CAPITOLO VI

Favorire la relazione tra fratelli

I bambini cresciuti con affetto e rispetto, sono affettuosi e rispettosi.

Carlos González

Passano i giorni e scorrono veloci, le prime settimane di vita del bebè sono ormai lontane, i fratellini sono ogni giorno più uniti e godono della reciproca compagnia.


Per favorire la relazione tra fratelli c’è davvero poco che i genitori debbano fare. Perché i fratelli hanno tutti i presupposti per coltivare la propria soddisfacente relazione in modo autonomo. Prima di tutto, si vogliono bene, sono fratelli. Poi sono entrambi bambini, quindi condividono i segreti e la magia di un universo, quello infantile, che agli adulti è ormai precluso. Hanno molto in comune e tanto da fare. Insieme.


I genitori possono esercitare il loro ruolo di guida, quando necessario, indicando ai fratelli la direzione da seguire per risolvere i normali conflitti che possono trovarsi ad affrontare.


Per il resto, non resta che goderci la nostra bellissima famiglia e osservare i nostri bambini, magnifici fratelli, che crescono insieme, arricchiti dall’amore che li lega.

Cresce il fratellino, cresce l’intesa
I bambini si costruiscono un mondo tutto loro fatto di realtà e di fantasia, in cui solo loro sono di casa.

Horst Petri

Nei primi mesi di “fratellanza” la relazione tra fratelli si sviluppa e si consolida. Il primogenito, con il trascorrere delle settimane, si abitua al cambiamento che la nascita ha portato nella sua famiglia e fa spazio al fratellino non solo nella sua routine quotidiana, ma anche e soprattutto nel suo cuore. Per il piccolino il fratello è un punto di riferimento saldo che attira i suoi sguardi, i suoi sorrisi e tutto il suo interesse. La simpatia per il fratello maggiore è evidente, la manifesta cercando di richiamare la sua attenzione con versetti e gridolini, ridendo di gusto in risposta alle sue smorfie buffe, cimentandosi con la pronuncia del suo nome che sarà una delle prime parole del suo vocabolario, insieme a mamma e papà e poche altre.


Il fratello maggiore è al suo fianco e ne condivide traguardi e conquiste: quando il piccolo inizia a stare seduto, quando assaggia i primi cibi solidi (e qui ancora, il primogenito è l’aiutante della mamma nell’imboccare il bebè), quando inizia a muoversi nello spazio, strisciando, poi gattonando e infine facendo i primi passi incerti. La meta preferita di queste prime esplorazioni è, in genere, proprio il fratello, irresistibile polo d’attrazione per il piccolino.


È interessante la riflessione del neuropsichiatra Horst Petri a proposito della relazione tra fratelli nel primo anno di vita del nuovo nato:


“Il loro vissuto, il loro scambio di esperienze e la modalità delle reciproche attenzioni producono una forma di vicinanza naturale più intensa di quanto non sia quella con i genitori. Sulla base di questa comunanza si sviluppa una fiducia reciproca che diviene un’esperienza fondamentale per le successive relazioni sociali” (…) “le persone al di fuori della famiglia possono a mala pena sfiorare lo stretto legame emotivo e fisico dei fratelli”1.


Da qui è un crescendo… Iniziano i primi giochi insieme, pian piano, i fratelli scoprono la meraviglia di avere un compagno di giochi sempre a disposizione. E il miglior compagno di giochi, perché nessun genitore sarà mai bravo a giocare come un bambino! Dopo un po’ gli adulti si stancano, ma i bambini no, possono giocare tutto il giorno. E credono nelle stesse fantasie, belle e brutte; i fratelli si capiscono, parlano un linguaggio comune.


Secondo Petri la comunicazione tra fratelli, rispetto a quella del bambino con i genitori, è: “più vivace, più allegra e, per l’assenza di un’autorità adulta, è anche meno carica di ansia. La comprensione preverbale e averbale tra fratelli sfocia fluidamente nella ricerca di un linguaggio comune che non è accessibile agli adulti2. D’altronde tra bambini ci si intende, si ha molto, moltissimo in comune, e un fratello non ti dice tanti “no” come un genitore…

Le due birbone attualmente si cercano e giocano insieme, con gli alti e bassi tipici di ogni convivenza… ma la cosa che mi ha fatto piacere è stato vedere come non solo per noi genitori, ma anche per Alice ormai la famiglia sia composta da tutti e quattro e non saprebbe immaginarla diversamente.

