capitolo viii

Paura del distacco

La buonanotte, la separazione e l’ansia

E Max, il re di tutte le creature selvagge, si sentiva solo e voleva stare dove qualcuno lo amasse più di ogni altra cosa.

Maurice Sendak1

Non mi piace dormire!” grida Sadie, quattro anni, a metà della trafila per la buona notte: “Non è giusto - voi andate a dormire insieme e io non ho nessuno!” Emily e Dan sono stanchi delle battaglie con Sadie per portarla a letto e ogni sera si sentono presi in ostaggio. Hanno faticato tanto a seguire un rituale della buonanotte e sono stati pazienti, ma mandare a letto Sadie è diventato un incubo.

Quando ho chiesto loro di descrivermi l’evoluzione della battaglia, Emily ha detto che di solito lavora da casa la sera, lasciando a Dan la routine della buonanotte. A Sadie piace ascoltare le storie ed essere coccolata, ma non vuole che la si lasci da sola. Una sera, tutto procedeva al meglio finché Dan non si è accinto ad uscire dalla stanza e allora Sadie è saltata sul letto e gli ha chiesto di restare. Dan le ha detto: “È ora di andare a letto e tu hai bisogno di dormire, sarai stanca domani se non lo fai!”, Sadie l’ha supplicato: “No papà, ti prego resta! Non mi piace il buio!”, Dan le ha acceso la luce notturna e ha ripetuto: “Devi dormire, ho del lavoro da fare e anche la mamma!”, poi l’ha risistemata nel letto e le ha promesso di affacciarsi più tardi. Dopo cinque minuti ha sentito Sadie correre in fondo al corridoio in cerca della mamma per avere un bicchiere d’acqua; vedendola le ha detto: “Ti avevo promesso che sarei ritornato da te, adesso torna a letto, Sadie, è ora di dormire. Non puoi continuare a fare così, devi calmare questo corpicino e andare a letto!” Con grandi proteste Sadie è stata riportata a letto: “Papà, ti prego non andartene, voglio stare con te! Dov’è mamma? Voglio mamma!”. Dan ha raccontato che era talmente frustrato che le ha detto di restare a letto ed è uscito dalla stanza. Sadie ha iniziato a piangere ma sembrava ferma finché Dan non ha sentito un tonfo provenire dalla sua stanza. Si è precipitato a tirarla su e le ha detto: “Sadie, tutto bene? Che è successo? Perché sei sul pavimento?” e lei ha replicato: “Oh, papà, i peluche mi hanno buttata giù dal letto!” Esasperato, Dan ha rimesso Sadie a letto ma farla stare tranquilla è stato molto faticoso.

Emily e Dan erano disperati; mi hanno chiesto: “Cos’è che non va con lei? Cosa dovremmo fare? Siamo esausti e frustrati!”, ho risposto loro: “I bambini piccoli non amano la separazione, li mette in allarme. Quando vi allontanate dalla sua stanza lei sente la vostra assenza, il momento di andare a dormire rappresenta fino a 10 ore di lontananza in cui le sembrate irraggiungibili perché non è cosciente. Nessuno la aspetta nei suoi sogni, è tutta sola e questo la spaventa. La routine della buonanotte è come un riverbero della vostra danza di attaccamento. Il modo in cui vi separate è importante tanto quanto quello con cui la invitate a stringere un legame con voi - separazione e attaccamento sono intrecciati quando si tratta di rapporti umani.” Dan e Emily ci hanno riflettuto e poi hanno chiesto: “Bene, e allora come facciamo?”, la mia risposta è stata: “Dovete aiutarla a sentirsi tranquilla quando è ora di andare a dormire, attirando la sua attenzione sull’unione anziché sulla separazione!”

I bambini piccoli non sono fatti per la separazione

L’attaccamento è la porta attraverso cui si schiude la separazione; attaccamento e separazione sono come le due facce di una medaglia. Il contatto umano è il nostro più grande bisogno, pertanto, una separazione reale o attesa è la più forte fra le esperienze. Il momento di andare a letto, gli addii e le transizioni rappresentano una sorta di partenza ed è per questo che i bambini li vivono con fatica. Il bambino piccolo percepisce il distacco sin dall’istante in cui il cordone ombelicale viene tagliato. È nostro compito farlo crescere per diventare una creatura indipendente, sociale e separata che va a dormire, gioca da sola, frequenta la scuola e alla fine esce di casa. Non si tratta però di insegnargli a separarsi, bensì di rendergli facile la separazione. Ci lascerà andare quando sentirà che siamo stretti a lui. In altre parole, se la separazione è il problema, l’attaccamento è la soluzione.

Per i bambini piccoli il distacco è problematico perché la loro capacità di relazione non è ancora sviluppata appieno. Ci vogliono sei anni di forte sviluppo per avere la capacità di stabilire relazioni profonde, come abbiamo visto nel capitolo 4. I piccoli stanno ancora sviluppando la percezione di sé, ed è per questo che dipendono moltissimo dagli adulti che li circondano. Più il bambino è dipendente e immaturo, più difficile sarà la separazione. Non dovremmo ritorcere contro di loro il desiderio che hanno di contatto e vicinanza, piuttosto essere grati perché desiderano sempre starci accanto. Se un bambino piccolo non può stare con noi, dobbiamo assicurarci che ci sia un altro adulto capace di coltivare un forte legame con lui. Al momento di andare a dormire è necessario guidare la sua attenzione sull’attesa del prossimo contatto fra lui e noi, per ridurre il senso di separazione.

Cos’è l’ansia da separazione?

