capitolo V

Chi è che guida?

La danza dell’attaccamento

Siam messi qui per poco a sostenere i raggi dell’amore

William Blake1

Nancy chiese la mia consulenza per i suoi gemelli di cinque anni, James e Sarah, che avevano “preso il sopravvento”. Nancy e il marito vivevano passando da un problema all’altro, “camminando sulle uova”, in attesa che la frustrazione esplodesse al minimo “no” o che la resistenza aumentasse a ogni direttiva. I bambini cercavano di disciplinare i genitori se “facevano pasticci”, con castighi e punizioni. Le carte in tavola erano del tutto cambiate, e non per mancanza di amore da parte dei genitori, o di volontà o di desiderio di fare da guida ai propri figli. I genitori erano esausti e i gemelli insaziabili; ognuno era poi teso e nervoso.

Gli amici avevano consigliato Nancy di essere più dura con i gemelli e “fargli vedere chi è che comanda”, ma il tentativo era stato controproducente e aveva portato a un’esplosione di comportamenti negativi. Un terapeuta a indirizzo comportamentista aveva dato a Nancy una tabella delle ricompense per rinforzare i comportamenti di James e Sarah quando ascoltavano e obbedivano. Al principio, la tabella dei premi aveva funzionato… finché i gemelli non la ribaltarono dicendo che avrebbero ricompensato Nancy se fosse stata una “brava mamma”. Nessuna delle strategie era stata efficace - trucchi, premi, conseguenze, punizioni e coercizioni non facevano che rivelare la sua impotenza come genitore. Nancy tentava di guidare i suoi figli con mezzi artificiosi di controllo del comportamento. Nulla sarebbe cambiato in casa finché non avesse capito perché i bambini non la seguivano. Era necessario che ristabilisse la sua posizione alfa e trasformasse gli istinti e le emozioni che guidavano il comportamento dei gemelli.

Durante il nostro primo incontro discutemmo le ragioni per cui James e Sarah erano spinti a prendere il comando, insieme alle sfide rappresentate dalla loro costante resistenza, frustrazione, ansia e atteggiamento di comando. Parlammo del fatto che i bambini la scalzassero dalla sua posizione alfa e come fosse necessario che la riconquistasse se intendeva riportare i gemelli alla pace tranquilla delle cure materne. Parlammo di cosa volesse dire essere una presenza alfa, e anche delle strategie utili a trasmettere ai gemelli il messaggio che potevano affidarsi alle sue cure di madre. Discutemmo del fatto che risposte come urlare, fare la voce grossa, mettere in castigo e “contare fino a tre” fossero misure disperate che rivelavano la sua impotenza. I bambini venivano consultati su troppe faccende, Nancy fu incoraggiata a guidarli e a leggere i bisogni dei gemelli senza fare domande. Dopo avermi confidato che aveva detto a James e Sarah che “stava cercando aiuto per imparare a prendersi cura di loro”, le suggerii di tenere nascosta la cosa e di comunicare ai bambini che già sapeva come fare.

Due settimane dopo, Nancy tornò e mi raccontò che quando era tornata a casa dal nostro primo incontro aveva trovato James e Sarah che saltavano sul letto, con il marito che urlava loro di smettere. I bambini lo ignoravano, ma quando lei mise piede nella stanza si fermò in silenzio a guardarli, con i piedi ben piantati, gli occhi dallo sguardo fermo con cui comunicava il suo ruolo di comando, e le braccia incrociate. I gemelli la guardarono e smisero di saltare, sbalorditi dal suo atteggiamento, e le dissero: “Mamma?”; lei rispose: “Pensiamo davvero che il programma della serata sia saltare sul letto?”. Dopo aver catturato la loro attenzione, aggiunse: “Stasera si legge una storia!” e si avviò per guidarli fuori dalla camera da letto. Con la coda dell’occhio vide il marito che cercava di imitare la sua posa, con le braccia incrociate e gli occhi puntati sui bambini. Lei gli chiese: “Che stai facendo?”, e lui: “Ti copio, è stato fantastico, come si chiama questa tecnica?”, Nancy rispose: “Si chiama fare la guida!” e ciò detto, portò James e Sarah a letto.

La danza gerarchica dell’attaccamento

Le relazioni fra adulti e bambini hanno bisogno di essere gerarchiche affinché si sviluppi una danza dell’attaccamento appagante - il genitore guida e il bambino segue. È una danza istintiva che non può eseguirsi a comando; si attiva quando un genitore assume l’atteggiamento del prendersi cura e crea le condizioni affinché il bambino possa dipendere e affidarsi a quelle cure. Lo scopo ultimo dell’attaccamento è di favorire la dipendenza degli immaturi da coloro che ne sono responsabili. Gli adulti devono ispirare i piccoli e invitarli alla dipendenza impadronendosi del ruolo di guida nella danza della relazione, intuendo i bisogni del bambino e soddisfacendoli con generosità. Non è mai stato previsto che le relazioni con i bambini dovessero fondarsi sull’eguaglianza e l’amicizia; piuttosto riguardano la capacità di assumersi la responsabilità di condurli verso la maturità.

I bambini non hanno solo bisogno di essere legati agli adulti, hanno anche bisogno di essere con loro nella giusta relazione. Una giusta relazione è quella in cui il bambino accetta l’adulto come colui che lo cura e lo accudisce, seguendone la guida.
Il bambino sente il bisogno di affidarsi alle cure e di trovare in esse la sua pace e la sua tranquillità, anziché dover dire all’adulto come occuparsi di lui. I gemelli di Nancy erano legati a lei ma non si trovavano nella giusta relazione con lei - cercavano di assumere loro la guida. Un padre mi chiese: “Perché il bambino segue il genitore?”, la risposta più breve è perché il genitore guida il figlio grazie a una meravigliosa combinazione di cura e assunzione di responsabilità.

