CAPITOLO IV

Una mamma e un papà per due

Sono felice di avere due bambini e di imparare da loro. La gioia che viene dall’averli insieme è ben più della della somma della gioia che viene da ciascuno di essi.

Valentina, mamma di Margherita, 4 anni, Iago, 2 mesi

Per me ogni giorno è fantastico! Vedere gli occhi di Alessandro illuminarsi quando arriva Francesco, dà senso alle mie giornate.

Ivana, mamma di Francesco, 9 anni, Alessandro, 11 mesi


Quando nasce il primo figlio, nascono anche una mamma e un papà. Quando in famiglia arriva un secondo bimbo, mamma e papà sono già genitori, non c’è più l’inesperienza della prima volta e anche tanti dubbi pratici sono superati. I gesti legati all’accudimento di un bebè dal cambio del pannolino, al bagnetto, alle poppate sono ormai noti, ma le emozioni… sono tutte nuove! Cosa si prova quando si stringe tra le braccia questo “nuovo” bambino? Cosa vuol dire essere una mamma e un papà per due?

Le emozioni della mamma

Ogni nascita, ogni figlio, regala alla sua mamma emozioni uniche e irripetibili. Il fatto di essere una mamma già esperta, permette alla donna di vivere la seconda nascita con più fiducia in se stessa e quindi con meno dubbi e incertezze. Certo, ogni bambino è diverso e può avere un temperamento e dei bisogni differenti dal fratello maggiore, quindi è necessario un periodo di “rodaggio”, per conoscere e capire il proprio piccino e entrare in sintonia con lui, ma di base c’è una maggior sicurezza. La mamma che è riuscita una volta, con il primogenito, a interpretare i bisogni del suo bambino, sa di poterci riuscire di nuovo. Forse anche per questo, perché le ansie sono minori (o assenti), molte mamme hanno avuto l’impressione di godersi di più il secondo bebè. Questa maggior sicurezza favorisce spesso anche il buon avvio dell’allattamento: sono numerose le mamme che con il primo figlio non erano riuscite a superare le difficoltà iniziali (per mancanza di informazioni e/o sostegno o comunque perché la situazione era sembrata loro troppo complicata da gestire), che hanno allattato felicemente il secondo bambino.


E il timore di non poter amare il nuovo bebè come il primogenito? Le mamme assicurano che una volta abbracciato il loro piccino, questo timore è svanito come neve al sole. Il cuore di una mamma può dilatarsi all’infinito, non solo c’è amore per tutti, ma questo amore cresce a dismisura, alimentato da sguardi, sorrisi, abbracci…

Una doppia dose di amore e tenerezza

Che meraviglia stringere al cuore il proprio bambino. Che emozione immensa quando ci sorride, quando ci chiama mamma, quando è felice per il semplice fatto che noi siamo vicini a lui. Per la mamma di due bimbi, tutta questa gioia, questa tenerezza, questa consapevolezza di essere importante (tanto importante) per qualcuno… raddoppiano! Ora, le creature che ci amano con tutto il cuore, sono due.


Già era un dono grande, un privilegio, essere la mamma di un bambino; ora siamo la mamma di due bambini. Abbiamo tanto di cui essere felici, vero?

Un puerperio di emozioni forti

Il puerperio è un periodo di emozioni intense: c’è l’innamoramento per il bebè che è nato, ci sono l’orgoglio e la tenerezza per il fratello maggiore, ma ci sono anche la stanchezza e lo scombussolamento legato al particolare assetto ormonale del post parto.


In alcuni casi, la bismamma può sperimentare un bisogno molto intenso di dedicarsi al neonato, coccolarlo, ritagliarsi del tempo solo per lui, e restare sorpresa dall’intensità di questa esigenza.


Quando è nata Adele, Maria aveva tre anni e mezzo. Avevo tante belle idee in testa: una volta nata la piccola, Maria mi avrebbe aiutato a massaggiarla e cambiarla e io non avrei esitato a lasciare la piccola ai nonni per dedicare qualche ora solo alla maggiore. Non avevo fatto i conti, però, con quell’incredibile marea di emozioni che ti sommerge dopo il parto. Maria, naturalmente, non aveva perso la sua voglia di giocare e di avere le attenzioni della sua mamma. Io invece avevo una gran voglia di stare con la piccola e quando Maria si addormentava ero felice di potermi coccolare Adele in santa pace. Poi mi sentivo in colpa, ma era così forte il bisogno di stare con la piccola, che ero quasi felice di poter stare sola con lei. Mi chiedevo perché non me l’avesse detto nessuno che poteva succedere… Ero l’unica? Ma poi ho chiesto a chi ci era già passato, era capitato a tante altre. Allora mi sono rimboccata le maniche, ho chiesto aiuto a nonni e al papà e abbiamo ristabilito l’equilibrio. Mi sono infilata Adele nella fascia e avevo finalmente la mani libere per potermi prendere cura della maggiore. Maria è stata davvero paziente e da vera sorellina maggiore è stata di sostegno anche a me!

Ora Adele adora la sorella, la chiama in continuazione (ia, ia!) e anche Maria è serena. Certo a volta un po’ di gelosia c’è ancora… del resto la mamma è una sola!

Manuela, mamma di Maria, 4 anni, Adele, 16 mesi

Sensi di colpa, no grazie!

A volte la mamma ha l’impressione di non riuscire a dedicare a ogni bimbo abbastanza attenzioni. Ed ecco che i sensi di colpa sono in agguato… In realtà una mamma per due è una mamma che fa del suo meglio e ha nel cuore tantissimo amore per entrambi i figli. E questa, davvero, è la cosa più importante per i suoi bambini!


Un’impresa da “mission impossible” riuscire a non togliere niente a Elena e niente ad Aurora. Mi sentivo in colpa anche verso la più piccolina, per non poterle dare tutte le attenzioni che avevo riservato alla sorella. E poi c’è il tempo che non ti basta, la difficoltà di gestire contemporaneamente entrambe cercando di soddisfarne le esigenze e di non impazzire mentre fai l’equilibrista. Ma soprattutto, devo dire, a distanza di due mesi dalla nascita di Aurora, c’è la gioia di aiutarci a crescere a vicenda e di sapere che tra non molto saranno l’una il sostegno dell’altra, l’una la compagna dell’altra, l’una – forse – il modello dell’altra.

Oriana, mamma di Elena, 3 anni, Aurora, 3 mesi

Se la mamma è in difficoltà

Quando nasce un bimbo nella mente e nel cuore della mamma si smuovono emozioni, ricordi, timori, speranze. Qualche volta, la felicità che porta con sé una nuova nascita è offuscata da sensazioni impreviste, difficili da accettare e metabolizzare. A volte la mamma non è serena. Laddove tutti si aspettano da parte sua solo gioia ed entusiasmo, lei sente di non stare affatto bene. Può capitare quando nasce il primo bambino, può capitare quando nasce il secondo.