Daria, mamma di Alice, 4 anni, Elena, un anno


Quando una prende in mano un gioco, magicamente e nello stesso istante lo vuole anche l’altra, quando si coccola una vuole coccole anche l’altra… Però è bellissimo quando le vedi parlare – la grande parla, la piccola ha un vocabolario limitatissimo e parla con gesti e versi – o ridere insieme!

Valeria, mamma di Camilla, 4 anni, Agata, 15 mesi


Alessandro, se ci si mette è bravissimo con i due piccoli che lo adorano e pendono dalle sue labbra quando lui si “degna” di giocare con loro. E poi Alice difende sempre fratellino e fratello quando io li riprendo. Fa così ridere!

Maria, mamma di Alessandro, 13 anni, Alice, 2 anni, Lorenzo, 6 mesi


In camera da letto abbiamo l’icona della Sacra Famiglia. Letizia indicando Giuseppe, Maria e Gesù, dice: “Papà, mamma e Letizia” e poi rammaricata “manca Gabiele”.

Marta, mamma di Letizia, 2 anni, Gabriele, 3 mesi

Prime prove di condivisione
Vostro figlio sta già imparando cosa significa dare agli altri e voi lo state aiutando a scoprire le gratificazioni che ne derivano. Questo è, naturalmente, uno degli insegnamenti più importanti che si possono trarre dall’essere fratelli.

T.B. Brazelton e J.D. Sparrow

L’arrivo di un fratellino rappresenta un’opportunità preziosa per imparare l’arte della condivisione. Nel corso della crescita i fratelli condividono molto: spazi, giocattoli, interessi e attività. Questo rende entrambi più ricchi, poiché ogni bambino può utilizzare, al bisogno, i giocattoli del fratello. La maggior parte delle volte tutto fila liscio, anche se in qualche occasione l’intesa viene meno e qualcuno non ha voglia di far usare qualcosa di proprio al fratellino. È normale e tutti i bambini imparano a gestirsi, contrattando, discutendo, magari arrabbiandosi e poi trovando un accordo.


L’intervento dei genitori potrebbe essere necessario agli esordi di questa condivisione, quando il primogenito si trova alle prese, per la prima volta, con un fratellino che si sposta nello spazio domestico – perché ha imparato a gattonare o camminare – ed è naturalmente attratto da suoi giochi.


In questa fase può essere una buona idea preparare un angolo speciale riservato al primogenito, come spiega il pediatra Marcello Bernardi: “Non sarà necessario che si tratti di una stanza, basterà una scatola, un armadietto, uno scaffale; uno spazio comunque, del quale lui, e solo lui, sia padrone3. Per il bambino, la possibilità di mettere al sicuro giornalini, costruzioni, o giocattoli che sono per lui particolarmente preziosi è rassicurante.

Tra l’altro, lasciare fuori portata alcuni giocattoli, può servire anche per evitare che il piccolo rischi di ingoiare qualche “pezzetto” di gioco, dai mattoncini delle costruzioni ai minuscoli accessori di una bambolina o di un soldatino.


Un’altra idea per evitare che il secondogenito “miri” sempre ai giocattoli del fratello maggiore, può essere quella di preparare uno scaffale o una cesta con dei giochi per il più piccolo. Tra i giocattoli o i libri del secondogenito possiamo sistemare anche qualcosa che potrebbe interessare al bambino più grande, perché la condivisione si muova nei due sensi, e non sia solo il fratello maggiore a far giocare l’altro con qualcosa di suo.


Può essere utile anche spiegare il motivo per cui il fratellino sembra irrimediabilmente attratto dai suoi giochi (è un classico: il piccolo che ignora i suoi pupazzetti e gattona deciso verso qualunque giocattolo stia usando il grande): ricordiamo al primogenito che il fratellino non è interessato ai suoi giocattoli per i giocattoli in sé, ad attirarlo dove sta giocando il fratello maggiore è la presenza del fratello stesso, è a lui che vuole stare vicino, è da lui che vorrebbe imparare a giocare. Qualsiasi oggetto in mano al primogenito è tanto affascinante per il piccolo proprio perché lo sta usando suo fratello e allora deve essere proprio un bel gioco e vorrebbe provarlo anche lui…


La condivisione andrebbe incoraggiata, ma non imposta: se aiutiamo il bambino a fare spontaneamente questo passo, a lui andrà il merito (e il piacere) di essere stato generoso e gentile, altrimenti, si troverà ad eseguire, magari di malavoglia, le direttive degli adulti.


