Capitolo X

Disciplina per gli
Immaturi

Guadagnare tempo per dar spazio alla crescita

Perciò suppongo che i bambini continueranno ad essere una seccatura e le madri continueranno ad essere felici di poter essere le loro vittime.

D.W. Winnicott1

Guardavo mia sorella minore mentre finiva di mangiare le verdure della cena. Un barattolo di mostarda piccante se ne stava soddisfatto fra noi; le dissi: “Le verdure sarebbero più buone se ci mettessi sopra quella roba gialla!”, “No! È mostarda piccante!” ribatté lei. A sei anni, la mia controvolontà istintiva è passata subito all’azione, ho afferrato una carota, l’ho intinta nella mostarda e l’ho infilata in bocca a mia sorella di cinque anni. Per due secondi è stata in silenzio, ma poi le sue urla e il suo dimenarsi hanno fatto accorrere la mamma; sono volata in camera mia, sapendo di essere nei guai.

Dalla mia stanza udivo il trambusto al piano di sotto mentre mia madre urlava e i passi di mio padre risuonavano su per le scale avvicinandosi alla mia porta. Me ne stavo seduta sul letto - terrorizzata. Quando ebbe aperto la porta, vidi una faccia che non avevo mai visto prima in simili circostanze: aveva una strana smorfia, quasi un sorriso. Una parte di me si chiedeva se avesse del tutto perso la testa o se mi toccasse entrare in un regno tutto nuovo di punizioni mai viste.

Mio padre si sedette accanto a me sul letto, mentre io ero troppo rigida e impietrita per muovermi. Scuoteva la testa e mormorava: “Debbie, Debbie, Debbie!”. Avrei voluto gridare: “Facciamola finita e smetti di torturarmi con questa attesa!”. In quel momento, inaspettatamente iniziò a raccontarmi una storia: “Quando ero piccolo, ero proprio come te. Avere un fratello non era sempre facile. Mi dava parecchio fastidio e io ero anche dispettoso e mi piaceva fare gli scherzi, soprattutto a lui. Gli legavo i lacci delle scarpe, gli nascondevo le mutande e gli mettevo i sassi negli stivali!”. Mentre parlava, fui invasa dal sollievo, non ero nei guai, ero proprio come il mio papà e dovevo aver ripreso da lui la mia monelleria.

Mio padre si accorse del mio interesse per i suoi dispetti e disse: “Sono sempre stato scoperto, mio fratello faceva la spia e i miei genitori si arrabbiavano. Non andava bene, a un certo punto ho capito che sarebbe stato meglio smetterla con i dispetti e fare altro!”. Iniziai a capire quale fosse il messaggio di mio padre e con tutto il cuore acconsentii all’idea che non fosse bene fare del male agli altri. Lo guardai con stupita ammirazione, avrei potuto ascoltare le sue storie per ore.

Alla fine, mio padre mi guardò e disse: “Stasera hai fatto davvero male a tua sorella, era sconvolta, vorrei che andassi di sotto a chiederle scusa e che non lo facessi mai più!”. Acconsentii prontamente e dissi: “Non so cosa mi è successo, ho dovuto spingerle quella carota in bocca!”. E così scesi di sotto piena di rimorso e feci a mia sorella delle scuse sincere. Per fortuna, mi perdonò e da allora non è mai più stata vittima dei miei dispetti.

Con il senno di poi, ciò che più ho imparato da mio padre quel giorno è stato quanto sia forte la capacità di un genitore, grazie all’attaccamento, di portare un figlio in linea con le aspettative, il mantenimento dell’ordine e la gestione delle crisi. Non aveva usato promesse, minacce o punizioni; quando il mio comportamento era stato dei più oltraggiosi, era semplicemente stato presente come padre e non mi aveva allontanata, ma anzi, mi aveva spinta ancor più accanto a sé. Attraverso le sue storie, mi aveva fatto capire che noi due andavamo bene così come eravamo e nel farlo aveva tenuto stretto il mio amore per lui servendosene per trasmettermi il messaggio su come mi sarei dovuta comportare. Mio padre mi guidava amandomi e così il mio cuore era felicissimo di seguirlo.

La risposta a un comportamento immaturo è la maturità

Gli adulti vorrebbero bambini maturi e ben educati, e credono di poterci riuscire attraverso la disciplina, ma non funziona così. La disciplina è ciò che gli adulti escogitano per imporre ordine sul disordine dell’immaturità. La disciplina è il modo in cui gli adulti intervengono a compensare la maturità carente. Devono usare la disciplina per guadagnare tempo e dare al bambino lo spazio per crescere. Agli adulti spetta il compito di assumersi la responsabilità di indirizzare il bambino verso i comportamenti civili ma anche di dargli tempo a sufficienza per arrivarci. Dovranno tenersi ben saldi alla relazione nonostante tutte le infrazioni, usare discernimento per gestire le crisi e aiutare i bambini a capire meglio il proprio universo emotivo. Una maestra dell’ultimo anno di asilo ha detto a una sua alunna: “Tessa, devi sforzarti di essere più matura, e salutare la mamma senza tante scene!”, al che la madre ha risposto: “Tessa sarà più matura quando sarà maturata!”

Esiste un piano evolutivo che conduce alla maturità, portando con sé un senso di responsabilità sociale ed emotiva. I consigli su cosa fare con i comportamenti immaturi sono spesso disgiunti da una più ampia programmazione evolutiva che consideri di quali condizioni i bambini abbiano bisogno per crescere e sviluppare una propria individualità, capacità di adattamento e socialità. Il tema della disciplina si è trasformato in un’accozzaglia di soluzioni superficiali, indicazioni isolate e risposte contraddittorie. I consigli sulla disciplina si sono trasformati in discussioni su singoli momento propizi all’insegnamento, strategie per ottenere collaborazione e istruzioni su come far sì che i bambini si autocontrollino. Ai genitori vengono date ricette sulla disciplina senza capire in che modo funzionino i vari metodi, i limiti nell’efficacia di ciascuno e i potenziali rischi per lo sviluppo. Una mamma che conoscevo aveva letto ogni singolo libro sulla disciplina che aveva potuto trovare e si comportava con i bambini in modo diverso ogni settimana. Al mutare delle tecniche, i bambini erano sempre meno convinti della sua capacità di potersi prendere cura di loro.

Parte del problema oggi riguarda il fatto che per la disciplina si abbiano approcci perlopiù fondati sul comportamento e l’apprendimento, con l’obiettivo di estinguere il comportamento anziché comprenderne le ragioni. I comportamenti voluti sono premiati o lodati, quelli indesiderati puniti. L’espressione emotiva è trattata come un problema senza capirne il ruolo importante nell’aiutare il bambino a risolvere i suoi problemi. La resistenza è vista come qualcosa da sopprimere e non si vede come scaturisca dall’istinto della controvolontà che tende a preservare l’individualità. Le crisi e i capricci sono trattati come fuochi da spegnere, e così la frustrazione che li ha originati di volta in volta si accumula. I problemi legati all’attenzione sono visti come deficit anziché caratteristiche di sistemi immaturi capaci di focalizzarsi solo su una cosa per volta. Per farla breve, il comportamento è trattato in modo superficiale, le emozioni e gli istinti che lo animano restano eclissati. La disciplina si è concentrata in modo miope sul fornire le giuste conseguenze per forgiare il comportamento in forme mature. Sono metodi che mancano del tutto di una visione evolutiva complessiva - disciplinare è ciò che si fa mentre si aspetta che la maturità prenda forma.
B.F. Skinner suggeriva che il segreto per avere bambini bravi fosse quello di sottrarre loro l’approvazione e condizionarla in funzione del grado di accondiscendenza. I comportamenti voluti venivano ricompensati con lodi o affetto da parte dei genitori, mentre i comportamenti indesiderati implicavano punizioni e separazione. La disciplina contemporanea ha un approccio simile e utilizza la temporanea sottrazione di affetto (attraverso separazioni o time-out) per ottenere i comportamenti desiderati. Detto in modo semplice, l’amore del genitore è uno strumento usato per forgiare il comportamento - il bambino riceve un invito all’intimità e alla vicinanza se si comporta bene, altrimenti viene allontanato. Il bambino viene fatto lavorare per ottenere amore e approvazione andando incontro alle richieste del genitore, negandogli così una qualunque forma di autentica pace. Queste pratiche disciplinari sono ormai la norma, tuttavia erodono la relazione e creano sofferenza emotiva nei bambini piccoli2.
È necessario un approccio diverso se i genitori vogliono offrire al bambino un invito generoso a trovare pace nelle loro cure, a liberare la capacità di giocare, e a favorire quelle condizioni che aiutano il bambino a crescere. Le strategie disciplinari devono usare il potere dell’attaccamento per condurre il bambino nell’orbita dell’adulto. Agli adulti spetta il compito di mettere ordine, tenere il bambino al sicuro, e offrire indicazioni quando i piccoli sono impulsivi, egocentrici e sconsiderati. Come ha affermato un genitore: “Di solito mi concentravo sul ‘è così maleducato!’, adesso vedo il ‘è davvero frustrato in questo momento!’ Ciò su cui mi concentro dà forma alle mosse successive, e concentrarmi sulle emozioni sembra spingermi nella giusta direzione!” Una disciplina che salvaguardi l’attaccamento e il processo evolutivo protegge e custodisce il cuore tenero del bambino e la giusta relazione con gli adulti.

