capitolo II

Dal concepimento alla nascita:
un cammino in 4 tappe
sulla via del sacro

Prima tappa: il concepimento1

All’inizio era la Parola, e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio. […] E la Parola si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi.

Vangelo di San Giovanni 1,1; 1,14

Il sesso è sacro. L’atto sessuale è il gesto più sacro che esista. Andrebbe compiuto in un tempio o davanti a un altare, in uno spazio di silenzio e bellezza che ispira al raccoglimento.


Il sesso è un trampolino di lancio verso la terza dimensione, quella dello spirito: la verticalità. È la via privilegiata per raggiungere il divino. Non è l’unico strumento per arrivarvi, lo si può fare anche attraverso la meditazione, ma è sicuramente la via più naturale e consona all’essere umano, quella inventata da Dio appositamente per lui.


L’uomo è fatto di parola e carne impastate insieme ed entrambe sono sacre. “Tutto è wakàn” dicono gli indiani Lakota.


La carne è intrisa di spirito: la carne si fa spirito e lo spirito carne. Sono due realtà inscindibili, non esiste nessuna dicotomia. Dio si è incarnato nel Figlio, si è fatto uomo, “… perché l’uomo si facesse Dio”2.

Perché l’incontro della dualità avvenga – carne/spirito, uomo/donna, uomo/Dio – occorre però creare uno spazio di libertà: l’amore si nutre del terreno della libertà e può sopravvivere solo in uno spazio di libertà.


Perché l’incontro avvenga, non di meno occorre delicatezza: l’Angelo dell’Annunciazione soffia la sua proposta nel cuore di Maria che la accoglie dicendo sì. L’incontro avviene attraverso uno scambio di parole che è al contempo una condivisione dello spazio sacro personale. L’incontro avviene nell’intimità. Ma l’intimità non richiede necessariamente un contatto fisico o ancor più genitale: ci può essere intimità profonda tra due persone senza alcun atto di natura sessuale, così come può esserci atto sessuale senza alcuna intimità. L’intimità si crea quando io permetto all’altro di entrare dentro al mio spazio sacro, quando lo ospito nella mia interiorità, quando sono disposto a mostrargli la mia anima, al di là di ogni maschera o velo, quando mi offro non fisicamente ma spiritualmente nudo. Un atto che richiede coraggio perché rende vulnerabili. È il gesto ardito di Maria che si apre all’annuncio dell’Angelo, si fida di lui e si affida a lui. Si fa coppa recettiva per il suo messaggio fecondatore. Ma l’Angelo arriva a lei con la delicatezza di un soffio di vento, non con l’impetuosità di un rombo di tuono…


L’amante arriva scalzo, in punta di piedi e bussa timidamente alla porta. “Posso?” è la condizione preliminare, la chiave magica che apre i cancelli dell’anima.


La parola si fa tocco e il tocco-carezza si fa parola.

L’uomo eiacula nel corpo della donna una parola-seme di luce, la donna la riceve, la accoglie nel suo grembo e la trasforma in carne e il bambino viene ad abitare in mezzo a noi.


L’eiaculazione è una preghiera, una “giaculatoria” (dal latino “iaculum”, che significa letteralmente “dardo”, “saetta”) che viene lanciata con ardore verso l’alto, su su fino ad arrivare ai confini del cielo. In quell’istante l’amore ha compiuto il suo miracolo: il due, per un solo attimo che ha il sapore dell’eterno, si è fatto Uno, è tornato all’Unità primigenia, là dove tutto ha inizio e una nuova vita può sbocciare. La sacralità del gesto permette l’accesso a una dimensione che fa parte dell’oltre.


Anche qui, non necessariamente la penetrazione dev’essere fisica, genitale, affinché dia luogo al processo creativo: la Parola, quando è sacra, può fecondare anche senza amplesso dei corpi. Lo diceva già Platone, nell’Anima:

C’è chi resta incinto nello spirito più che nel corpo. Incinto, sì, della cosa di cui è naturale che resti incinto lo spirito, per poi partorirla .

E cioè del pensiero.

Fra questa gente, in qualità di procreatori, stanno i poeti, tutti quanti e, degli artisti, quelli che definiamo creativi.