Le giuste relazioni somigliano a una danza in natura, i cui passi sono guidati da spinte e istinti innati. Esistono due serie di istinti che guidano l’attaccamento: 1) istinti alfa - per assumersi la responsabilità e la cura; 2) istinti di dipendenza - per cercare e ricevere cure. Gli istinti alfa dovrebbero guidare un genitore ad assumersi la responsabilità di provvedere a un figlio, mentre gli istinti di dipendenza dovrebbero guidare un figlio a fidarsi dell’adulto che si prende cura di lui. Quando l’adulto si mette nel ruolo di colui che provvede, questo dovrebbe attivare gli istinti del bambino ad assumere il ruolo di colui che cerca. È così che l’attaccamento diventa sincrono e simile a una danza. Sia il genitore, sia il bambino dovrebbero prendere le mosse l’uno dall’altro e posizionarsi di conseguenza. Thomas, tre anni, lo ha riassunto bene quando ha detto: “Ti seguirò per sempre, papà!”

Quando un bambino si lega a un genitore tramite gli istinti di dipendenza, dovrebbe essere spinto alla fiducia verso l’adulto, a prendere da lui le mosse, farsi accudire, assecondarlo prontamente, esprimergli i propri bisogni e cercare la sua guida. Legarsi in modalità dipendente spinge naturalmente i piccoli ad assecondare le direttive dell’adulto. I genitori si lamentano quando i bambini non ascoltano e non obbediscono, come se la mancanza fosse nel figlio. Quello su cui non ci si interroga è se il bambino sia legato al genitore e sia spinto a seguirlo.

I bambini piccoli non sono fatti per obbedire a persone a cui non sono legati; è il sistema della natura per preservare il ruolo guida delle figure di attaccamento. Tuttavia, capita spesso che i bambini piccoli siano messi in situazioni in cui ci si aspetta che seguano le direttive senza una relazione preesistente; ad esempio in programmi improvvisati, con nuovi maestri o adulti di riferimento in circostanze varie, o durante appuntamenti medici o dentistici. La mamma di Sophia, cinque anni, racconta che la figlia, al parco, ha risposto male a un’altra mamma che non conosceva. Quest’ultima le aveva chiesto di fare qualcosa ma Sophia si era voltata e le aveva risposto: “Tu non sei mia madre, non puoi dirmi quello che devo fare!”. Il difetto non è in Sophia, ma nell’aspettarsi che possa prendere ordini indiscriminatamente. Di conseguenza, la prima cosa da fare quando si prende in carico un bambino piccolo è costruire una relazione che favorisca la dipendenza. Sono le giuste relazioni che aprono le orecchie e il cuore all’influenza dell’adulto, non i titoli, le lauree, i diritti legali o l’autorità che si è in grado di esercitare.

Gli istinti alfa aiutano a indirizzare l’adulto verso il ruolo di guida che gli spetta. L’attivazione di questi istinti porta con sé un senso di seria responsabilità, e di colpa se si commettono errori. Si diventa più attenti e protettivi, dando vita a risposte del tipo “mamma orsa” o “papà orso”, insieme a un profondo istinto di cura che rende possibile il sacrificio. Quando un adulto si assume il ruolo di colui che provvede, l’istinto alfa dovrebbe spingerlo a difendere il bambino, indirizzarlo, accudirlo, sentirlo proprio, fornirgli direttive, condividere i propri valori con lui. I genitori spesso dicono ai figli: “Questo è il programma della giornata” mentre si accingono a orientare, informare, e dare le direttive. Gli istinti alfa dovrebbero spingere un genitore a nascondere i propri bisogni così che il bambino piccolo non debba sentirsi responsabile delle emozioni, dello stress, della fatica e dei sacrifici dell’adulto. I piccoli non dovrebbero lavorare per prendersi cura dei genitori, bensì affidarsi alle cure e trovare in esse la loro pace e tranquillità.

In modo istintivo i bambini prestano attenzione alla gerarchia nelle relazioni perché è così che mettono ordine nel loro mondo e vi trovano il loro posto. Fiona, quattro anni, me lo ha spiegato così: “Io sono il capo della mia sorellina e mamma è il mio capo. Mamma è anche il capo di papà!”. Ciò che è importante considerare è come il bambino interpreta la gerarchia, il che non riflette per forza di cose il modo in cui la società costruisce i ruoli e l’autorità. Un insegnante, un genitore o un assistente di nido possono avere i titoli e la responsabilità che legittimano la loro posizione, ma fin quando gli istinti del bambino non li percepiranno nella posizione alfa rispetto a sé, la dipendenza non si attiverà. L’ordine gerarchico nelle relazioni umane è ciò che dà al bambino quel senso di affidabilità, stabilità e fiducia che lo farà sentire accudito.

Bambini sensibili o “orchidea” possono rappresentare una sfida maggiore quando si tratta di stabilire la giusta relazione perché dipendere da un’altra persona significa entrare in un territorio vulnerabile. Di solito sono più percettivi e ne risentono di più se l’adulto dà segni di non sapere cosa fare o di considerarli troppo difficili da gestire. Portare un bambino sensibile nella giusta relazione richiede una generosa, salda e sicura provvista di cure da parte di un adulto alfa. È importante dargli il tempo per accettare la relazione e sentirsi a proprio agio, in quanto molti bambini sensibili mal tollerano le pressioni.

Il potere segreto dell’attaccamento risiede nel modo in cui ci spinge verso la giusta relazione reciproca. È una danza gerarchica e sincrona, alimentata da entrambe le parti: più l’adulto provvede alle cure, più il bambino vi si affiderà trovando in esse la sua pace; più il bambino dipende dall’adulto, più semplice sarà accudirlo. Ciò che conta è il modo in cui la relazione viene interiorizzata e porta a un’esperienza esclusiva e personale. Quando si formano le giuste relazioni non possono essere riprodotte né si può far loro concorrenza tanto facilmente, in quanto sono appaganti per entrambe le parti.