Le sei caratteristiche dei bambini che si comportano bene3

Le sei caratteristiche dei bambini che si comportano bene non possono essere insegnate e devono essere coltivate. Sono: a) voler essere bravi b) mettersi facilmente in allerta, c) percepire l’inutilità, d) avere un attaccamento appropriato verso gli adulti, e) essere ben intenzionati e f) sapersi regolare. Man mano che il bambino sviluppa queste caratteristiche è più facile prendersene cura, i suoi comportamenti e le sue risposte emotive maturano. Se la personalità tipica del bambino piccolo non viene superata fra i 5 e i 7 anni, o fra i 7 e i 9 per i bambini sensibili, ma continuano ad esserci problemi di comportamento, bisognerebbe considerare con attenzione quali siano i tratti mancanti e perché. Quando i tratti sono assenti, non c’è disciplina che possa risolvere i problemi che ne derivano o far ritrovare il sano sviluppo perduto.
I bambini dovrebbero voler essere bravi per le persone cui sono legati e resistere ai comandi degli altri. È un desiderio che scaturisce da attaccamenti profondi e appaganti con adulti che esercitano abitualmente un richiamo nei confronti del bambino, invitandoli con generosità a trovare pace nelle cure prodigate, così come discusso nei capitoli 4 e 5. La sfida per il bambino piccolo è dovuta al fatto che la sua mancanza di autocontrollo gli impedisce di concretizzare in modo sistematico il desiderio di essere bravo.

I bambini che si comportano bene hanno anche un sistema d’allarme che li spinge alla cautela di fronte al pericolo o quando viene loro detto di stare attenti. Un buon sistema d’allarme rende il bambino coscienzioso e preoccupato delle proprie azioni. Perché il sistema funzioni in modo appropriato, un bambino deve essere in grado di percepire la paura e di essere libero da difese emotive. Se i sentimenti di vulnerabilità sono schermati, il sistema d’allarme si blocca, come accade talvolta nei bambini alfa o in quelli orientati ai coetanei.

I bambini che si comportano bene percepiscono l’inutilità di scontrarsi con le cose che non possono cambiare, come si è visto nel capitolo 7. Possono adattarsi al fatto che le cose non vadano come vorrebbero, accettare le decisioni degli altri e adeguarsi ai limiti e alle restrizioni imposte dalla vita. Un bambino dovrebbe man mano aumentare la propria capacità di adattamento dai due ai sei anni, via via che incontra le impossibilità della vita e che lo si aiuta a trovare le proprie lacrime. Il processo adattativo richiede un cuore tenero e la capacità di provare emozioni e di essere vulnerabili. Se le lacrime sono bloccate e sono presenti difese emotive, la capacità adattativa diminuirà o mancherà del tutto.

I bambini che si comportano bene hanno un attaccamento appropriato verso le persone che li accudiscono. Questi adulti fungono da esempio e rappresentano i valori che li aiuteranno a inserirsi nella società in modo produttivo. I genitori devono assumersi la responsabilità di mediare l’incontro con gli altri adulti che fanno parte del villaggio di attaccamenti del bambino, come si è visto nel capitolo 8. Si tratta di adulti che dovrebbero condividere valori simili per evitare che il bambino sia spinto fuori dall’orbita del genitore. Se un bambino è orientato ai coetanei, non avrà molto desiderio di essere bravo e seguire gli adulti che sono responsabili per lui. Aspirerà, invece, a compiacere i coetanei, spesso a spese delle regole e delle direttive stabilite dagli adulti. Per un genitore sarà necessario ristabilire la relazione con il figlio prima di poterne influenzare il comportamento.

I bambini ben intenzionati sono capaci di dar vita a obiettivi e programmi propri grazie alle buone intenzioni. La controvolontà, discussa nel capitolo 9, e il gioco, del capitolo 3, sono istinti importanti che assecondano la crescita in questo senso. Quando ha sviluppato una percezione di sé, il bambino dovrebbe iniziare a funzionare in modo indipendente, assumendosi la responsabilità delle proprie azioni. Lo sviluppo delle intenzioni personali è affidato alla possibilità di avere attaccamenti appaganti, che danno sollievo alla fame di relazione. I genitori possono usare le intenzioni proprie del bambino per indirizzarlo verso comportamenti civili.


I sei tratti del bambino che si comporta bene
  1. Vuole essere bravo per coloro che ne sono responsabili
  2. Capisce quando è in arrivo un pericolo e adotta la dovuta cautela (si allerta con facilità)
  3. Riconosce l’inutilità quando la incontra.
  4. Gli attaccamenti attraverso cui interagisce con gli altri sono appropriati (attaccamento appropriato)
  5. Ha obiettivi e programmi propri (ben intenzionato).
  6. È in grado di pensarci due volte quando sente impulsi che potrebbero metterlo nei guai (si sa regolare).


Figura X.1 Tratta dal corso di Neufeld Discipline That Doesn’t Divide
I bambini che si comportano bene si sanno anche regolare e il loro autocontrollo è il frutto dell’integrazione della corteccia prefrontale, come si è visto nel capitolo 2. A quest’epoca, un bambino dovrebbe essere in grado di considerare i bisogni degli altri prima di reagire, di pensarci due volte prima di agire sull’onda delle emozioni, e di mettere insieme pensieri e sentimenti. La capacità di essere pazienti, di perdonare, di perseverare, si sbloccherà insieme a una coerente percezione di sé. I modi impulsivi, egocentrici e sconsiderati del bambino piccolo dovrebbero mitigarsi, aiutandolo a mettere in pratica il suo desiderio di comportarsi bene.

La risposta al perché i bambini si comportano bene è che il naturale piano evolutivo si è sviluppato come doveva. Esiste un vero e proprio piano per il comportamento appropriato, e dobbiamo riporre in esso la nostra fiducia. Come ha scritto un genitore:
È un tale cambio di prospettiva rispetto al doversi concentrare sul comportamento e lavorare direttamente su di esso. Apprezzo moltissimo il fatto che la natura abbia un ruolo vitale e che come genitore non sia responsabile di dover far crescere il bambino. Da genitore inesperto non lo sapevo, credevo davvero che dipendesse da me “stroncare le cose sul nascere” o “avere sempre il controllo fin nei minimi dettagli”. Ero talmente teso e preoccupato credendo di essere investito di tutta la responsabilità sul comportamento appropriato. Non avevo capito la natura spontanea della crescita.

Critica delle pratiche correnti in fatto di disciplina

Tre degli approcci più popolari alla disciplina utilizzano la minaccia al legame affettivo per far sì che il bambino modifichi il proprio comportamento. Per quanto possano sembrare efficaci nel far sì che certi comportamenti cessino, spesso il risultato viene raggiunto contrattando sui bisogni più importanti del bambino. Per questo le forme di disciplina fondate sul timore, la separazione e le conseguenze rischiano di creare una sofferenza emotiva e relazionale nel bambino. Esistono modi alternativi per gestire gli inconvenienti, ma sono andati perduti per via della forte pressione a ottenere condiscendenza e comportamenti maturi. Come ha detto un educatore di asilo nido:
Credo che questo modo di pensare per “conseguenze” non sia congruo con l’intuizione dei genitori che debbano diventare ciechi per essere in grado di portare a termine il loro compito. Credono di fare la cosa giusta, sono mossi dall’amore e dal desiderio di cura per i figli, tuttavia il loro non è un comportamento amorevole. Le difficoltà vere iniziano quando questi metodi non funzionano più ma i genitori non sanno cosa fare e si sentono disperati.
1) Metodi fondati sulla paura
Il sistema di allarme del bambino è disegnato per indurlo alla cautela quando deve fronteggiare una minaccia o un pericolo. La disciplina che prevede di sgridare, minacciare, intimorire e dare ultimatum si affida al sistema di allarme per correggere il comportamento. I genitori potrebbero aver bisogno di usare tecniche fondate sulla paura quando il pericolo incombe, ma dovrebbero essere adottate con moderazione. Una mamma, per esempio, mi ha raccontato: “Mio figlio di tre anni stava per correre in mezzo alla strada per andare incontro al padre e io non sarei riuscita a raggiungerlo in tempo, perciò ho urlato - ‘Fermo!’ - e lui si è bloccato e non si è mosso. Ero così grata che lo avesse fatto!”

