capitolo ii

La personalità del
bambino piccolo

Un po’ Bella e un po’ Bestia

Invidiare ora io ti debbo in ciò: Che nulla tu di questi mali intendi. Soavissima cosa è nulla intendere, Sinché gioire e sofferir s’apprenda.

Sofocle 1

I bambini piccoli non fanno più cose contemporaneamente, non riflettono prima di agire, né dicono frasi del tipo: “Una parte di me vorrebbe tirarti il trenino in testa, mentre l’altra pensa che invece dovrei usare le parole” Non contemplano i propri sentimenti, ma li incarnano, e sono spinti a reagire o attaccare d’impulso. Sono tutto tranne che prevedibili, con quel vento di tempesta che li scaglia da un’emozione, un pensiero o un’azione all’altra. Sperimentano il mondo in modalità singola - un pensiero e un sentimento alla volta - ogni cosa può diventare un problema. O è bianco o è nero, freddo o caldo, buono o cattivo, questo o quello, ma mai una via di mezzo. I bambini fino a cinque anni non sono noti per le loro doti di moderazione, equità, ragionevolezza, considerazione, discernimento o sollecitudine. Si comportano molto peggio di quanto intendano e le loro migliori intenzioni hanno vita breve.

Non hanno la capacità di considerare più di un punto di vista alla volta perché il loro cervello è ancora in via di sviluppo. Sono o la Bella o la Bestia, il che non li tormenta perché mancano di conflitto interiore e di una coscienza sviluppata. Hanno una capacità insuperata di sfuggire alla logica e lasciare perplessi gli adulti, come dimostra la conversazione seguente:

Mamma: mio figlio di tre anni si è appena fatto prendere da una crisi, urlando a squarciagola, piangendo, lanciando cose, battendo i piedi e spingendoci via. Ha terrorizzato la sorellina più piccola, e anche noi. Non ho mai visto niente di simile prima d’ora! Abbiamo cercato di confortarlo ma niente ha funzionato. Mio marito ha preso la sua copertina e appena gliel’ha data ci si è accoccolato, ha iniziato a cantare e sembrava felice! Io e mio marito siamo preoccupati, avrà qualche problema mentale? Cosa gli sta succedendo?

Deborah: Vostro figlio si comporta così per via della sua personalità infantile, che è del tutto naturale, visto che ha tre anni. Può provare solo un’emozione alla volta e quando gli avete dato la copertina la sua frustrazione è stata eclissata dalla gioia. Non ha nessun problema di salute mentale, è solo immaturo. In realtà, volendo studiare le emozioni umane, i bambini piccoli sono i soggetti migliori perché le sperimentano nella loro forma più pura, non mitigata da altre esperienze.

Mamma: allora cosa dovrei fare? Come posso aiutarlo a crescere?

Deborah: Amore, pazienza, tempo, dedizione da parte vostra. Anche di fronte a queste manifestazioni emotive è necessario preservare la relazione e aiutarlo a esprimere e a dare un nome ai suoi sentimenti ogni volta che sia possibile. Alla fine, colpi e piedi pestati dovrebbero trasformarsi in parole di frustrazione, e lui manifesterà segni di moderazione, di autocontrollo, e di considerazione, più o meno fra i 5 e i 7 anni se tutto procede al meglio.

Mamma: Sul serio? Dobbiamo aspettare così tanto? Perché nessuno ce lo ha detto? Cosa dirò a mio marito?

Deborah: che vale lo stesso anche per la vostra figlia di un anno e non c’è niente come la forza di un bambino immaturo per testare il livello di maturità di un genitore.

Il cervello del bambino piccolo

La personalità del bambino piccolo ha origine dall’immaturità del suo cervello ed è caratterizzata da comportamenti ossessivi, teneri, impulsivi, ansiosi, deliziosi, irriflessivi, generosi, mutevoli, aggressivi, oppositivi, compulsivi e tutto tranne che prevedibili2. Il bambino è travolto da una quantità di pensieri, sentimenti, impulsi e preferenze che non riesce a tenere insieme per dar forma a un quadro generale. Il “disturbo” nel bambino piccolo non è intenzionale quanto piuttosto evolutivo. Il ruolo dell’adulto è di creare le condizioni che permetteranno al cervello di maturare in modo naturale, senza armare battaglie contro i tratti della sua personalità.

I progressi delle neuroscienze proseguono mappando il modo in cui lo sviluppo cerebrale del bambino piccolo si realizza, e definendo la portata della sua immaturità3. Alla nascita il cervello è la parte più indifferenziata del corpo, il che vuol dire che le sue cellule mancano di funzioni specifiche e possono essere modellate dall’ambiente, lo sviluppo e la crescita si affidano al contatto e alla vicinanza con le figure di attaccamento4. I primi tre anni di vita vantano la maggior parte dell’attività neuronale5. Secondo lo psichiatra Daniel Siegel, le vie nervose crescono in fretta e permettono ai neuroni di comunicare gli uni con gli altri a velocità crescente e con sempre maggiore efficienza e sofisticatezza. Le relazioni con le persone e l’esperienza creano, attivano e rafforzano le vie neuronali. Il cervello è un sistema vivente, la più sofisticata di tutte le strutture naturali e artificiali esistenti sulla terra. Possiede la capacità intrinseca di rimodellarsi e adattarsi in funzione dell’ambiente6.
La mente dei bambini piccoli richiede, in media, dai cinque ai sette anni di sviluppo sano per realizzare un’integrazione completa delle funzioni cerebrali, ossia per permettere a tutte le parti del cervello di stabilire una comunicazione reciproca. L’integrazione cerebrale è un evento globale che connette strati multipli di circuiti neuronali, sia in verticale - iniziando dalla base del cervello e procedendo verso l’alto - sia bilateralmente - con gli emisferi destro e sinistro che con il tempo creano connessioni reciproche7. L’integrazione degli emisferi destro e sinistro nella corteccia prefrontale è determinante per lo sviluppo delle funzioni esecutive ma richiede più tempo rispetto alle altre parti del cervello8. Le funzioni esecutive includono la capacità di giudizio, il pensiero flessibile, la pianificazione, l’organizzazione e l’autocontrollo. Sorreggono la capacità di discernere, l’immaginazione, la creatività, la risoluzione di problemi, la comunicazione, l’empatia, la moralità e la saggezza. Finché la corteccia prefrontale non sia sufficientemente integrata, un bambino piccolo resterà impulsivo e intemperante9. Lo sviluppo del cervello prosegue fino all’adolescenza ma il mutamento più significativo è fra i 5 e i 7 anni di età10.
Alla radice della personalità del bambino piccolo c’è una mente immatura che non può aver ragione di tutti gli stimoli e i segnali sensoriali che riceve. Gli emisferi destro e sinistro si sviluppano separatamente prima di essere in grado di comunicare in modo efficace l’uno con l’altro. Il risultato è che un bambino piccolo può occuparsi solo di una serie di segnali per volta. Il cervello sospende di proposito la contesa fra segnali in competizione reciproca, per permettere al bambino di concentrarsi appieno su una cosa per volta.