Il bambino alfa e l’impossibilità a dipendere

Uno dei problemi di attaccamento più frequenti oggi nella prima infanzia (oltre all’orientamento ai coetanei, discusso nel capitolo 4) è quello del bambino alfa2. È un tipo di problema che si manifesta quando la naturale gerarchia dell’attaccamento si inverte; ossia quando un bambino si sposta nella posizione alfa anziché restare in una condizione di dipendenza rispetto agli adulti di riferimento. Un bambino alfa è spinto dall’istinto e dal suo stato emotivo a dominare l’adulto quando non si sente più sicuro a dipendere da chi è responsabile del suo accudimento. Anziché seguire gli adulti, assume un atteggiamento di comando, dice loro di cosa ha bisogno e come prendersi cura di lui. Anziché obbedire all’adulto, il bambino alfa si aspetta che il genitore si rimetta ai suoi desideri e richieste. Orchestra lui stesso l’interazione con gli adulti, simulando persino un’impotenza per evocare risposte di accudimento. I bambini alfa sono spinti in modo istintivo a vedersi alla guida, scalzando dal ruolo alfa i genitori.
Il problema alfa non è frutto di un apprendimento ed è inteso a servire i bisogni emotivi del bambino, poiché gli offre un’opportunità maggiore di essere accudito. Era il problema dei gemelli di Nancy, James e Sarah, che si erano spostati in posizione alfa rispetto ai genitori; il difetto non era in loro bensì nella mancanza di una giusta relazione con gli adulti. Non si fidavano più del tipo di accudimento che ricevevano a casa. Dipendere da un’altra persona significa essere vulnerabili e richiede fiducia. Per un bambino alfa la vulnerabilità della dipendenza fa troppa paura e il risultato è che il cervello si sposta d’istinto nella posizione alfa per assicurare la sopravvivenza emotiva. Il fatto è che non è possibile accudire un bambino che non dipenda da noi.

Ogni bambino alfa ha il suo modo peculiare di comportarsi, ma l’accudimento risulta sempre faticoso, se non addirittura un incubo. I genitori spesso descrivono i loro bambini alfa come insaziabili e ingestibili. Anziché seguire gli adulti, non fanno che spadroneggiare e dire loro: “Non mi comandi, ti dico io cosa fare!”. Da non confondere con quello che un bambino di tre anni potrebbe esclamare talvolta: “Non sei tu il capo!” o “faccio da solo!”. Il problema alfa sorge da una mancata dipendenza che è radicata nel profondo, la cui caratteristica è di essere di natura cronica più che fluida e variabile. Il bambino alfa è spesso considerato a torto forte e indipendente, in realtà maschera la sua disperazione. Ha perso fiducia nella capacità dei genitori di accudirlo, e così la sua risorsa istintiva è fare da solo.

Il bambino bloccato nella posizione alfa fa presto a resistere e a opporsi alle richieste che gli vengono fatte perché non gli sembra giusto seguire gli altri e dipendere da loro. Manifesta alti livelli di frustrazione perché la relazione con gli adulti non è soddisfacente, e può diventare aggressivo se le sue richieste vengono negate. La frustrazione dei gemelli di Nancy, per esempio, si riversava sulle relazioni con i coetanei, portando a conflitti e alterchi. I bambini alfa possono avere problemi legati alla paura, inclusa ansia e agitazione, perché non si sentono sicuri e accuditi. James e Sarah mostravano entrambi ansia, che influiva sulla loro capacità di prestare attenzione e interferiva con l’apprendimento scolastico. Il bambino alfa rischia di manifestare problemi alimentari perché essere nutriti attiva gli istinti alla dipendenza, verso i quali si difende. James rifiutava di cenare a tavola e Sarah ordinava alla madre di cucinare alcuni cibi ogni sera.


Caratteristiche comuni ai bambini alfa

  • Possono essere dispotici, controllori, esigenti, anche quando sono con i coetanei o con coloro da cui dovrebbero dipendere
  • Cercano di essere sempre primi o al centro dell’attenzione
  • Possono sentirsi costretti a subentrare e prendersi delle responsabilità in situazioni che non gli competono
  • Possono sentirsi spinti a mostrarsi superiori con chi è loro pari
  • Possono avere difficoltà a farsi indirizzare e a chiedere aiuto
  • Si sentono spinti a soverchiare gli altri nella comunicazione o ad avere sempre l’ultima parola, anche nella relazione con chi è loro pari o con coloro da cui dovrebbero dipendere
  • Devono essere sempre al corrente di tutto / possono agire come dei signor so tutto 



Figura V.2 Adattata dal corso di Neufeld Alpha Children
Quando sorgono problemi di questa natura, il bambino si trasforma in un cacciatore irrequieto con poca libertà di giocare e sviluppare la propria individualità. Un genitore ha descritto così la situazione:
Logan non sembra felice, è frustrato la maggior parte del tempo, non riesce a giocare da solo e vuole che io giochi con lui. Si infuria se non faccio esattamente quello che vuole e anche quando trascorro l’intera giornata con lui, si agita se ho altre cose da fare. Niente va mai bene e sembra che abbia un sacco di energia da sfogare. Anche dopo aver giocato a hockey, essere andato in bici o al parco, la sera è sempre su di giri, sembra che non si stanchi mai.
Il papà di Logan si sentiva ovviamente frustrato, la sua disperazione e stanchezza erano palpabili. Quando iniziò a capire il problema alfa che sottostava al comportamento del figlio, aumentò la sua speranza che esistesse una via d’uscita.

La sfida con i bambini alfa è che i loro problemi e le loro caratteristiche sono interpretati come gruppi distinti di tratti comportamentali, staccati dal tipo di relazione ribaltata che ne è all’origine. I genitori e i professionisti chiamati in aiuto possono farsi sviare dando battaglia ai sintomi anziché unire i punti e portare alla luce la questione alfa. Come ha esclamato uno psichiatra quando gli ho spiegato il fenomeno del bambino alfa: “E io che ho persino prescritto dei farmaci a questi bambini, io che odio prescrivere farmaci ai bambini!”. Un bambino alfa di solito appare forte e indipendente, rendendoci ciechi di fronte alla disperazione che si cela dietro i suoi atteggiamenti spavaldi. Non appare bisognoso e resiste all’aiuto offertogli dalle persone a lui più vicine. Oltre a ciò, il suo comportamento non aiuta a tirare fuori dagli adulti gli istinti alfa di accudimento, proprio per il suo carattere di ostilità. La buona notizia è che, una volta compresa la natura del problema, si possono adottare le giuste strategie per risolverlo. Quando un adulto riconquista la posizione di guida nella danza dell’attaccamento, il bambino è finalmente libero di dipendere, di trovare pace, e può riprendere a giocare e a crescere.

Perché trasformiamo i bambini in bambini alfa?

Quello che di solito non è ben compreso quando si parla di attaccamento è che sentirsi amati da un genitore non basta; il bambino ha bisogno di sentire che ci si prende cura di lui e che l’accudimento sarà duraturo. Il bambino piccolo deve sentire che c’è qualcosa di solido nel genitore, a cui appoggiarsi e su cui poter contare. Altrimenti, l’istinto potrebbe portarlo a spostarsi nella posizione alfa della relazione e a preoccuparsi di dover soddisfare i propri bisogni di attaccamento.