La fecondità in questo caso diventa creatività nel senso di produzione di opere d’arte “belle e immortali”. La parola-seme esce dalla bocca ma anche dagli occhi e dalle mani, e trasforma un pezzo di deserto in una zolla di terra fertile.


La sacralità dell’unione tra maschile e femminile è rappresentata per i popoli nativo-americani da un oggetto utilizzato proprio per la preghiera: la Sacra Pipa. Essa è costituita da due parti: il cannello, simbolo dell’organo maschile, e il vaso, simbolo dell’utero femminile, che vengono uniti al momento del rituale per permettere il passaggio del fumo e la sua liberazione verso l’alto, fino a raggiungere il Grande Spirito.


La stessa simbologia di canale e di vaso è presente nella Cabalah ebraica: l’uomo offre alla donna la sua Luce, questa la riceve dandole forma e struttura. La donna dev’essere capiente e il suo vaso dev’essere integro, senza crepe, per poter accogliere la Luce dell’uomo; questi deve esserne portatore per poterla donare alla donna.


Il concepimento avviene dunque da un incontro di Luce, qualunque ne sia il frutto: un bambino, un’idea, un progetto, un’opera d’arte. Perché quando due luci si incontrano non sono più: solo la Luce è e la Luce crea.

Seconda tappa: l’attesa

Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome.

Vangelo di San Luca 1,49

Una volta che il seme è affondato nella terra nutrice non resta che annaffiarlo con amore e tenerezza.


Nel calore avvolgente dell’utero, come nella grotta di Betlemme, il seme cresce e mette radici sempre più profonde. La carne del bambino si compenetra della carne della madre, succhia il suo sangue e viene alimentata dal suo soffio, dal suo respiro. La placenta, questo organo misterioso e complesso, segna il confine tra i due e funge da interfaccia, da mediatrice, da compagna di viaggio del bambino.


Attraverso di lei avvengono gli scambi necessari al mantenimento della vita. Ma succede di più: c’è un passaggio di cellule dal bambino alla madre e dalla madre al bambino, così che entrambi ospitano a vicenda parti di sé. “Microchimerismo” lo chiamano gli scienziati: la madre alberga nel suo corpo cellule-bambino e il bambino cellule-madre. Lo scambio è più intenso in condizioni di emergenza: una minaccia d’aborto per esempio o un’anomalia cromosomica, quasi che il figlio corresse in aiuto alla madre donandole la forza delle sue cellule giovani e prorompenti di vita per aiutarla a superare il trauma. E la madre ricambiasse offrendo al bambino cellule esperte nel difenderlo, una volta nato, dagli attacchi esterni di virus e batteri.


Un interscambio perfetto. Quando c’è armonia. Se questa si rompe, se problemi antichi avvelenano le acque, l’equilibrio può trasformarsi in guerra, in un’intolleranza ospite-ospitante e ciò che è risorsa diventa ostacolo e autodistruzione e può generare in futuro malattie autoimmuni nel figlio e nella madre. Anche i nuovi nati riceveranno dalla mamma nei parti successivi delle cellule-fratello/cellule-sorella: indiscutibile conferma della interrelazione che ci lega tutti, in quanto esseri umani, nella stessa invisibile, cosmica rete.


La gravidanza è tempo d’attesa e di raccoglimento. La vita cresce nel silenzio, come un seme nel calore della terra sotto la neve. Ci vuole tempo perché diventi un germoglio. I tempi della terra sono lenti, sono i tempi del dentro, non del fuori, i ritmi calmi e tranquilli del ciclo delle stagioni. La gravidanza è tempo di ascolto. Ascolto di sé e ascolto dell’altro, ascolto del corpo e ascolto del bambino che nel corpo cresce e si forma. Ascolto dei messaggi che giungono da entrambi. Tempo e ascolto: ecco le due dimensioni portanti della gravidanza. Ma per ascoltare occorre fare silenzio. Un silenzio che non è un muro ma uno spazio vuoto gravido di parole, un silenzio che è terreno d’incontro, generatore di scambio io-tu, uno-due.