Se il bimbo in arrivo è il secondo, le difficoltà materne possono riguardare il rapporto con il primogenito, come racconta questa mamma nella sua toccante testimonianza:


Trovo che molte volte si parli dell’arrivo del fratellino come di una faccenda che riguarda l’emotività del grande che ama/odia, attacca/abbraccia il piccolo, e la fatica della madre e dei genitori nel gestire la situazione.


Poco ci si concentra sugli stati d’animo della mamma rispetto a quei due (o più) bambini dopo l’arrivo del secondogenito o del terzogenito. E di quanto il nuovo assetto “a tre” rischi di risultare inaspettato e sconvolgente – da un punto di vista emotivo – per la mamma. Quando si ha un solo figlio si è concentrati unicamente su di lui: lo si ama in modo totale, esclusivo. Poi arriva il secondo e…


La mia esperienza so non essere comune a tutte – o a molte mamme – e quindi non voglio parlare per le altre mie colleghe. Ma voglio raccontare quello che è successo di “brutto” e amaro a me, come l’arrivo del fratellino abbia sconvolto me prima ancora che mio figlio grande.


Abbracciato Edoardo, tanto piccolo lui e – rispetto al passato – più consapevole io di cosa avesse bisogno e di come stare con lui, dimenticai tutto il resto. Esclusi è il termine esatto. Da quel preciso istante ero la mamma di Edoardo, volevo essere solo la mamma di Edoardo, tanto che la vista del mio primo bambino mi infastidì sin dalla prima visita in ospedale, quando il mio povero quattrenne chiedeva di entrare nel letto con me perché gli mancava la sua mamma…


E dopo il rientro a casa le cose non sono andate molto meglio, anzi… Non so (o meglio, non sapevo) spiegarmi cosa mi succedesse, fatto sta che il mio “rifiuto” nei confronti di Riccardo si esprimeva con un vero e proprio dismorfismo verso di lui, che mi appariva enorme, e brutto…


Posso giustificarmi in mille modi, razionalizzando con l’effettiva solitudine nella gestione di entrambi, l’immancabile stanchezza che una mamma appena rientrata a casa prova senza poter trovare un briciolo di posa tra la gestione di un bimbo appena nato e le esigenze di un altro con una vita sociale e familiare strutturata, tra asilo e uscite. In verità le cose erano ben diverse. Mi sentivo come tagliata a metà: infinitamente disponibile e presente per il piccolino, e infinitamente lontana e respingente nei confronti del grande.

Mi piange il cuore (e gli occhi) a rivangare e metter su carta tutto questo, perché per superare quello stato ho dovuto riprendere un lavoro su me stessa, che avevo interrotto anni prima, nel terrore di procurare danni seri al mio primo bambino.


Oggi? Posso autoassolvermi guardando, con il giusto distacco che il tempo regala, la madre di allora come una donna alla quale forse veniva chiesto troppo, e che probabilmente si chiedeva troppo. Cresciuta con un modello di amore esclusivo che, guarda caso, escludeva proprio lei…


Ora Riccardo e suo fratello trascorrono le giornate tra liti e abbracci come penso tutti i fratelli. Ma sono anche il miglior compagno di giochi l’uno dell’altro: protettivo il grande, adorante il piccolo. Ma quando vedo una mamma alle prese con un bimbo appena nato e uno più grandicello subito chiedo: “E lei come sta?”

Beatrice, mamma di Riccardo, 9 anni, Edoardo 5 anni


Il suggerimento quando la mamma sente di essere in difficoltà è di non tenersi tutto dentro, ma di confidare il proprio disagio alle persone che le vogliono bene. Può trattarsi del partner, di un parente, di un’amica fidata, ma quando non si sta bene è davvero necessario trovare la forza di parlare, raccontare, esprimere i propri sentimenti. Parlarne è il primo passo che permette di prendere atto del problema e allo stesso tempo di iniziare a elaborare la situazione e pian piano risolverla.


Anche la condivisione da mamma a mamma, se la donna ha la possibilità di frequentare gli incontri organizzati dal consultorio e/o da gruppi e associazioni di genitori che operano sul territorio, rappresenta un’opportunità preziosa.

Qualunque problema, una volta condiviso, diventa meno pesante. A volte dal confronto con altri genitori emerge che certe difficoltà sono comuni, o comunque non così rare come si credeva.


Infine, quando la mamma si rende conto di non star bene con se stessa o con i suoi bimbi, è importante che non esiti a chiedere aiuto.


In alcuni casi esperienze che fanno parte del passato e devono ancora essere elaborate possono intralciare il nostro cammino e quello dei nostri bambini, offuscando la gioia del presente. Soffrire non ha senso quando confrontarsi con una figura esperta potrebbe aiutarci a ritrovare la serenità!

Diventare padre per la seconda volta

Cosa significa per un uomo diventare padre per la seconda volta? Come per la mamma, la maggior competenza e la confidenza ormai acquisita con il ruolo genitoriale regalano una maggior sicurezza in se stessi.


Parecchi padri raccontano che mentre la prima volta si sono sentiti un po’ esclusi dall’intensa simbiosi che si crea tra mamma e bambino, con il secondo figlio sono riusciti a ritagliarsi uno spazio più definito, un ruolo più attivo. Da una parte il papà si sente più capace e sicuro, dall’altra i bambini da accudire sono due e il coinvolgimento del padre diventa ancor più necessario. Ecco perché uomini che hanno vissuto la prima paternità restando un po’ al margine (pur amando moltissimo il proprio bambino), sono “sbocciati”, si sono realizzati pienamente nel loro essere papà, alla nascita del secondo figlio.


Il momento della nascita è sempre magico. Il dopo-nascita è stato ed è decisamente più difficile rispetto a quando c’era solamente Emma. Adesso ogni cosa fatta insieme a loro è totalizzante, non c’è un attimo di respiro. Senza l’aiuto di nonni o baby sitter (perché non ce lo possiamo permettere) si arriva a sera veramente stanchi. In alcuni momenti è dura, ma credo che tutto sommato ce la caviamo bene. Nei primi tempi mi sono occupato molto di più della figlia più grande, cercando di aiutarla nell’accettazione di questo nuovo essere in camera sua, per cui la seconda è stata molto più tempo con la mamma.


Ci siamo divisi i momenti delle nanne: io insieme alla più grande con canzone e storia della buonanotte, lei con la più piccola. Questo per i primi tempi. Io con Annalisa ho cambiato pochissimi pannolini, un po’ mi è dispiaciuto non potermi dedicare a lei come avevo fatto con Emma, ma adesso stiamo recuperando terreno.