Il sistema di allarme funziona meglio se non è stimolato all’eccesso. Quando gli adulti utilizzano abitualmente metodi fondati sulla paura per spaventare i bambini, questo può interferire con la capacità del bambino di creare una relazione forte con l’adulto e indurre difese emotive. Il bambino dovrebbe correre dai genitori in cerca di aiuto, non fuggire da essi. Un padre mi ha raccontato: “Mio figlio è andato a sbattere contro la porta a vetri e l’ha rotta; ho sentito lo schianto e sono corso da lui ma era fuggito a nascondersi. Quando l’ho trovato con le mani sanguinanti gli ho chiesto perché non era corso da me per farsi aiutare. Mi ha confessato che pensava di essere nei guai per aver rotto la porta!” Quel papà era visibilmente scioccato mentre considerava quanto il figlio avrebbe potuto essere in pericolo e tuttavia non consultarlo. L’ho spinto a considerare perché non avesse cercato conforto da lui e come fosse arrivato a temerlo.

I genitori spesso usano altri adulti per spaventare i figli, i preferiti sono i poliziotti, gli insegnanti e i prèsidi. A un bambino di tre anni che voleva togliersi le cinture di sicurezza del passeggino, la mamma ha detto: “Se non ti metti le cinture la polizia verrà e ti porterà via da me!” Quando un adulto diventa fonte di spavento viene destituito del ruolo che dovrebbe invece rivestire per il bambino, di cura e accudimento.

Una madre mi ha consultata a proposito della figlia di cinque anni che mostrava segni di ansia, fra cui sonno disturbato, mal di stomaco e comportamenti ossessivi. Mi ha detto: “Se mia figlia non si metteva la cintura di sicurezza, mio marito spingeva sul gas e partiva e lei scivolava fuori dal seggiolino e sbatteva la testa sul sedile di fronte. Poi ha smesso di slacciarsi, ma sono preoccupata per i metodi usati da mio marito.” Se un bambino deve affrontare per troppo tempo livelli alti di allarme, possono innescarsi difese emotive che inibiscono i sentimenti di vulnerabilità legati alla paura, facendo insorgere sintomi di ansia e agitazione. Più un bambino è difeso da certi sentimenti, maggiore sarà il grado di allarme necessario per spaventarlo e indurlo a modificare il proprio comportamento; in altre parole, sarà necessario urlare più forte o alzare la posta. Una mamma ha raccontato:
Mentre ero a trovare i miei suoceri, il figlio di mio fratello, di tre anni, tirava via dalla libreria tutti i libri e li lanciava sul pavimento. Mio fratello ha alzato la voce dicendogli di smetterla, ma lui sembrava incurante della minaccia. Visto che continuava, mio fratello ha iniziato a gridare più forte finché non gli ha urlato di smetterla. La cosa più triste è stata la reazione lenta ed esitante di mio nipote, sembrava quasi non toccato. Mi sono chiesta quante volte fosse stato richiamato in questo modo e quale impatto potesse avere su di lui.
L’allarme dovrebbe avere il compito di spingere il bambino alla prudenza, ma quando gli adulti ne fanno un uso eccessivo il bambino sarà prudente nell’affidarsi alle loro cure. Questo è vero soprattutto per i bambini sensibili, in quanto i metodi fondati sulla paura superano il limite di sopportazione con facilità e creano troppo stress emotivo, innescando una difesa.
2) Metodi fondati sulla separazione
La disciplina che si avvale della separazione è stata introdotta come alternativa alla punizione fisica, ma senza considerare l’impatto che avrebbe avuto sull’attaccamento. Una disciplina di questo tipo include metodi come i time-out, l’isolamento, far finta o minacciare di abbandonare il bambino, negare affetto, tenere il muso e non rivolgere la parola al bambino o evitarlo, oltre a quello che si definisce “amore duro”. Sono tutte misure che negano l’invito al contatto e all’intimità per esercitare una pressione sul bambino affinché si conformi alle aspettative e alle richieste. L’attaccamento è il bisogno più grande del bambino, pertanto, ogni separazione o minaccia può avere un impatto molto profondo su di lui. Quando l’invito al contatto e alla vicinanza con il genitore è condizionato in funzione della prestazione, nel bambino si crea un profondo senso di insicurezza. Un genitore mi ha detto: “Mi sono commosso quando ho saputo dell’insicurezza che nasce quando un bambino sente di dover essere buono per conservare l’attaccamento. Non può più permettersi il lusso di voler essere buono, è messo in condizione di dover fare un lavoro sull’attaccamento perché la relazione resti intatta.”

Chi è a favore dell’uso di questo tipo di disciplina fondata sulla separazione suggerisce che il bambino riflette sulle proprie azioni quando viene allontanato. La capacità di riflettere non esiste fino al passaggio dei 5-7 anni, inoltre, quando i bambini vengono mandati via, sono spesso agitati da ulteriore frustrazione e paura, il che lascia pochissimo spazio ad altri pensieri. Anche i time-out sono visti come un mezzo per calmare il bambino e aumentarne l’autocontrollo. La ragione per cui alcuni bambini (non tutti) appaiono calmi dopo un time-out è perché il loro sistema di allarme ora sta reprimendo le emozioni per farli rientrare nella relazione con l’adulto. Quando riemergono dal time out mortificati e pieni di voglia di far bene è solo perché sentono che l’attaccamento è minacciato.

Le minacce o l’uso di metodi fondati sulla separazione aumentano la ricerca di contatto e vicinanza con l’adulto da parte del bambino, che farebbe qualsiasi cosa per ridurre il vuoto relazionale che si è venuto a creare, a costo della propria dignità e integrità. Questo porta a comportamenti desiderati, ma a quale prezzo per il bambino e la relazione? Una maestra d’asilo ha raccontato la storia di questa bambina molto brava ma emotivamente inquieta:
Olivia è molto responsabile, generosa, educata, e per la sua giovane età molto matura. Trovo che sia una situazione piuttosto triste perché è molto ansiosa, manca di spontaneità, persino i suoi sorrisi sono forzati e non è molto curiosa. Olivia sembra supponente ma in realtà ripete le opinioni dei genitori. Non so cosa pensi, cosa creda o voglia; quando gioca con gli altri bambini, di solito questi si fanno male. L’ho vista dare una spinta a una bambina durante una gara. Olivia si porta appresso una montagna di frustrazione e tristezza. Soffre regolarmente di mal di pancia ma i dottori dicono che non ha nulla. Olivia paga un prezzo altissimo per essere una brava bambina! Come deve sentirsi a dover essere sempre buona per non perdere l’attaccamento dei genitori, per sentirsi amata, per non deludere le loro aspettative? Come dev’essere non ricevere un invito a esistere in modo diverso? Dev’essere spaventoso!
Una sera, dopo una presentazione, una mamma mi ha detto scoppiando a piangere: “Non so se l’ha notato, ma piangevo mentre parlava di come i bambini abbiano bisogno di sentirsi accuditi. Ogni volta che facevo qualcosa di sbagliato, mia madre mi diceva che non mi voleva più. Mi feriva talmente! Ho cercato con tutte le mie forze di essere brava per lei!” la sofferenza di questa donna, ormai lei stessa madre di due figli, era ancora palpabile 30 anni dopo.

Come ci spieghiamo quei bambini per cui i time-out non sembrano funzionare? La disciplina fondata sulla separazione funziona solo quando c’è in gioco un attaccamento a cui il bambino tiene. Se il bambino non ha un attaccamento con l’adulto che fa uso di questo tipo di disciplina, aumenta la probabilità della frustrazione e di comportamenti aggressivi. I bambini sensibili possono trovare la separazione molto provocatoria, il che porta a un comportamento esplosivo e al distacco (si veda il capitolo 7).