Se non si sente forzato a condividere (“Non fare l’egoista, il tuo fratellino è piccolo!” è una frase classica che sarebbe meglio evitare) e vede che i genitori lo aiutano a proteggere quello che più gli sta a cuore, il primogenito si sentirà più bendisposto verso il piccolino.


Per il resto non dovrebbero essere necessari altri accorgimenti e il primogenito si abituerà ben presto a giocare insieme al fratellino (e scoprirà che in due ci si diverte anche di più!)

Come aiutare il primogenito

E se per il fratello maggiore condividere i giochi con il fratellino dovesse risultare particolarmente faticoso?

  • Anziché rimproverarlo o sottolineare la sua difficoltà, facciamolo sentire compreso (“Non è facile lasciare che gli altri usino i tuoi giocattoli, vero?”)4 e dimostriamo di prendere in considerazione le sue esigenze e i suoi sentimenti (“Se vuoi finire il tuo gioco, posso portare il fratellino di là con me per alcuni minuti… quando torniamo in salotto forse puoi giocare un po’ con lui?”).
  • Mettiamo da parte i suoi giochi preferiti, perché il fratellino non possa prenderli finché lui stesso non si sentirà pronto a condividerli. Ma poi spieghiamo al primogenito che con gli altri giocattoli – alcuni suoi, alcuni del fratellino – sarà bello giocare insieme. Può essere utile sottolineare i vantaggi della condivisione: “Se usate insieme i dinosauri, potrete fare una grande avventura!”. È vero che il fratellino probabilmente è un po’ troppo piccolo per giocare bene, ma pian piano imparerà! Se il primogenito ci sembra particolarmente infastidito o nervoso (capitano a tutti quei periodi in cui si è più stanchi e irritabili) possiamo predisporre un angolino tutto suo, una sorta di casetta (va benissimo un angolo dietro al divano o nella cameretta, magari con una coperta che fa da tetto per creare una specie di rifugio, l’importante è che sia fuori dalla portata del piccolino) dove, se ne sente il bisogno, può ritirarsi a giocare o sfogliare un libro in completa tranquillità. In genere sono sufficienti pochi minuti e poi è il bambino stesso che preferisce riunirsi alla mamma e al fratellino.
  • Non ricorriamo a minacce o promesse di ricompense. Il bimbo dovrebbe accettare di far usare un gioco al fratellino perché è convinto, non perché lo sforziamo o per ottenere un premio (il premio è giocare e divertirsi insieme!). Piuttosto spieghiamogli cosa prova il suo fratellino: “Ti cerca perché ti vuole bene, per lui tu sei bravissimo a fare questo gioco, il più bravo del mondo. Se viene allontanato da te in modo brusco, ci rimane proprio male”. In questo modo, lo si aiuta a mettersi nei panni degli altri e si mostra fiducia nella sua capacità di comprendere i sentimenti del fratellino.

Mamma, gioca con me!

È una situazione classica. Il bambino più grande che vorrebbe dedicarsi a un gioco insieme alla mamma e il piccolino che ovviamente vuole stare con loro, ma non essendo ancora capace di giocare bene “ruba” le macchinine (o i soldatini o i pezzi di lego), si muove o gattona sulla pista (o comunque sulla base di gioco), facendo involontariamente un mucchio di danni. Cosa fare in questo caso? Come soddisfare il legittimo desiderio del primogenito di giocare con la mamma e il bisogno del secondogenito di restare vicino a lei e al fratello?


Primo passo: respiriamo. Ebbene sì, quando siamo in difficoltà è facile lasciarsi prendere dal nervosismo, ma per un genitore irritato è più difficile gestire la situazione. Dato che irritarsi è normale, regaliamoci qualche secondo di pausa. Restiamo lì, ma non rispondiamo subito. Qualche respiro profondo per ricaricarci e non agire di impulso e poi dichiariamo a voce alta (a beneficio del primogenito ma anche nostro) che ora cercheremo una soluzione insieme.


