prima parte - I

Canto per te, perché vorrei
vederti crescere felice

di Manuela Filippa

Preludio

Vorrei che un lettore conoscesse prima di tutto il motivo per cui questo libro è stato scritto. Per essere più precisi il libro è stato scritto dopo: prima è stato cantato e giocato, mille volte. Per questo i canti e i giochi proposti sono stati rimaneggiati in molte occasioni e a fatica hanno trovato una versione definitiva. Forse perché di definitivo i canti e le melodie della musica antica non hanno nulla: abituati a essere variati non se ne curano troppo, abituati a essere vissuti chiedono solo di essere rivitalizzati da voci di bambini, di nonni, di mamme e di papà.

Canto per te

Il canto rivolto al bambino è un atto spontaneo, naturale e universale, ma c’è chi lo sente subito come un proprio strumento di comunicazione e chi invece ha bisogno di un po’ di tempo per appropriarsene. C’è anche chi, pur amando la musica, non riuscirà mai a cantare per qualcuno, forse perché nessuno ha mai cantato per lui.


Ci capita spesso di sostenere una conversazione con altri adulti e di parlare rivolti ai bambini più grandi. Ma quando si tratta di rivolgersi ai bambini piccoli, ci rendiamo conto che accade qualcosa di diverso alla nostra voce: l’adulto sa per istinto che per attirare e sostenere l’attenzione del bambino, per incontrarlo davvero, deve parlare in un modo assolutamente unico, con toni di voce che non userebbe mai in altri contesti. I genitori lo sanno e, intuitivamente, rendono le proprie narrazioni più musicali, sembrano cantare: improvvisano, come veri musicisti, in quel linguaggio musicale che gli studiosi chiamano il “maternese”. Allungano le vocali alla fine della parola, usano toni più acuti e, se volessimo disegnare nell’aria i segni che questo discorso lascia, li potremmo rappresentare come slanci di colore, scoppiettanti linee che cambiano spesso direzione e si colorano di dolcezza.


E che cosa accade quando cantiamo? Perché in tutto il mondo e in tutte le epoche si canta per i propri figli? Perché è più facile per il bambino addormentarsi al canto di una ninna-nanna? E ancora, perché quando cantiamo e guardiamo negli occhi il nostro bambino, lui ci guarda rapito, immobile e sembra che il tempo smetta di scorrere nel solito modo?

Nei primi giorni di vita: la voce

Alla nascita di un bambino ci rendiamo subito conto che questo essere delicato e attento è capace di comunicare e di ascoltare. Quando una mamma lo avvicina al seno e lo chiama, lui sente la sua voce, la riconosce, la ricorda ed ecco che avviene l’incontro. Questo incontro iniziale, meraviglioso e indimenticabile, è fatto di pelle, di luci ma soprattutto di voce.


Ben presto mamma e bambino hanno bisogno l’uno dell’altro, hanno bisogno di riconoscersi anche in vesti nuove e la voce materna diventa un ponte fra il prima e il dopo, fra il dentro e il fuori. Prima era voce e tocco insieme, ritmi del cuore che si incrociano e temporalità che si sovrappongono; dopo è la rassicurazione, la consolazione, la carezza più leggera che si possa fare. Non ci meravigliamo allora che fin dai primi istanti dopo la nascita sia così sensibile ai suoni e alle voci: sappiamo bene che sa riconoscere la voce della mamma che ha ascoltato, mista agli altri suoni del suo corpo, nei mesi di gestazione. La sa distinguere da mille altre e fissa su di lei lo sguardo. Nel lungo periodo che precede la nascita altri suoni nutrono il bambino che sta crescendo: le diverse voci familiari, i suoni esterni della vita di ogni giorno.


L’inizio di una nuova vita insieme non è sempre facile e il ritrovare una temporalità condivisa richiede spesso molto tempo e pazienza da parte di tutti. Sono tanti i segnali che un genitore deve imparare a interpretare per avvicinarsi, a poco a poco, a questa nuova vita e molti di questi sono sonori.


Anche il piccolo comunica grazie alla sua voce: con il proprio pianto, incredibilmente vario e deciso e con i vocalizzi sottili che inizia a produrre, in risposta a una vostra carezza o richiamo. Ci si accorge, a volte, che alcuni suoni, richiami, vocalizzi, canti appena accennati hanno il potere di calmare il bambino: ecco che lui ci sta guidando nelle sue preferenze, nelle sue sensibilità e attenzioni.


Anche i suoi segnali gradualmente cambieranno: diminuiranno i momenti di pianto e verranno sostituiti con i primi lunghi vocalizzi e, da qui in poi, nuovi dialoghi avranno inizio.