La paura è una delle emozioni più antiche, per ottimi motivi. Secondo il neuroscienziato Joseph LeDoux, il cervello è un sofisticato sistema di allarme che si attiva grazie alla paura per spingerci alla cautela2. Come un sistema di allarme, il cervello è vigile e sempre sintonizzato su ogni possibile minaccia. L’attaccamento è il nostro bisogno più urgente, pertanto, la separazione è percepita come la minaccia maggiore e può attivare una forte reazione di allarme3. I bambini piccoli, come i piccoli di tutte le altre specie di mammiferi, possiedono un pianto da separazione che è inteso a riportare il genitore accanto a sé4. Non si tratta di una risposta errata o di un problema ma è invece parte di un sistema sofisticato che ha l’intento di legare insieme adulto e bambino. Il sistema emotivo di un bambino piccolo si preoccupa di sapere se qualcuno si sta occupando di lui oppure no e quando si trova di fronte a una separazione, il suo aggrapparsi, tenersi stretto, agitarsi, disperarsi, piangere e farsi sentire, il suo essere possessivo, sono tutte azioni volte a ridurre la distanza fra lui e le figure di attaccamento. Se nessuno viene in suo aiuto in modo sistematico, si attivano difese che ottundono la sofferenza, rendendolo insensibile ad essa.
Affrontare la separazione può essere troppo per un bambino piccolo, che questa sia reale o prefigurata. Appena un bambino capisce che deve andare al nido, a letto o a casa dell’altro genitore, potrebbe avere un moto di allarme o frustrazione anticipando il momento del distacco. L’esperienza di separazione dipende dalla modalità di attaccamento e ha una natura soggettiva. Come spiegato nel capitolo 4, il bambino si lega in sequenza attraverso i sensi, la somiglianza, l’appartenenza e la lealtà, l’avere significato, l’amore e il farsi conoscere. L’ansia da separazione trae origine dalla perdita di contatto e vicinanza in una di queste sei modalità di attaccamento.

L’ansia da separazione sopraggiunge quando esiste la minaccia di non poter stare con qualcuno, di non essere come lui, di non appartenergli, di non contare, di non essere amato o di non essere conosciuto. Una mamma, per esempio, mi ha raccontato di come la figlia si allarmava quando non poteva più restare stretta a lei attraverso i sensi:
Mia figlia di notte tende a diventare profondamente ansiosa e vuole tenersi stretta a me fisicamente. Ha bisogno di sentirci o vederci per casa. Una sera, dopo che si era addormentata, ero seduta di sotto a leggere, lei si è svegliata e mi è venuta a cercare in preda all’ansia. Visto che stavo leggendo, la casa era molto silenziosa e lei ha pensato che me ne fossi andata e l’avessi lasciata. Ora leggo sempre al piano di sopra, oppure con la radio o la tv accese come rumore di fondo.
Una zia in visita al nipote di due anni cercava di stabilire con lui un contatto attraverso la somiglianza e ha notato un moto di allarme nel momento in cui faceva ceno a delle differenze esistenti fra loro:
Prendeva confidenza con me lentamente, ma accingendomi a leggergli qualcosa gli dissi: “Vedi siamo proprio uguali, ci piacciono tanto i libri!”. Mi chiese un altro libro e dopo averlo scelto mi disse: “Questo è uno dei miei preferiti!” Mi sorrideva raggiante e mi chiese cos’altro mi piacesse. A un certo punto disse: “Ti piacciono i marshmallow?”; dimentica, sul momento, della forma di attaccamento attraverso la somiglianza, risposi: “Non tanto!”. La delusione e lo sconcerto sul suo viso mi spezzarono il cuore e tornai subito a parlare di tutte le cose che ci rendevano simili, facendogli tornare il sorriso.
I bambini piccoli hanno di solito paura del buio, di essere lasciati soli o di essere dimenticati. Sono tutti aspetti che rappresentano la separazione dalle persone a cui sono più legati. Maggie, quattro anni, ha iniziato a piangere una sera, cinque minuti dopo essere stata messa a letto, gridando che voleva la mamma. Piangeva e diceva: “Mamma, ho fatto un brutto sogno, il tetto veniva strappato e mi risucchiavano su Giove e tu non potevi venirmi a prendere!”. La risposta alla paura di Maggie del viaggio spaziale non è di tipo logico bensì emotivo, rivolta alla sua ansia da separazione. Per fortuna, la mamma non si è messa a discutere a proposito di viaggi intergalattici, ma le ha detto: “So sempre dove sei e avrò cura di te!”. Quello che i piccoli hanno bisogno di sentirsi ripetere di continuo è che un adulto se li tiene stretti - soprattutto quando è il momento di andare a letto, la parte della giornata in cui è massimo il senso di distacco.

Esistono molte potenziali fonti di distacco nella vita di un bambino piccolo, come la nascita di un fratellino, il lavoro dei genitori, la scuola, i traslochi, il nido, il divorzio, l’adozione. Alcune di queste sono nascoste, come il fatto di diventare un individuo a se stante e diventare più indipendente. Nell’evolversi e nel crescere diventando creature indipendenti, l’ansia fa la sua comparsa nel momento in cui ci si accinge ad allontanarsi dalle cure parentali e a saper fare da soli. La risposta del genitore, per ridurre l’ansia, è un lavoro continuo sulla profondità dell’attaccamento e un invito costante affinché il bambino dipenda da lui.

