È la nostra interiorità a renderci quali siamo, a permetterci di sognare, fantasticare e avere sentimenti di solidarietà per il prossimo.
È questo l’essenziale.
È questo che farà sempre la differenza più grande nel nostro mondo.Fred Rogers1
capitolo iii
Preservare il gioco
Difendere l’infanzia dal mondo digitale
Rischiano di perdere la dimensione del gioco proprio coloro che ne avrebbero più bisogno
“Vedo famiglie che riempiono le giornate dei figli con molte attività nel corso della settimana; la motivazione è che così forniscono al bambino quelle capacità che gli daranno un vantaggio quando andrà a scuola, grazie a una partenza anticipata. Io credo in realtà che i bambini tanto impegnati nei primi anni di vita non comprendano le pause e sentano la necessità di riempire ogni spazio vuoto con un costante rumore di fondo, non potendo quindi mai avere autentiche occasioni di riposo.”
Cos’è il gioco?
1) Il gioco non è un lavoro
2) Il gioco non è per davvero
3) Il gioco è espressivo ed esplorativo
Adoro guardare i miei figli quando sono assorti nel gioco, vestiti con travestimenti espressivi di incredibile creatività. La situazione migliore è quando usano semplici oggetti: sciarpe, pezzi di stoffa, accessori. Poco tempo fa mio figlio giocava ai pirati sul nostro patio di legno/nave. Era solo, e riproduceva tutti i suoni e le azioni di una “vera” battaglia di pirati. I tonfi dei piedi, gli oh issa! e le grida di battaglia erano tutti talmente “reali” che mi sembrava di sentire il patio/nave rollare sulle onde!
Qual è l’obiettivo del gioco?
G. Stanley Hall, uno dei primi a scrivere sull’adolescenza, affermò: “Gli uomini diventano vecchi perché smettono di giocare, non il contrario”69. Il gioco è essenziale per un sano funzionamento dell’individuo nel corso di tutta la vita, ma è cruciale per lo sviluppo nei primi anni perché 1) è dove l’individualità può esprimersi sul serio, 2) è il luogo in cui la crescita e lo sviluppo hanno luogo, e 3) in cui la salute psichica e il benessere vengono salvaguardati.1) Nel gioco l’individualità si esprime in modo autentico
Perché i bambini devono giocare
- Per favorire lo sviluppo e realizzare il proprio potenziale
- Per trovare ed esprimere se stessi
- Per programmare le reti nervose cerebrali che presiedono alla risoluzione di problemi
- Per salvaguardare la salute psichica e il benessere
- Per scoprire il proprio lato creativo e responsabile
- Per esercitarsi alla vita in uno spazio scuro privo di conseguenze
2) È nel gioco che avvengono la crescita cerebrale e lo sviluppo
3) Il gioco salvaguarda il benessere e la salute psichica
Ogni sera facciamo questo gioco in cui io sono il grande papà cane e lui è il cucciolo iroso; lui ringhia e attacca per quasi 45 minuti - fa l’insolente, ringhia e cerca di mordermi ma senza fare male. Io lo inchiodo a terra e lui lotta per liberarsi, ripetiamo la scena all’infinito fin quando non è esausto. Mi accorgo che è stanco perché mi si accoccola in grembo e guaisce come un cucciolo ferito; allora lo tengo abbracciato finché non smette e gli dico che papà cane avrà cura di lui.
Favorire le libertà necessarie al gioco
I bambini hanno bisogno di tempo per essere bambini, ma c’è un’enfasi eccessiva in molte scuole materne e nei kindergarten per far sì che gli studenti imparino a leggere e far di conto il prima possibile. Il dirigente della mia scuola si aspetta che i bambini dell’ultimo anno di asilo studino le materie scolastiche, nonostante per loro sia già molto dura anche solo restare a scuola tutto il giorno. È stressante anche perché gli stessi genitori se lo aspettano.
