che si sente accolto, amato e protetto è in genere un bambino sano. Un bambino che sorride fin dai suoi primi momenti di vita, un bambino che cresce il più possibile secondo le direttive della natura, che portano inevitabilmente a soddisfare i suoi bisogni di base, è un bambino che si ammala molto poco, perché, come scrive lo psicoterapeuta Arthur Janov, “Con una buona partenza nell’esistenza, il bambino dovrebbe essere in grado di resistere a tutte le manifestazioni di stress”.1


Il mistico Osho ci dice che “Un individuo può essere sano, può non avere nulla a che fare con i dottori ma se non si sente scoppiare di felicità non è sano; forse non ha malattie ma di certo non conosce la salute”2.


E Edward Bach, il medico inglese inventore della floriterapia, scriveva: “La salute deriva dall’unione piena e completa tra l’anima, la mente e il corpo. …Possiamo giudicare il nostro stato di salute attraverso il nostro grado di felicità e attraverso quest’ultimo possiamo sapere se stiamo obbedendo ai dettami della nostra anima”3.

Nelle culture tradizionali di tutti i continenti la salute è considerata uno stato di equilibrio tra forze opposte: yin e yang nella visione taoista e nei fondamenti di medicina tradizionale cinese, vata, pitta e kapha per la medicina ayurvedica indiana. È la rottura di questo equilibrio che porta alla malattia.


Per i nativi americani essere sani significa essere in armonia con l’universo intero, con tutto il creato, o, come dicono i Navajo, “camminare in bellezza” sulla madre Terra.


La parola “salute” deriva da un termine che in sanscrito significa “integro”. “Un problema sorge solo quando la vita è vista in modo frammentario. Vedetene la bellezza” diceva Krishnamurti e nel Vangelo di Tommaso è scritto “Se uno è integro verrà colmato di luce ma se è diviso sarà riempito di oscurità”.

Essere sani dunque significa essere interi. La maggior parte di noi invece è come un vaso di terracotta frantumato in mille pezzi: per rimetterlo insieme occorre molta pazienza e un lungo, delicato, lavoro. È il lavoro che nelle società tradizionali facevano gli sciamani, i guaritori, gli uomini e donne-medicina, che aiutavano le persone a recuperare i frammenti di anima andati dispersi nel corso del tempo nelle situazioni traumatiche che ogni vita comporta.


Quando manca l’unità si crea confusione: mille voci ci premono dentro e noi non sappiamo più a chi dare retta: sono le voci delle “subpersonalità” – per usare un termine caro alla Psicosintesi – che ci abitano, le voci dei condizionamenti familiari, educativi, sociali e religiosi che si sono iscritte nella nostra memoria cellulare e continuano a influenzare i nostri comportamenti e le nostre vite. Quelle che fanno scattare il “pilota automatico” e ci fanno reagire alle situazioni secondo modalità che non vorremmo mettere in atto ma che non riusciamo a controllare…


Guarire significa dunque de-condizionarsi e ritrovare l’unità originaria, il proprio volto originale, il proprio Animus e la propria Anima (per dirla con Jung), il proprio uomo interiore e la propria donna interiore e unirli nelle nozze alchemiche.


Guarire significa integrare ciò che si è perso per strada, ciò che si è rifiutato e negato e che pertanto, come ogni escluso, ci si è rivoltato contro. In genere il meccanismo che utilizziamo per non vedere ciò che non ci piace di noi è quello di “proiettarlo” sugli altri: è così che nella nostra vita incontriamo persone a cui affidiamo il compito di vivere le nostre ombre, ovverossia gli aspetti non voluti e giudicati negativi, che reclamano invece a gran voce di essere riabilitati e di riacquistare il loro posto dentro di noi.

Guarire vuol dire rimettere insieme tutti i pezzi del proprio puzzle personale e trasformarlo in un mandala4, simbolo, in tutte le culture, di unità e completezza, di armonia e di equilibrio, del molteplice che si fa uno.

Guarire significa ritrovare il proprio senso, il motivo per cui si è qui, ricostruire il proprio progetto personale, recuperare il proprio sogno, vivere la propria “Leggenda Personale”, come direbbe Coelho o “ritrovare la via di casa” come scrive Ferrucci.


Guarire significa fare spazio, divenire cavi come un flauto di canna, affinché il Divino possa riempirci e attraverso di noi suonare la sua melodia al mondo.

Jung affermava che la sofferenza è dovuta ad un ristagno spirituale e nessuno guarisce veramente se non riesce a raggiungere un atteggiamento religioso. Riscoprire il senso del sacro che permea tutta la vita, dalla nascita alla morte, e ogni atto e gesto quotidiano è il fine ultimo che l’uomo è chiamato a raggiungere nel corso della sua esistenza terrena.


“La vera terapia consiste nell’approccio al divino; più si raggiunge l’esperienza del divino, più si è liberati dalla maledizione della patologia” diceva ancora Jung. Del resto in ebraico “malato” si dice “hollè” che deriva da “hallal”, che vuol dire “buco, vuoto” ma anche “profano”…


In questo senso il vero medico assume una funzione sacerdotale (da sacer – dot, colui che fa il sacro, rappresentante del sacro) e si pone per il paziente come un compagno di viaggio che lo guida attraverso le foreste della sua anima per ritrovare la strada verso casa: “La guarigione è sempre un atto sacerdotale che si compie al di là della materia”5 scrive lo psicoterapeuta Dethlefsen.


Un approccio ben diverso da quello tipico della maggior parte delle istituzioni mediche moderne, per le quali – come ci ricorda Arrigo Chieregatti – “guarire significa rendere l’individuo idoneo al lavoro”6


Ma vediamo ora, prima di procedere nel viaggio verso la guarigione, di approfondire meglio il significato della malattia, esperienza da cui nessun essere umano è immune.

Perché la salute è un cerchio e non esiste senza la sua controparte…

Canto Navajo di guarigione

Dona nuova forza ai miei piedi

Dona nuova forza alle mie gambe

Dona nuova forza al mio corpo

Rinnova il mio spirito

Prendi la malattia da me

Colmo di gioia io sento come la mia forza ritorna

i miei occhi non sono piu’ cupi

la mia mente è chiara

posso di nuovo utilizzare le mie membra

Tu hai preso da me la malattia ed io posso di nuovo camminare

Possa io camminare senza dolori

Possa io camminare felice

Com’era prima possa io camminare

Possa io camminare lieto sotto la nube di pioggia

Possa io camminare gioioso nella pioggia rinfrescante

Possa io camminare sul sentiero del polline che dona la vita

Possa io camminare colmo di gioia

Come prima io desidero camminare

Bellezza sia davanti a me

Bellezza sia dietro a me

Bellezza sia sopra di me

Bellezza sia sotto di me

Bellezza sia intorno a me

In bellezza tutto è compiuto

Compagni di viaggio
Compagni di viaggio
Elena Balsamo
Come adulti e bambini insieme possono aiutarsi a guarire.Una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia e in particolare della coppia mamma-bambino. Compagni di viaggio volge l’attenzione alla salute emotiva della famiglia.Basandosi sulla sua personale esperienza di medico e di paziente, Elena Balsamo offre al lettore una panoramica chiara ed esauriente dei diversi strumenti terapeutici alternativi a disposizione della famiglia (e in particolare della coppia mamma-bambino), nonché numerosi spunti di riflessione sul significato della malattia e sul messaggio contenuto nei sintomi, per trasformare la sofferenza in un’occasione preziosa di apprendimento ed evoluzione. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.