Quando i più piccoli sono assorbiti da qualcosa, dimenticano tutto il resto del mondo; è la capacità straordinaria della mente di escludere gli stimoli competitivi per riuscire a focalizzarsi su qualcosa. Un giorno mi è capitato di osservare un bambino affascinato da una conchiglia sulla spiaggia; il suo cervello faceva uno sforzo per eliminare gli stimoli contrastanti e puntare solo sulla forma, la misura, la consistenza e il suono della conchiglia. Rimase sorpreso e contrariato quando venne spruzzato dall’onda, come se lo avesse raggiunto a tradimento. La sua mancanza di attenzione verso ciò che lo circondava non era un errore o il segno di un problema di attenzione, bensì un disegno strategico e determinato. Come i paraocchi su un cavallo, il suo cervello escludeva gli stimoli estranei per poter funzionare e occuparsi di una conchiglia, studiandola a fondo in mezzo a tante distrazioni.
Quando il bambino riesce a differenziare a sufficienza i diversi segnali, allora il cervello li integrerà nella corteccia prefrontale grazie all’ausilio del corpo calloso11. In altre parole, i paraocchi vengono tolti e rivelano un mondo a due dimensioni perché l’apparato cognitivo è pronto a rendere ragione dei segnali conflittuali.

Quando gli emisferi destro e sinistro sono abbastanza sviluppati, la corteccia prefrontale si trasforma in una ciotola per mescolare gli ingredienti in cui vanno a finire sentimenti, pensieri e impulsi conflittuali. Succede di solito fra i 5 e i 7 anni. Il bambino inizia a sperimentare una dissonanza interiore ed ecco che la coscienza fa la sua comparsa. Se per esempio, un bambino sta per lanciare qualcosa in preda alla frustrazione, potrebbe insorgere un pensiero o un sentimento conflittuale che dice: “Non lanciare perché potresti far male a qualcuno!”. Anziché pensare che una giornata sia stata “bella” o “brutta”, potrebbe dirvi che è stata entrambe le cose. Magari vi racconterà di aver voluto prendere qualcosa che non gli apparteneva ma si è trattenuto perché sapeva che sarebbe stato sbagliato. Quando entra nel passaggio dei 5-7 anni, è in grado di considerare a un tempo due aspetti di uno stesso fenomeno e di coordinare due pensieri diversi12.
È la mescolanza di sentimenti e pensieri nella corteccia prefrontale che in ultimo frena i gesti intemperanti e garantisce l’autocontrollo. Le emozioni e gli impulsi forti trovano il loro antidoto in sentimenti e impulsi competitivi altrettanto forti - l’intento, quando vengono integrati, è un effetto paralizzante. Il conflitto interiore creato da sentimenti e pensieri discordanti determina una stasi dell’energia emotiva. Per esempio, la risposta alla paura è il desiderio, che dà luogo al coraggio. La risposta alla frustrazione è la premura, da cui origina la pazienza. Quando ai pensieri e ai sentimenti è dato sufficiente spazio e incoraggiamento a confliggere, verrà ingaggiata una lotta. L’obiettivo è di intrecciare insieme emozioni e pensieri, per arrivare a un temperamento più maturo.

Quando la corteccia prefrontale matura e avviene l’integrazione dei due emisferi, il bambino piccolo si trasforma in un individuo e i giorni della prima infanzia giungono a termine. È impossibile esagerare l’importanza del passaggio dai 5 ai 7 anni come pietra miliare dello sviluppo. Si tratta della risposta definitiva alla personalità infantile e rappresenta la nascita dell’integrazione sia personale sia sociale.
Le sei virtù di un temperamento maturo

  1. impulsi a reagire e preoccupazione per l'impatto = AUTOCONTROLLO

  2. frustrazione e sentimenti di premura = PAZIENZA

  3. paura del drago e interesse per il tesoro = CORAGGIO

  4. preoccupazione per se stessi e attenzione agli altri = CONSIDERAZIONE

  5. impulsi vendicativi e sentimenti di affetto = PERDONO

  6. ostacoli e desiderio che qualcosa funzioni = SACRIFICIO

Grazie all’integrazione personale, il bambino sarà in grado di impegnarsi per il raggiungimento di un obiettivo, di pensare prima di parlare, e di frenarsi in caso di frustrazione. Sarà più razionale e ragionevole, avrà un pensiero logico più complesso. Una narrazione coerente può prendere forma e offrire al bambino anche una coerente rappresentazione di sé13. Questa rappresentazione di sé gli consentirà di stare insieme agli altri senza perdere il senso della propria individualità. Sarà un balzo in avanti dal punto di vista evolutivo e avrà le sembianze della consapevolezza di sé, del controllo e della capacità di focalizzare la propria attenzione14. L’impulsività dovrebbe calmarsi e lasciare spazio a una maggiore moderazione. I genitori faranno forse i salti di gioia nello scorgere i primi segni di autocontrollo, una pietra miliare fra le più significative nel percorso evolutivo della prima infanzia.


In termini di integrazione sociale, la capacità di controllare i propri impulsi aiuterà il bambino nei contesti sociali in cui è necessario fare a turno, mantenere una prospettiva e avere considerazione per gli altri. Sarà più facile stare insieme agli altri e leggere quei segnali utili all’interazione sociale. Anche storicamente, il passaggio dai 5 ai 7 anni è usato da molti sistemi educativi per capire il momento in cui un bambino è pronto per la scuola15. Studi sulle prassi culturali nel mondo dimostrano che è questa l’epoca in cui si assegnano maggiori responsabilità familiari16.


Lo sviluppo cerebrale è spontaneo ma non inevitabile. Uno sviluppo sano dipende dalla disponibilità delle figure di attaccamento e dal modo in cui queste si prendono cura del sistema emotivo del bambino17. Con la maturazione cerebrale il processo evolutivo della personalità infantile giunge al suo compimento organico, ma la maturazione non può essere forzata, esercitata o accelerata. I bambini crescono quando gli adulti creano per loro i giardini relazionali in cui giocare e fiorire.