Ci sono ovvie ragioni del perché un bambino possa perdere fiducia negli adulti - trascuratezza e abbandono, egocentrismo o dipendenze. Tuttavia, i problemi alfa si riscontrano anche in famiglie attente e amorevoli, con genitori che si dedicano ad aiutare i piccoli affinché crescendo diventino adulti responsabili dal punto di vista sociale ed emotivo - proprio come Nancy. Cos’è che oggi contribuisce a smantellare la naturale gerarchia dell’attaccamento fra genitori e bambini?

Una delle sfide maggiori che i genitori si trovano a dover fronteggiare è la mancanza di un sostegno culturale per il loro ruolo alfa. Quando le risposte su come crescere un figlio sono contenute nei libri anziché nei genitori stessi, non li stiamo certo incoraggiando, né sostenendo e aiutando ad essere nella condizione di chi si mette alla guida e prendere le redini della relazione. Quando vi è una forte pressione a far crescere i bambini piccoli sempre più in fretta, le pratiche genitoriali vengono confinate nel regno degli sport competitivi anziché in quello dei valori fondanti come la pazienza, il prendersi tempo, la fiducia che il piano evolutivo porterà il bambino alla maturità. Quando i genitori si riducono a misurare i progressi contando il numero delle attività in cui i bambini sono impegnati, la loro destrezza con i dispositivi elettronici, o i loro risultati scolastici, la risposta alla crescita è scollata dalla relazione genitore-figlio. Se i bambini sono spinti troppo presto all’indipendenza, si sentiranno costretti a prendere il comando.

Sfortuna vuole che molte pratiche popolari di accudimento oggi contribuiscano al fenomeno alfa poiché invertono la relazione genitore-figlio. Soprattutto sette di queste lo favoriscono.
1) Le reazioni dei genitori al proprio passato
Quando il tipo di cure che un bambino riceve si basa sulle reazioni dei genitori al proprio passato, può fare poco per provvedere ai bisogni del bambino. Se, ad esempio, un genitore ha avuto un’educazione autoritaria, potrebbe reagire scegliendo di essere troppo permissivo per evitare di infliggere le stesse ferite al figlio. In questa situazione, sono i sentimenti del genitore che diventano oggetto di cure anziché il bisogno del bambino ad avere limiti e restrizioni disposti con atteggiamento amorevole e comprensivo. Oppure, se un genitore ha avuto poco sostegno da piccolo quando piangeva o era triste, potrebbe avere difficoltà ad aiutare un figlio nell’affrontare limiti e restrizioni perché queste creano degli sconvolgimenti con cui si trova a disagio. Una madre mi ha raccontato:
È difficile guardare mia figlia piangere ed essere triste quando le dico di no. Da bambina non potevo mai essere infelice per nulla. L’obiettivo era di pensare positivo e vedere il bicchiere mezzo pieno. Quando ero triste mi facevano sentire in colpa, come se ci fosse qualcosa di sbagliato in me. Lotto con questi sentimenti ogni volta che devo stabilire dei limiti e dare a mia figlia lo spazio per sentirsi frustrata, triste o sconvolta. La cosa buona è che più capisco quanto sia importante per lei, più sono in grado di farlo.
Se l’accudimento è guidato dai bisogni insoddisfatti degli adulti o è una reazione al loro passato, il rischio è che i naturali istinti alfa del genitore vengano rimossi inducendo il bambino a spostarsi nel ruolo di responsabilità.

Il rimedio per gli adulti è di aspirare alla trasparenza e alla riflessione quando si tratta delle proprie aspettative e motivazioni personali. Si può iniziare riflettendo su cosa funzioni e cosa no con i figli, sforzandosi di capire quali siano i loro bisogni, chiedendo il riscontro di un adulto quando è necessario avere una prospettiva diversa, elaborando le proprie intenzioni su come presentarsi ai figli ogni giorno.
2) Genitori a richiesta
Il genitore alfa ha un ruolo attivo nel quale coglie al volo l’opportunità di fare da guida, assumendosi la responsabilità di leggere i bisogni del bambino e provvedendo al loro generoso appagamento. Se un genitore ha un approccio passivo e si limita a soddisfare le richieste, questo non fa che mettere il bambino in una posizione di responsabilità, nel tentativo di soddisfare i suoi bisogni. Ad esempio, se un bambino dice: “Ho fame, voglio mangiare!” il genitore ha perso l’occasione di leggere il bisogno e provvedere a esso. Capita che i genitori siano troppo impegnati o esausti, o che scoprano di non essere interessati ad alcune delle responsabilità associate al loro ruolo di cura e accudimento. Ciò nondimeno, se non afferrano al volo l’opportunità di accudire e guidare, rischiano di creare le condizioni perché il bambino piccolo si sposti verso una posizione di dominanza all’interno della relazione.
3) Il genitore egualitario
I bambini piccoli rischiano di essere consultati su troppi argomenti che riguardano il loro accudimento. Domande tipo: “Cosa vuoi mangiare?”, “Vuoi andare a dormire da un amichetto?”, “Vuoi andare a trovare i nonni o preferisci uscire?”, “Quale maestra preferisci?” e “A quale scuola vuoi andare?” suggeriscono che il bambino abbia un’autorità che non dovrebbe competergli. Quando i bambini sono resi responsabili per questioni che concernono il contatto e la vicinanza con le figure di attaccamento o i modi dell’accudimento, allora significa andare a caccia di problemi alfa.

I bambini piccoli devono dare per scontato il fatto che verranno accuditi, non essere trasformati in consulenti quando si tratta dei propri bisogni. Questo non significa suggerire che un bambino piccolo non dovrebbe poter scegliere, piuttosto che queste scelte non dovrebbero riguardare i temi dell’accudimento, come il cibo, la sicurezza o il contatto e la vicinanza alle figure di attaccamento. Scelte a proposito dei pantaloni da indossare, della storia da leggere la sera o dei giocattoli con cui giocare forniscono lo spazio di manovra per esercitare e allenare la propria individualità in formazione.