La disciplina fondata sulla separazione interferisce con la capacità del bambino di trovare pace, giocare e crescere. Quando un bambino deve preoccuparsi di essere bravo per evitare di essere separato da ciò a cui tiene, resta meno energia per concentrarsi sullo sviluppo della propria individualità.
3) Metodi fondati sul ricatto
L’uso di conseguenze per controllare il comportamento del bambino è diventato una tecnica comune. Il comportamento desiderato è premiato con privilegi, usando adesivi, tabelloni con segnalini o lodi. Il comportamento indesiderato è punito con la sottrazione di oggetti, privilegi o attività. Un genitore ha chiesto: “Va bene togliere a mio figlio il peluche preferito con cui dorme per fargli fare cose come mangiare tutta la cena o lavarsi i denti?”. La prima domanda da porsi è, qual è il prezzo da pagare per voler usare contro il bambino ciò a cui tiene di più al fine di ottenere la sua condiscendenza?

L’uso di rinforzi positivi o negativi come metodo disciplinare scaturisce dalla teoria sul comportamento e l’apprendimento e serve a forgiare il bambino perché si comporti come se fosse maturo, volta a volta che succede qualcosa di non voluto. Non considera le radici istintive o emotive che generano i comportamenti problematici o le caratteristiche del bambino che si comporta bene. Utilizza come leva ciò a cui il bambino tiene di più, il che crea una relazione antagonistica. La vita insegna per conseguenze, ma non è quello a cui si riferiscono queste pratiche. Segnalano al bambino che la sua dipendenza dall’adulto verrà sfruttata ogni volta che si renda necessaria la sua accondiscendenza. Come un bambino sensibile di quattro anni ha detto al padre: “Papà, tu puoi togliermelo ma io posso decidere che allora non mi importa più di niente!”. È incredibile come un bimbo tanto piccolo abbia saputo già esprimere il fatto che, se costretto alla separazione, le sue difese si sarebbero attivate a inibire i sentimenti di vulnerabilità. Se il tenere a qualcosa lo espone al rischio di soffrire, il bambino mette in moto le difese emotive che proteggeranno il suo cuore. Queste difese rendono la vita più facile da sopportare e il bambino semplicemente smetterà di avere a cuore… ogni cosa.
Gli educatori e i genitori sono sempre più preoccupati della mancanza di coinvolgimento nei bambini di oggi, confermata anche dagli studi sull’empatia4. Affermazioni ricorrenti come “Non me ne importa!”, “Non mi frega niente!”, “Come ti pare!”, sono diventate comuni fra i bambini e i giovani. Nell’analisi di dove sia andato a finire il loro coinvolgimento, non abbiamo esaminato quei metodi che usano contro di loro ciò a cui tengono. Un padre mi ha detto: “Quando i bambini non ascoltano, gli tolgo tutti gli schermi e funziona sempre!”. Una mamma invece mi ha raccontato: “Mia figlia rifiuta di togliersi il pannolino, così quando la lavo uso l’acqua più fredda per darle una lezione!”. Un altro padre ha confessato: “Mio figlio non voleva sedersi a tavola, urlava e strepitava, così gli ho detto che non poteva andare in gita con la nonna!”. Non riusciamo a mettere insieme il modo in cui i nostri figli mancano di empatia e coinvolgimento con il modo in cui anche i nostri metodi disciplinari agiscono in tal senso.
L’abitudine a usare il sistema delle conseguenze per ottenere obbedienza è una soluzione rapida, volta a mutare subito il comportamento del bambino. È una forma di disciplina che spesso incontra i bisogni dell’adulto senza tener conto di cosa possa agitare il bambino o di come preservare la relazione pur nel trambusto di situazioni problematiche. Come ha commentato un genitore: “È interessante come i metodi comportamentali diano al genitore l’illusione di far crescere un bambino all’istante, o quantomeno di avere la situazione sotto controllo - non c’è da meravigliarsi che siano tanto irresistibili!” Una mamma mi ha detto di essersi disillusa quando ha capito quali fossero i rischi in gioco:
Ero solita affidarmi alla minaccia di conseguenze per influire sul comportamento. Se, per esempio, mio figlio non raccoglieva i suoi giochi, non aveva il permesso di venire in città con me. Ahi!… non capivo che avevo l’abitudine di usare la minaccia della separazione per “velocizzare” la crescita di mio figlio. Dopo avergli presentato le “cause e gli effetti”, si sbrigava a fare quello che doveva, ma era così spaventato che non riusciva a pensare con chiarezza e infatti ci impiegava più tempo.
Le azioni immature del bambino portano abitualmente a conseguenze che gli adulti responsabili devono affrontare, come rimuovere i giocattoli lanciati contro altri o spostare altri bambini per la loro sicurezza se la frustrazione prende il sopravvento. Esiste una differenza fra l’uso delle conseguenze rivolto contro il bambino e il loro utilizzo al servizio di un adulto responsabile. Imporre delle conseguenze è quello che un genitore fa per cambiare le cose come risultato del comportamento del bambino; è ciò che si fa di fronte ai comportamenti egocentrici, impulsivi e sconsiderati; è ciò che facciamo per compensare la maturità che manca al bambino. Quando le conseguenze sono utilizzate per impartire una lezione, non fanno che assegnare al bambino la responsabilità di comportamenti che, è chiaro sin da subito, non sono in grado di controllare. Come ha detto una mamma: “Stare molto al computer non fa bene a mio figlio; ha delle crisi spaventose quando gli si dice di smettere, perciò ho preso in mano la situazione senza focalizzarmi sul suo comportamento. Ho ridotto il tempo concessogli e mi aspetto che la cosa non gli piaccia, ma sono pronta ad aiutarlo a trovare le sue lacrime!” Il modo in cui un bambino si comporta dovrebbe essere un indicatore che suggerisce all’adulto quali siano i limiti del figlio dovuti all’immaturità e cosa sia necessario fare per evitare i problemi. È quello che ha fatto questo papà dopo aver visto il figlio di sei anni giocare a pallone:
Avevo iscritto mio figlio a calcio perché lo adorava. Il problema è che ogni volta che si sente frustrato sul campo non riesce a controllarsi. Un giorno, la sua squadra perdeva e un altro bambino lo ha fatto inciampare per sbaglio e mi sono accorto che lui era furioso. Ha colpito a braccio teso un altro bambino; non è pronto per giocare in una squadra come questa, dobbiamo aspettare finché non avrà un maggiore controllo degli impulsi perché così è troppo pericoloso per gli altri bambini.
I bambini piccoli non riescono a riflettere prima di agire, è per questo che di solito il metodo delle conseguenze fallisce nel modificare le prestazioni future. Prima di lanciare un trenino, non pensano all’eventualità di poter usare invece le parole. Sono spinti all’azione e reagiscono ai sentimenti e agli istinti forti che si agitano in loro. Nessuna conseguenza potrà mai insegnare loro quello che è destinato ad essere il frutto di un corretto sviluppo: l’autocontrollo. Inoltre, il comportamento più difficile che potremmo mai vedere in un bambino di solito è proprio effetto dell’agitazione emotiva e della mancata capacità di controllo. Le conseguenze spesso esacerbano le emozioni che sottendono al problema, come ha ben spiegato un papà: “Mia moglie e io cercavamo di capire dove saremmo voluti andare a cena, ma nostro figlio continuava a saltare fra noi impedendoci di parlare. Gli ho detto di smetterla e l’ho avvisato che altrimenti non saremmo usciti fuori a cena. Non mi ha ascoltato, così l’ho portato in camera sua e gli ho detto di restare lì; ha finito per distruggere le cose della sua stanza, è semplicemente esploso!” Se un bambino è agitato, metterlo di fronte a un ricatto non fa che aggiungere benzina al fuoco - aumentando sia la frustrazione sia l’ansia.

Per quanto l’uso di conseguenze si riveli problematico come pratica genitoriale, ha però un’importante funzione sociale. Rinforza la posizione alfa degli adulti di riferimento e fonda valori e regole di condotta. L’uso di conseguenze permette agli adulti di guidare i bambini in caso di conflitto e soddisfa questioni di giustizia e di equità. Se gli adulti non fanno da guida nei momenti difficili, i bambini prenderanno le redini della situazione. Poiché l’uso di conseguenze rischia di creare problemi nel promuovere una forte relazione adulto-bambino, tutte le volte che vi si ricorra dovrebbero essere spersonalizzate rispetto alla figura dell’adulto e viste come parte integrante di un sistema più generale di regole. Gli adulti possono anche mitigare lo stress relazionale ed emotivo dovuto all’uso di conseguenze gettando un ponte verso il bambino e facendogli sapere che il desiderio di avere una relazione con lui è sempre presente.