Bambini sensibili18 (o bambini orchidea) e integrazione cerebrale

Più o meno un bambino su cinque si distingue perché l’ambiente che lo circonda è in grado di agitarlo o influenzarlo di più rispetto ai coetanei19. Si tratta di quei bambini che con maggior facilità hanno reazioni intense, come di chi sia spaventato o sopraffatto, permaloso o molto sensibile e dal temperamento ardente.

I bambini sensibili sono stati chiamati “bambiniorchidea”, paragonandoli a quelli che crescono con più facilità, come il dente di leone. I bambini sensibili hanno una maggiore ricettività e una migliore capacità di percepire l’ambiente attraverso i sensi. È come se avessero delle antenne radio sintonizzate al massimo della ricettività per evitare di perdere anche il più piccolo segnale. Sebbene il tipo e il livello della ricezione differiscano da bambino a bambino, la risposta sensoriale amplificata interessa le aree della vista, dell’udito, del tatto, del gusto, dell’olfatto, della propriocezione kinestetica (legata alla tensione fisica o alle condizioni chimiche interne) e quella emotivo-percettiva. Le combinazioni possibili sono infinite e ciascun bambino si posizionerà su un continuum di ricettività per ognuno dei sensi.
I bambini sensibili sono quelli che si lamentano perché le etichette dei vestiti pizzicano, i suoni sono troppo forti, gli odori troppo intensi e alcuni cibi sono davvero pessimi. Può essere difficile catturare la loro attenzione perché sono bombardati da informazioni sensoriali e si sentono sopraffatti. Sembrano anche possedere un acume naturale rispetto ad altri bambini, a causa della loro estrema ricettività alle informazioni e agli stimoli. Gli adulti potrebbero considerarli troppo reattivi e plateali, in realtà sono solo fedeli all’enormità del mondo che è dentro di loro. La mamma di un bambino molto sensibile di cinque anni si è sorpresa per la reazione del figlio a un cambio di locazione della lezione di musica. Ecco cosa mi ha raccontato:
Jacob adorava la sua insegnante di musica, tanto da seguirla quando si era trasferita, dallo studio luminoso vicino casa nostra, nel buio seminterrato di una scuola di musica in cui insegnava. Durante la prima lezione Jacob non riusciva a stare tranquillo e continuava a uscire dalla porta; durante la seconda lezione divenne così agitato da saltare quì e là finché non è andato a sbattere conto l’insegnante. Il giorno dopo, mentre era tranquillo, gli chiesi se c’era qualcosa nel nuovo spazio che non gli piacesse: “La luce ronza”, mi spiegò, “non sento niente per colpa delle luci!”
I bambini-orchidea sono più sensibili ai metodi e alle pratiche educative e, a seconda dell’ambiente, appassiranno o fioriranno20. Quando crescono in ambienti stressanti, ne risentono più della controparte “dente di leone”, accomodante e tollerante. Rischiano più degli altri di soffrire di disagi mentali, dipendenze, e di delinquere, come risultato delle condizioni ambientali di crescita21. Tuttavia, se i bambini sensibili sono allevati in un contesto ideale con la presenza di adulti amorevoli, il loro sviluppo può superare quello delle controparti dente di leone: “un bambino-orchidea diventa un fiore delicato d’insolita bellezza”22. Nel loro caso è l’ambiente relazionale che fa tutta la differenza dal punto di vista evolutivo.

La più intensa ricettività all’ambiente del bambino sensibile può allungare l’integrazione cerebrale anche di due anni. Anziché effettuare il passaggio fra i 5 e i 7 anni, potrebbero aver bisogno di uno o due anni in più per maturare, a seconda del grado di sensibilità e del tipo di ambiente. Il tempo in più viene utilizzato per creare e integrare percorsi neuronali aggiuntivi che servono a soddisfare le esigenze dell’accresciuta ricettività sensoriale23. L’obiettivo è quello di creare le condizioni per cui il bambinoorchidea possa trovare la propria pace affidandosi alle cure degli adulti, avere tempo a sufficienza per giocare e essere protetto dalla sofferenza, vista la sua vulnerabilità emotiva.
Uno degli errori comuni che si commettono con i bambini sensibili è di offrire loro maggiori informazioni sensoriali vista la loro naturale vivacità e acutezza. Di più non è meglio e può indurre una chiusura difensiva nei confronti dell’informazione sensoriale. Hanno bisogno di tempo e spazio, tantissimo tempo per giocare, per elaborare tutti gli stimoli esperiti.

Bambini piccoli in azione: Un solo pensiero o sentimento alla volta

Pur comprendendo che i bambini piccoli hanno cervelli ancora in fase di sviluppo, questo non ci impedisce di avere aspettative sul comportamento che non sono in sintonia con le loro capacità. La loro natura da la-bellae- la-bestia fa capolino regolarmente e ha delle ripercussioni sul modo in cui ci prendiamo cura di loro. I sei temi che seguono hanno origine dalla mancanza di un’integrazione sociale e personale nel bambino piccolo.
1) Quando i bambini piccoli interpretano il mondo che li circonda, ne traggono le loro personali considerazioni.
I bambini piccoli non sono in grado di valutare il contesto o di considerare più di un elemento per volta nella risoluzione di un problema. Vedono il mondo un pezzo alla volta e restano ciechi di fronte a molti dettagli e indizi, o informazioni contestuali, che gli adulti danno per scontati. Non riescono a leggere il contesto perché non possono tenere conto di tutte le diverse prospettive a un tempo. Una mamma, per esempio, aveva portato il figlioletto di tre anni a “vedere” per la prima volta, durante un’ecografia, il fratellino che doveva ancora nascere. Il piccolo aveva cominciato a piangere a dirotto alla vista del fratello che si muoveva sullo schermo. La mamma aveva cercato di confortarlo dicendogli: “va tutto bene, il bambino sta bene, non temere!”, ma lui di rimando aveva esclamato: “No, mamma, no! Perché l’hai mangiato?!” Genitori e figli piccoli non condividono spesso la stessa visione del mondo, il che può generare molti fraintendimenti.

I bambini piccoli non si fermano a considerare ogni dettaglio prima di procedere, è noto che giungono a delle conclusioni ogni volta che lo ritengono necessario. Una volta che la mamma aveva chiesto al piccolo Alex di cinque anni, dopo la lezione di educazione sessuale fatta all’asilo, come nascevano i bambini, restò sbalordita nel sentire che: “Papà mette una gallina dentro la mamma e questa fa le uova.” I piccoli non sono infastiditi dalla propria ignoranza perché non riescono a scorgere le mancanze del proprio discernimento. Il papà di un bambino di tre anni dice: “Smetti di mangiarti le unghie, altrimenti tutti i germi ti entrano in bocca e ti fanno ammalare!”, e il piccolo risponde: “Non c’è problema, papà, tanto io li sputo i germi quando mi mangio le unghie!” I bambini sono franchi e traducono alla lettera il mondo che li circonda, il che è spesso tanto rinfrancante quanto divertente. Come ha confessato un figlio alla madre: “Da piccolo credevo che le mucche Jersey24 indossassero magliette da hockey in jersey. Restai davvero sorpreso quando vidi che non era così!”
2) I bambini piccoli dicono le cose come stanno e non riescono proprio a comportarsi meglio di così.
I bambini piccoli non sono dotati di autocontrollo e il modo di esprimersi e comportarsi non è mai mediato. Non si fermano a riflettere prima di agire ma procedono seguendo il proprio istinto e le proprie emozioni.