Giochi vocali: l’inizio di un dialogo

Alcuni neonati iniziano a emettere i primi vocalizzi fin dai primi giorni di vita – sappiamo oggi che se un adulto parla al neonato prematuro lui vocalizza già a partire dalla trentaduesima settimana di età gestazionale –, altri fanno più fatica a emettere suoni.


Alcuni invece amano vocalizzare solo in determinate situazioni, particolarmente piacevoli, come durante il cambio o mentre si fa il bagnetto. Il momento del cambio del pannolino è una delle occasioni nella giornata in cui mamme e papà parlano, toccano, annusano e giocano con il bambino: di rado accade che il cambio avvenga nel silenzio, così come, fateci caso, è quasi impossibile che un genitore accarezzi suo figlio, lo guardi negli occhi o lo vesta senza parlargli. A queste parole, per lui canti e melodie, risponde a volte con gli occhi sgranati, in un ascolto che sembra totale. Rapito e immobile ascolta il suono della vostra voce, sia che gli raccontiate qualcosa o che cantiate per lui; altre volte sarà lui stesso a emettere vocalizzi, in un difficile esercizio per coordinare il respiro, con l’apertura della bocca, il palato e l’emissione del fiato. Da questo momento in poi, il bambino si eserciterà sempre con il suo primo “strumento musicale”: variando i suoni, giocando a far passare la sua voce dalla gola alle labbra, provando a emettere vocalizzi acutissimi e si divertirà a dialogare con voi, cercando di ripetere i vostri suoni, aspettando e guardandovi se state in silenzio e sollecitando una vostra risposta, quasi come in una conversazione fra adulti. Bateson l’ha chiamata proto-conversazione: è come se un “dialogo sonoro” avesse inizio prima delle parole, come se una conversazione iniziasse già prima che il bambino possieda le parole.


E questi suoni sono portatori, per il bambino, non solo di emozioni, ma anche di intenzioni, di significati: di inviti con profili melodici che salgono (ascendenti), di consolazioni con melodie che scendono (discendenti), di approvazioni (quando la voce sale e scende disegnando la forma di una campana) o di disapprovazione, quando la voce diventa più forte e i suoni più brevi e fra di loro staccati. I primi significati allora arrivano al bambino attraverso la musicalità della parola e questa memoria sonora lo accompagnerà per tutta la vita, quando da più grande vivrà giochi musicali insieme ai genitori o ai compagni e quando ascolterà la musica che gli proporrete.

Cantami ancora!
Cantami ancora!
Manuela Filippa, Elena Malaguti, Costantino Panza, Manuel Staropoli
Antiche melodie e giochi per crescere con la musica.Una raccolta di melodie antiche e giochi musicali per piccoli ascoltatori, per condividere con loro la magia della musica e del canto. Una raccolta di melodie antiche, cantate e suonate da secoli, che risuonano in noi e nei nostri bambini come il profumo dei fiori di campagna, dei sentieri conosciuti, già percorsi.Una raccolta di giochi, da fare con i propri figli, in coppia o insieme a più persone, che i nonni ci hanno tramandato.Canti e giochi con storie lontane, che il tempo ha custodito, commentati da genitori ed esperti di musica, pedagogia e pediatria, che possono aiutare i bambini e i genitori di oggi a trovare e mettere radici in questo nuovo mondo, radici vitali, gioiose, musicali.Questo e molto altro è Cantami ancora!, libro con CD allegato. Conosci l’autore Manuela Filippa, ricercatrice in psicologia e pedagogia musicale, si occupa di studi e progetti sperimentali sull’origine dell’esperienza musicale. Tiene regolarmente corsi di formazione musicale per insegnanti, educatori, operatori sanitari, genitori e bambini. È autrice di contributi, articoli, testi sulla musica e la prima infanzia. Elena Malaguti è pedagogista, psicologa e psicoterapeuta, esperta in sostegno e cura di eventi di natura traumatica, processi di resilienza e inclusione scolastica e sociale. Insegna Didattica e Pedagogia Speciale presso la Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione dell'Università di Bologna e svolge attività di consulenza e supervisione a genitori, educatori, psicologi. Costantino Panza, specialista in pediatria e neonatologia, è pediatra di famiglia, marito e padre di tre figli. Collabora con l’Associazione culturale pediatri, Nati per la Musica e UPPA. È inoltre autore di diversi articoli scientifici e di divulgazione. Manuel Staropoli si occupa principalmente di Musica Antica eseguita su originali o copie di strumenti risalenti a Rinascimento e Barocco. Ha al suo attivo una notevole attività concertistica e tiene numerosi seminari e masterclass. Attualmente è docente di Flauto Dolce presso il Conservatorio “N. Piccinni” di Bari, e di Flauto Traversiere presso il Conservatorio “A. Pedrollo” di Vicenza.