Gioele, papà di Emma, 3 anni, Annalisa, 1 anno


Con il primo figlio io ero molto imbranato. Gli volevo bene, naturalmente, ma ero contento che di tanti aspetti (allattamento, pannolini, nanna) si occupasse di più mia moglie. Ora i bambini sono due e il mio aiuto è diventato davvero necessario, così sono diventato piuttosto abile anche nell’accudire il piccolo. Riesco persino a farlo addormentare (non sempre). Con Ettore invece, appena piangeva, preferivo che lo prendesse mia moglie.

Franco, papà di Ettore, 4 anni, Eros, 3 mesi

Primi tempi: la fatica

Nelle prime settimane di vita, il neonato ha molto bisogno della mamma con cui è stato un tutt’uno per nove mesi. Venuto al mondo, precipitato in questa realtà nuova e sconosciuta, il bambino ricerca le sensazioni di benessere sperimentate nel grembo materno: ecco perché tra le braccia della mamma, ritrovati il suo profumo, la sua voce, il battito rassicurante del suo cuore, il pianto del neonato si placa, la sua esigenza di contatto e contenimento è accolta e soddisfatta. Il bambino ha bisogno di questa vicinanza per sentirsi al sicuro, per sentirsi integro e protetto.


E accanto al nuovo nato, c’è un fratellino maggiore che ha bisogno della mamma e del papà, per sentirsi rassicurato, considerato, amato.


Conciliare le esigenze di tutta la famiglia si può, ma ovviamente nei primi tempi, quando mamma e bimbi devono prendere il ritmo, la stanchezza può essere tanta! In questa situazione è importante darsi tempo e ricordarsi che si tratta di una fase passeggera; in genere serve qualche settimana perché la famiglia trovi nuovi equilibri e la fatica dei primi tempi diventi pian piano solo un ricordo.


All’inizio è stato un po’ complicato questo nuovo menage… Ero stanca, stressata, un po’ di depressione, visto che anche stavolta me la sono dovuta cavare da sola, ma piano piano, abbiamo ritrovato gli equilibri. Alessio non ha mai mostrato segni di gelosia o perlomeno mai qualcosa di eclatante o particolare. Ora adora il fratellino e lo intrattiene volentieri quando piagnucola perché ha fame e ci vuole qualche minuto per preparare il biberon o la pappa.

Dora, mamma di Alessio, 4 anni, Andrea, 6 mesi


L’orario peggiore della giornata è tra le 6 e le 9 di sera. Il grande torna da scuola e vorrebbe mille attenzioni, la piccola ha sofferto di coliche e verso quell’ora è spesso nervosa e vuole stare in braccio, le nonne e le amiche in quel momento della giornata non ci sono mai, il papà torna tardi dal lavoro e tu devi preparare la cena… Ecco ci sono delle volte che vorrei mollare tutto e andarmi a fare un aperitivo. È tutta una questione di organizzazione, lo so benissimo… ma come è dura!

Michela, mamma Elio, quasi 4 anni, Eva 5 mesi


Io pensavo peggio. Mi aspettavo che i primi tempi con due bimbi piccoli sarebbero stati una grande baraonda e mi immaginavo distrutta dalla fatica. E invece no! Ci siamo trovati bene da subito: il piccolino al seno e in fascia, addosso alla mamma stava molto tranquillo, Alice accanto a me per giocare, chiacchierare, raccontare fiabe… Dato che Francesco è nato in primavera abbiamo trascorso tanto tempo fuori casa, passeggiando (con il piccolo in fascia e Alice per mano), giocando al parco… Ho dei ricordi bellissimi di quel periodo.

Clara, mamma di Alice, 3 anni, Francesco, 6 mesi

Stanchezza? Parliamone!

Una mamma stanca dopo una nottata di risvegli frequenti può non aver voglia di giocare ai soldatini, di uscire per andare al parco, di cucinare un piatto elaborato. Cosa fare in questi casi? Diciamolo al nostro primogenito, con semplicità e schiettezza. Per un bimbo non è un problema se la mamma spiega di essere stanca perché ha dormito poco e allora proprio non se la sente, non ce la fa, a fare quel gioco che piacerebbe al primogenito. Se ai bambini spieghiamo le nostre motivazioni, in genere sono pronti ad accoglierle e sono pronti anche ad accettare le alternative che la mamma propone (“Anziché giocare a nascondino, ci mettiamo qui seduti a fare un puzzle?”, oppure “Tu mi prepari un bel disegno e io ti guardo colorare qui seduta sul divano?” e ancora “Il risotto allo zafferano lo facciamo preparare stasera da papà e noi oggi pranziamo con gli spaghetti che ti piacciono?”). In questo modo non facciamo un torto al primogenito, ma lo aiutiamo a sviluppare doti quali l’empatia e la disponibilità che un domani faranno di lui un adulto sensibile e gentile.


Ovviamente i nostri non saranno tutti “no” (stiamo pur sempre parlando di un bambino!) ma non sottovalutiamo il desiderio di collaborare e la gentilezza dei più piccoli.


A volte il primogenito non ha richieste particolari, ma la mamma è di cattivo umore a causa della stanchezza. Anche in questo caso esprimere il proprio stato d’animo si può, sarà anche un modo per rassicurare il bambino del fatto che il viso scuro della mamma non dipenda da lui o da qualche sua azione.


Se i genitori hanno l’abitudine di esprimere i propri sentimenti e spiegare al bimbo quello che provano (quando sono stanchi, nervosi, tristi o felici), il piccolo impara a comprendere le reazioni e gli stati d’animo delle altre persone. Questo lo aiuta a immedesimarsi e a tenere in considerazione le emozioni altrui, e allo stesso tempo, lo incoraggia a dare voce a sua volta alle proprie sensazioni.

Un aiuto in casa

I pavimenti da lavare, i panni da stirare, il pranzo da preparare e due bambini che hanno bisogno di attenzioni. Cosa fare?

Il suggerimento è quello che viene dato anche quando nasce il primo bebè: nei primi tempi successivi al parto, farsi aiutare! Se si può, delegare faccende e commissioni a nonne, zie, amiche disponibili.

Se questa soluzione non fosse praticabile, la mamma potrebbe prendere in considerazione l’idea di rivolgersi a una persona che si occupi delle faccende domestiche per alcune ore alla settimana? Se anche questa strada non è percorribile, non resta che ottimizzare le risorse facendo il minimo indispensabile e chiudendo un occhio (magari due) sul disordine e le faccende da sbrigare. Quando si è stanchi è importante stabilire delle priorità: il benessere di mamma e bimbi è al primo posto!


Per alleviare la fatica…

  • Riposare il più possibile… quando possibile! Se il primogenito è piccino forse si potrà fare un sonnellino tutti insieme dopo pranzo. Se la mamma non dorme, potrà comunque sdraiarsi e rilassarsi un po’.
  • Chiedere aiuto per la gestione delle faccende domestiche, delegare, chiudere un occhio se la casa è disordinata.
  • Se a mamma e bimbo piace, la fascia, il mei tai o il marsupio, rappresentano un’ottima soluzione per garantire al piccolo contatto e rassicurazione e avere le mani libere per giocare, passeggiare, coccolare il primogenito.