La correttezza politica o sociale non esiste nei loro pensieri ed esprimono le proprie idee liberamente. La maestra dell’asilo chiede a un bambino di cinque anni di disegnare la sua più grande impresa e, alla richiesta di spiegazioni sul disegno, eccolo che chiarisce: “Questo sono io che sopravvivo alla mia nascita. Questa è la “bagina” della mamma e la mia testa che viene fuori!”. È noto come i più piccoli rivelino dettagli familiari, come: “Nonna, hai le gambe corte!”, o: “Devo fare un sonnellino così mamma può avere il suo tempo per non impazzire!” Persino con gli ospiti in casa, non ci pensano due volte a gridare: “Ho fatto la cacca!”, o ad informare il visitatore: “Non mi piace il tuo regalo!” La loro onestà è tenera e imbarazzante. Dopo aver osservato la tavola apparecchiata e imbandita, un bambino chiede alla mamma: “Perché cucini sempre cose che non ci piacciono?”

La sfida è quella di preservare l’integrità del bambino e di non reagire in modo eccessivo o di umiliarlo per essere stato autentico. Se dobbiamo aiutare i piccoli a capire il mondo che li circonda, è necessario favorire la loro tendenza a parlarne ed esprimersi su di esso. Alla fine, se lo sviluppo è ideale, riusciranno a pensarci due volte prima di parlare, ma fino ad allora, avranno bisogno di spazio per poter interpretare il mondo così come si manifesta loro, anche se nulla vieta che li si incoraggi a farlo in privato con noi.

I piccoli non sono bravi a mantenere un segreto; la cosa dipende dal fatto che non riescono ad affrontare più di un pensiero alla volta. Nonostante le migliori intenzioni di mantenere il riserbo, se lo “dimenticano”, a causa dell’eccitazione del momento che prevale sul resto. Così come non riescono a dire una vera bugia, perché non possono tener fede alla verità e alla falsità nello stesso momento. Senza retropensieri o conflitti interiori, credono con onestà in ciò che vi dicono. La mamma di una bimba di tre anni mi ha raccontato: “Un giorno chiesi a Eva se sapeva come fossero capitate delle impronte di dita sui brownie che avevo appena sfornato. Con espressione innocente rispose: ‘Chi lo sa?!’, nonostante fossimo sole io e lei in casa. Dopo cinque minuti le chiesi: ‘Com’erano i brownie?’; Eva mi guardò e disse:’Oh, mamma, erano squisiti!’” È ironico il fatto che mentire rappresenti un passo verso la maturità, ma ci vuole una certa scaltrezza per riuscire a deviare le persone da ciò che non vogliamo far loro vedere. Richiede la capacità di riflettere prima di agire, di guardare in prospettiva e di considerare il contesto.

I bambini piccoli possono solo agire d’impulso, sulla base di istinti e sentimenti. Promettono che non colpiranno più, per poi ripetere l’offesa pochi minuti dopo. Vedono i propri impulsi e le proprie azioni come se non fossero sotto il loro controllo, o come cose separate da sé. Possono essere davvero sorpresi quando le loro manine hanno colpito o i loro denti desiderano mordere. Matthias, quattro anni, dice alla mamma: “Perché le mie braccia danno colpi a chi voglio bene?” I piccoli spesso finiscono per litigare con i coetanei, con esplosioni tremende per questioni di possesso e di territorio. La frustrazione erompe spesso, espressa ciascuno a suo modo, con le migliori intenzioni eclissate dalle forti emozioni. I bambini piccoli non pensano, reagiscono, sono spinti all’attacco e sono impulsivi - è questo il bambino piccolo in azione. La capacità di affrontare un solo pensiero alla volta è alla base degli scoppi aggressivi e delle crisi di frustrazione.