I bambini piccoli affrontano la separazione in molti modi che possono generare ansia, pensando di non essere voluti o scelti, di non essere i preferiti o di non essere capiti. Quando si trovano di fronte a desideri non realizzabili che generano ansia, di solito serve loro aiuto per arrivare alle lacrime e trovare pace. Una delle cose più difficili da accettare è il trascorrere del tempo e l’inevitabilità della morte. I bambini potrebbero non voler diventare più grandi al compleanno, turbarsi quando cade un dente, o magari dirvi che desiderano restare piccoli per sempre, come a rinunciare al passare del tempo. Diventano anche spesso consapevoli dei problemi esistenziali e della natura finita della vita quando muore un animale domestico o un membro della famiglia allargata. Questi eventi volgono il loro sguardo all’estrema separazione e possono far sorgere domande del tipo “Anche tu morirai?” I bambini sensibili colgono subito la possibilità della separazione e per questo rischiano di sentirsi molto scossi. La mamma di una bambina sensibile di quattro anni si è accorta che la figlia era più ansiosa dopo il compleanno e dopo aver sentito che il cane del vicino era morto:
Stavo dando la buonanotte a Matilda dopo averla messa a letto e ho notato questo rigonfiamento in corrispondenza dei piedi. Quando ho sollevato le coperte ho visto che indossava le sue scarpe nuove, nere e lucide, e le ho chiesto perché, allora ha iniziato a piangere: “Oh, Mamma, adoro le mie scarpe, non voglio che i miei piedi crescano, me ne compri un altro paio quando diventano piccole?”, le ho risposto di sì e ho aggiunto che non sarebbe mai stata troppo grande da impedirmi di aver cura di lei. Matilda si è fatta molto silenziosa e poi mi ha chiesto: “Mamma, quando sarai morta, mi vorrai ancora bene dal cielo?”, sono riuscita a risponderle: “Sì, sarò sempre con te, non ci sarà mai un giorno in cui sarai lontana dal mio amore per te!”
Il modo in cui aiutiamo i nostri figli a far fronte ad alcune delle più angoscianti ineluttabili realtà della vita, come il trascorrere del tempo e la morte, è di spostare la loro attenzione sull’attaccamento. Possiamo rassicurarli che saremo sempre i loro genitori, li ameremo sempre e ci saranno sempre pensieri e sentimenti a colmare la distanza che ci separa. Quando un bambino perde qualcuno che ama, possiamo aiutarlo a restare stretto a quella persona attraverso storie, fotografie ed effetti personali.

Uno dei modi migliori per aiutare il bambino piccolo a dare un senso alle separazioni più angosciose della vita è di presentarle in modo non angoscioso. Per esempio, la natura, le piante, gli animali, le stagioni e i cicli lunari e solari rappresentano tutti il passare del tempo o il fluire ritmico della vita. La migliore preparazione alle separazioni che verranno, come perdere un nonno, è attraverso le rappresentazioni naturali della vita e della morte. Gli animali di casa sono un aiuto ovvio alla comprensione delle inevitabilità che fanno parte della vita. Una madre mi ha raccontato: “Avevo una vasca con tantissimi pesciolini delle Barbados, ma sembrava che mi dovessero morire uno dopo l’altro. I bambini erano così dispiaciuti ogni volta che un pesciolino moriva, ho trovato persino mio figlio di quattro anni in ginocchio sul pavimento che pregava perché andasse in paradiso. Dicevo loro che dovevo aver comprato tutti pesci vecchissimi e che per questo stavano morendo”.

Se dobbiamo presentare cose che potrebbero angosciare un bambino piccolo o suggerirgli che non siamo in grado di proteggerlo, come nelle esercitazioni antiterremoto o in quelle nelle scuole per la messa in sicurezza d’emergenza (quando è necessario barricarsi in un edificio per la presenza di intrusi armati. N.d.T.), il modo migliore è attraverso un approccio che non spaventi. Dategli semplici istruzioni, proprio come un assistente di volo, comunicando le informazioni essenziali per la sicurezza in modo asciutto e gentile. Non è certo il caso di aggiungere ulteriore spavento facendogli balenare davanti agli occhi l’eventualità di una eccessiva separazione; sono davvero troppo immaturi per alcune delle separazioni più angosciose della vita. La difficoltà è che i bisogni di attaccamento dei bambini piccoli sono alti, l’immaturità li rende dipendenti e vivono in un mondo che è pieno di separazioni.

L’angoscia nel bambino piccolo

I disturbi legati all’ansia e alla paura sono fra i più comuni problemi di salute mentale nei bambini di oggi5 Segnali che indicano livelli elevati di ansia possono includere crisi eccessive, evitamento di determinate situazioni o stimoli, nausea, dolori di stomaco o mal di testa, rifiuto a dormire da soli, ad andare all’asilo o al nido, e persino a parlare6. I bambini ansiosi possono avere incubi frequenti, essere molto paurosi o molto impavidi, avere fobie e ossessioni, attenzione sporadica, spasmi muscolari o tic nervosi, irrequietezza, agitazione o una risposta sopra le righe alla sorpresa o alla minaccia. È anche possibile che abbiano comportamenti compulsivi per ridurre l’ansia come succhiare, masticare, mangiarsi le unghie, attorcigliarsi i capelli, strofinarsi i genitali, mangiare o cercare di continuo conforto da un oggetto di transizione come l’orsacchiotto.
Quando i bambini piccoli sono molto in allarme può essere difficile per l’adulto capire quale sia la separazione che il bambino deve affrontare e che lo agita. Se qualcosa spaventa o fa soffrire per troppo tempo, le difese emotive del cervello possono mobilitarsi per inibire i sentimenti e le percezioni legate alla vulnerabilità. Il bambino, per esempio, potrebbe non parlare più del bullo che lo infastidisce al nido o a scuola e potrebbe anche iniziare a giocare con quella persona nonostante venga trattato male. Il bambino sarà ancora allarmato ma non saprà più perché. La vera fonte del suo stato di ansia potrebbe non essere più accessibile alla coscienza e alla consapevolezza per permettere al bambino di funzionare in un contesto allarmante. Quando le difese emotive del cervello proteggono il bambino dal vedere la vera causa del suo spavento, potrebbe dirvi che è spaventato ma senza sapervene spiegare il perché, oppure inventando un motivo. In breve, essere ansiosi significa essere spaventati ma anche ciechi di fronte alla causa del nostro allarme; l’obiettivo non è di cambiare i pensieri del bambino o i suoi sentimenti di paura, bensì di considerare dove sia l’origine della separazione e lavorare per cambiare il contesto ambientale in cui vive o tirare fuori le sue lacrime dove è necessario. I bambini piccoli non dovrebbero essere responsabili del riuscire a sentirsi al sicuro, né del mantenere la vulnerabilità del proprio cuore, questo compito spetta agli adulti.