I genitori di Monica, una bambina alfa di cinque anni, faticavano moltissimo. I problemi sorgevano in parte per via dell’approccio del padre, che non riusciva a dire di no e faceva troppe domande su temi legati all’accudimento. Chiesi ai genitori se la mamma potesse uscire una sera a settimana e lasciare il papà a occuparsi della figlia. Speravo che avrebbe sperimentato due cose: 1) dire no se necessario pur restando comprensivo e amorevole e 2) non fare domande sull’accudimento e fare da guida nelle interazioni durante la cena, il bagno e il momento di andare a dormire. Il papà acconsentì, felice dell’opportunità di occuparsi di Monica da solo. La prima sera, dopo due ore la mamma ricevette una telefonata disperata da Monica che le diceva: “Mamma, devi tornare a casa, non so cosa è successo a papà, mi ha detto di “no” e parla in modo buffo. Puoi tornare a casa e rimetterlo a posto?”; la mamma la rassicurò dicendole che il papà sapeva bene quel che faceva e che lei era al sicuro insieme a lui. Più la madre si faceva da parte ogni settimana, più il padre si faceva avanti e si riappropriava del proprio ruolo alfa, più i problemi di Monica diminuivano.
4) Troppa separazione
L’ansia da separazione prevale fra i bambini piccoli e riflette i loro irriducibili bisogni di attaccamento. Per quanto la separazione fisica sia parte dell’esperienza quotidiana di un bambino, troppa, o un legame che sia inaffidabile o instabile, può invertire i ruoli fra adulto e bambino. Quando un insegnante o un assistente di nido si occupano del bambino, è necessario che si sviluppi una relazione del tipo giusto per impedire che il bambino si sposti verso un atteggiamento alfa. Per quanto gli adulti considerino quello dell’insegnante un lavoro retribuito, i bambini saranno ricettivi alle cure solo se ci saranno solidi sostituti genitoriali a cui affidarsi. Gli assistenti all’infanzia mi dicono che sanno quando un bambino si sente finalmente a casa insieme a loro, ed è quando “per sbaglio” li chiama mamma o papà.

Un giorno mi chiamò una mamma in preda alla disperazione perché una maestra della materna aveva punito la figlia togliendole un medaglione che conteneva una foto di famiglia. Emma, 4 anni, era sconvolta e non voleva più andare all’asilo. Si rifiutava di chiedere aiuto alle maestre e non mangiava a pranzo né seguiva le direttive. Meno Emma obbediva, maggiori erano le punizioni e i castighi che riceveva dalle maestre, esibendo con loro un comportamento alfa. Le maestre non avevano intenzione di cambiare e non furono in grado di recuperare la relazione con Emma. Per fare progressi con il problema alfa, i genitori non ebbero altra scelta che cambiare scuola.

La storia di Emma dimostra quanto sia importante per gli adulti attivare l’istinto del bambino alla dipendenza. Questo può accadere solo quando al bambino si assicura che l’accudimento non lo esporrà al ridicolo o alla separazione da persone o cose a cui è legato. Quando i bambini vengono disciplinati in modi che fanno leva sui loro bisogni di attaccamento e creano paura da separazione per ottenere obbedienza, questo non favorisce l’instaurarsi di forti relazioni di accudimento. Nel capitolo 10 sarà dato più spazio al tema della disciplina.
5) Bullismo da parte di genitori, fratelli, coetanei o insegnanti
L’esperienza di essere feriti emotivamente o fisicamente da un adulto o da un altro bambino alimenta i problemi alfa. Se, per esempio, la maestra all’asilo non riesce a tenere a bada un bullo, ecco che la classe potrebbe essere percepita come un luogo insicuro dagli altri bambini. Se il genitore non fa da scudo e non protegge un figlio dal fratello che si comporta da bullo, la ferita maggiore non verrà dal fratello ma dal fallimento del genitore che non ha reso la casa un luogo sicuro. È la violazione del senso di protezione ad avere il maggior impatto sul bambino e a creare una sofferenza emotiva e i problemi alfa.
6) Sensibilità e vulnerabilità estreme
Alcuni bambini nascono troppo sensibili al mondo, con una esaltata percezione sensoriale che provoca sensazioni, pensieri e stimoli da cui si sentono sopraffatti. Un bambino sensibile sentirà intensamente, e oscillerà senza requie fra passione e disperazione. Le forti reazioni rischiano di schiacciare l’adulto, come si vede dalle affermazioni di alcuni genitori: “Sei troppo per me!”, “perché fai tanta scena?” e “Non so cosa fare con te!”. Simili espressioni minano la funzione di guida del genitore, lanciando il messaggio che il genitore non capisce il figlio o non sa come occuparsi di lui. I bambini sensibili hanno bisogno di forti genitori alfa, capaci di restare saldi nel loro atteggiamento di guida e di cura nonostante le tremende emozioni e le difficoltà di comportamento del bambino.
7) Esperienze o circostanze che incutono paura
Eventi o esperienze che mettono in allarme possono capovolgere la relazione suggerendo che il genitore, per quanto animato da buone intenzioni, non riesca a tenere il figlio al sicuro. Ho aiutato genitori a rimettersi alla guida dopo che i figli si erano fratturati qualche osso o avevano subìto un incidente d’auto, cure canalari, interventi chirurgici o furti, o ancora dopo la morte di qualcuno. La cosa buona è che, nel momento in cui l’adulto assume un forte atteggiamento di sicurezza nel guidare e accudire il bambino, il bambino si affida di nuovo, pur richiedendo un po’ di tempo e pazienza.

Riconquistare il bambino alfa

Se non riusciamo a vedere la radice del problema alfa in un’inversione dei ruoli di attaccamento, rischiamo di prendere di mira i sintomi di resistenza e opposizione, frustrazione o aggressione, ansia o agitazione, nonché i problemi legati all’alimentazione, in un modo che potrà esacerbare il problema alfa stesso. L’unica soluzione durevole è quella che l’adulto riconquisti il proprio ruolo guida nella danza dell’attaccamento. La sfida è rappresentata dal fatto che tutto funziona a rovescio con un bambino alfa - dà ascolto a persone con cui non ha un attaccamento e non obbedisce a chi gli è più vicino. Le persone più care sopportano il peso dei suoi peggiori comportamenti e ne restano frastornate poiché sono loro che si occupano di lui la maggior parte del tempo. I naturali istinti di cura non possono guidare il genitore con un bambino alfa, per via della mancata dipendenza di questi dal genitore. C’è poi la sfida rappresentata dal dover sentire giudizi critici sulla propria genitorialità e ricevere consigli non richiesti. Questo mette il genitore in una condizione di dipendenza, anziché aiutarlo a riguadagnare la posizione perduta. La maggior parte dei consigli non colgono la radice istintiva ed emotiva del problema alfa.