La mancanza di un conflitto interiore contribuisce non solo alle esplosioni di frustrazione, ma anche al crescendo nel divertimento. Se un piccolo schizzo è stato divertente, uno schizzo più grande sarà ancora più divertente. La gioia genuina e assoluta è il motivo per cui gli abbracci dei bambini piccoli hanno un potere terapeutico e le loro risate sono così contagiose. Chiunque conquisti il loro cuore sarà adorato con sincera passione perché la delizia dei piccoli non ha mai secondi fini o conti in sospeso. Nei loro cuori non c’è amarezza, nessuna aspettativa delusa, né risentimento. La loro espressione d’affetto è pura. Una mamma mi disse: “Verso la fine della sua vita, il bisnonno si sentiva molto frustrato per le difficoltà di salute e le corse in ospedale. Una delle sue ultime autentiche gioie era passare del tempo con i bisnipoti più piccoli. La loro innocenza era la medicina di cui aveva bisogno; i loro abbracci avevano in sé qualità magiche ed erano in grado di migliorare i suoi parametri vitali.” L’esperienza che della gioia fanno i bambini piccoli non è limitata dall’eventualità della perdita. L’ignoranza può davvero essere una benedizione.
3) Non ci sono vie di mezzo e per tutto si fa una tragedia.
I bambini piccoli sono inclini a reazioni a pendolo, che si sovrappongono le une alle altre, e oscillano dall’una all’altra. Non c’è via di mezzo né moderazione e la giustizia è per definizione l’ottenimento di ciò che si vuole. Accomodanti l’istante prima, quello dopo sfoderano tutta la resistenza caparbia di cui sono capaci. Per loro il mondo è bianco o nero, con la chiara assenza del grigio. Non solo oscillano da un’emozione all’altra, ma trascinano con sé anche i genitori. In uno studio sull’appagamento genitoriale, i genitori di bambini piccoli avevano sbalzi d’umore, passando dalla gioia alla frustrazione, ben maggiori della controparte senza figli25.
Poiché i più piccoli sperimentano solo un’emozione per volta, un sentimento può rimpiazzare il precedente, creando confusione nell’adulto. Ho per esempio osservato un bambino di quattro anni che era furioso con la mamma perché gli aveva detto che dovevano lasciare la spiaggia. L’aveva colpita quando si era avvicinata per consolarlo, allora lei si era ritratta dicendogli: “No, Felix, senza colpire!”. Alla vista della rabbia dipinta sul volto della madre e al suo ritrarsi, la frustrazione del piccolo era stata subito rimpiazzata dalla paura e aveva esclamato spaventato: “mamma, mamma, mamma!”. Vedendo l’angoscia del figlio, la madre si era precipitata al suo fianco. Una volta ristabilito il contatto, l’allarme era rientrato solo per lasciare il posto a un residuo di frustrazione per il fatto di dover lasciare la spiaggia. Così il bambino aveva di nuovo colpito la madre e lei di nuovo si era fatta indietro dicendo: “No, Felix, ti ho detto di non colpire, non ti aiuto se mi colpisci!”. Non appena la minaccia della separazione era tornata a profilarsi, ecco riapparire anche il timore e il richiamo alla mamma. Mentre la madre si riavvicinava e lo prendeva, trattenevo il respiro, in attesa dell’inevitabile. Calmate le paure, ecco rispuntare i pugni e un nuovo colpo abbattersi sulla madre. Li osservavo passare in cerchio da un’emozione all’altra, bloccati come un criceto sulla ruota. Ciò di cui Felix avrebbe avuto bisogno era un aiuto a passare dalla frustrazione alle lacrime di tristezza, cosa di cui discuteremo nel capitolo 7.
4) Si può considerare solo una cosa per volta, come un cavallo con i paraocchi.
I bambini piccoli non sono in grado di operare partendo da due diversi punti di riferimento alla volta, il che spiega come mai la magia e l’immaginazione prendano vita nel loro mondo. L’assenza di una qualsiasi logica dietro al modo in cui Babbo Natale consegna i regali a tutti, a come le fatine scambino denti per monete e i coniglietti di Pasqua lascino uova di cioccolata, non li preoccupa. Non riescono a vedere il quadro generale, né alcuna lacuna logica nelle storie magiche. La loro incapacità di coordinare due pensieri li rende ingenui e pronti a credere a tutto. Questo periodo magico finirà quando saranno in grado di vedere le due facce di una storia. Ricordo il mio sbalordimento l’anno in cui guardai Babbo Natale e capii che era anche mio nonno. Fui colpita da una sorta di doppia visione che non avevo mai sperimentato prima, e per quanto gli adulti protestassero e negassero la verità della mia osservazione, non vacillai. Quella notte perdetti Babbo Natale, insieme a tantissima magia, tuttavia a 7 anni avevo guadagnato una prospettiva, la capacità di considerare il contesto e di dare un senso al mio mondo secondo una maggiore complessità.

I piccoli fanno anche fatica a orientarsi con più di una persona per volta. Professano apertamente il loro amore per papà e l’istante successivo fanno dietrofront e dichiarano: “Non ti voglio più, voglio mamma!”. Il genitore rischia di sentirsi rifiutato ma è qualcosa che di solito ha poco a che fare con lui quanto con l’incapacità del figlio di occuparsi di più di una persona alla volta. Andare a prendere i bambini al nido o all’asilo mentre parlano con la maestra può generare in loro frustrazione o comportamenti sciocchi; non sanno verso quale adulto orientarsi in quel momento - è come se giocassero alle sedie musicali, ma con le persone26.

L’impossibilità del bambino piccolo di avere più di un punto di riferimento significa che quando è impegnato in qualcosa di solito non è attento ad altri aspetti del contesto - per esempio, essere chiamati a cena mentre si sta giocando. Fino al passaggio dei 5-7 anni (o 7-9 nel caso dei bambini sensibili), i sistemi attentivi non sono ancora abbastanza sviluppati e sembra che i bambini non ascoltino quando li si chiama, sono maldestri, perdono la concentrazione su compiti che non li interessano più, vengono distolti con facilità, faticano a organizzare delle attività, perdono le cose e appaiono distratti.

L’immaturità dei sistemi attentivi nei piccoli e la loro incapacità di applicarsi a più di una cosa per volta è una considerazione importante quando si tratta di diagnosticare problemi di attenzione. I bambini piccoli sono per natura disattenti, impulsivi e iperattivi, venendo incontro a molti dei criteri diagnostici utilizzati per effettuare le valutazioni sui disturbi d’attenzione. Le diagnosi di deficit di attenzione e iperattività (ADHD) hanno subìto un’impennata e sono aumentate del 500% dal 1980 al 200027, rendendo l’ADHD il disturbo psichiatrico più comune dell’età evolutiva28. In Canada, la prescrizione di Ritalin, un comune stimolante usato nel trattamento dell’ADHD, è cresciuta del 55% per i minori sotto i 17 anni, nell’arco di soli quattro anni29.

Le linee guida per la diagnosi dell’ADHD dell’American Academy of Pediatrics consentono di effettuare la valutazione su bambini di 4 anni30, nonostante l’età tipica dell’integrazione cerebrale sia fra i 5 e i 7, o i 7 e i 9 nei bambini sensibili. Il risultato è che oggi sono molto maggiori le probabilità che vengano diagnosticati disturbi dell’attenzione in bambini che hanno sistemi attentivi ancora immaturi, anziché un disturbo vero e proprio31. Diagnosi errate su bambini piccoli, a cui viene attribuito un disturbo dell’attenzione quando invece è solo questione di immaturità, sono reali, così come stabilito in un numero di studi che hanno coinvolto bambini dell’ultimo anno di scuola materna, in Canada e negli Stati Uniti. Il sessanta per cento di coloro che avevano più probabilità di ricevere una diagnosi di ADHD erano fra i più piccoli della loro classe32.
5) Tutto gioco e niente lavoro
I bambini piccoli non capiscono il concetto di lavoro o la necessità di agire con dedizione per raggiungere un obiettivo, nei casi in cui sia richiesto un sacrificio. Questo tende a preoccupare molti genitori che vedono la perseveranza e il sacrificio come elementi chiave del successo nella vita, dagli sport ai passatempi, alla scuola e al lavoro. Sono esasperati dalla mancanza di lungimiranza e da quella che percepiscono come una mancanza di motivazione, dalla tendenza ad abbandonare troppo in fretta quando qualcosa si fa difficile. Il concetto di lavoro non fa presa sui bambini piccoli perché senza pensieri e sentimenti eterogenei non sono in grado di ritardare la gratificazione. Per poter lavorare, è necessario mettere da parte la gratificazione e affrontare la frustrazione che potrebbe presentarsi. Il papà di un bambino di 4 anni, mi ha fatto queste confidenze:
Ho portato mio figlio a giocare a golf; si è divertito finché non si è sentito frustrato perché la pallina non andava dove voleva lui. Gli ho detto di essere paziente, ma lui si è arrabbiato, ha scagliato via la mazza e voleva abbandonare. Gli ho detto di provare ancora e insistere nel lavoro, ma ha iniziato a gridare e sbraitare. Cosa devo fare in queste circostanze? È pigro? Non si impegna in niente e molla quando le cose diventano troppo difficili. Non è questo che voglio per lui.
Quando il padre ha capito che per il figlio era impossibile perseverare o lavorare a un obiettivo, ha mitigato le proprie aspettative.
Il miglior modo di aiutare un bambino piccolo nella perseveranza è attraverso il gioco - l’antitesi del lavoro. Spingere troppo presto con impegni di tipo lavorativo è controproducente e rischia di accrescere la frustrazione e la resistenza.
6) Tutto riguarda “me” o “te”, ma mai “noi”
I bambini piccoli si immedesimano in una persona alla volta, di solito se stessi. La loro attenzione sarà su di sé o su un altro, facendoli apparire molto egocentrici o seguaci bramosi. Avendo spazio nella mente per una sola persona alla volta, non riescono a entrare in una dimensione di comunione senza perdere il senso della propria individualità separata. Non vanno dall’“io” al “noi”, bensì dall’“io” al “tu”.