COCCOLE PER CHI COCCOLA

Quando nasce un bimbo, la mamma accudisce, nutre, protegge. È la fonte primaria del benessere psicofisico del suo piccino, a cui garantisce latte, vicinanza e amore. Ma per vivere bene il periodo del post parto, anche la mamma ha bisogno di coccole!


Un’esigenza che si ripropone quando nasce il secondo figlio e la mamma si prende cura di due bambini. Se la donna può contare sull’aiuto pratico e sull’incoraggiamento del partner, dei nonni, dei parenti, sarà una mamma meno stanca e più serena.


Ma cosa vuol dire coccolare una mamma? Vuol dire prepararle un bel pranzetto, fare la lavatrice, tenere i bimbi mentre lei fa un bagno caldo o un sonnellino. Ma significa anche sottolineare quanto è brava a fare la mamma, dimostrarle la propria ammirazione e il proprio sostegno.


Un po’ il contrario di quello che spesso succede alle neomamme che vedono messe in dubbio le proprie capacità di nutrire al meglio il neonato (“Ma sei sicura di avere latte?”) e messo in discussione il loro modo di accudire il bebè (“Lo tieni sempre in braccio? Così lo vizi!”, “Cosa? Lo allatti nel lettone? Non si fa!”, ecc.). Tanti, troppi consigli non richiesti, e commenti legati per lo più a vecchi luoghi comuni privi di fondamento scientifico che rischiano di creare dubbi alla neomamma e che, in ogni caso, sicuramente non le rallegrano la giornata.


E allora… massimo appoggio alle mamme e massimo rispetto per le loro scelte. Le mamme sanno e possono, ma a volte hanno bisogno di un po’ di incoraggiamento per fidarsi di se stesse, del proprio intuito e delle proprie competenze.

Il papà, un ruolo prezioso

Il partner è la prima persona che può sostenere, aiutare, coccolare la mamma1.


Un tempo c’erano le donne della famiglia allargata, mamme, nonne, zie, che collaboravano alla gestione dei bambini. Nelle prime settimane successive al parto si prendevano cura della neomamma, vietandole qualunque sforzo e permettendole così di riposare e dedicarsi al suo bambino. Solitamente c’era anche qualcuno che badava al bambino più grande, o comunque il primogenito giocava con i cuginetti o gli altri bimbi del vicinato. Oggi tutto questo è perduto, ed ecco che nella nostra società, necessariamente, la figura del padre acquista nuove valenze.


L’uomo è chiamato a una nuova sfida, quella di essere presente, collaborando attivamente per il benessere della compagna e dei loro bambini. E quando si parla di collaborazione ci si riferisce agli aspetti pratici della gestione della casa e dell’accudimento dei figli, ma – come abbiamo detto – anche agli aspetti emotivi, perché… dove c’è un papà che sottolinea la bravura e la competenza della compagna, c’è una mamma più contenta!

Quando nasce il secondo bambino, il ruolo del papà diventa forse ancora più importante: è lui infatti che aiuta il primogenito a scoprire i lati positivi del fatto di essere un fratello maggiore coinvolgendolo in attività “da grandi”, ed è sempre lui, occupandosi del bebè, che permette alla mamma di ritagliarsi dei momenti da dedicare in esclusiva al primogenito.

Il papà è stato ed è tuttora una presenza importante. Lui e Arianna hanno imparato a fare tante cose assieme e il loro rapporto si è arricchito con l’arrivo del fratello. Per esempio, da quando ero agli sgoccioli della gravidanza è il papà che la prepara per dormire, le legge la storia e le fa compagnia nel letto per l’addormentamento.

Ilaria, mamma di Arianna, 3 anni, Ettore, 6 mesi


Il pomeriggio del mio primo giorno a casa si è svolto così: Sara in preda a una crisi inconsolabile che piangendo a dirotto mi diceva: “Vai via, vai via…”, ma mi teneva ben stretta per una gamba, la neonata Ghaia che si comportava da neonata, io che piangevo disperata per la reazione di Sara e per il noto trambusto ormonale che segue al parto… Dopo una mezz’ora di tutto questo c’è stato il provvidenziale intervento di mio marito che ha stabilizzato la situazione.

Arianna, mamma di Sara, 3 anni, Ghaia, 17 mesi


Eleonora da indipendentissima che era è diventata mammosissima, non faceva un passo senza di me e voleva solo me! Intanto la sorella era ad alta richiesta, non dormiva, ce l’avevo sempre addosso e ciucciava sempre! Piano piano abbiamo trovato nuovi equilibri e lei si è riappacificata con il papà che è diventato il suo punto di riferimento.

Gemma, mamma di Eleonora, 6 anni, Manuela, 4 anni, Gabriele, 6 mesi

I nonni, validi alleati

Nonni e parenti disponibili possono aiutare la famiglia in molti modi. Possono dare una mano nella gestione delle faccende domestiche, possono preparare un pasto caldo per mamma e bimbi, possono accompagnare il primogenito al parco, mentre la mamma accudisce il piccolino (e se il bebè dorme, ne approfitta per riposare a sua volta!).


Ma un altro modo prezioso per dare una mano è occuparsi del piccolino, ad esempio, cullandolo o portandolo a fare una breve passeggiata dopo la poppata, affinché la mamma possa dedicare qualche momento di attenzione al primogenito. Non servono tempi lunghi, bastano una decina di minuti per scambiarsi tante coccole o fare qualcosa insieme da soli, mamma e figlio maggiore. O ancora, per fargli una sorpresa e andare a prenderlo alla scuola dell’infanzia, anziché farlo tornare a casa con il pulmino.


Io ho avuto due bimbi a distanza di ventidue mesi e devo dire che è stata durissima soprattutto all’inizio, quando il grande reclamava le mie attenzioni, voleva stare sempre in braccio e non dormiva mai (forse aveva paura di essere abbandonato se si lasciava andare al sonno profondo) e la piccolina voleva sempre stare attaccata al seno giustamente, di giorno e di notte!

Il papà c’è ed è molto dolce, adora i suoi figli ed è un vero e proprio mammo, ma è fuori casa a lavorare per la maggior parte della giornata.


Ora mi sembra di iniziare a respirare un pochino e posso dire che la fase più dura è passata. Ma sono sicura che, senza mia mamma che ancora mi coccola e mi accudisce amorevolmente, sarei crollata!

Tiziana, mamma di Mattia, 3 anni, Emma, 1 anno

Mamma e primogenito: qualche momento in esclusiva

È bello stare tutti insieme, mamma e fratellini, ma è anche bello, qualche volta, avere la mamma tutta per sé. Ecco perché può essere una buona idea approfittare della presenza del papà o di eventuali parenti e amici giunti in visita, per affidare loro il bebè e riservare qualche momento in esclusiva al fratello maggiore. E se non ci sono parenti e amici disponibili? La mamma potrà sfruttare i momenti in cui il piccino dorme per dedicarsi al primogenito e regalargli un surplus di coccole e attenzioni.