La donna, come la terra, è custode della vita, portatrice del mistero. Il suo corpo si fa tempio, tabernacolo che ospita il divino. La donna in attesa è abitata: il suo volto emana una luce particolare, una calma, un senso di appagamento del tutto speciali. Il volto della donna gravida è disteso, rilassato. I suoi occhi guardano oltre, scorgono l’invisibile.


Vulnerabile e potente, fragile e forte al tempo stesso, la donna crea e chi crea è vicino al divino.


Il bambino, immerso nelle acque primordiali, vive di sua madre. Si nutre di lei. Si nutre del suo amore. E di bellezza. La bellezza del cielo intensamente azzurro di una mattina d’autunno, la bellezza del pruno in fiore a primavera, la bellezza delle stelle che brillano splendenti nella notte nera e del mare che luccica d’argento mentre canta la sua canzone al sole che tramonta. Il bambino ha bisogno di parole che, intrecciate insieme, gli raccontino una storia.


E allora gioca e fa capriole nella sua piccola casa, al riparo dalle tempeste e dai tuoni. Dove tutto è morbidezza. La mucosa dell’utero lo avvolge come un drappo di velluto e di seta. Niente angoli, niente spigoli, solo soffici linee curve. Tondo il ventre che cresce insieme a lui come la luna che si fa piena di notte in notte.


E la donna, giorno dopo giorno, diventa madre: la maternità è un processo, un cammino che si apre camminando, un viaggio di mille miglia che comincia con un passo…

Terza tappa: la nascita

E vennero per lei i giorni del parto…

Vangelo di San Luca 1,57

Il parto è un’esperienza totale. Un’iniziazione al Mistero.

Durante il parto la donna si fa canale, tramite per il passaggio della Vita. Più è vuota, più il canale è libero e pulito, più facilmente avviene il parto. Partorire è aprirsi e lasciarsi attraversare da un’energia che viene da lontano, dal centro del mondo, dal centro di sé.


Il bambino, immerso nelle acque sacre, respira insieme alla madre. Onda vicino all’onda nel respiro del grande mare.


Le contrazioni si susseguono con ritmicità: se la donna riesce a cavalcarne l’onda come un’esperta surfista, se si abbandona a esse con assoluta fiducia, queste diventano una danza, la danza cosmica della vita. Ma se questo non avviene, possono anche trasformarsi in colpi di arma da fuoco e il parto diventa un inferno, un campo di battaglia. Per la mamma e per il bambino. Le contrazioni possono essere per lui carezza che avvolge, che massaggia, che contiene, ma possono anche farsi torchio che stringe, comprime, soffoca.


Il dolore si fa sofferenza senza senso. Insopportabile per entrambi. La madre si arrende e si consegna nelle mani dei tecnici, dei cosiddetti esperti e il bambino si ritira, smette di impegnarsi, si rifiuta di nascere.


I problemi insorgono quando si cerca di resistere, di opporsi all’energia di Vita che travolge e trascina verso direzioni e mete inaspettate. Il trauma nasce sempre da un’opposizione, da un rifiuto ad accettare un’esperienza, da un attrito lungo la traiettoria prestabilita. Il bambù che si china al soffio del vento, si piega e si rialza, il tronco rigido dell’albero secco viene spazzato via.


Se la donna si mette all’ascolto del suo corpo e del suo bambino, se lavora insieme a lui come una compagna di cordata, parlandogli e rassicurandolo, allora ecco che tutto procede secondo i ritmi della natura. Il bambino si impegna, collabora, punta i piedi sulla parete dell’utero per darsi la spinta verso l’esterno. Il mondo lo aspetta e lui non vede l’ora di farne parte. Il respiro della madre che si fa canto, lo sostiene e lo guida. Gli indica la strada. Perché il respiro è il cordone ombelicale che ci lega al divino.


Poi, a un certo punto, il bambino deve passare sotto l’arco della sinfisi pubica e per farlo deve compiere un atto altamente significativo e simbolico: deve chinare la testa, deve dire sì alla vita. Perché non c’è libertà senza prima resa e sottomissione. Ma qui non si tratta di un gesto servile nei confronti di un potere umano bensì di un atto sacro, di un gesto di umiltà nei confronti del divino, di un’accettazione del dono che proprio in quanto dono non può essere rifiutato.