Vista la forte resistenza e opposizione del bambino alfa, insieme alla frustrazione e all’aggressività, è comune sentir dire che abbia bisogno del “pugno duro” per imparare la lezione. I problemi alfa sorgono non certo da lezioni mancate, quanto dall’assenza di fiducia nell’adulto che accudisce il bambino. Se il genitore reagisce sfruttando la dipendenza del bambino, sottraendogli cose, punendolo o spadroneggiando con lui, questo non aiuterà certo il bambino ad affidarsi nuovamente. Al contempo, un genitore non può rinunciare alle proprie richieste nei riguardi del bambino e al proprio ruolo guida in mezzo alla tempesta che entrambi attraversano. La condizione per cui un genitore può esercitare la sua guida è quella di chi esercita un ascendente con amorevole cura - l’adulto ha la responsabilità della guida e il bambino non lo percepisce come un atteggiamento che lo ferisce o lo avversa. È tramite il calore, la generosità, e la capacità di stabilire limiti mentre si affrontano gli stati emotivi forti del bambino, che un adulto può dimostrare in modo convincente di essere il meglio per un figlio. Le seguenti otto strategie possono aiutare un genitore a riconquistare il suo ruolo guida nella danza dell’attaccamento, e a prevenire la perdita di tale ruolo. Si può cercare l’aiuto di professionisti che capiscano il problema alfa, così come si può ricorrere alle risorse del Neufeld Institute, elencate in appendice al libro, incluso il corso sui bambini alfa3.
1) Trasmettere una forte presenza alfa
Una delle strategie più importanti per riportare alla dipendenza un bambino alfa è quella di guidarlo assumendocene la responsabilità e mantenendo un contegno alfa. Il che significa decidere di procedere verso un raddrizzamento della relazione, di non esporre il bambino al pericolo e di non metterlo in situazioni che ne renderebbero troppo difficile la gestione. Il genitore di un bambino alfa ha bisogno di riscoprire il proprio desiderio di prendersi cura del figlio e ristabilire un coinvolgimento partendo da lì. È possibile che il genitore non senta il desiderio di ristabilire un contatto a causa del comportamento del figlio, è tuttavia un passaggio cruciale verso lo scioglimento del problema alfa. Se un bambino con un complesso alfa vede che può confondere e sfidare l’adulto, non riporrà alcuna fiducia nelle cure che gli vengono offerte. Si farà prendere dalla frustrazione quando qualcuno non asseconderà le sue richieste, ma sentire che lui è troppo e che l’adulto ne è sopraffatto non farà che rinforzare l’atteggiamento alfa. È necessario che l’adulto trasmetta il messaggio che lui rappresenta la risposta di cui il figlio è in cerca in tema di contatto, vicinanza, cure a accudimento.
2) Fate in modo che per il bambino sia facile e sicuro dipendere da voi
Se c’è da guidare un bambino alfa, il genitore deve fare in modo che la dipendenza non sia minacciosa. Sarà difficile costruire una relazione di fiducia se l’autorità dell’adulto viene usata per forzare l’obbedienza, sottraendo cose o privilegi acquisiti. Una forma di relazione conflittuale e antagonistica, causata dall’uso di castighi, minacce e conseguenze, non farà che esacerbare l’atteggiamento di un bambino alfa. Il genitore deve manovrare attraverso la tempesta e i comportamenti difficili trasmettendo l’idea che è in grado di gestire la situazione.

La strategia chiave con un bambino alfa è di non mostrarsi spiazzati, restando ben saldi in un atteggiamento di cura e accudimento, di non ferire il piccolo nell’interazione e di non apparire passivi nelle risposte. Quando Nancy ha iniziato a evitare le battaglie con i gemelli e si è rifiutata di negoziare con loro come se fossero suoi pari, il tono dentro casa è mutato. Se, per esempio, Sarah strappava un giocattolo a James e lo colpiva, Nancy interveniva con autorità e diceva: “I fratelli non si picchiano e non si strappano i giochi, questo gioco per ora lo tengo io e più tardi parleremo, adesso facciamo qualche altra cosa!” Talvolta ritornava sull’incidente nel corso della giornata o in un momento in privato con ciascuno dei bambini. Ne riconosceva i sentimenti di rabbia e disappunto e, se i bambini si mostravano propensi, dava loro alcune direttive per gestire situazioni simili in futuro.

La maggior parte degli incidenti si affrontano meglio in un altro momento, non nell’immediato, ma qualche volta capita che la mano dell’adulto venga forzata. In queste occasioni, è necessario mantenere un atteggiamento responsabile e amorevole di tipo alfa e superare la tempesta. Una madre, per esempio, mi disse che con il figlio di tre anni e mezzo era una battaglia su tutto, ma soprattutto sul doversi mettere la giacca quando fuori faceva freddo. Decise di aspettare con calma informandolo che si sarebbero diretti al parco solo quando avesse indossato la giacca. Dominic urlò e sbraitò, ma la mamma restò calma e gli disse che sapeva che le cose sarebbero andate così. Dopo aver strepitato per un po’, il cervello di Dominic finalmente capì che la sua opposizione era inutile e che sua madre non avrebbe cambiato idea. Sebbene la madre riuscisse a far indossare la giacca a Dominic, il messaggio più importante fu che lei era la responsabile e si poteva dipendere da lei senza paura.