Quando il piccolo dorme, cerco di dedicare a Camilla dei momenti esclusivamente suoi per fare insieme quello che vuole lei: a volte una torta, a volte un cartone abbracciate sul divano, a volte un disegno.

Roberta, mamma di Camilla, 4 anni e mezzo, Federico, 3 mesi


Da qualche tempo, da quando Ettore resiste di più in compagnia del papà senza di me, cerco di ritagliarmi dei momenti esclusivi per Arianna, per farle il bagno o andare a prendere un gelato o al parco dietro casa. Una mezz’ora di tempo da dedicare solo a noi due, che lei apprezza moltissimo.

Ilaria, mamma di Arianna, 3 anni, Ettore, 6 mesi

LATTE PER IL PICCOLO, COCCOLE PER IL MAGGIORE

Alice è contenta quando Nino beve il latte, perché lei e la mamma si siedono vicine e fanno delle belle cose insieme.

da Alice sorella maggiore2

Secondo un detto popolare, l’amore non si divide ma si moltiplica. Una massima sicuramente valida quando si parla di amore materno, per cui non si deve temere che la nascita di un secondo figlio possa privare di qualcosa, in termini di affetto e sentimenti, il primogenito. È anche vero, però, che quando si ha un neonato da accudire e un altro bimbo, comunque piccolo, che ha bisogno di attenzioni, quello che può scarseggiare è il tempo.


Nel primo periodo successivo alla nascita, le poppate al seno, che sono numerose e frequenti, possono essere sfruttate per riservare un’attenzione speciale anche al primogenito. Come? Predisponendo un angolo allattamento per tre, che comprenda una postazione confortevole (divano, letto matrimoniale, pavimento con tappeti e cuscini morbidi) per nutrire al seno comodamente e intanto dedicarsi al fratello maggiore raccontandogli una favola, leggendo i suoi libretti preferiti, facendo insieme un puzzle o giocando con la plastilina. Se il bambino ama disegnare si potrà preparare una bella scorta di fogli bianchi o album da colorare o, ancora, si potrà scegliere di guardare insieme un cartone animato. In questo modo, una situazione che avrebbe potuto far sentire il primogenito un po’ escluso, si trasforma in una preziosa opportunità per dedicarsi insieme a lui alle sue attività preferite.


Infine, questi momenti potranno offrire l’occasione per una coccola, per stare insieme abbracciati, per un surplus di carezze…


E se il fratello maggiore è più grandicello, mentre la mamma allatta, potranno fare due chiacchiere, raccontarsi la propria giornata a casa e alla scuola dell’infanzia o alla scuola primaria, svolgere i compiti a casa.

Per me il momento più critico è stato senza dubbio quello dell’allattamento, Angela sfogava la sua aggressività contro Leonardo e dovevo fare l’acrobata per “parare i colpi” e permettere a lui di mangiare. Poi ho trovato un rimedio: non ha funzionato al 100% eh, però ha riportato una notevole tranquillità nel momento dell’allattamento. Ho costruito per Angela un cuscino d’allattamento da usare con le sue bambole, così invece di scatenarsi su di me e sul fratellino, allattava anche lei…

Alessandra, mamma di Angela, 3 anni, Leonardo, un anno


Per le poppate abbiamo inventato alcuni giochi, così io allatto Riccardo e intanto gioco con Lorenzo. Ad esempio, fingiamo di girare il mondo in macchina e di incontrate vari animali. W la fantasia!

Roberta, mamma di Lorenzo, 2 anni e mezzo, e Riccardo, 3 mesi


Mentre allattavo Elena leggevo un sacco di libri a Federico oppure giocavamo al cagnolino: io gli lanciavo un oggetto e lui doveva correre a prenderlo e riportarmelo.

Valentina, mamma di Federico, 3 anni, Elena, 10 mesi


A lui il latte, a me la storia!

Intrattenere il fratellino mentre la mamma allatta, perché non si annoi, non si senta escluso, e non combini pasticci per richiamare l’attenzione si può, trasformando il momento della poppata in un appuntamento a tre: mentre il piccolino succhia al seno, la mamma è possibile leggere al primogenito libri, racconti, fiabe che avranno preparato insieme, scegliendo i suoi libri preferiti e portandoli nell’“angolo poppata”.


Sarà un modo per tenere il primogenito vicino a sé, dedicargli un po’ di tempo e rassicurarlo, dimostrandogli che la mamma c’è ancora per lui e che la loro consuetudine della lettura condivisa non si interrompe, anzi… E se mamma e bimbo non avevano l’abitudine di sfogliare e leggere libretti, ecco l’occasione per scoprire questa bella attività che può regalare momenti felici a entrambi, favorisce lo sviluppo cognitivo e le abilità linguistiche del bambino e pone le premesse per il futuro amore della lettura3.


LATTE DI MAMMA PER DUE

Quando una mamma allatta il bebè e anche il fratellino maggiore si parla di “allattamento in tandem”. Nutrire al seno due bambini se la mamma lo desidera, si può e, in alcuni casi, la suzione del fratellino più grande favorisce il buon avvio della produzione di latte per il neonato.


A questo proposito il pediatra spagnolo Carlos González spiega: “Ci sarà latte per entrambi. È addirittura probabile che il maggiore, attraverso una suzione più forte, stimoli meglio il seno e grazie a questo ci sia più latte per il piccolo. All’inizio è ragionevole allattare sempre prima il neonato, ma dopo qualche settimana probabilmente non avrà più importanza4.


L’allattamento condiviso, o meglio la condivisione del latte di mamma da parte dei fratellini, non ha controindicazioni nemmeno in caso di malanni di stagione. Citiamo ancora González: “Il maggiore trasmetterà i suoi virus al più piccolo qualsiasi cosa faccia. In generale basta vivere nella stessa casa, ma oltre a ciò i fratellini maggiori tendono a lanciarsi sui neonati e a sbaciucchiarli”. Quindi il contagio, se deve avvenire, avviene indipendentemente dalle poppate. Ma c’è di più. Proprio l’allattamento è un valido alleato della salute del bebè, grazie agli anticorpi mirati (specifici per il tipo di infezione che circola in famiglia), prodotti dal sistema immunitario materno e trasmessi al piccolo con la poppata. “Fortunatamente”, conclude González “il latte materno è provvisto sempre di anticorpi contro i virus che vanno di moda in famiglia; non è infrequente che mamma, papà e il fratellino abbiano l’influenza, mentre il bambino è sano. Non è necessario disinfettare il seno tra un bambino e l’altro5.


Unica eccezione è rappresentata dal mughetto, un’infezione micotica che si trasmette dalla mamma al bimbo e viceversa. Se uno dei bimbi ha il mughetto, si suggerisce di dare a ogni fratellino l’esclusiva su un seno, finché l’infezione non è risolta6.