Sono molti i modi in cui oggi la separazione può affliggere un bambino e determinare livelli crescenti di ansia e di allarme. Alcuni dei più comuni hanno a che fare con una cronica anticipazione della separazione e con l’uso di sistemi disciplinari fondati sulla separazione. I bambini alfa e orientati ai coetanei possono anche manifestare alti livelli di ansia, come abbiamo visto nei capitoli 4 e 5.
1) Anticipazione cronica della separazione
I bambini piccoli devono far fronte a livelli mai visti prima di separazione dalle persone a cui sono legati, non solo perché i loro genitori magari lavorano fuori casa, ma per via dell’aumento dei tassi di divorzio, della mobilità geografica, e della mancanza di accesso a una famiglia allargata. Hanno anche più probabilità di essere iscritti a programmi di apprendimento e attività strutturate sin da molto piccoli, sottratti così agli attaccamenti più stretti in un’età in cui i loro bisogni relazionali sono altissimi7.
Quando vogliamo capire se un bambino sta affrontando livelli cronici di separazione, le domande da porsi sono:
  1. Quanta separazione, nel complesso, deve affrontare rispetto agli attaccamenti più stretti?
  2. Chi si prende cura del bambino? Il bambino ha sviluppato un attaccamento con questa o queste persone? E se è così, come?
  3. Il bambino riceve cure costanti che comprendono un generoso invito a creare un legame affettivo con gli adulti che si occupano di lui?
  4. Qual è la capacità, dal punto di vista evolutivo, che il bambino ha di tenersi stretto al genitore quando questi non c’è?
  5. Quanto è sensibile il bambino e quanto è difficile per lui la separazione?
Un bambino di cinque anni che si leghi ai genitori con la modalità dell’amore è capace di una separazione maggiore rispetto al neonato che stabilisce un attaccamento attraverso i sensi. Il neonato avrà bisogno di cure costanti e generose da parte di un adulto dedito a sviluppare un profondo attaccamento. Come fa un genitore a fare questo nel suo contesto di vita? Può condividere questa responsabilità con un sostituto che provveda agli stessi bisogni?

Ciò che è innegabile è che ogni famiglia si trova ad affrontare sfide proprie con diversi livelli di sostegno e risorse, e perciò compiendo scelte diverse quando si tratta di decidere a proposito di accudimento, lavoro e organizzazione della propria vita familiare. Molti genitori devono condividere il compito di allevare i figli con altri adulti; in generale hanno bisogno di coltivare un vero e proprio villaggio di attaccamenti in cui farli crescere; ne parleremo in seguito a proposito dell’argomento relativo al creare un ponte e favorire incontri come strumento per gestire l’ansia da separazione.
2) L’uso della disciplina fondata sulla separazione
L’uso della disciplina che si fonda sulla separazione, come i time-out8, i castighi, la privazione delle cose a cui il bambino tiene, o il distacco emotivo da un adulto, erode l’attaccamento e può portare a un aumento dell’ansia da separazione. Se un bambino si aspetta di sperimentare la separazione a causa del suo comportamento, questo potrebbe determinare insicurezza perché sa che il suo bisogno di contatto e vicinanza non sarà garantito. I genitori spesso minacciano o inscenano la separazione quando al parco i figli sono riluttanti o rifiutano di andar via. Dicono magari al bambino frasi come: “Allora ciao, ti lascio al parco se non vieni con me subito!”, cosa che li spaventa e li spinge correndo dal genitore. L’uso continuo di metodi disciplinari basati sulla separazione rischia di sovraccaricare il sistema d’allarme del bambino e di fargli erigere difese per attutire la sofferenza.
Alicia e Stephen sono venuti da me per il figlio di cinque anni che aveva crisi continue a casa e a scuola, non dormiva bene, era in costante agitazione e aveva problemi di attenzione. Seth infrangeva tutte le regole all’asilo e finiva spesso dal preside, ma diceva alla maestra: “Non me ne importa niente!”. La maestra cercava di usare un cartellone con degli adesivi per ricompensarlo ogni volta che si fosse comportato bene, ma a lui non importava niente degli adesivi. Valutando le fonti di separazione nella vita di Seth, era evidente che un certo tipo di disciplina fosse la fonte maggiore, con l’uso prevalente di time-out e sottrazione emotiva da parte dell’adulto e abuso di conseguenze. Seth aveva perso molte delle cose a cui era legato, dalla bicicletta al pallone, la sua attività preferita. L’uso frequente di una disciplina fondata sulla separazione aveva eroso la relazione con i genitori e aveva portato a un aumento dell’ansia e della frustrazione. Più lui manifestava ansia e frustrazione, più punizioni riceveva, alimentando il problema di separazione.