Finalmente, ecco la testa. Compare incoronata dalla vulva materna. La fontanella è lì, come un occhio aperto sul mondo.


Poi piano piano la testa ruota con un movimento a spirale, il moto degli astri e delle galassie. Ecco che emerge una spalla e poi è un attimo e il bambino è fuori, tenero e umido come un mollusco sgusciato dal ventre materno che sul ventre fa ritorno.


Eccolo, è lì. Silenzio. Non disturbate. Non interferite. Avvicinatevi in punta di piedi come i pastori di Betlemme. Questo grumo di carne è un miracolo vivente. Dategli tempo per aprirsi alla vita.


Nessun tocco è abbastanza delicato per lui in questo momento. Nessun suono abbastanza lieve se non il soffio della voce paterna. Dategli tempo. Lui viene dall’eternità.

Quarta tappa: il maternage

Tu sei benedetta fra tutte le donne e benedetto è il frutto del tuo seno.

Maternità, ma-ternité, maeternité, la mia eternità: una fessura sull’eterno, ecco la possibilità che apre la maternità alla donna. Occasione unica di trasformazione alchemica: l’oro si forgia nel fuoco dell’iniziazione del parto. La puerpera – la donna che ha partorito il puer, il bambino – è una “risvegliata” che segue ormai altre leggi da quelle umane, se è stata toccata dalla grazia della sacralità della nascita. Se è “piena di grazia” allora è benedetta e benedetto è il frutto del suo ventre. Allora ogni gesto che compie è sacro.


Perché ogni gesto intriso d’amore – un tocco, una carezza, una parola, uno sguardo – è un gesto sacro: si trasfigura, va oltre, diventa altro.


“Guardami!” chiede il bambino, appena sgusciato fuori dal ventre materno. Gli occhi sono finestre spalancate sull’anima. Io ti vedo. Io ti riconosco. Attraverso il tuo sguardo io ti entro dentro e ti tocco l’anima. Delizia suprema. Gioia senza fine. Pura estasi.


“Toccami!” dice il bambino alla mamma. Con delicatezza, come farebbe un soffio di vento o un raggio di sole. Con lentezza, con il ritmo della terra che, paziente, sa aspettare il suo turno.


Il tuo tocco mi nutre, mi fa respirare. La tua carezza apre i pori della mia pelle alla Vita. La tua mano che percorre i miei confini mi dice che “Io sono”, sì, io esisto e posso mettere radici qui, tra le asperità di questo mondo, come piccolo germoglio di fiore tra le fessure di roccia dei pascoli d’alta quota.


“Parlami!” chiede il bambino a sua madre. Dimmi parole di latte e di miele che io possa bere per dissetare la mia sete. Parole di carne, nate e fatte carne nel silenzio. È una Parola-seme di luce che mi ha generato e sono Parolesemi di luce che mi permettono di farmi uomo, di farmi donna, di diventare ciò che sono. Le parole d’amore che escono dalla tua bocca nutrono la mia anima, la aiutano a crescere, a ricordarsi di sé. Le tue parole mi avvolgono in una coperta di tenerezza, mi cullano dolcemente e io mi lascio dondolare.


“Nutrimi, Madre!” dice il bambino alla mamma. Il tuo corpo si è fatto nutrimento per me. Il nostro è un rapporto di carne e di spirito. Di carne intrisa di spirito. Di latte imbevuto di sangue. Quello che mi offri è il tuo corpo, lo offri in sacrificio per me: la nostra è una comunione.


Come un piccolo pellegrino io sono appena giunto sul Cammino: donami il tuo elisir di lunga vita affinché io abbia voglia di restare e di percorrere le strade del mondo con gioia e con fiducia piena.

La Via Lattea mi guiderà là dove devo andare.


“Reggimi, Padre!” chiede il bambino all’uomo che affianca la madre. Poggia le tue mani forti sulle mie reni, così che io senta la forza potente dei miei Antenati. Il passato mi sostiene e mi guida verso la promessa del mio futuro.


“E pronuncia il mio nome!”: nel mio nome c’è il segreto del mio destino, l’energia di Vita che mi chiama a essere me stesso, a inventare la mia strada, quella che mi aspetta da sempre. Dimmi chi sono, da dove vengo, qual è il mio posto, così che io possa sapere dove posare i piedi e dove andare, dove collocare il prossimo passo.