Allattamento in tandem: come gestire le poppate?

Chiarito il fatto che la scelta di allattare in tandem è della mamma e non presenta controindicazioni, come si gestisce nella pratica l’allattamento? Deve poppare prima il piccolo o si possono allattare contemporaneamente i due bimbi? Non c’è il rischio che il grande succhiando con maggior vigore porti via nutrimento al neonato?


Abbiamo chiesto a Carla Scarsi, consulente e responsabile relazioni esterne de La Leche League di rispondere a questi interrogativi e darci alcuni suggerimenti pratici per gestire l’allattamento in tandem.


Non esiste una regola per la priorità delle poppate. Solitamente la mamma, per sentirsi più sicura della crescita, preferisce far poppare prima il fratellino più piccolo e poi attaccare il grande, ma tante donne si sono trovate ugualmente bene ad attaccare tutti e due insieme. Quando ci sono due bambini che ciucciano, di sicuro il latte non manca e quindi il rischio che il fratello grande porti via il cibo al più piccolo è privo di fondamento! Come sempre occorre prestare attenzione alla crescita del neonato, controllando i pannolini, ma non diversamente che se si trattasse di un allattamento singolo.


La mamma che allatta due bambini deve seguire una dieta particolare? Per il corpo materno può essere troppo stancante?


No a entrambe le domande. La dieta della mamma che allatta è sempre la stessa: mangiare sano ed equilibrato (a meno che non ci siano intolleranze o allergie conclamate in famiglia, nel qual caso, come sempre, è meglio prestare attenzione a quel cibo, ma si tratta di patologie…). Non occorre poi mangiare per due, meno che mai per tre! Ovviamente la mamma deve calcolare che per produrre il latte per due bambini necessita di un certo quantitativo di calorie in più, che sarà il medico a indicarle, e soprattutto di liquidi. Come se si trattasse di due gemelli, la mamma non può certo pensare di iniziare una dieta dimagrante mentre allatta. E, non finiremo mai di ripeterlo, certamente avere due figli piccoli è stancante per il corpo materno, ma a prescindere dall’allattamento! Le donne, che allattino oppure no, sono stanche perché due figli piccoli di età diverse sono tremendamente impegnativi ed è un compito che un tempo era impensabile svolgere da sole: c’era sempre qualche altra donna della famiglia con altri figli piccoli o qualche nonna che ci aiutava.

L’allattamento in tandem è l’unico modo in cui ci si può prendere una pausa con tutti e due i bambini contemporaneamente senza aver paura che mentre si allatta il piccolo il grande si metta in pericolo in qualche altro modo in un’altra stanza.


Quali sono i vantaggi, a livello pratico di produzione di latte e a livello emotivo di gestione della gelosia, della scelta di portare avanti l’allattamento del figlio maggiore?


I vantaggi per quanto riguarda la produzione di latte li abbiamo già citati: è praticamente impossibile che con un fratello grande che ciuccia venga a mancare il latte o scarseggi la produzione per il neonatino, in quanto la continua stimolazione dell’ipofisi della mamma da parte del fratello grande aiuterà il piccino a trovare la pappa pronta, è veramente il caso di dirlo! Chi ne guadagna è però soprattutto il fratello grande, perché il latte dopo il parto ritorna adatto ai fabbisogni di un neonato, e capita sovente di vedere il primogenito rifiorire!


Per quanto riguarda la gelosia, è sicuramente una maniera per tenerla sotto controllo. Uno dei principali problemi della nascita di un fratellino è infatti che la mamma è sempre occupata col neonato, lo tiene sempre in braccio; mentre lo allatta lo guarda… si innamora del nuovo nato, e questo il fratello grande lo sa benissimo. Esiste una poesia nordica che recita: “Le fate parlano solo con l’ultimo nato. Ed è per questo che il primogenito guarda con sospetto la mamma che rinfresca le trine della culla”. Allattando i due fratelli contemporaneamente, la mamma si può dedicare a entrambi con la stessa intensità, avvolgendoli nello stesso intenso abbraccio dal quale nessuno è escluso.


Le donne che hanno allattato in tandem hanno spesso vissuto sentimenti contrastanti. Da un lato è possibile che si sentano sfinite dall’allattare, che si sentano “mucche” da competizione, sempre lì a produrre latte… Ed è indubbio che per qualche tempo sia così; d’altra parte però tutte sono concordi nell’affermare che il momento della poppata, nel quale i due figli di età diverse si tengono per mano, si sfiorano i capelli l’uno con l’altro e si guardano, e tutte e due guardano la mamma con occhi pieni di amore, sia uno dei momenti più esaltanti della loro vita.


Poppate per due

  • Gestire le poppate di entrambi con flessibilità, ovviamente privilegiando le necessità del neonato per cui il latte è l’unico alimento.
  • Controllare che il bebè bagni ogni giorno 5-6 pannolini usa e getta o 7-8 pannolini di stoffa, e siano regolarmente presenti feci.
  • Per quanto riguarda l’alimentazione della mamma il suggerimento è lo stesso che si dà alle donne che allattano un bimbo solo: seguire una dieta sana e variata, che garantisca un adeguato apporto di tutti i nutrienti. È importante bere a sufficienza, senza mai arrivare a provare arsura (è utile tenere una bottiglia d’acqua a portata di mano quando si allatta).


Le mamme raccontano

Al secondo compleanno di Angelo, gli abbiamo annunciato che un fratellino era in arrivo. È stato bello aspettare insieme la sorellina, e continuare a coccolarci. Durante la gravidanza il latte è calato fino forse a scomparire, ma la coccola della ciucciatina prima della nanna è rimasta, fino alla sera prima del parto e, ovviamente, a quelle dopo. La gravidanza è stata ottima, e si è conclusa con un parto in casa (desiderato, preparato e riuscito).


Il grande ha sicuramente aiutato a produrre presto abbondante latte per la nuova arrivata, e ha imparato la pazienza di aspettare il suo turno, soprattutto la sera, quando la sorellina aveva più bisogno di stare in braccio alla mamma.

Ha smesso di ciucciare all’età di tre anni e un mese, durante una vacanza al mare: le cose da fare erano talmente tante, e il papà talmente presente, da fargli dimenticare di avere bisogno della “ciuciù”.


Pur avendo allattato in tandem, non ricordo di aver allattato contemporaneamente, e il beneficio che ho dato a mio figlio è stato, a mio parere, la certezza che nessuno gli avrebbe tolto nulla della mamma.

Cinzia, mamma di Angelo, 11 anni, Giulia, 8 anni, Michela, 3 anni


Quando è nato Stefano, Simone – che aveva esattamente quattordici mesi –, era ancora allattato. Siccome Stefano ha avuto delle complicazioni post partum che l’hanno costretto a un ricovero di qualche giorno in terapia intensiva neonatale, non ho potuto iniziare ad allattarlo immediatamente. Non so come sarebbe andata a finire se non avessi avuto il fratello più grande quotidianamente attaccato al seno!