Quando i genitori di Seth hanno smesso di utilizzare questo tipo di disciplina, lo hanno richiamato a sé e hanno dato spazio all’espressione delle sue emozioni, il bambino ha iniziato a versare molte lacrime. Il pianto ha continuato per qualche tempo e la sua ricerca dei genitori è aumentata mentre diminuiva la sua resistenza alle loro direttive. Quando a Seth è stato detto che non sarebbe più stato messo in castigo né, per punizione, gli sarebbero state sottratte le sue cose preferite, immediatamente è andato a prendere dei bigliettini adesivi. Su ciascun biglietto ha scritto il suo nome e li ha posizionati sui suoi oggetti preferiti in giro per casa. Il suo cervello aveva ricevuto il messaggio che ora era abbastanza al sicuro per stabilire di nuovo un legame con le cose e le persone. Ci è voluto tempo e pazienza per ristabilire una relazione con Seth, ma mentre i genitori si impegnavano in questo, lui iniziava a sentirsi tranquillo e sicuro con loro, a giocare da solo e ad ascoltare la maestra, oltre ad essere meno agitato. Alternative disciplinari alla separazione saranno discusse nel capitolo 10.

Come usare l’attaccamento per gestire l’ansia da separazione

La risposta a un eccesso di separazione è rivolgere l’attenzione del bambino verso il suo antidoto: L’attaccamento. Dobbiamo comunicare che ci teniamo stretti a lui così che possa sentirsi tranquillo e affidarsi alle nostre cure. Possiamo farlo in modi diversi:1) riducendo la separazione, 2) gettando un ponte sulle distanze, 3) facilitando l’incontro con altri adulti e 4) riducendo l’ansia grazie al pianto e coltivando la resilienza.
1) Ridurre la separazione
Quando un bambino deve sopportare troppa separazione è importante cercare modi per ridurla sia dal punto di vista fisico, sia psicologico. Se ce n’è motivo si può ridurre il tempo trascorso al nido, all’asilo o al kindergarten. Si possono poi tagliare le attività non essenziali che non favoriscono una relazione con il bambino o che persino interferiscano in tal senso, come le attività strutturate e gli appuntamenti di gioco con i coetanei. I genitori possono pensare a come invitarlo alla dipendenza, magari aiutandolo a vestirsi, condividendo con lui un passatempo o andando insieme a fare una gita. Preferire una disciplina che non si fondi sulla separazione ma favorisca l’attaccamento e la crescita è anch’esso un imperativo. Se l’attaccamento è poco sviluppato con un adulto importante nella vita del bambino, per esempio nel caso di un bambino di cinque anni che esprima l’attaccamento attraverso la somiglianza (che è appropriata fra 1 e 2 anni), allora approfondire questa relazione aiuterà anche a ridurre la separazione. Quando un bambino è in allarme, è necessario che un adulto faccia spazio ai suoi sentimenti e si prenda cura di lui, per esempio standogli accanto finché non si addormenta o stando vicino a lui quando sono a casa insieme. Chiunque sia responsabile del bambino dovrà avere un forte atteggiamento alfa decifrando i bisogni del bambino e prendendo l’iniziativa per soddisfarli.
2) Colmare le distanze
Gettare un ponte per ridurre la distanza è un rituale che orienta l’attenzione del bambino sul restare uniti. Anziché focalizzarsi sulla separazione, il bambino è incoraggiato ad aggrapparsi a qualcosa che rappresenti l’attaccamento con le persone più care. Quando creiamo un ponte, stiamo aiutando il bambino a concentrarsi su ciò che resta invariato e costituisce un legame a dispetto di ciò che in quel momento minaccia di dividerlo da noi. Si possono sempre ridurre le distanze ogni volta che si prospetti una separazione, che si tratti di andare a dormire, a scuola, dividersi fra due case o dover far fronte a problemi comportamentali. Il ponte funzionerà nel ridurre lo stato di allarme solo quando il bambino ha la giusta relazione con l’adulto di riferimento. Se l’ansia e l’agitazione dipendono dall’orientamento ai coetanei o da problemi alfa, ricondurre il bambino nella giusta relazione è la prima cosa di cui occuparsi.

Gettare un ponte implica che si dia al bambino qualcosa di tangibile a cui tenersi stretto durante la separazione, oltre a dirigere l’attenzione sul prossimo punto di contatto. Una mamma, per esempio, ha dato al figlio di quattro anni una sua fotografia in una custodia di plastica da mettere nella tasca di dietro. Gli ha detto che se avesse sentito la sua mancanza all’asilo, lei sarebbe stata nella sua tasca. Un giorno tornando da scuola le ha raccontato: “Mamma, avevo tanta nostalgia oggi, così ti ho tirato fuori dalla tasca e ti ho dato un bacio!”. Un’altra mamma ha dato alla figlia un medaglione con la foto di tutta la famiglia e ha detto alla bambina: “Se ti dovessimo mancare, nel tuo medaglione c’è una scorta infinita di baci e abbracci!” La mamma misurava ogni giorno quanta nostalgia di casa avesse avuto la figlia chiedendole di quanti baci e abbracci aveva avuto bisogno.