Un bambino piccolo inizia ad avere un chiaro senso del sé verso i 2 anni, ma prima non riesce a percepire il mondo come separato da se stesso33. Uno degli obiettivi della prima infanzia è di coltivare questo sé emergente e di consolidarlo. Per fare questo i bambini avranno bisogno di spazio, tempo e aiuto, così che possano comprendere chi sono anziché essere intralciati dai bisogni e dai desideri degli altri. L’integrità e l’individualità dei bambini di scuola materna sono prerequisiti per poter da adulti essere membri partecipi della vita sociale.
Talvolta, quando i bambini agiscono mossi dai propri bisogni sembrano non avere alcuna considerazione per gli altri. Chiedono di farsi prendere in braccio senza pensiero alcuno per il fatto che l’altro abbia già le mani piene di buste della spesa o altri bambini. Possono manifestare una grande preoccupazione per gli altri dando via tutti i propri beni, solo per poi chiederli indietro di nuovo. L’enfasi attuale sulla necessità che sin dalla prima infanzia si sappiano tenere in considerazione i bisogni degli altri eclissa il più importante obiettivo evolutivo. È necessario che i bambini piccoli prima di tutto capiscano chi sono. L’integrazione della personalità e lo sviluppo dell’individualità vengono prima dell’integrazione sociale e dell’interdipendenza.

Strategie per l’immaturità

La natura dei bambini piccoli è in parte la Bella e in parte la Bestia, e lascia i genitori con il desiderio che si sviluppi al più presto l’autocontrollo, la pazienza e la considerazione per gli altri. Sebbene lo sviluppo cerebrale non possa essere accelerato, esistono strategie per l’immaturità capaci di aiutare la crescita e guadagnare tempo finché la maturità non rappresenti la risposta ultima ai comportamenti impulsivi, irriguardosi ed egocentrici.
1) La supervisione è l’antidoto all’immaturità
Gli adulti possono compensare l’immaturità dei piccoli assumendosi la responsabilità di tenerli lontano dai guai, evitando i problemi prima che si presentino. Affidarsi a un atteggiamento di presa in carico anziché punitivo è decisivo per gestire l’immaturità. I bambini piccoli non se la cavano tanto bene a giocare senza supervisione, a condividere i giochi preferiti o a stabilire regole di convivenza con i coetanei al parco. Hanno bisogno della supervisione e della direzione degli adulti quando interagiscono fra loro. Più i genitori capiscono il loro bambino, più sapranno prevedere quando rischia di mettersi nei guai e potranno agire in modo preventivo.

Ogni volta che sorge un problema, una delle prime domande da porsi è se per caso il bambino non sia stato messo in una condizione troppo pesante per lui rispetto al suo stadio evolutivo, e se le aspettative sul suo comportamento fossero realistiche. Riflettendo sugli incidenti, un genitore può scoprire aspetti nuovi del proprio bambino, come nel caso di questa mamma: “Ho portato mio figlio a giocare in una di queste sale ricreative al chiuso, ma dopo un’ora è andato in crisi. Con il senno di poi, direi che per lui è stato senz’altro troppo, mezz’ora sarebbe stata più che sufficiente.”
2) Affidarsi alla creazione di strutture e routine per orchestrare il comportamento dei piccoli
Routine e struttura possono compensare la mancanza di abilità sociali e organizzative nel bambino. Quando i piccoli si abituano a una routine, servono direttive meno esplicite e non viene lasciato molto spazio all’improvvisazione. Struttura e routine forniscono linee guida per il comportamento e le aspettative, il che aiuta il bambino a sembrare più maturo di quanto non sia in realtà. Poiché i piccoli non sono in grado di vedere le cose in prospettiva e agiscono sulla base di un bagaglio incompleto di informazioni, la struttura e la routine aiuteranno a compensare il minor discernimento. La routine può essere parte di azioni quotidiane come svegliarsi, mangiare e andare a dormire. Può far andare le cose più lisce perché il bambino sa già cosa aspettarsi ogni giorno alla stessa ora e questo favorisce anche il suo senso di sicurezza. Come ha raccontato un’assistente all’infanzia: “Pranzavamo sempre in cucina ma un giorno, tanto per cambiare, portai i bambini a fare un picnic in giardino. Al rientro, si sedettero tutti in cucina in attesa del pranzo; era come se non riuscissero a proseguire con le attività della giornata senza prima aver vissuto la solita routine!”
3) Suggerite le azioni al bambino immaturo
I bambini piccoli non decifrano i segnali sociali, né comprendono appieno cosa ci si aspetti da loro in molte circostanze. Suggerendo il da farsi, come con un copione, l’adulto può fornire indicazioni, direttive, orientamento in situazioni in cui i piccoli potrebbero confondersi o dover sembrare più maturi. Per esempio, un genitore può suggerire le interazioni per salutare qualcuno: “un abbraccio è una buona idea, ma non un bacio sulla bocca!”. Li si può informare in anticipo: “All’asilo bisognerà anche stare seduti in cerchio e alzare la mano per parlare!”. Se gli adulti riescono a valutare cosa possa significare una situazione nuova per il piccolo, e ad anticiparla, saranno più capaci di fornire le direttive per il comportamento appropriato. Ma se i bambini non hanno un forte legame affettivo con l’adulto che dà le indicazioni, è improbabile che ne seguano i suggerimenti. Solo relazioni solide attiveranno il desiderio del piccolo di seguire le istruzioni.
4) Mantenere una posizione alfa ed evitare di usurpare le emozioni del bambino
Quando le emozioni esplodono o il bambino si comporta in modo immaturo, gli adulti devono fare un passo avanti per gestire la situazione e prendersene cura. È il caso del parco giochi e dei conflitti in famiglia tra fratelli. In queste circostanze, è importante preservare la relazione e fare in modo che nel bambino non subentri un’emozione a un’altra. Se, ad esempio, il piccolo è frustrato e attacca, l’adulto potrebbe allarmarlo urlando o minacciandolo perché smetta; a quel punto, la frustrazione rischia di essere rimpiazzata dalla paura, il che fomenterebbe ancor più lo sconvolgimento emotivo. Inoltre, se un genitore altera l’emozione originaria, il momento è perduto per aiutare il bambino a capire cosa ha provocato la sua prima agitazione.