Ma soprattutto sostieni mia madre, contienila in te come la conchiglia fa con una perla preziosa, affinché lei possa avere la forza di contenere me.

Per essere totalmente per me ha bisogno di te, del tuo ascolto, del tuo sguardo, del tuo tocco, della tua parola. Ma soprattutto del tuo silenzio. Un silenzio gravido di promesse, un silenzio che è accettazione e contemplazione del Mistero. Tu devi esserci e scomparire. Devi esserci senza esserci.


Una presenza forte e sicura ma nello stesso tempo delicata e lieve. Ecco cosa ti si chiede: di essere montagna e soffio di vento, di essere quercia e raggio di sole. Non è facile, lo so, ma è qui che si gioca il tuo essere uomo, integro e completo. Un uomo in piedi, in tutta la sua verticalità.


Maria ha bisogno di Giuseppe per dare vita al Bambino Divino.

E così il cerchio si chiude. Il bambino riposa sul corpo della madre. Pelle su pelle, carne su carne.


Disteso sul ventre della terra, calda, morbida e accogliente, il bambino sorride.

La madre illumina il bambino e il bambino illumina la madre e tutti coloro che stanno intorno a lui.

Lettera-diario di un bambino nel grembo

Cara mamma,


mi sono chiesto se ti piacerebbe conoscere la mia storia. È una storia fatta di pietre e di gocce di sole. È una lunga storia ma noi non abbiamo problemi di tempo, giacché da quando la Vita è in noi, noi siamo la Vita e il Tempo e la Storia.


E tutto ci appartiene. Inseriti come siamo nella corrente dell’ineffabile mistero di Dio.


Abbiamo tempo, tutto il tempo che ci occorre, io e te per parlare. E abbiamo tante cose da dirci.


Così ho pensato di scriverti una lettera, una lunga lettera, perché quando io nascerò anche tu nascerai con me e ci sono cose che è bene che tu sappia.

Ti parlerò di me, di come da un mondo lontano sono approdato alla vita, ti racconterò qualcosa del mio lungo viaggio, della mia grande avventura: cosicché tu, imparando a conoscermi, ti preparerai ad accogliermi.


Hai voglia di ascoltarmi? Prenditi un po’ di tempo e fammi spazio dentro di te: è di questo che ho bisogno per crescere. Uno spazio raccolto, non troppo grande e neanche troppo piccolo, ma soprattutto uno spazio tutto per me, che sia solo mio, che sia il mio spazio in te.


Allora, se sei pronta, fammi un cenno e io comincerò a parlare…

Eccomi qua. La Vita mi ha catapultato dentro di te quando meno me l’aspettavo ma ora sono contento di esserci.

E tu? Sai, a volte non so se mi vuoi veramente, se sei felice del mio essere in te, se sai perché sono qui.


Sono ancora molto piccolo e tu non ti accorgi nemmeno della mia presenza eppure io ci sono, io esisto. Sono come un grumo di luce, fatto di polvere di stelle. Sono antico come il mondo o forse più ma sono anche fresco e nuovo come ogni vita che sta per sbocciare. Una cosa è certa: sono unico e speciale perché non esiste sulla terra e nell’universo intero un altro essere uguale a me.


Vedi, ogni cucciolo d’uomo che nasce è come un piccolo albero che spunta: ha le radici piantate nella terra e i rami che tendono al cielo. Ogni essere umano che nasce è frutto di passato e di futuro ed è per questo assolutamente diverso da ogni altro. Speciale, irripetibile. Un’opera d’arte originale, un pezzo unico firmato dal Creatore. Così anch’io, mamma. Anche se quando sarò nato alcuni tratti del mio volto o certe mie espressioni ti ricorderanno quelle di qualcun altro, anche se vedrai in me il sorriso della nonna o il naso del nonno, sappi che sono solo pennellate di colore ma che il ritratto, il quadro finale è solo mio.


Così pure se la mia presenza in te fa affiorare il ricordo di un’altra presenza, che rappresenta per te un antico dolore, ti prego fa’ che questo tuo ricordo non offuschi come nebbia il mio piccolo cuore che già batte vigoroso dentro di me.