La libertà di giocare
- Sufficiente libertà da dolore, fame e stanchezza
- Sufficiente libertà da scuola e istruzione
- Sufficiente libertà da attività programmate
- Sufficiente libertà da schermi e intrattenimento
- Sufficiente libertà da frequentazione di coetanei e fratelli
- Sufficiente libertà dalla necessità di dover ristabilire un contatto relazionale e affettivo con l’adulto
Strategie per promuovere le condizioni che innescano il gioco
1) Rispondere alla fame di contatto e intimità
Dopo vari giorni di tentativi, avevo imparato ad aiutare Oliver, il mio bambino di due anni e mezzo, a sperimentare il gioco autentico. Quando era tranquillo, sazio, e aveva ricevuto tante attenzioni da parte mia, restavamo accoccolati fin quando non sembrava che volesse allontanarmi. Allora gli chiedevo se voleva giocare e lo mettevo a terra. Mi accorsi che dovevo restare nella stessa stanza con lui - controllava un paio di volte che ci fossi - e non potevo fare nulla di interessante, né osservarlo in modo diretto, perché questo avrebbe distolto la sua attenzione. Quando ne aveva abbastanza, gattonava di nuovo verso di me per altre coccole e attenzioni. Leggevo un libro o facevamo altre cose insieme e poi ancora sembrava volersi allontanare. Ero sorpresa da come riuscisse a giocare bene da solo semplicemente dandogli ciò di cui aveva bisogno e aspettando che tornasse ad allontanarsi.
2) Creare vuoti da riempire
Mio marito è un appassionato di mountain bike ed era ansioso di insegnare anche a nostra figlia ad andarci. Quando lei ha avuto la sua bici nuova, lui ha cercato di farcela andare, ma lei voleva solo giocare con le strisce e lavarla. Alla fine ha detto al padre che avrebbe fatto un giro per l’isolato, ma una volta partiti si fermava ogni dieci passi per bere un sorso dalla borraccia e riporla per bene nel suo contenitore. Le piaceva moltissimo giocare con la sua nuova bici, ma mio marito era assai sgomento perché non mostrava alcuna intenzione di volerci fare una corsa.
3) Creare strutture, rituali e abitudini a protezione del gioco
4) Non ostacolare il gioco con lodi e ricompense
Mio figlio di solito sedeva al piano con la sorella e le chiedeva quale canzone avrebbe voluto ascoltare. Un giorno le diede due scelte - “Puff il drago magico” oppure la canzone che parla della terra di nome Agatera. Skylar gli disse che voleva sentire quella di Agatera. Lui esaudì la richiesta e, nonostante non prenda lezioni di pianoforte, compose una canzone su una terra di nome Agatera sulle note di “Puff il drago magico”. Ero sul punto di scoppiare a ridere, e anche di lodarlo per la sua creatività, ma non feci nulla per timore di interrompere il loro gioco.
Quali sono le implicazioni del lavoro e dell’educazione nei primi anni?
Capire i piccoli
Deborah MacNamara
Come aiutare a crescere creature imprevedibili e meravigliose da 0 a 6 anni.Un manuale di facile lettura, ricco di consigli pratici e testimonianza dirette, per aiutare i genitori a comprendere la natura dei bambini piccoli.
I bambini piccoli sono fra le persone più amate, ma anche fra le più incomprese.Le loro straordinarie personalità possono rivelarsi una sfida per gli adulti, in quanto sfuggono alla logica e alla comprensione: passano dall’essere sfrontati, recalcitranti e ribelli all’illuminare la stanza con la loro gioia di vivere e le risate contagiose.Le reazioni estreme, la rabbia apocalittica, i pianti inconsolabili e le impuntature senza cedimenti sono la cifra dell’immaturità, e per quanto dovrebbe sembrare evidente che essa sia un tratto costitutivo dei piccoli e li renda persone molto diverse dagli adulti, si rivela invece fra quanto di più misconosciuto e negletto.
Deborah MacNamara, allieva e collega di Gordon Neufeld, uno dei più importanti esperti dell’età evolutiva, esplora l’intenso bisogno di attaccamento del bambino, l’importanza vitale del gioco, la natura della giusta disciplina e del tipo di relazione che è in grado di proteggere la crescita delicata dell’infanzia.
In Capire i piccoli si trova ciò che serve ai bambini per crescere e prosperare, ma non prima di aver capito che i loro comportamenti, talvolta sconcertanti, non sono affatto la manifestazione di un disturbo o di un deficit e neppure di una “cattiva educazione”.Non guarderete più ai vostri figli e a voi stessi nello stesso modo, e pur scoprendo quanto sia critico il ruolo di genitore e adulto, vedrete anche come, dalla giusta prospettiva, sia più facile e naturale di quanto si creda.
Conosci l’autore
Deborah MacNamara è counsellor clinico ed educatrice con un’esperienza ultraventennale.Membro del Neufeld Institute, affianca alla pratica di consulente una regolare attività formativa rivolta a genitori, educatori, professionisti della salute mentale e chiunque si prenda cura dei bambini.Vive a Vancouver con il marito e due figlie.