Talvolta al nido e all’asilo si appendono in classe fotografie dei familiari, così le persone amate sono lontane appena uno sguardo. I bigliettini nel portapranzo rappresentano anch’essi un ponte. Al momento di separarsi, l’ansia può essere ridotta concentrandosi sul ricongiungimento e su ciò che si farà insieme: “Quando vengo a prenderti andiamo a casa a fare qualche lavoretto insieme!”

Se un genitore deve allontanarsi per lavoro, per viaggi o per un divorzio, ci sono diversi modi per aiutare il bambino a restargli vicino. Una mamma ha detto: “Ogni volta che i bambini dovevano andare a casa del padre o in viaggio, scrivevo loro dei biglietti e li mettevo ciascuno in una busta chiusa con la data. C’era un biglietto per ogni giorno!”. Un’altra mamma ha raccontato che nei giorni difficili in cui i bambini sentivano una grande nostalgia del papà, che era al lavoro, “gli preparavamo un menù al computer, poi uscivamo a fare la spesa e compravamo tutti gli ingredienti. Quando tornava a casa per cena ognuno di noi si metteva in fila fuori della porta con un menù per accoglierlo all’entrata del ‘ristorante’”. Un altro genitore ha raccontato che quando la moglie aveva il turno di 12 ore, il figlio di tre anni aveva una nostalgia immensa, così gli diceva: “facciamo la ‘posta per mamma’ e la lasciamo nella cassetta delle lettere; poi le mandiamo un messaggio in cui le diciamo di prenderla quando torna a casa!”. Quando gli adulti aiutano i bambini a restare uniti alle persone che amano colmando le distanze, instillano anche fiducia in chi si occupa del bambino in quel momento.
Gettare un ponte sulla notte.
Una delle sfide della separazione notturna è che non ci sono adulti a cui lasciare il bambino. Il sonno e la non coscienza rappresentano la separazione più grande della giornata, senza nessuno che si occupi direttamente del piccolo. È anche un momento in cui l’ansia da separazione che si è accumulata per tutta la giornata fa la sua comparsa. Se un bambino deve far fronte a livelli cronici di separazione, al momento di andare a dormire può essere più agitato.

Quando Emily e Dan sono venuti da me per Sadie, era chiaro che alla bambina mancava la mamma per via del suoi turni di lavoro serali. Per fortuna, la madre ha spostato alcuni impegni di lavoro per rendersi più disponibile la sera; questo ha fatto diminuire il bisogno che Sadie aveva di cercarla, ha favorito un attaccamento più profondo e ha ridotto in parte l’ansia da separazione.

Emily e Dan hanno anche messo molto impegno nell’aiutare Sadie a sentire che il loro legame durava anche di notte e non la lasciavano andare. Hanno preso l’iniziativa di aiutarla a dormire e quando la bambina diceva: “Non riesco a dormire, non sono stanca!”, rispondevano: “Ci pensano mamma e papà a farti dormire, siamo qui per questo!”. Hanno cambiato atteggiamento e anziché sentirsi presi in ostaggio durante la notte hanno manifestato una maggiore generosità; anziché farle pressione perché si sbrigasse e andasse a dormire, hanno affrontato il momento della buonanotte con gioia, divertimento e calore. Si sono assunti la responsabilità di farla riposare, accendendole la lucina notturna prima che lei lo chiedesse e parlando dei programmi per il giorno dopo mentre la coccolavano, la baciavano e le strofinavano la schiena. Quando uscivano dalla sua stanza era solo per cinque minuti, tornando poi con un cuore di carta da tenere accanto al letto. Sadie adorava quei cuori e non vedeva l’ora di averne uno ogni cinque minuti, dieci minuti e così via. Quando Sadie si svegliava al mattino, trovava una montagna di cuori sul comodino che era il doppio di quando era andata a dormire. I suoi genitori le dissero che venivano a controllarla durante la notte e lei, essendo una bambina piccola, lo credeva senz’altro!
Esistono molti modi di gettare un ponte sulla notte9, come il legare lacci invisibili fra i letti o i cuori. Si possono mettere fotografie dei membri della famiglia nella stanza del bambino o lasciare un libro illustrato sotto il cuscino da leggere insieme al mattino. Si può dire al bambino che lo si incontrerà in sogno e per i più piccoli può essere d’aiuto dormire con una maglietta che ha l’odore di mamma o papà, per mantenere vivo il legame attraverso i sensi. L’obiettivo è di assumersi il ruolo guida nella danza dell’attaccamento e rivolgere lo sguardo dei piccoli ai modi in cui ci si tiene stretti a loro durante la notte.
Forse, anziché sentirsi frustrati quando i bambini piccoli protestano tutte le sere perché non vogliono andare a dormire, potremmo correre in avanti con l’immaginazione a quando non avranno più bisogno che gli rimbocchiamo le coperte o gli strofiniamo la schiena, a quando non sentiremo più i loro passetti giù per il corridoio e la loro voce che ci dice quanta paura hanno dei mostri. Potremmo forse pensare a quando infine si separeranno da noi perché saranno diventate persone indipendenti. Questo ci farà ricordare quanto è difficile stare lontani da qualcuno che si ama tanto intensamente.

Forse potremmo sfruttare la nostra tristezza nel vederli crescere troppo in fretta per aiutarci a trovare la generosità di cui hanno bisogno quando devono affrontare la notte da soli.
3) Favorire il legame con gli altri
Combinare gli incontri fa parte del rituale di attaccamento che coltiva le relazioni fra il bambino piccolo e le altre persone della sua vita. Dai fratelli ai nonni, agli operatori del nido ai i dottori, dai pubblici ufficiali agli insegnanti - dobbiamo prendere l’iniziativa e favorire le relazioni fra i nostri figli e le persone che sono nel loro villaggio di attaccamenti. Ciò di cui i bambini hanno più bisogno è sentire che esiste una matrice invisibile di adulti che li circonda con il proposito di prendersene cura.