L’unica consolazione durante quei giorni difficili è stata proprio il latte, che per fortuna c’era in abbondanza. Il mio seno era abituato a produrlo da oltre un anno e, mentre le altre neomamme tiravano poche gocce di colostro, io ne producevo già 100 ml per volta. Se fossi stata maggiormente informata lo avrei donato alla banca del latte!


Quando parlo dell’allattamento in tandem penso a come i miei figli si siano sostenuti reciprocamente fin dal primo momento: Stefano ha evitato il latte artificiale, perché grazie a Simone io non ho mai smesso di produrre latte e Simone è aumentato di peso, in meno di due mesi circa 1500 grammi!, grazie al colostro.


A casa li allattavo contemporaneamente utilizzando il cuscino per l’allattamento; erano molto teneri da guardare: Simone spesso allungava la mano per tenere quella del fratello, tanto che li ho fotografati per poter un giorno raccontar loro questi momenti…


Avevano ritmi differenti, certo: Stefano si attaccava molto spesso, mentre Simone al mattino e prima di dormire. Quelli erano momenti solo per noi. Credo che il fatto di allattarli in contemporanea abbia evitato gelosie, anche se il fatto di avere poca differenza di età ha senz’altro contribuito in tal senso.

Laura, mamma di Simone, 4 anni, Stefano, 2 anni e mezzo, Chiara, 3 mesi


Durante la gravidanza ho allattato la mia prima figlia senza problemi. Certo, intorno ai tre anni non si tratta di allattamento intensivo, devo dire però che la suzione ha cominciato a darmi fastidio e non sono più riuscita a sopportare poppate lunghe (cambiamenti della gravidanza? Suzione diversa di bimba grande? Messaggio “biologico” che per la grande una fase è finita?) Dopo la nascita di Sandhya, Xeni ha avuto per qualche giorno una sorta di timore reverenziale e ci girava un po’ alla larga, per cui pensavo: “Stiamo andando ad esaurimento”. Invece no, poi c’è stato un ritorno di fiamma! Temevo che il tandem potesse nuocere alla piccola, che era sonnolenta e non poppava moltissimo, quindi ho dovuto fare attenzione a gestire la compresenza in modo che la piccola avesse tutto quello di cui aveva bisogno. Ma se gestito bene il tandem aiuta: grazie alla grande, ho mantenuto una buona produzione che forse la neonata non sarebbe riuscita ad assicurare, e mi sono fatta aiutare dalla poppatrice numero uno se si creavano ingorghi così ho evitato dolori e problemi. Devo dire che trovarsi fra Indonesia e Singapore in questi momenti è stato positivo, perché qui è normale che i bambini poppino fino a due anni, e non è così inusuale andare anche oltre, per cui ho sempre potuto parlare di allattamento con ginecologi e pediatri. Anzi, la pediatra che ha seguito Sandhya appena nata mi ha chiesto se avevo allattato la prima figlia e al sentirmi dire che si faceva tuttora qualche poppata ha esclamato: “Great!”. In Italia sarei stata più evasiva sull’allattamento della figlia grande, se penso che avevo iniziato a subire pressioni per smettere di allattarla quando non aveva ancora un anno…

Silvia, mamma di Xeni, 4 anni, e Sandhya, 6 mesi

E se la mamma vuole smettere?

E se la mamma non si sente più a suo agio nell’allattare due bambini? Non resta che svezzare il primogenito. L’ideale sarebbe ridurre gradualmente la disponibilità della mamma, limitando sempre più le poppate, fino a concludere questa forma di relazione, sostituendola con altre gradite al bimbo (fiabe, libretti, coccole, canzoni, ecc.). La mamma potrà inoltre spiegare le sue motivazioni, presentando al bimbo le consuetudini piacevoli e tutte nuove a cui si dedicheranno insieme (in questo può essere prezioso l’aiuto del papà).


Con il mio bimbo grande ci eravamo accordati così: la sua poppata era quella della sera prima della nanna, durante il giorno evitavo di attaccarlo. Quattro mesi dopo la nascita di Ines abbiamo stabilito che avremmo sostituito la poppata della sera con una storia di cavalieri. Una storia diversa ogni sera. Lui ama molto i cavalieri e così senza traumi è terminato il suo allattamento.

Adele, mamma di Oscar, 3 anni, Ines, 6 mesi

Da mamma a mamma

Fino alla metà del secolo scorso (e ancora oggi in altre culture) attaccare al seno un fratellino, mentre si allatta un piccino appena nato non era un gesto inconsueto. Oggi invece l’allattamento in tandem riguarda una minoranza di mamme, e potrebbe suscitare sorpresa in parenti e amici, e magari anche commenti sgraditi. Come sempre, il confronto e il supporto da mamma a mamma, può essere molto utile: la condivisione di esperienze permette di trovare spunti, idee, soluzioni per gestire le poppate in tandem (ma anche per rispondere a chi dovesse criticare le scelte della propria famiglia).

A SPASSO CON DUE BIMBI

Una mamma per due, gestisce due bimbi a casa e… fuori! Come organizzarsi per le passeggiate quando si hanno due bambini, magari entrambi piccini?

Alcune famiglie si sono trovate bene trasportando il bebè nel passeggino e applicando a questo accessorio una sorta di pedana per dare un passaggio al primogenito quando è stanco di camminare.


Altre famiglie hanno trovato molto comodo portare il piccolino usando la fascia, il mei tai o il marsupio e dando la mano al fratellino (o se il maggiore è proprio piccolo, spingendolo nel passeggino).

Piccino in fascia e fratellino a mano

Uscire di casa con due bimbi, usare i mezzi pubblici, fare lo slalom tra le auto parcheggiate… A volte passeggiare per la città, soprattutto se non è una città a misura di mamma e bambino, può essere un’impresa.


La consuetudine di portare i bimbi può facilitare di molto la vita della mamma. Il neonato è al sicuro sul petto della mamma e, in genere, apprezza molto il contatto con lei, il fratellino cammina tenendo la mano della mamma.

E se il primogenito non ha voglia di camminare perché era abituato ad essere trasportato con il passeggino o la fascia? I genitori possono valorizzare la sua capacità di camminare per tratti sempre più lunghi senza stancarsi e sottolineare che passeggiare insieme, tenendosi per mano è molto bello! Se poi ogni tanto si fa anche una corsa… è ancora più divertente!


Ovviamente si dovrà tenere presente che i bimbi piccoli si stancano più rapidamente di un adulto e quindi è necessario fare delle soste e permettere loro di riposare un po’.