Disciplina sicura per l’attaccamento e sana per il processo evolutivo

Com’è fatta una buona disciplina? È rappresentata dalle azioni degli adulti responsabili che sono spinti a occuparsi del tumulto che accompagna l’immaturità. È una disciplina che protegge la relazione del bambino con l’adulto e conserva la tenerezza del cuore. Una buona disciplina è tutto ciò che accade prima che sorga un problema, quando gli adulti lavorano per prevenire le difficoltà e arrivare prima. Una buona disciplina scaturisce dal desiderio dell’adulto di comprendere ciò che agita il bambino e di pensare al modo migliore per venire incontro ai suoi bisogni emotivi. Non è qualcosa che deriva dal fatto di essere genitori perfetti, anzi talvolta è generata dal senso di colpa e dall’intenzione di fare in modo diverso le prossime volte. Una buona disciplina significa non lasciare che il comportamento del bambino sia più importante della relazione. Una mamma ha descritto in che modo la figlia di cinque anni è stata in grado di farle arrivare questo messaggio:
Mia figlia è tornata a casa dall’asilo e ha iniziato a giocare con le sue bambole, mettendole in punizione e dicendo loro che erano cattive. Le ho chiesto cosa stesse succedendo e lei mi ha detto che le bambole non l’ascoltavano, per questo dovevano andare in castigo. Le ho chiesto come si sentissero le bambole per essere state mandate via e mi ha risposto dicendo che erano molto tristi. Le ho chiesto dove avesse imparato l’esistenza dei castighi, visto che a casa nostra non esistono, e lei mi ha detto: “A scuola!”. Le ho chiesto cosa facciamo noi al posto dei castighi e lei ha risposto: “Ci diamo un’altra possibilità, mamma!”
Ai bambini piccoli piacerebbe davvero avere tempo per maturare e sviluppare la capacità di autocontrollo utile a mettere in atto le buone intenzioni da cui sono animati. Vorrebbero anche essere sostenuti nell’apprendimento di un linguaggio del cuore, così da non dover esprimere le proprie emozioni a forza di colpi e calci. Vorrebbero tempo per sviluppare una percezione coerente di se stessi, così da non sentirsi tanto costretti da dover resistere alle direttive imposte dagli altri.

Quello che ogni bambino ci direbbe se potesse è, per favore, di non lasciarlo mai andare, di non prendere sul personale le sue azioni, e di amarlo a dispetto della sua immaturità. Ci direbbe che non è lì per renderci la vita difficile ma che è solo fedele agli istinti e alle emozioni che sono dentro di lui. Dalla prospettiva del bambino, una buona disciplina significa che l’adulto ancora crede in lui e sa che un giorno tutto si sistemerà. Sono molte le cose che gli adulti possono fare per trasmettere questo messaggio al bambino, ma più di tutto il messaggio arriva se i genitori sono generosi e amorevoli nell’accudire un bambino durante gli anni della sua immaturità.

Le dodici strategie di Neufeld per una disciplina che salvaguardi l’attaccamento e il processo evolutivo5

Le dodici strategie che seguono, per una disciplina che salvaguardi l’attaccamento e il processo evolutivo, hanno lo scopo di aiutare i genitori a far da guide e assumersi la responsabilità delle azioni immature del bambino piccolo. Sono suddivise in tre aree separate: 1) cinque pratiche fondanti per una sana disciplina, 2) tre strategie che promuovono uno sviluppo sano e 3) quattro misure di ripiego per gli immaturi e i difficili da gestire. Ci sono, infine, speciali linee guida per la gestione dei conflitti tra fratelli.

Cinque pratiche fondanti di sana disciplina

1) Non affrontare subito il problema quando si presenta
Quando sorge un problema che suscita forti emozioni da parte del bambino o dell’adulto, è preferibile non cercare di fare subito progressi. La mossa migliore è quella di tirarsi fuori dalla situazione lasciando intatta la relazione e affrontare il problema più tardi. Questo potrebbe voler significare indicare la violazione sul momento sventolando la bandierina dell’infrazione, per esempio: “le mani non sono per dare colpi, i denti non sono per mordere le persone, e la mamma non è per dirle cose brutte!”. Si può poi tamponare il problema di comportamento allontanando il bambino e concentrandosi su qualcosa che trasmetta il desiderio di stare ancora insieme a lui, magari proponendo di fare uno spuntino o leggere qualcosa insieme. Si può anche far sapere al bambino che più tardi parlerete di quello che è successo e stabilire un momento in cui affrontare la questione. Nel momento di massima agitazione è meglio concentrarsi sul tenersi stretti alla relazione, cosa che poi permetterà al genitore di trattare con il bambino quando le emozioni saranno meno intense.

Una delle sfide maggiori che gli adulti devono affrontare nel gestire situazioni difficili è quella di non danneggiare la relazione e di evitare di trattare con il bambino finché non si abbia una presa migliore su di lui. Molti genitori si sentono costretti a prendere subito di petto la questione anziché spingere il bambino ad avvicinarsi di più a loro, temendo che questo rappresenti una ricompensa per il bambino o significhi che la sta “passando liscia”. Sventolare la bandierina dell’infrazione significa che c’è qualcosa che non va, e parlare in seguito assicura che il problema venga affrontato. Il timore che il bambino la passi liscia è un retaggio dell’approccio comportamentista, nel quale il bambino ha bisogno che gli si insegni ad agire in modo maturo anziché diventare maturo attraverso un sano sviluppo.


Linee guida per la gestione degli incidenti
(in cui sono coinvolte le emozioni)
Anziché pensare di fare progressi, puntate a non fare del male
  1. Indicate semplicemente la violazione (se necessario)
  2. Tamponate il problema legato al comportamento
  3. Tentate di modificare o controllare la situazione (NON il bambino)
  4. Stabilite un momento per affrontare e considerare il problema
  5. Meglio uscirne prima che dopo.


Figura X.2 Tratta dal corso di Neufeld Discipline That Doesn’t Divide
Una mamma ha spiegato come ha messo in pratica queste linee guida per la gestione degli incidenti:
Mia figlia di tre anni aveva rovesciato di proposito il latte perché le avevo detto che non poteva avere un altro biscotto. Ero arrabbiatissima, e le ho detto di pulire; lei ha urlato “No!”. Ero furiosa e le ho intimato: “Ora pulisci!”, lei mi ha urlato di rimando: “No!”. Sentivo la frustrazione crescere al punto che avrei voluto strofinarle il naso sul latte versato.Ho avuto paura della forza della mia reazione, così ho solo aggiunto: “Tutti fuori dalla cucina! Così non funziona, pulirai dopo, ora ce ne andiamo!”. Sono uscita dalla stanza e i bambini mi hanno seguita; siamo finiti nella sua stanza e ho iniziato a leggere loro qualcosa. Mi si sono avvicinati e sono venuti in braccio mentre leggevo, ho sentito il calore del loro corpo e mi sono ricordata di quanto adori coccolarli. Mentre la frustrazione scemava, mi sentivo più bendisposta verso mia figlia e le ho detto che dovevamo tornare in cucina a pulire insieme il latte. Ha acconsentito prontamente.

2) Coinvolgete gli istinti di attaccamento prima di mettervi al lavoro
I bambini piccoli possono sentirsi coinvolti solo con una persona o una cosa alla volta, per questo i loro istinti di attaccamento non sempre sono indirizzati verso l’adulto che è responsabile per loro in quel momento. Esercitare un richiamo sul bambino prima di dirgli cosa fare aiuta a mettere in risalto il fatto che l’adulto sia colui che guida e controlla la motivazione del bambino a far bene.


Le cinque pratiche fondanti di una sana disciplina
  1. Non cercare di fare progressi durante i frangenti problematici.
  2. Coinvolgere gli istinti di attaccamento prima di mettersi al lavoro.
  3. Proteggere e alimentare il desiderio del bambino di far bene.
  4. Riconoscere i propri limiti e non superarne l’ambito.
  5. Gettare un ponte su tutto ciò che rischia di dividere.


Figura X.3 Tratta dal corso di Neufeld Discipline That Doesn’t Divide
Esercitare un richiamo significa richiamare l’attenzione con fare amichevole, come descritto nel capitolo 4. È importante farlo dopo ogni separazione, dopo che il bambino ha dormito, o è stato all’asilo, o dopo che ha giocato da solo. Negli asili si usa il momento del cerchio per richiamare a sé i bambini e capire chi sta seguendo e chi invece ha bisogno di un po’ di attenzione per partecipare meglio.