L’aspetto chiave nell’essere in grado di dipendere da un genitore è che quest’ultimo non deve approfittare della condizione di bisogno del figlio, della sua inferiorità, del suo essere piccolo, dei suoi timori e della sua dipendenza. Sebbene trovare un modo per superare le situazioni complicate richieda pazienza e creatività, proteggere la dignità del bambino e del genitore può portare lontano nello sforzo di raddrizzare le relazioni che si sono rovesciate.
3) Decifrare i bisogni e prendere in mano la situazione
Una delle sfide con i bambini alfa è che le loro richieste sono continue. È impossibile prendersi cura di un bambino quando è lui che dirige. L’obiettivo è quello di andare incontro ai suoi bisogni anziché alle sue richieste. Una strategia è quella di superare le richieste dando più di quanto chiede. Se, per esempio, un bambino alfa chiede che un genitore lo vesta, anziché andare incontro alla sua richiesta, si può capire il suo bisogno e surclassarlo: “Stavo giusto andando a prendere i tuoi pantaloni e i calzini perché sapevo che volevi essere aiutato. Ho anche preparato il tuo giubbino preferito!” Quando un genitore supera le richieste del figlio e ne soddisfa i bisogni sottostanti, comunica di averli capiti, che ci si può affidare a lui e che c’è lui alla guida. Le mattine di Nancy con James, per esempio, erano piene di ordini e frustrazione, perciò lei prese in mano la situazione e lo precedette. A un certo punto James le disse: “Non so cosa mi succede, di solito nella mia testa c’era questo cartello del sì e del no, e ogni volta che tu volevi da me un sì il cartello si girava sul no. Ogni volta che volevi un no, il cartello si girava sul sì. Ho paura, mamma, questo cartello sta sparendo!”. Man mano che James opponeva meno resistenza, diventava più facile prendersi cura di lui. E man mano che Nancy si sentiva un genitore più efficace, la fiducia nella sua capacità di guidare il bambino si rafforzava. Più la sua sicurezza aumentava, più James era incline a seguire, ristabilendo la giusta danza nella loro relazione.
4) Garantite un’espressione legittima agli istinti alfa
Offrire al bambino uno sfogo alla manifestazione dei suoi istinti alfa può servire a ridurre l’intensità di questi istinti nell’alveo della relazione genitore-figlio. Queste manifestazioni possono essere favorite attraverso il gioco o attività strutturate. Nancy, per esempio, fece prendere a James lezioni di pianoforte, che lui adorava. Iniziò a competere con se stesso per vedere quanto riusciva ad andare lontano e quanto in fretta. Sarah venne iscritta a karate, dove la sua competitività poteva sfogarsi grazie allo sport individuale. Nancy scoprì anche che uno dei giochi preferiti di Sarah era quello di allestire una clinica veterinaria dove lei aveva la responsabilità di salvare tutti gli animali. Sarah comandava a bacchetta i suoi impiegati immaginari e dava a tutti istruzioni su come curare gli animali feriti. Inventava situazioni in cui solo lei si rivelava in grado di risolvere i problemi. Nel gioco, Sarah poteva esprimere i suoi istinti alfa, risparmiando così a Nancy l’impatto con alcuni dei suoi ordini e comandi. Il segreto è nel trovare contesti in cui i bambini possano esercitare il loro istinto al comando senza competere con le responsabilità di accudimento del genitore.
5) Favorire le naturali relazioni di tipo gerarchico
Quando i bambini sono immersi in gerarchie naturali di attaccamento, il loro istinto a dipendere si attiva in modo appropriato in funzione di ruoli e contesti. Sarah e James, per esempio, avevano cugini più grandi che adoravano e seguivano. I loro cugini non rispondevano al loro modo di spadroneggiare ma prendevano sicuri in mano la situazione e li guidavano quando facevano attività comuni come lo sport. Anche i nonni e gli zii dei bambini furono ottimi strumenti nel raddrizzare la gerarchia dell’attaccamento, coinvolgendoli in nuovi passatempi, giocando con loro e portandoli a fare delle escursioni.

I genitori smisero di far frequentare a James e Sarah gruppi di coetanei e si concentrarono piuttosto sulla relazione con ogni singolo figlio. Iniziarono a separare James e Sarah e a trascorrere più tempo a tu per tu. Cercarono occasioni in cui i gemelli potessero stare con bambini più piccoli, per sollecitare i loro istinti alfa a manifestarsi in sani atteggiamenti di cura e accudimento. Si focalizzarono sul cambiare il contesto e immergere James e Sarah in relazioni naturalmente gerarchiche, anziché tentare di modificare il loro comportamento. Il cambio di contesto servì a far capire ai bambini il loro posto nella gerarchia e ad attivare i loro istinti alla dipendenza.
6) Assumersi la responsabilità di circostanze e decisioni
Guidare un bambino significa far capire che sapete ciò di cui ha bisogno senza doverlo consultare, assumendovi la responsabilità delle decisioni e delle situazioni che lo riguardano. Un giorno, per esempio, mentre facevano la spesa, Sarah chiese alla madre di comprarle un annaffiatoio; Nancy le disse che ci avrebbe pensato e le avrebbe fatto sapere la risposta dopo aver finito di fare la spesa. Alla fine, Nancy si rivolse a Sarah e le disse: “Ci ho pensato e ho deciso di comprarti un annaffiatoio per giocarci in giardino!”. Sarah replicò che non lo voleva più, nonostante gli occhi lucidi e il labbro tremante dimostrassero il contrario. La mamma prese in mano la situazione e disse a Sarah che lo avrebbe comprato comunque perché sapeva che più tardi le sarebbe venuta voglia di giocarci. La sfida per Sarah era che la vulnerabilità legata al fatto di dipendere dalla madre era ancora troppo per lei in quel periodo, e i suoi istinti alfa rifiutavano i tentativi della madre di prendersi cura di lei. Le azioni della madre fecero capire a Sarah che Nancy era alla guida della situazione e che lei si sarebbe potuta affidare in tutta sicurezza.

Con qualsiasi bambino si abbia a che fare è anche importante nascondere le proprie paure e i propri bisogni, soprattutto se è un bambino bloccato nel ruolo alfa. Altrimenti, scorgendo le paure e le preoccupazioni dei genitori, potrebbe spostarsi nella posizione di chi domina o si prende cura del genitore. Inoltre, raccontare a un bambino alfa le strategie o i programmi per riuscire a gestirlo, non farà che aumentare la sua resistenza. Se, per esempio, un genitore dovesse dire: “Mi fai sentire arrabbiato quando strilli e rifiuti di fare quello che ti dico!”, le urla e la resistenza è probabile che aumentino. Essere espliciti con istruzioni e direttive invita gli istinti alfa del bambino a prendere il sopravvento e mettere in atto il comportamento opposto come mezzo per asserire la propria predominanza. Richieste meno esplicite funzionano meglio, per esempio: “Chissà che tempo farà oggi mentre andiamo a scuola?” invece di “Mettiti il giubbino che andiamo a scuola!” Sebbene siano forse ben pochi i genitori che non si sentono frustrati quando i figli non obbediscono, il segreto è di non rivelare la propria impotenza.