Grazie alla fascia che permette di accudire il piccolo e avere le mani libere per il maggiore, le mamme possono accompagnare i bimbi all’asilo, al parco giochi, in montagna, sulla neve…

Due bimbi in fascia

Ci sono genitori, molto pratici nell’uso della fascia, che hanno provato a portare entrambi i bimbi contemporaneamente: nella stessa fascia (usando un modello lungo e sistemando il maggiore sulla schiena e il piccino sul petto), con due fasce diverse, o con una fascia e un mei tai. Naturalmente stiamo parlando di famiglie dove i bimbi sono molto vicini per età e quindi il fratellino maggiore è ancora piccino.


Ines è cresciuta nella fascia, il passeggino l’avevo comprato, ma lo usavo solo per andare a correre quando sapevo che si sarebbe addormentata, perché altrimenti non ci stava volentieri. Quindi non potevo sostituire di colpo Ines nella fascia con Gaia, anche perché Ines non avrebbe mai prestato la sua fascia alla sorellina! Una volta volevo mettere Gaia nella fascia di cotone blu, ma Ines non ha voluto: era la sua! Allora ho cominciato a cercare dei video per capire se fosse possibile portarle insieme nella stessa fascia. Ines ha accettato subito! Lei dietro e davanti la piccola Gaia: si guardavano e in più Ines poteva accarezzava la sorellina. Siamo andate al supermercato, a fare delle passeggiate, al parco… Tutto questo per non dare l’idea a Ines di averla “rimpiazzata”. Adesso Ines non viene quasi più nella fascia, però proprio l’altro giorno mi ha chiesto di fare una passeggiata tutte e tre insieme con la fascia! Che belle emozioni!

Ornella, mamma di Gaia, 3 anni, Ines, 1 anno

Se il grande ha nostalgia…

Per i bimbi che sono stati portati, quello del tempo trascorso sul petto e sulla schiena dei genitori è un ricordo particolarmente felice. Ecco perché qualche volta, se il fratellino maggiore lo desidera, si potrà regalargli una passeggiata nella fascia!


Portare i bimbi, pratico per la mamma, confortevole per il bebè

Fasce, zaini, marsupi: l’arte del portare sta vivendo un momento di riscoperta anche tra le madri italiane. Sempre più donne stanno sperimentando quanto può essere comodo passeggiare o sbrigare commissioni, muoversi per le vie cittadine o occuparsi delle faccende domestiche, con le mani libere e il proprio bambino sul petto, ben custodito e tranquillo.


Una consuetudine che non è difficile immaginare quanto possa risultare gradita ai più piccini dato che, dopo nove mesi trascorsi nel caldo rifugio del grembo materno, c’è un solo luogo al mondo dove un bimbo si sente davvero sicuro, ed è a contatto con la propria mamma7.


Il bebè portato gode di una costante rassicurazione: tutto quello che desidera, tutto quello di cui ha bisogno è a portata di mano. Sul corpo di mamma e papà trova le condizioni ottimali per il suo benessere emotivo: vicinanza, calore, affetto. Il supporto (fascia, stoffa, marsupio) rappresenta una sorta di “utero di transizione” in cui il bimbo, così come nel grembo materno, continua ad essere cullato grazie al movimento di chi lo porta. E mentre un bimbo riposa sul cuore della mamma, l’altro può stringere la sua mano, essere portato in spalla, ricevere le sue carezze, giocare con lei…


In bicicletta

Per i bimbi che amano la bicicletta, le passeggiate su due ruote possono rappresentare un appuntamento speciale all’aria aperta. La mamma può passeggiare con il nuovo nato in fascia mentre il primogenito si sposta con il triciclo o la bicicletta (ovviamente al parco, in luoghi sicuri e con l’indicazione di non allontanarsi oltre una distanza concordata). E quando il piccolo è abbastanza grande per stare seduto nel seggiolino potrà viaggiare su due ruote con la mamma.


Ho portato in fascia il più grande fino a quando ha voluto, poi quando è nata Elisa, lei sempre in fascia e lui a piedi, per mano o meglio con la bicicletta e uno spago legato al manubrio. Camminando era successo che si stancasse e chiedesse di venire in braccio, ma io avendo già Elisa, avevo dovuto dire di no. Quindi la soluzione della bicicletta con lo spago era la migliore: quando era stanco… lo tiravo!

Nicoletta, mamma di Giovanni, 3 anni, Elisa, 3 mesi

Sorriso di bimbi

Gioia, 4 anni: “Mamma, da grande mi sposo con papà!”

Io replico: “Va bene, e io mi sposo con Luca?”

Lei riflette un attimo. “Beh allora, facciamo che io mi sposo con il principe Erik (marito della Sirenetta nel film Disney) e tu vieni ad abitare con noi!”

“Tesoro, e Luca e papà?”

“Se la caveranno da soli!”

Tamara


Gaia, 3 anni, prende un tovagliolo, lo fa passare sulla faccia del fratellino e canta: “Magia magia questo bimbo portalo via…” Poi si gira verso di me e dice: “Mamma io scherzo eh…”

Paola


Sto allattando Elena, che ha un paio di mesi, e Alice, 3 anni, allatta la sua bambola Jenny, poi si alza, con dolcezza la mette a dormire nel lettino, mi guarda sorridendo e dice: “Ecco, Jenny ha già finito di ciucciare, è veloce lei, già dorme senza piangere… e non riturgita (rigurgita) neanche”.

Ogni riferimento ad altri… è voluto!

Daria


Letizia, 2 anni, quando vede su una rivista un bimbo che piange dice: “Questo bambino vuole mamma come Gabiele (il fratellino di tre mesi). Mamma viene e non piange più”.

Marta


Elisa, 3 anni, cammina tenendo per mano la mamma che porta la sorellina Serena nella fascia: “Dandoci la mano ci passiamo l’amore… Lo senti il mio amore, mamma?”

Laura


Un bimbo dice a Raffaele, 5 anni: “Io ho il tablet tu cos’hai?”. E mio figlio: “Io ho un fratellino e tra un po’ una sorellina”.

Francesca

Benvenuto fratellino, benvenuta sorellina - Seconda edizione
Benvenuto fratellino, benvenuta sorellina - Seconda edizione
Giorgia Cozza
Favorire l’accoglienza del nuovo nato e la relazione tra fratelli.Tante informazioni utili, suggerimenti pratici e spunti di riflessione per coinvolgere i fratelli maggiori nell’attesa e nell’accoglienza del nuovo nato. La nascita di un bambino è un evento di grande gioia per tutta la famiglia, un evento che può essere vissuto con partecipazione ed entusiasmo anche dal primogenito, se accompagnato dall’affetto e dalla comprensione di mamma e papà.Il libro Benvenuto fratellino, benvenuta sorellina di Giorgia Cozza risponde ai dubbi e agli interrogativi dei genitori, offrendo utili informazioni e suggerimenti pratici per coinvolgere i fratelli maggiori nell’attesa e nell’accoglienza del nuovo nato. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.