Esercitare un richiamo prima di dare delle direttive sembra una cosa semplice, in realtà si perde facilmente nei ritmi serrati della vita familiare. I genitori si sentono frustrati quando i bambini non vengono se li si chiama, per esempio a cena, quando bisogna uscire la mattina o prepararsi per andare a dormire. Soprattutto quando è richiesta la collaborazione del bambino, il richiamo è un modo efficace per evitare la frustrazione e la resistenza che sopraggiungono quando i piccoli si sentono pressati e in quel momento non percepiscono la forza dell’attaccamento.

Mentre ero in un parco giochi al chiuso con le mie figlie, un’amica mi ha chiesto consiglio su come indurre il figlio ad andare via. Il piccolo di tre anni si stava divertendo moltissimo ed era sparito fra tunnel, reti e scivoli. Le ho suggerito di trovarlo e richiamarlo a sé prima di dirgli che era il momento di andare. Mi ha guardato incredula e ha detto: “Sul serio? È il consiglio migliore che hai?”. Le ho chiesto di fare un tentativo e lei si è eclissata fra reti e scale. Non erano passati cinque minuti che già faceva capolino da uno degli scivoli con il figlio dietro di lei che la guardava e ne seguiva tutte le mosse. Lo ha accompagnato a prendere il giubbino e le scarpe e senza una parola hanno salutato ed erano fuori della porta. Mi ha raccontato più tardi che lasciare il parco e altri eventi era diventato molto più facile ora che prima di tutto pensava a esercitare un richiamo sul figlio.
3) Proteggere e alimentare il desiderio del bambino di far bene
Molte delle pratiche più popolari relative alla disciplina trasmettono sfiducia nelle intenzioni del bambino e la convinzione che egli non voglia per sua natura far bene. La punizione viene impartita per modificare la mente del bambino anziché considerare il fatto che le emozioni e gli impulsi hanno spesso la meglio sulle migliori intenzioni, eclissandole. Se un bambino vede che il genitore crede in lui e nel suo tentativo di fare la cosa giusta pur commettendo degli errori, questo non solo proteggerà la relazione, ma manterrà intatta la volontà del bambino di proseguire nella giusta direzione. Verrà trasmessa fiducia nel suo desiderio di far bene, sarà come dire che è amato nonostante gli sbagli e la dignità di tutti non verrà lesa strada facendo. Come ha detto un genitore: “Mi è parso un miracolo la prima volta che ho notato che mio figlio voleva essere bravo per me. La disciplina è diventata semplice e senza intoppi, a stento necessaria.”
4) Riconoscere i propri limiti e non superarne l'ambito
 
Relazionarsi con il comportamento del bambino implica che si sappia quando si è al limite e poco ci importa di mitigare le reazioni forti. Quando è il genitore stesso a perdere la capacità di moderare i propri sentimenti, la frustrazione non sarà controbilanciata dalla premura e ne risultano minore pazienza e autocontrollo. Quando questo succede, la sfida consiste nel trovare un modo per non fare del male a nessuno. Un genitore mi chiesto: “Ho capito che il calore e l’attaccamento sono importanti per i bambini, ma a volte non mi sento affatto così; mi sento furioso, frustrato, stanco e ne ho abbastanza! Che dovrei fare?”. Ho replicato che prendersi cura di un bambino quando non si è affatto inclini a stabilire un contatto significa capire di essere giunti al limite ed evitare per il momento di avere un ruolo genitoriale attivo. Significa trovare un modo per prendersi cura di se stessi ed evitare di dire o fare cose che ferirebbero il bambino o aumenterebbero la separazione.

Spesso i genitori chiedono: “E se avessi bisogno di starmene da solo per non perdere la pazienza con i bambini?”. Il segreto è trovare un modo per prendersi una pausa senza trasmettere al bambino l’idea che non si riesce a gestirlo. Dire a un bambino che si ha bisogno di allontanarsi da lui non fa che aumentare la frustrazione e lo stato di agitazione. Tuttavia, dirgli che dovete fare il bucato, andare in bagno o a preparare una tazza di tè, oppure dirgli che tornate subito, non comunica al bambino che è una fonte di afflizione emotiva e che avete perso il desiderio di essere in sintonia con lui. Quando siete al limite, l’unica cosa responsabile è riconoscerlo, proteggere i bambini e trovare un modo per tornare di nuovo ad essere il genitore di cui hanno bisogno.
5) Gettare un ponte su tutto ciò che rischia di dividere
Ridurre le distanze è un rituale di attaccamento che aiuta a far capire che c’è ancora un desiderio di intimità quando imperversano i comportamenti tempestosi e bisogna affrontare le azioni non ammesse. Se, per esempio, un bambino colpisce gli altri, urla, o attacca verbalmente, il genitore non può condonare queste azioni, può però far capire che esiste ancora un invito ad entrare in sintonia nonostante la violazione. In altre parole, i genitori possono essere fermi sul comportamento ma morbidi sulla relazione. George, per esempio, se l’era presa perché la mamma non voleva lasciarlo ancora al parco. Scongiurava, si lamentava e alla fine le aveva dato una botta. Lei si era tenuta salda alla relazione e aveva affermato: “Le mamme non sono fatte per dare le botte!” e “So che sei frustrato e vorresti restare” mentre lui urlava gli aveva detto: “So che sei sconvolto” e aveva iniziato a incamminarsi piano verso l’auto; mentre lo metteva in macchina gli aveva detto: “Non vedo l’ora di giocare con i trenini insieme a te quando arriviamo a casa!”. Lui le aveva urlato: “Non voglio giocare con te!”, al che lei aveva replicato: “So che sei arrabbiato perché dobbiamo andar via, giocheremo più tardi!”.

Il fatto di impedire che i comportamenti problematici creino una distanza, trasmette al bambino il messaggio che non c’è nulla di sbagliato in lui - non è troppo cattivo, pestifero, fastidioso o pesante per il genitore. I suoi difetti non diventano fonte di vergogna o distacco. I fallimenti non fanno perdere al genitore la convinzione che egli sia adorabile così com’è. Gettare un ponte verso il bambino è anche un modo per assicurarsi che egli non senta di essere troppo faticoso da gestire per il genitore. Quando si accorge che il genitore continua a voler stare con lui, ha fiducia nel fatto che la relazione sia forte abbastanza per poter gestire il modo in cui lui è veramente. Ha fiducia che il genitore sappia condurlo attraverso le situazioni difficili e verso forme di relazione più civili.

I bambini sensibili sono più propensi alle forti reazioni emotive quando vengono messi di fronte ai propri problemi di comportamento. È utile dar loro spazio mentre si trasmette il desiderio di aiutarli a ridurre l’intensità del turbamento. È meglio affrontare le spiegazioni relative all’incidente dopo aver dato il tempo alla situazione di rientrare, anche 24 ore se l’incidente è grave. La mamma di George avrebbe potuto riconoscere più tardi che lui era frustrato nel dover lasciare il parco e quanto si stesse divertendo lì. Avrebbe anche potuto sollecitare qualche buona intenzione da parte del bambino su come lei avrebbe voluto andare via dal parco la prossima volta.

Tre strategie in fatto di disciplina per promuovere un sano sviluppo

1) Sollecitare le buone intenzioni
Sollecitare le buone intenzioni è una strategia che mira a far sì che il bambino sia in accordo con l’adulto e indirizzato verso un comportamento di un certo tipo. È un meraviglioso sostituto della strategia per conseguenze, che si focalizza sull’estinzione del comportamento dopo che si è manifestato. Sollecitare le intenzioni è qualcosa che deve avvenire prima che sorgano i problemi, e fa appello alla cooperazione quando il desiderio del bambino di compiacere è massimo. Come ha specificato un genitore: “Ogni volta che esco con i bambini sollecito le loro buone intenzioni perché non si allontanino e mi diano la mano. Ricordo quando ancora non lo facevo e una volta si fecero prendere da una crisi urlando a squarciagola ‘no!’ nell’atrio della città della scienza. Ora non scordo mai di rammentargli le regole di quando si esce e di assicurarmi prima di tutto la loro collaborazione. Funziona come per magia!”


Le tre strategie disciplinari che promuovono un sano sviluppo
  1. Sollecitare le buone intenzioni
    Permette di indirizzare il bambino nella direzione giusta
  2. Tirar fuori i sentimenti contrastanti
    Aiuta il bambino a trovare quegli elementi temperanti che mitigano gli impulsi problematici. 
  3. Accogliere il pianto di inutilità
    Aiuta il bambino a trovare la tristezza e la delusione che dovrebbero manifestarsi nell’incontro con ciò che non può essere cambiato.