I bambini sono creature di attaccamento e il loro istinto alla timidezza dovrebbe attivarsi se messi in contatto con persone che non conoscono - anche se collegate a loro da vincoli di varia natura. Un bambino può essere socievole e loquace a casa ma ritrarsi e stare sulle sue, restare vicino ai genitori quando si trova fra estranei. La timidezza non è un problema, sebbene sia spesso percepita come tale in contesti in cui sono più apprezzati i comportamenti estroversi. L’istinto alla timidezza ha lo scopo di tenere il bambino vicino a chi lo accudisce e prevenire la possibilità che altri possano guidarlo. Un bambino non dovrebbe sentirsi a suo agio a parlare con persone che non conosce e che non sono state autorizzare dai genitori o altri adulti di riferimento. Un papà, per esempio, mi ha raccontato:
Mia figlia di tre anni adora ballare a casa e in classe. Alla fine dell’anno c’è stata una recita a cui sono stati invitati tutti i genitori, lei si è rifiutata di ballare davanti a tutti ed è rimasta in braccio a me a guardare i suoi compagni. Le ripetevo di andare a ballare ma lei si rifiutava, non volevo farle pressione - è piuttosto sensibile - ma davvero non capivo perché non volesse danzare sapendo quanto le piaccia.
La vulnerabilità legata al doversi esibire di fronte a estranei era troppo per questa bambina sensibile e la risposta del padre è stata generosa.

L’inserimento graduale al nido e all’asilo è utile per presentare una persona nuova al bambino. Perché si formi una buona relazione con gli educatori e le maestre, facendo le presentazioni si dovrebbero sottolineare le somiglianze e fare in modo che le nuove figure di riferimento trascorrano del tempo con il bambino in una situazione in cui il piccolo ha bisogno di orientarsi. Combinare l’incontro dovrebbe servire a rivolgere l’attenzione del bambino verso l’attaccamento con un adulto come risposta all’ansia da separazione. I genitori possono sostenere le nuove relazioni dicendo cose gentili del maestro o di chi si occuperà del bambino e dando la propria benedizione all’attaccamento. La mamma di un bambino di quattro anni, per esempio, ha fatto questo racconto dell’entrata all’asilo:
Mio figlio era in ansia per l’inizio dell’asilo, così ho colto l’occasione di fargli incontrare in anticipo la maestra e di fargliela conoscere meglio. Si è portato il suo libro preferito e, dopo averli presentati, l’ho incoraggiato e leggere insieme a lei. La maestra è stata meravigliosa e gli ha detto che era anche una delle sue storie preferite. Lui poi le ha mostrato cosa aveva nello zainetto e lei era interessatissima a tutto quello che lui le diceva. È stato bellissimo guardare come entravano in contatto.


I tre passi per favorire nuove relazioni

  • Primo passo: Presentare le due parti e gettare le basi affinché si sorridano e si trasmettano il desiderio di essere uno alla presenza dell’altro.
  • Secondo passo: Preparare un contatto attirando l’attenzione su qualcosa che hanno in comune in fatto di gusti o preferenze.
  • Terzo passo: creare occasioni ricorrenti, strutture, rituali e tradizioni in cui far incontrare le due parti, come vacanze, feste, pranzi, ritrovi, passeggiate, gite, giochi e interazioni.



Figura VIII.2 Tratta dal corso di Neufeld Intensive I: making Sense of Kids
Al legarsi del bambino con gli adulti che si prendono cura di lui, come nonni o insegnanti, l’ansia da separazione dovrebbe ridursi.

Il papà di Austin, cinque anni, compiva uno sforzo particolare tutte le mattine per favorire l’incontro e la conoscenza fra il figlio e la maestra d’asilo. Esordiva dicendole che lui era un re e poi proseguiva: “Vi lascio in eredità per questo giorno quanto ho di più prezioso nel mio regno, il mio erede primogenito!”, poi metteva le mani di Austin in quelle della maestra e si rivolgeva a lui: “Tornerò a prendervi più tardi e vi condurrò al castello da vostra madre che vi attende per nutrirvi. Buona giornata figlio mio!” Austin adorava questo modo giocoso di presentarlo ogni mattina alla maestra, e la separazione era, così, meno angosciante.
4) Favorire il pianto e coltivare la resilienza
Quando i bambini piccoli devono far fronte a un’esperienza che li spaventa ma che non possono evitare, il modo migliore di procedere è aiutarli a esprimersi attraverso le lacrime. Quando sentono la nostalgia dei genitori al nido o all’asilo sono le lacrime e l’aiuto della maestra che possono farli sentire di nuovo a casa lontano da casa. Non dobbiamo dissuaderli dalle paure, bensì aiutarli a trovare un modo di esprimere ciò che non va e muoverli alla tristezza o al disappunto.