Io sono io e nessun altro e ho qualcosa di speciale da dirti se sei disposta a guardarmi e ad ascoltarmi.

So che ti sembrerà strano, ma sono io che ti ho scelto, non tu, o meglio è la Vita che ha scelto per me il luogo più appropriato dove io potessi prepararmi alla grande avventura che mi attende.


Tu sei la mamma che faceva per me, quella di cui avevo bisogno proprio ora per crescere e sviluppare tutte le mie potenzialità e i miei doni. Perché io esistevo già, prima ancora di affacciarmi alla vita. E vengo da molto lontano, da un luogo senza tempo e senza forma, dove esistono solo luce, bellezza, amore, pace e armonia.


Non è facile lasciare quel Paradiso, sai, per rimettersi nel tumulto del mondo ma è necessario farlo, perché abbiamo ancora molte cose da imparare. Tu ed io.


Così un giorno sono partito per la mia missione speciale e sono approdato in te, proprio come il seme del soffione, spinto lontano dal vento, prima o poi si posa sul terreno umido e bagnato e delicatamente vi affonda.


Anche io nasco da un seme che dolcemente, teneramente, ha fecondato la terra e come un seme, un giorno, quando sarò grande, mi spargerò per il mondo, lasciando intorno a me briciole d’azzurro. Voi forse allora non ci sarete più ma questo non ha importanza. Perché ciò che conta è che la Vita continui. E la vita ora è qui, in me.


Mi sono fatto un piccolo nido nel tuo grembo. All’inizio non è stato facile. Tu hai perso un po’ di sangue e ti sei spaventata. E io con te.


Perché mamma non è felice? mi chiedevo, cosa c’è che la preoccupa? Ma poi, un po’ alla volta tutto è passato e io mi sono accoccolato nella parete soffice del tuo utero e mi sono perso nei miei sogni. Da questa mia posizione privilegiata io riesco a vedere anche ciò che tu non vedi, è come se una finestra fosse aperta per me sul passato e sul futuro: la mia vita qui è fatta di ricordi e di visioni.


Oggi mi sono svegliato di soprassalto: qualcuno ha poggiato qualcosa sulla tua pancia e l’ha fatto scorrere avanti e indietro: il mio cuoricino batteva velocissimo e tu per la prima volta l’hai sentito forte e chiaro, in mezzo ai fruscii e alle correnti del liquido nel quale sono immerso. Ho sentito un’onda di gioia percorrermi tutto quando tu hai sorriso nello scoprire che sì, esisto davvero! Non sono unicamente il frutto della tua immaginazione… Per la felicità, mi sono messo a fare le capriole!


Stasera mi sono mosso più forte del solito e tu mi hai sentito! All’inizio non eri sicura che fossi io, ma poi hai capito. Hai avvertito come un guizzo, il guizzo di un pesciolino che sbatte la coda, un leggero, rapido spostamento d’acqua, come il battere d’ali di una farfalla. Un palpito di vita e tu hai esultato...


Sì, sono io, mamma! Ora il nostro dialogo diventerà più fitto perché se io ti parlo tu mi senti. È così bello essere percepiti…


Adesso mi sente anche papà, perché i miei movimenti si sono fatti più percettibili, più forti, più chiari. Mi piace quando mette una mano sulla tua pancia: accarezzando te accarezza anche me. Io avverto il suo tocco dolce e forte e mi dà sicurezza. So che protegge te e anche io mi sento protetto. Mi piace ancora di più quando mi parla e mi racconta gli avvenimenti della giornata. Una specie di telecronaca per prepararmi alla vita che mi attende…

In realtà non è tanto ciò che dice che è importante per me ma il modo in cui lo dice. La sua voce è diversa dalla tua ma è una voce calda e buona e questo è ciò che conta per me.


Poi tu mi canti una dolce ninna-nanna e io mi addormento cullato dalle note del tuo canto come dalle onde del mare…

Oggi ti sei spaventata e hai urlato: ho sentito come una punta acuminata entrarmi dentro e ho vacillato per un po’. Cosa sta succedendo? mi sono chiesto. Poi tu sei scoppiata a piangere a dirotto e io mi sono sentito solo e abbandonato. È da un po’ di giorni che sei triste. Lo sento, perché è come se una nebbiolina grigia offuscasse l’azzurro del mio cielo.