Figura X.4 Tratta dal corso di Neufeld Discipline That Doesn’t Divide
La sollecitazione delle buone intenzioni dovrebbe funzionare se c’è una relazione abbastanza forte fra l’adulto e il bambino di 2 o 3 anni. Perché questa strategia funzioni l’attaccamento del bambino deve essere mutuato dall’appartenenza e dalla lealtà. Se non esiste attaccamento, allora questa strategia potrebbe fargli desiderare di fare l’opposto di ciò che viene chiesto a causa della controvolontà. Per controllare le buone intenzioni un genitore deve prima essere in grado di richiamare a sé il bambino. Come ha spiegato questa madre:
I miei figli hanno iniziato a chiamare la nonna “Nonnina con le gambe corte” per distinguerla dall’altra nonna. Quando lei li ha sentiti si è dispiaciuta e ha detto che non voleva ci si riferisse a lei per la sua statura. Ho chiesto ai bambini di trovare un altro nome e loro hanno detto: “Nonna con il pollice in giù!” Gli ho detto che non poteva essere una parte del corpo che non funziona bene e così hanno optato per “Nonnina dai capelli castani!”. Quando la nonna è venuta a trovarci ho sollecitato molto le loro buone intenzioni perché la chiamassero con il nuovo nome e loro hanno promesso di mettercela tutta. Quando è arrivata erano proprio in sintonia e lei è stata contenta del cambio di nome.
Sollecitare le buone intenzioni è una strategia molto efficace che aiuta il bambino a riconoscere che alla fine sarà lui a dirigere il proprio comportamento. Aiuta a prendere in mano la propria vita e a capire che si possono fare delle scelte. Naturalmente, gli impulsi e le emozioni dei bambini piccoli talvolta avranno la meglio sulle buoni intenzioni. Per questa ragione, è importante sostenere l’intenzione - “Ce l’hai messa davvero tutta ad ascoltare!” - anziché focalizzarsi sul successo della messa in atto.
2) Tirare fuori i sentimenti eterogenei
Un bambino piccolo non è in grado di provare sentimenti e avere pensieri eterogenei, come abbiamo visto nel capitolo 2, per questo le sue azioni sono impulsive, egocentriche e sconsiderate. Se lo sviluppo procede bene, può iniziare a manifestare la capacità di provare sentimenti e pensieri molteplici fra i 4 e i 5 anni, offrendo così il destro a una strategia efficace dal punto di vista della disciplina. Il tentativo del genitore può essere quello di far funzionare la molteplicità dei sentimenti lontano dagli incidenti, durante le successive spiegazioni. Una madre, per esempio, aveva passato una serie di serate faticose con la figlia che rifiutava di lavarsi i denti. Dopo aver evitato lo scontro e aver trovato dei modi per ridurre la resistenza, aveva iniziato a lavorare sull’indurre la figlia a provare sentimenti ambivalenti a proposito dell’igiene orale. Chiacchierando prima di dormire, aveva detto alla bambina: “A una parte di te non piace per niente lavarsi i denti!” e Samantha, 5 anni, aveva risposto: “Non mi piace, il dentifricio è schifoso!”; la madre le aveva quindi detto che la capiva - “Ma scommetto che c’è un’altra parte di te che non vuole farsi bucare i denti dai microbi dello zucchero!”, la piccola era rimasta in silenzio e la madre aveva cambiato argomento.

Pochi giorni dopo, Samantha strepitava che non voleva lavarsi i denti e così la mamma le aveva promesso che sarebbe arrivata in un attimo per aiutarla, ma quando era arrivata Samantha si passava con ostinazione lo spazzolino sui denti. La madre, sorpresa, le aveva chiesto: “Perché ti lavi i denti se non vuoi?” - Con la bocca piena di schiuma Samantha aveva gridato: “Perché non voglio carie!”. Quando un bambino inizia a vivere un conflitto interiore, ne segue tutto un nuovo livello di comportamenti maturi.

Dopo un incidente è utile tirar fuori i sentimenti ambivalenti e concedere al bambino una sufficiente distanza dall’evento così che non sia ostaggio della forza delle emozioni. L’obiettivo nel tirar fuori l’elemento mitigatore è quello di mettere il bambino al centro di sentimenti e pensieri conflittuali così che alla fine possa farli convivere.

Un papà ha riportato la conversazione seguente, avvenuta durante il confronto successivo a uno scontro fra la figlia e il fratellino più piccolo:
Papà: “Tuo fratello oggi ti ha dato proprio un bel graffio in faccia! So che eri molto arrabbiata con lui, perché pensi che ce l’avesse tanto con te?”
Katie: “Gli ho detto che non volevo giocare ai trenini con lui, e così mi ha graffiata!”
Papà: “Adora quei trenini, deve esserci rimasto molto male e anche tu ti sei sentita ferita; delle volte è dura avere un fratellino più piccolo, vero?”
Katie: “Sì, delle volte è cattivo!”
Papà: “C’è una parte di te che ancora desidera giocare con lui e si è dispiaciuta per quello che hai detto?”
Katie: “Sì, mi va ancora di giocare con lui e sono anche dispiaciuta!”
Quando si sollecitano sentimenti ambivalenti è importante essere in una posizione influente dopo aver richiamato a sé il bambino. Il ricordo dell’evento può essere usato per riportarlo all’esperienza e creare quel conflitto interno fra pensieri e sentimenti. Più un genitore svolge un ruolo normalizzante e fa spazio al conflitto interiore, più il bambino saprà usare questa esperienza per mitigare i sentimenti forti ogni volta che questi si presenteranno. Lavorare lontano dal momento dell’incidente si tradurrà in un migliore autocontrollo quando si ritroverà nella foga del momento.
3) Accogliere il pianto di inutilità
Ci sono volte in cui un bambino piccolo si scontra con cose che non può cambiare, come il fatto di non poter restare alzato fino a tardi, di non poter avere un altro biscotto o di dover condividere i suoi giochi. Anziché imporre conseguenze, applicare sanzioni o spaventarlo, un genitore può semplicemente dire di no, offrire conforto e accogliere le lacrime di tristezza, come visto nel capitolo 7. Ci sono volte in cui la strategia migliore è quella di far vedere tutto quello che non funzionerà, non può funzionare e non dovrebbe funzionare.

Man mano che il bambino si fa più volitivo il suo incontro con l’inutilità e il bisogno di accogliere le lacrime è probabile che si faccia più intenso. Una madre, per esempio, ha raccontato questa storia a proposito figlia di due anni:
Eravamo in spiaggia e ho messo un cappellino a mia figlia, ma continuava a toglierselo nonostante cercassi di distrarla. Allora gliel’ho rimesso e le ho detto: “No, è necessario indossare il cappello!”. Mi ha guardata e se l’è tolto di nuovo, ho detto “No!” e gliel’ho rimesso in testa. È andata avanti così per venti minuti circa, con lei che piangeva e strillava. Sono stata paziente e le ho detto che capivo la sua frustrazione ma ho deciso che era il momento giusto per accogliere le sue lacrime di tristezza per un cappello che andava indossato”.
Questi piccoli incontri con l’impossibilità sono utili nel preparare la scena ai problemi più grandi che verranno.

Quattro misure di riserva per gli immaturi

1) Assumersi la responsabilità per il bambino che si è messo nei pasticci
Quando un bambino si mette regolarmente nei guai, la strategia migliore è quella di tenerlo sotto l’occhio vigile di un adulto che si assuma la responsabilità di guidare le sue interazioni e gestire il comportamento prima che diventi un problema. Disporre, per esempio, attorno a una sabbiera dei bambini insieme a un coetaneo pieno di energia aggressiva è solo un modo perché qualcuno si faccia male. Se gli adulti sanno che si corre il rischio di un conflitto, allora la supervisione è necessaria perché i bambini possano condividere e fare a turno.

Se un bambino non conosce la cautela e mostra poca prudenza, è solo la supervisione dell’adulto che può tenerlo lontano dal pericolo. Se litiga sempre con i fratelli o con altri bambini, allora non può essere lasciato da solo. Gli adulti devono fare da contrappeso, soprattutto se si tratta di bambini emotivamente agitati e in difficoltà. Se il comportamento del piccolo non è prevedibile quando è isieme agli altri, allora è l’adulto che deve prendersi la responsabilità di tenere tutti al sicuro e di tutelare la dignità del bambino.