Perché un bambino trovi le lacrime per la separazione a cui la vita lo costringe, è necessario l’aiuto di un adulto capace di farlo stare nell’esperienza della mancanza finché la tristezza non faccia la sua comparsa. Questo richiede fiducia verso l’adulto, nonché tempo e pazienza perché il processo si compia. Quando ho assistito al modo in cui la maestra di mia figlia era in grado di confortare altri bambini che sentivano la nostalgia dei genitori, la sua compassione mi ha commossa. Dopo aver visto quanto fosse affettuosa e gentile ero molto più tranquilla nel lasciare mia figlia alle sue cure. Purtroppo, un’altra maestra mi ha confidato:
So quanto i bambini abbiano bisogno di piangere, ma è dura perché temo che i genitori mi giudichino e pensino che non so occuparmi dei loro figli se questi sono infelici. So che sentono la nostalgia dei genitori, ma talvolta temo che se li lasciassi piangere, non smetterebbero per tutto il giorno. So anche che se non li lascio piangere sono più frustrati e aggressivi gli uni con gli altri.
Quando dobbiamo salutare un bambino è meglio pensare nei termini di una danza in tre passi. Si tratta di dare al bambino qualcosa che faccia da ponte e a cui aggrapparsi, salutando chi si occuperà di lui e assicurandosi che lo richiami a sé, ricordando inoltre al bambino, nel momento in cui lo lasciate, quand’è che vi rivedrete. L’obiettivo è di non tormentare il bambino confinandolo in una sorta di limbo della separazione prolungando l’addio.

Allo stesso tempo, è cruciale che egli abbia un legame affettivo con chi lo prende in carico. Ci vuole tempo per coltivare delle relazioni sostitutive ed è importantissimo che l’adulto sia in grado di richiamare a sé il bambino e confortarlo. I tre passi dell’addio sono princìpi guida e non istruzioni. Sono intesi a fornire un’idea su come creare una struttura prevedibile e una routine che aiuti il piccolo a sentirsi in contatto anche quando il genitore non c’è.


I tre passi del saluto

  • Primo passo: Il genitore richiama a sé il bambino e gli dà un oggetto che faccia da ponte durante la separazione, una fotografia, un bigliettino, un portachiavi, una collana.
  • Secondo passo: Il genitore saluta chi si occuperà del bambino, con atteggiamento amichevole, così il bambino saprà che esiste una relazione fra loro, si assicurerà poi che il bambino venga richiamato a sé dall’altro adulto.
  • Terzo passo: il genitore fa sapere al bambino quand’è che si rivedranno e lo lascia salutandolo nel modo più appropriato, con un bacio o un abbraccio.



Figura VIII.3 Tratta dal corso di Neufeld Intensive I: making Sense of Kids
Gli adulti possono ridurre l’ansia che il bambino prova al momento di salutarsi trasmettendo fiducia nelle capacità del piccolo di potercela fare. Può essere utile prepararlo in anticipo e fargli sapere che potrebbe sentirsi triste per via della separazione, ma che può farcela. Molti genitori, per esempio, si sentono nervosi quando il kindergarten sta per iniziare, ma potrebbero scegliere di dire ai figli: “Oggi ti mancherò a scuola, anch’io ti penserò, so che ce la farai e non vedrò l’ora di rivederti e di ascoltare le tue avventure!” Quando il genitore va a riprendere il figlio a scuola, può far spazio all’espressione di una qualsiasi tristezza dicendo: “C’è qualcosa che ti è mancato oggi a scuola?” Nel far fronte alla separazione e versando le proprie lacrime di tristezza per la nostalgia degli affetti, un bambino sviluppa resilienza sapendo che è in grado di sopravvivere e di gestire la separazione. I bambini piccoli faticano molto a separarsi e non dovremmo mai avercela con loro per questo. Dobbiamo prendere l’iniziativa e guidarli, aiutandoli a rivolgere l’attenzione al legame ogni qual volta è possibile, aiutandoli a trovare le lacrime quando sono pieni di nostalgia.

Capire i piccoli
Capire i piccoli
Deborah MacNamara
Come aiutare a crescere creature imprevedibili e meravigliose da 0 a 6 anni.Un manuale di facile lettura, ricco di consigli pratici e testimonianza dirette, per aiutare i genitori a comprendere la natura dei bambini piccoli. I bambini piccoli sono fra le persone più amate, ma anche fra le più incomprese.Le loro straordinarie personalità possono rivelarsi una sfida per gli adulti, in quanto sfuggono alla logica e alla comprensione: passano dall’essere sfrontati, recalcitranti e ribelli all’illuminare la stanza con la loro gioia di vivere e le risate contagiose.Le reazioni estreme, la rabbia apocalittica, i pianti inconsolabili e le impuntature senza cedimenti sono la cifra dell’immaturità, e per quanto dovrebbe sembrare evidente che essa sia un tratto costitutivo dei piccoli e li renda persone molto diverse dagli adulti, si rivela invece fra quanto di più misconosciuto e negletto. Deborah MacNamara, allieva e collega di Gordon Neufeld, uno dei più importanti esperti dell’età evolutiva, esplora l’intenso bisogno di attaccamento del bambino, l’importanza vitale del gioco, la natura della giusta disciplina e del tipo di relazione che è in grado di proteggere la crescita delicata dell’infanzia. In Capire i piccoli si trova ciò che serve ai bambini per crescere e prosperare, ma non prima di aver capito che i loro comportamenti, talvolta sconcertanti, non sono affatto la manifestazione di un disturbo o di un deficit e neppure di una “cattiva educazione”.Non guarderete più ai vostri figli e a voi stessi nello stesso modo, e pur scoprendo quanto sia critico il ruolo di genitore e adulto, vedrete anche come, dalla giusta prospettiva, sia più facile e naturale di quanto si creda. Conosci l’autore Deborah MacNamara è counsellor clinico ed educatrice con un’esperienza ultraventennale.Membro del Neufeld Institute, affianca alla pratica di consulente una regolare attività formativa rivolta a genitori, educatori, professionisti della salute mentale e chiunque si prenda cura dei bambini.Vive a Vancouver con il marito e due figlie.