Parlami, mamma, dimmi del tuo dolore, della tua paura: forse tu non lo sai, ma se tu mi spieghi io posso capire ogni cosa. È il tuo silenzio che mi fa star male. È come un muro impenetrabile: il muro del pianto e mi spaventa. Sono così piccolo e mi sento sperduto senza il tuo sguardo e la tua parola.


È tornato il sole e io sono cresciuto: adesso i miei movimenti sono molto più decisi e potenti e la tua pancia sussulta quando mi sposto. Ecco che tiro un calcio o un pugno e il tuo ventre si solleva all’improvviso. Tu lo guardi estasiata cercando di indovinare quale parte di me ci sia sotto quella magica collinetta… Sarà una mano oppure un piedino? Come ti aspetti che io sia, mamma? Tu non mi puoi vedere, mi scoprirai solo nel momento in cui sarò fuori di te, ma allora ti piacerò? Non rimarrai delusa? A volte questi pensieri mi affollano la mente perché so che tu ti sei fatta un’idea di me, di come sarò, di come mi comporterò… ma io non sono solo un’idea nella tua testa o un desiderio nel tuo cuore, sono un bambino reale, in carne ed ossa, forse molto diverso da come tu vorresti che io fossi… Sarò in tutto e per tutto una sorpresa…


Sei pronta a ricevermi?

Oggi mi sono divertito: siamo andati al mare e tu hai nuotato nell’acqua proprio come io sguazzo e faccio capriole nella mia piccola piscina. Lasciati cullare dalle onde mamma e abbandonati ai flutti: non c’è altro modo per galleggiare…


Chiudi gli occhi e torna indietro nel tempo: ricordati quando anche tu eri avvolta nelle acque del piccolo oceano primordiale…


Due gocce di colostro sono comparse sul tuo seno turgido: stai preparando il nutrimento per me, il cibo che servirà a farmi crescere e diventare grande. Non vedo l’ora di assaggiare il tuo latte dolce e bianco, di tuffarmi sulle tue mammelle gonfie e morbide e gustare il delizioso nettare che le riempie.


Che bello e confortante sapere che il tuo corpo si fa nutrimento per me! Lo spazio intorno a me si sta restringendo e io sono diventato un vero terremoto: non sto fermo un attimo, finanche di notte mi agito e scalpito e a volte non ti lascio dormire. Ma è solo quando tu finalmente ti fermi e ti sdrai che io posso muovermi con più libertà… Di giorno sei sempre di corsa, hai centomila cose da fare, vai di fretta e ogni tanto ti scordi di me… Così la sera, quando tu ti riposi io ne approfitto per esplorare la mia navicella, di cui, come un piccolo astronauta, conosco ormai anche gli angoli più remoti. Fra un po’ sarò così cresciuto che non avrò più tanto spazio per muovermi, perciò è meglio darmi da fare ora…


Tu stai cominciando a fare i preparativi per il mio arrivo: mi hai comprato un bellissimo marsupio per portarmi con te, in giro per il mondo. Così, rannicchiato sul tuo cuore, avvolto dal calore del tuo corpo, mi sentirò sicuro per le strade della vita.


Grazie, mamma!

Comincio a sentirmi stretto, forse è quasi ora di uscire…

Sento che si sta avvicinando il grande momento, quando ti lascerò per entrare nel mondo. Non senza un po’ di rimpianto accetterò la separazione da te: mi ero abituato alla tua presenza, alla nostra vita in comune. Il mio cuore che batte col tuo, il tuo respiro che mi culla come le onde del mare, il nostro dialogo fitto, così tenero e dolce. Ma la Vita, questa forza potente che mi ha generato, mi chiama, mi vuole per sé. E tu non puoi fare altro che aprire ancora una volta il tuo grembo per donarmi a lei, umilmente. Giacché io non appartengo a te, ma al mondo.