Una delle sfide più ardue nel trattare con bambini alfa è quella di non prendere il loro comportamento sul personale e di non reagire in preda a emozioni incontrollate. I genitori rischiano di sentirsi esausti, sconvolti e disperati; talvolta stentano a credere quanto sia diventato faticoso fare il genitore e ritrovare l’amore per i figli, e magari entrano in conflitto con il partner su come uscirne. È difficile aggrapparsi alla speranza che la giusta relazione prevarrà fra i problemi di comportamento e le sfide. Un genitore ha bisogno di fare un passo indietro e di comprendere le ragioni del problema alfa, questo gli consentirà di anticipare i problemi, superarli e tenersi saldo alla visione d’insieme relativa al modo in cui sta tentando di alterare il corso degli eventi.
7) Gettate le basi per diventare la risposta che il bambino cerca
Una strategia efficace con un bambino alfa è di approfittare delle opportunità offerte dalle situazioni in cui il bambino è costretto a dipendere dal genitore, come quando gli si insegna un nuovo passatempo o si fanno delle escursioni. Molti bambini alfa rifiutano di uscire di casa perché quello è il loro “regno” o perché sono state fatte loro delle richieste dirette. A dispetto delle proteste, condurli in posti nuovi o a fare nuove attività può smuoverli dall’atteggiamento alfa, per quanto temporaneamente, e fornire al genitore un’occasione per fare da guida. I genitori spesso sottolineano quanto sia meraviglioso il loro bambino durante queste gite e come restino costernati al riapparire delle caratteristiche alfa quando si torna a casa. Ci vuole tempo per ricondurre il bambino alfa al suo posto, e i passi in avanti sono piccoli. Un esempio di questi piccoli passi è quando Nancy iniziò a portare James a caccia di rane e lui era felicissimo di passare del tempo da solo con lei e di imparare qualcosa sulle sue creature preferite. Nancy capitalizzava sulla dipendenza dei gemelli anche quando questi erano malati o in difficoltà. Mostrandosi molto sicura in questi momenti favoriva nei gemelli un senso di fiducia in lei e la sensazione di potersi affidare.

Quando Nancy scoprì il genitore alfa che era in lei, fu bello e incredibile. Venne nel mio studio dicendomi come si fosse trovata in situazioni difficili, di cui non capiva il senso e in cui aveva un disperato bisogno di capire. Nancy aveva faticato per reclamare il ruolo che le spettava nella vita di James e Sarah, riprendendosi il suo ruolo di guida - non attraverso tecniche, dovendo ricordare di continuo mantra o istruzioni, né usando lusinghe, minacce o punizioni. Quello che aveva scoperto era molto più convincente e l’avrebbe accompagnata fino a tutta l’adolescenza dei figli.

Non appena gli istinti alfa di Nancy erano venuti alla luce, si erano attivati anche gli istinti alla dipendenza dei gemelli, che li avevano spinti a orbitarle intorno. Fu una sorpresa scoprire che questi istinti erano sempre stati dentro di lei. Vedendo i successi di Nancy, anche il marito iniziò a venire da me per capire meglio i bambini e riconquistare il suo ruolo guida.

Dobbiamo trovare la strada che ci porta a una giusta relazione con i figli attraverso una danza in cui: a) ACCETTIAMO il fatto che lo SFORZO per costruire la relazione è una nostra responsabilità, b) ci ASSUMIAMO un ruolo ALFA facendo da guida e decifrando i bisogni del bambino, c) ELARGIAMO più di quanto richiesto, così che la nostra messe di cure sia più che soddisfacente per la loro sete di contatto. Reclamare un ruolo legittimo nella vita di un figlio è per il genitore motivo di grande crescita e dignità. Da quella posizione troverà la sicurezza per capire il bambino, la forza per guidarlo e il coraggio di fidarsi del valore del proprio accudimento. Quando danziamo con i nostri figli nella giusta relazione diventiamo insostituibili.

Capire i piccoli
Capire i piccoli
Deborah MacNamara
Come aiutare a crescere creature imprevedibili e meravigliose da 0 a 6 anni.Un manuale di facile lettura, ricco di consigli pratici e testimonianza dirette, per aiutare i genitori a comprendere la natura dei bambini piccoli. I bambini piccoli sono fra le persone più amate, ma anche fra le più incomprese.Le loro straordinarie personalità possono rivelarsi una sfida per gli adulti, in quanto sfuggono alla logica e alla comprensione: passano dall’essere sfrontati, recalcitranti e ribelli all’illuminare la stanza con la loro gioia di vivere e le risate contagiose.Le reazioni estreme, la rabbia apocalittica, i pianti inconsolabili e le impuntature senza cedimenti sono la cifra dell’immaturità, e per quanto dovrebbe sembrare evidente che essa sia un tratto costitutivo dei piccoli e li renda persone molto diverse dagli adulti, si rivela invece fra quanto di più misconosciuto e negletto. Deborah MacNamara, allieva e collega di Gordon Neufeld, uno dei più importanti esperti dell’età evolutiva, esplora l’intenso bisogno di attaccamento del bambino, l’importanza vitale del gioco, la natura della giusta disciplina e del tipo di relazione che è in grado di proteggere la crescita delicata dell’infanzia. In Capire i piccoli si trova ciò che serve ai bambini per crescere e prosperare, ma non prima di aver capito che i loro comportamenti, talvolta sconcertanti, non sono affatto la manifestazione di un disturbo o di un deficit e neppure di una “cattiva educazione”.Non guarderete più ai vostri figli e a voi stessi nello stesso modo, e pur scoprendo quanto sia critico il ruolo di genitore e adulto, vedrete anche come, dalla giusta prospettiva, sia più facile e naturale di quanto si creda. Conosci l’autore Deborah MacNamara è counsellor clinico ed educatrice con un’esperienza ultraventennale.Membro del Neufeld Institute, affianca alla pratica di consulente una regolare attività formativa rivolta a genitori, educatori, professionisti della salute mentale e chiunque si prenda cura dei bambini.Vive a Vancouver con il marito e due figlie.