Quattro misure di riserva per gli immaturi
  1. Assumersi la responsabilità per il bambino che si è messo nei pasticci
  2. Ricorrere a strutture e rituali per orchestrare i comportamenti caotici
  3. Modificare le circostanze che controllano il bambino
  4. Dare agli immaturi precise istruzioni sul comportamento


Figura X.5 Tratta dal corso di Neufeld Discipline That Doesn’t Divide
2) Ricorrere a strutture e rituali per orchestrare i comportamenti caotici
I bambini piccoli sono inclini a reagire spinti dalla controvolontà, per questo la routine e ritmi prevedibili possono essere d’aiuto nell’orchestrare l’interazione con loro in momenti in cui sono più propensi ad opporre resistenza, come quando è ora di andare a dormire, di mangiare o di lavarsi. Se il bambino si abitua ai ritmi saranno necessari minori richieste e direttive per assicurare la collaborazione. La routine lo aiuta anche a orientarsi e a prevedere cosa aspettarsi ogni giorno, rendendo le transizioni più facili e meno sconvolgenti.
3) Modificare le circostanze che controllano il bambino
L’adulto non riesce a controllare un bambino che abbia perso il controllo di sé, per quanto molti non esitino a provarci. Se il bambino è agitato sul serio, spesso è meglio cambiare contesto per influire sul comportamento. Per esempio cambiare ambiente o distrarre il bambino, uscendo o giocando a qualcosa che gli piaccia. Un papà mi ha raccontato: “Ogni volta che mio figlio, molto sensibile, è stanco e scontroso diventa ingestibile. Quando fa il pazzo con me cerco di trovare qualcosa di diverso da fare, come leggere un libro di cucina per decidere un dolce da fare, suonare un po’ di musica, guardare sul computer un video buffo sugli animali, o semplicemente uscire.”
4) Dare agli immaturi precise istruzioni sul comportamento
Il bambino piccolo fatica a decifrare il contesto, perciò è spesso inconsapevole di quale sia il comportamento appropriato in certe situazioni. Gli adulti possono dare istruzioni, anche passo passo, su come agire. Esistono molti tipi di interazioni e comportamenti che possono essere diretti, incluse le buone maniere e il modo di comportarsi durante un litigio con i coetanei. La mamma di due bambini di quattro e due anni:
I miei figli sono andati a trovare i nonni e al ritorno mia suocera ha detto che erano stati cattivi con il cane. Non sono mai stati insieme a un cane perciò non hanno idea di come comportarsi. Ho spiegato loro che il cane era spaventato e che lo avrebbero dovuto trattare in modo diverso. Ho chiesto loro se pensavano di poter fare qualcosa per essere carini con lui. Il più grande ha detto: “Non gli appiccicheremo addosso gli adesivi, non lo coloreremo con i pennarelli e non ci andremo a cavallo!” Dopo aver concordato che si trattava di ottime idee ho preso uno dei loro peluche e gli ho insegnato come si fa ad accarezzare e ad essere gentili con un cane. La visita successiva è andata molto meglio.

Linee guida speciali per i conflitti tra fratelli

Quando i fratelli o i bambini piccoli litigano, agli adulti spetta il compito di ristabilire l’ordine. Ci sono diversi princìpi da tenere a mente quando si ha a che fare con i conflitti tra fratelli:
  • Assumersi il ruolo di guida nelle interazioni. I piccoli non dovrebbero essere lasciati da soli a sbrogliarsela quando entrano in conflitto. Poiché mancano della dovuta considerazione e della capacità di pensare contemporaneamente ai due aspetti della storia, è improbabile che trovino una risoluzione equa o civile alle proprie dispute. Agli adulti spetta il compito di comunicare che sono responsabili e che decideranno come trovare un modo per superare l’impasse.
  • Non assurgere a giudici. Quando un adulto prende posizione e si erge a giudice emettendo un verdetto sul conflitto, uno dei bambini la vedrà come una rottura della relazione se l’adulto non ha preso le sue parti. Oltre tutto, se un genitore non ha assistito al conflitto deve fondarsi su informazioni incomplete e prospettive che non considerano il contesto, rischiando di emettere un giudizio iniquo.
  • Essere vicini alle esperienze di ciascun bambino. Sebbene l’adulto non possa essere d’accordo con il modo in cui i bambini hanno reagito, può però far sentire che è vicino ai sentimenti di ognuno: “vedo che ti dispiace che tua sorella non voglia giocare con te!” e “vedo che ti da fastidio che tuo fratello continui a seguirti dappertutto per giocare!”. Far sentire la propria vicinanza ai sentimenti di ciascuno aiuterà a preservare la relazione e a trasmettere la sensazione che esiste una persona responsabile. Si può fare in privato con ogni bambino oppure nel mezzo del litigio, come i genitori ritengono più appropriato.
  • Non pretendere scuse che non siano sincere. Anziché pretendere che i bambini si chiedano scusa, chiedete che si scusino se sono dispiaciuti. C’è chi potrebbe aver bisogno di un’imbeccata a un certo punto: “Ora potrebbe essere il momento di chiedere scusa se ti senti dispiaciuto!”. Separare le scuse da un autentico rimorso farà più male che bene.
  • Cercare i motivi profondi se il conflitto si fa cronico e pervasivo. Quando un bambino piccolo è pieno di aggressività, è importante considerare il perché di tanta frustrazione. Talvolta si tratta di un eccesso di separazione e la frustrazione si sfoga sul soggetto più a portata di mano - un fratello. Altre volte al bambino mancano i sentimenti di premura per gli altri ed è pieno di allarme e di energia di attacco. Ripristinare i sentimenti di vulnerabilità ridurrà il conflitto tra fratelli.
Quello che gli adulti soprattutto non devono dimenticare mai in fatto di disciplina è che i bambini sanno molto di più rispetto a ciò che trapela dal loro comportamento. Hanno il desiderio di essere bravi per coloro a cui sono legati, ma l’immaturità li ostacola. La disciplina forzata e innaturale, che usa l’attaccamento per suscitare allarme e modificare il comportamento non fa che andare incontro a disastri - erode le condizioni necessarie a favorire la crescita e la maturità. Non si può far da guida a un bambino il cui cuore non ci appartenga. La buona disciplina si fa custode delle relazioni con gli adulti e della tenerezza del cuore del bambino piccolo.

Capire i piccoli
Capire i piccoli
Deborah MacNamara
Come aiutare a crescere creature imprevedibili e meravigliose da 0 a 6 anni.Un manuale di facile lettura, ricco di consigli pratici e testimonianza dirette, per aiutare i genitori a comprendere la natura dei bambini piccoli. I bambini piccoli sono fra le persone più amate, ma anche fra le più incomprese.Le loro straordinarie personalità possono rivelarsi una sfida per gli adulti, in quanto sfuggono alla logica e alla comprensione: passano dall’essere sfrontati, recalcitranti e ribelli all’illuminare la stanza con la loro gioia di vivere e le risate contagiose.Le reazioni estreme, la rabbia apocalittica, i pianti inconsolabili e le impuntature senza cedimenti sono la cifra dell’immaturità, e per quanto dovrebbe sembrare evidente che essa sia un tratto costitutivo dei piccoli e li renda persone molto diverse dagli adulti, si rivela invece fra quanto di più misconosciuto e negletto. Deborah MacNamara, allieva e collega di Gordon Neufeld, uno dei più importanti esperti dell’età evolutiva, esplora l’intenso bisogno di attaccamento del bambino, l’importanza vitale del gioco, la natura della giusta disciplina e del tipo di relazione che è in grado di proteggere la crescita delicata dell’infanzia. In Capire i piccoli si trova ciò che serve ai bambini per crescere e prosperare, ma non prima di aver capito che i loro comportamenti, talvolta sconcertanti, non sono affatto la manifestazione di un disturbo o di un deficit e neppure di una “cattiva educazione”.Non guarderete più ai vostri figli e a voi stessi nello stesso modo, e pur scoprendo quanto sia critico il ruolo di genitore e adulto, vedrete anche come, dalla giusta prospettiva, sia più facile e naturale di quanto si creda. Conosci l’autore Deborah MacNamara è counsellor clinico ed educatrice con un’esperienza ultraventennale.Membro del Neufeld Institute, affianca alla pratica di consulente una regolare attività formativa rivolta a genitori, educatori, professionisti della salute mentale e chiunque si prenda cura dei bambini.Vive a Vancouver con il marito e due figlie.