Tu non sei che un tramite, un passaggio. La Vita è entrata in te e tu l’hai ospitata. Come un tesoro prezioso l’hai custodita. La Vita entra, la Vita esce, e tu, donna, come la terra stai e ti offri di farti sua dimora, flauto di canna per la sua melodia. La Vita passa, come acqua di un fiume che scorre.


Non sarà facile lasciarti e per te lasciarmi andare, ma io so anche che non staremo lontani per molto: ti ritroverò subito una volta nato. Cercherò il calore delle tue braccia e mi avvierò a piccoli passi incerti verso il tuo morbido seno, guidato dal mio fiuto ancora intatto, proprio come un cucciolo di orso o di canguro…


E quando ti avrò ritrovato, allora e solo allora, saprò di essere approdato a casa, nel posto giusto per me, quello che mi appartiene. So che tu sarai stanca e lo sarò anch’io, ma ti prego non farti distrarre in quel momento e non lasciare che mi separino da te: avrò bisogno della tua presenza quanto tu della mia.


Credo proprio che stavolta ci siamo: è arrivato per me il momento di nascere.

Ecco, la grande avventura ha avuto inizio: all’improvviso ho sentito come uno scoppio e l’acqua calda che mi avvolgeva non c’è più. Il mio sarà un viaggio all’asciutto…


Sono cominciate le spinte: il tuo utero si sta contraendo e io sento il suo abbraccio che mi avvolge e mi massaggia per ora ancora dolcemente. Poi pian piano le contrazioni si fanno più forti, sempre più forti, come onde stanno per sommergermi, mi sento preso in un ritmo irresistibile… Una corrente mi trascina. Il mio corpo vibra insieme a tutto il creato e io mi lascio andare alla danza della Vita.


Tu ti sei messa a cantare: le note a me familiari della tua voce mi accompagnano in questo mio viaggio e mi danno conforto e sicurezza. So che ci sei, che ci sei per me, qui, ora. Quello che stiamo ballando adesso è un valzer a due, siamo come una coppia di alpinisti che uniti dalla stessa corda si accingono a raggiungere la vetta. Dobbiamo lavorare insieme, in sintonia.


Come surfisti cavalchiamo le onde cercando di mantenerci in equilibrio: ci lasciamo andare alla forza del vento senza però lasciarci travolgere dall’acqua.


Anche papà dà una mano con la sua presenza calma e vigile di fianco a te. Se tu sei tranquilla lo sono anch’io. So che ce la faremo, che insieme tutto è possibile.


Ora ti sei messa a carponi, il tuo respiro è più rapido e affannoso, fai fatica a mantenere il ritmo.


Io mi sono infilato in un canale stretto e ho un po’ paura: aiuto, mamma, dove sei? Ma non ho tempo per pensare e non posso più tornare indietro: devo chinare la testa e dire sì alla Vita.


Eccomi, sono fuori. È stata dura, ma ce l’abbiamo fatta: proprio una grande avventura.


Ora non mi serve altro che sentire il tuo corpo caldo sotto di me che mi sostiene, le tue mani che mi avvolgono e mi accarezzano dolcemente, delicatamente… Vicino a te, mamma, sono di nuovo a casa.

Cara mamma
Cara mamma
Elena Balsamo
Spunti per una maternità consapevole.Una miscellanea di scritti dedicati al tema della maternità, con spunti e riflessioni per viverla in modo autentico e consapevole. Dalla penna delicata di Elena Balsamo, una miscellanea di scritti che l’autrice ha voluto dedicare al tema della maternità.Cara mamma non è un testo di informazioni pratiche su come prepararsi alla nascita del bambino, ma un omaggio a tutte le madri che svolgono o hanno svolto, silenziosamente, con pazienza e umiltà, il mestiere più importante del mondo.Un libro dedicato a tutti i figli che sono impegnati nel faticoso processo di elaborazione della propria storia personale, così come a tutte le madri e a coloro che si apprestano a diventarlo. Conosci l’autore Elena Balsamo, specialista in puericultura, si occupa di pratiche di maternage e lavora a sostegno della coppia madre-bambino nei periodi della gravidanza, del parto e dell'allattamento.Esperta di pedagogia Montessori, svolge attività di formazione per genitori e operatori in ambito educativo e sanitario.