Gran parte dei comportamenti problematici nei bambini sono animati dalla frustrazione o dalla paura; per insegnare le parole che sostituiscono colpi, calci, spinte e urla, ci serve l’opportunità di creare un legame fra le parole e i “sentimenti”. Possiamo farlo riconoscendo e riflettendo i sentimenti dei bambini mentre si nominano gli impulsi che li hanno animati. Se spaventiamo un bambino per ottenerne l’obbedienza, non facciamo che impedire una qualsiasi comprensione di quali fossero le sue emozioni precedenti. Le emozioni usurpate rischiano di esplodere su altri bambini, animali o giocattoli. Nel capitolo 6 affronteremo le emozioni dei bambini, nel 7 ci concentreremo in modo specifico sulla frustrazione e l’aggressione.
5) Sostenere la conflittualità e il dissenso
Gli adulti possono dare l’esempio ai piccoli sul modo naturale in cui il cervello prima o poi integrerà i sentimenti e i pensieri conflittuali, usando frasi come: “Una parte di me sente in questo modo, e un’altra vuole qualcosa di diverso!”, oppure: “D’altro canto...”, o: “mi sento molto combattuto!” Se gli adulti comunicano che va bene esprimere conflittualità o dissenso interiori, i bambini riceveranno il messaggio che è virtuoso considerare molteplici prospettive e sentimenti quando si deve prendere una decisione.

Il primo manifestarsi di pensieri e sentimenti contrastanti

I genitori chiedono sempre quando aspettarsi i primi segnali di un’integrazione di sentimenti e pensieri, e quale aspetto abbia. Sebbene la tempistica sia diversa da bambino a bambino, esiste un numero di segnali comuni che, in uno sviluppo ideale, fanno la loro comparsa verso i 4 anni e la cui frequenza aumenta quando ci si avvicina ai 5.

La capacità di riflettere è uno dei primi segnali che la corteccia prefrontale del bambino piccolo si sta trasformando in una terrina in cui mescolare pensieri e sentimenti conflittuali. Ho chiesto a un papà se avesse visto qualche segno di meditazione nella figlia Maeve, di quattro anni e mezzo: “è buffo che me lo chieda adesso perché l’altra sera, quando la cameriera ha chiesto a Maeve se avesse finito con la cena, Maeve l’ha guardata, ha fatto una pausa e ha detto: ‘forse!’. Poi ha guardato in obliquo come cercando una risposta nella sua testa e si è di nuovo rivolta alla cameriera dicendo:’ Sì, il mio pancino dice di aver finito!’” Segnali di riflessione possono fare la loro comparsa in modo sottile, come in questo caso - una breve pausa prima di procedere, o un momento di silenzio prima di parlare. La meditazione spontanea tende a iniziare verso i 4 anni, con fugaci apparizioni. Gli adulti possono iniziare a preparare il bambino a quest’età chiedendogli cosa pensa, ma senza forzature, costrizioni o trasformando la cosa in un piano di lavoro. I genitori possono giusto trarre conforto dal notare che i primi segnali di maturità fanno la loro comparsa.

All’evolversi della corteccia prefrontale in una terrina dove gli ingredienti si mescolano, i pensieri conflittuali faranno la loro comparsa prima dei sentimenti contrastanti. Le emozioni sono segnali intensi e la loro integrazione è una sfida più ardua. Nel momento in cui i pensieri si mescolano, il bambino può uscirsene con affermazioni del tipo: “Una parte di me vuole andare al parco, ma un’altra vuole restare a casa”. Queste affermazioni contraddittorie indicano che il bambino può trattenere due pensieri conflittuali a un tempo. È anche possibile che cominci a mostrare di divertirsi con giochini di parole, come quel bimbo che ha detto: “Ehi, mamma, sai cosa dice il gatto? È perrrrrrrfetto!” (in inglese purrrrrrfect, dove purrrr è l’onomatopea dei fumetti per le fusa del gatto. N.d.T.)

Il genitore di una bambina dell’asilo mi ha raccontato la storia seguente, che dimostra il primo dispiegarsi di sentimenti contrastanti:

Mamma: (portando i bambini a scuola) “cosa racconterai ai compagni a proposito del tuo acchiappasogni quando farete l’attività del mostra e racconta?”

Tabitha: “Non glielo voglio far vedere!”

Mamma: “Ma a casa eri così eccitata all’idea di portarlo all’asilo e mostrarlo ai compagni! Hai paura? C’è una parte di te che è eccitata e l’altra che ha paura?”

Tabitha: “Mamma, nessuna parte di me vuole far vedere l’acchiappasogni ai compagni!”

Per quanto la madre si rammaricasse all’idea che la paura e il desiderio non si integrassero, era felice di sentire che Tabitha considerava di avere più di una parte di sé. La paura e il desiderio sono fra i sentimenti più difficili da far convivere, a causa della loro intensità. Quando la paura e il desiderio sono percepiti allo stesso tempo, il risultato sarà il coraggio, che guida la capacità di muoversi verso i propri desideri. Il coraggio non è l’assenza di timori, quanto piuttosto la paura bilanciata dal desiderio.

Al mescolarsi di impulsi e sentimenti contrastanti, il bambino piccolo potrebbe, in modo spontaneo, iniziare a fremere e tremare, a serrare le mascelle o dare altre manifestazioni fisiche di conflitto. Una parte di lui vorrebbe sfuggire, l’altra affrontare, e la tensione interiore diventa palpabile. La mamma di una bambina di cinque anni ha descritto questa tensione: “L’altro giorno Amanda si sentiva frustrata e stava per lanciare un trenino al fratello. Sono rimasta colpita quando non l’ha fatto, trattenendolo mentre oscillava le braccia avanti e indietro sopra la testa. Era come se una mano volesse lanciare il trenino ma l’altra no. Talvolta riesce a fermarsi, sta cambiando!”

I sentimenti in conflitto che pian piano si integrano potrebbero essere segnalati da espressioni come: “Adesso per metà ti odio!”, o: “Adesso per metà ti voglio bene!”, o: “Voglio colpirti ma non lo farò!”. La mamma di un bambino di quattro anni e mezzo mi ha raccontato:

La settimana scorsa eravamo al parco e Zach era circondato da bambini molto piccoli; uno di loro gli ha dato una spinta, io mi sono precipitata ma lui non si è mosso, lo ha solo guardato. Quella sera, al momento di andare a dormire, ho intavolato con lui questa conversazione:

Mamma: “Ho notato che oggi al parco un bambino ti ha spinto e tu non gli hai ridato la spinta, come ti sei sentito?

Zach: “Quando mi ha spinto ero solo preoccupato per lui!”

Mamma: “Preoccupato? Non avevi nessuna spinta dentro di te?”

Zach: “No, nessuna spinta, ma avevo un abbraccio per lui!”

Mamma: “Un abbraccio?! E da dove veniva l’abbraccio?”

Zach: “Oh, mamma! Quel piccolino stava passando un brutto momento, aveva bisogno di coccole!”

Mamma: “E perché non gli hai dato quell’abbraccio?”

Zach: “Credevo che ad abbracciarlo mi avrebbe spinto ancora!”

Riflettendo sul comportamento di Zach, la mamma ha anche aggiunto: “Non credo che avrei capito l’importanza di questa conversazione se non avessi compreso i sentimenti contrastanti. Infatti all’inizio non mi spiegavo la sua ‘paralisi’ - perché non si era mosso? Ma credo che fosse bloccato dal pensiero ‘lo abbraccio - non lo abbraccio’. È un piccolissimo passo, ma a me sembra importantissimo.”

Man mano che procede l’integrazione dei sistemi emotivo e cognitivo, le oscillazioni del comportamento a mo’ di pendolo diminuiscono. I bambini iniziano a vedere le due facce di una storia e diventano più civili nell’interazione con gli altri. Per quanto i genitori gioiscano degli effetti mitigatori di questo sviluppo, un bambino non ritroverà più la purezza e la solitudine di quei pensieri e sentimenti. Come ha raccontato la mamma di una bambina di cinque anni:
Al loro primo apparire, Anna era tormentata dai suoi sentimenti e pensieri contrastanti. Una sera che cercava di addormentarsi, si lamentava di quanto fosse ingiusta la facilità con cui la sorella più piccola andava a dormire. Arrabbiata, mi guardò e disse: “Non riesco a dormire, la mia testa vuole solo pensare, pensare, pensare. Come faccio a farla stare zitta?” Riuscii a contenere il mio entusiasmo e le dissi che ormai aveva una mente da grande, piena di cose da fare. Anna rispose irata: “Non voglio una testa da grande, voglio solo andare a dormire come mia sorella!”
Nell’entusiasmo di festeggiare i modi più civili dei nostri figli, può sfuggirci ciò che è andato perduto. Non torneranno più la purezza e l’innocenza che accompagnano l’esperire il mondo un pensiero o un sentimento per volta. Le loro vite non sapranno più cosa voglia dire non essere incatenate, costrette e complicate dalle scelte. Perché mai un bambino dovrebbe esultare sapendo che avrà una coscienza a parlargli senza sosta e che agiterà in lui pensieri e sentimenti discordanti?

Quando la corteccia prefrontale evolve nella famosa terrina per mescolare gli ingredienti, la soluzione organica all’immaturità si palesa in modo spontaneo, ma il mondo interiore di quel bambino non sarà mai più altrettanto tranquillo e sereno. In ogni caso, le conquiste dell’integrazione hanno la loro importanza, come afferma un papà: “Ho capito che mio figlio non aveva più un cervello da bambino dell’asilo quando è venuto da me con le mani a pugno e mi ha detto fiero: ‘Guarda papà! Guarda cosa ho fatto! Volevo dare un pugno in testa a Sara ed ero pronto, ma non l’ho fatto!’ L’espressione di orgoglio sul suo viso era straordinaria, come se dicesse:‘Non riesco a credere di riuscire a controllare il mio corpo quando sono frustrato!’” Il racconto di questa storia rende chiara tutta la dignità provata da un bambino nello scoprire il proprio potenziale umano in quanto creatura dotata di autocontrollo e moderazione.

Capire i piccoli
Capire i piccoli
Deborah MacNamara
Come aiutare a crescere creature imprevedibili e meravigliose da 0 a 6 anni.Un manuale di facile lettura, ricco di consigli pratici e testimonianza dirette, per aiutare i genitori a comprendere la natura dei bambini piccoli. I bambini piccoli sono fra le persone più amate, ma anche fra le più incomprese.Le loro straordinarie personalità possono rivelarsi una sfida per gli adulti, in quanto sfuggono alla logica e alla comprensione: passano dall’essere sfrontati, recalcitranti e ribelli all’illuminare la stanza con la loro gioia di vivere e le risate contagiose.Le reazioni estreme, la rabbia apocalittica, i pianti inconsolabili e le impuntature senza cedimenti sono la cifra dell’immaturità, e per quanto dovrebbe sembrare evidente che essa sia un tratto costitutivo dei piccoli e li renda persone molto diverse dagli adulti, si rivela invece fra quanto di più misconosciuto e negletto. Deborah MacNamara, allieva e collega di Gordon Neufeld, uno dei più importanti esperti dell’età evolutiva, esplora l’intenso bisogno di attaccamento del bambino, l’importanza vitale del gioco, la natura della giusta disciplina e del tipo di relazione che è in grado di proteggere la crescita delicata dell’infanzia. In Capire i piccoli si trova ciò che serve ai bambini per crescere e prosperare, ma non prima di aver capito che i loro comportamenti, talvolta sconcertanti, non sono affatto la manifestazione di un disturbo o di un deficit e neppure di una “cattiva educazione”.Non guarderete più ai vostri figli e a voi stessi nello stesso modo, e pur scoprendo quanto sia critico il ruolo di genitore e adulto, vedrete anche come, dalla giusta prospettiva, sia più facile e naturale di quanto si creda. Conosci l’autore Deborah MacNamara è counsellor clinico ed educatrice con un’esperienza ultraventennale.Membro del Neufeld Institute, affianca alla pratica di consulente una regolare attività formativa rivolta a genitori, educatori, professionisti della salute mentale e chiunque si prenda cura dei bambini.Vive a Vancouver con il marito e due figlie.