La soluzione ovviamente va inventata di volta in volta. Dipende infatti da molte variabili, l’età di entrambi, la presenza di altri adulti in casa, il tipo di gioco che vorrebbe fare il più grande. Qualche esempio pratico.


Se il primogenito vuole giocare a salti/capriole/corsa, possiamo fare da spettatori, contare per vedere quanto impiega a correre dal tavolo della cucina alla libreria, e nel frattempo invitare il piccolo a fare delle pseudocapriole in un altro punto del salotto. Oppure se anche il secondogenito cammina già, potrà fare una corsa anche a lui, alternandosi con il fratello (o correndo insieme se gli spazi lo consentono, spiegando di non urtarsi e non tagliarsi la strada).


Se il gioco è sedentario e prevede l’uso di costruzioni, puzzle o personaggi (dinosauri, cavalieri, omini lego, bamboline), per cui la presenza del piccolo è davvero inconciliabile, si può proporre al secondogenito qualcosa che gli piaccia particolarmente, dal cestino dei tesori, alla torre di cubetti, a quel cassetto della cucina dedicato a lui che può svuotare a piacimento. Ogni piccolo ha le sue preferenze, se lo indirizziamo verso un’attività che gli piace molto possiamo ritagliarci un poco di tempo per giocare tranquille con il primogenito.


Si può anche provare ad offrire al piccolo “parte” del gioco del grande, un paio di macchinine tutte per lui (o una bambola, o un paio di animali, ecc.), o un gioco simile (ad esempio se noi stiamo facendo un puzzle, dare a lui un altro puzzle, che ovviamente non saprà fare ma non importa, sarà contento di cimentarsi con la stessa attività del fratello e avrà l’impressione di partecipare).


Se il piccolino non ha alcuna intenzione di lasciarsi distrarre dal gioco del fratello (ed effettivamente combina guai, cercando di partecipare) non resta che spiegare al primogenito che ci dispiace molto, ma in quel momento non possiamo giocare insieme a lui come vorremmo. Forse possiamo seguire il gioco dal divano (e intanto leggiamo un libretto al piccolo), in modo da “esserci” anche se non partecipiamo attivamente. Sottolineiamo che ci dispiace e non manchiamo di promettere che “giocheremo bene” in un altro momento, spieghiamo qual è l’altro momento in cui potremo dedicargli tutta la nostra attenzione e poi naturalmente manteniamo la promessa. “Adesso non riusciamo, ma appena il piccolino fa il suo sonnellino/ quando arriva la nonna che lo fa giocare di là/quando torna a casa papà, giochiamo, eh! Tu tienimi da parte il drago verde, per favore. Vorrei usare quello. E poi cosa ne dici se costruiamo insieme il castello?”. Per il bambino è più facile rinunciare a giocare insieme al genitore se ha la certezza che poi arriverà un momento (non troppo lontano!) in cui potrà farlo.


Il primogenito potrà proseguire il suo gioco senza la mamma, oppure dedicarsi ad altro finché non sarete disponibili. Se preferisce interrompere l’attività e aspettarvi, ma dichiara di non sapere a cosa giocare potete proporre voi un gioco alternativo: in questo caso scegliete un’attività che al fratello maggiore piaccia molto, a cui possa partecipare anche il più piccolo (dal campionato di salti in salotto alla lettura di un libro bellissimo, ogni mamma sa cosa funziona con i propri bambini).


E se tutti gli accorgimenti messi in campo non funzionano e la tensione si fa insostenibile perché sono tutti arrabbiati: la mamma che ha perso la pazienza, il primogenito che si lamenta a gran voce, il piccolo che piange perché vorrebbe giocare (e perché si accorge che sono tutti arrabbiati)? Una soluzione che in genere si rivela vincente è quella di… uscire di casa! Giacchetta, stivali della pioggia se piove, e via… tutti fuori per fare due passi. Cambiare aria solitamente aiuta a recuperare la calma, uscire dall’impasse, prendere le distanze dal problema. All’aria aperta, il primogenito per mano, il piccolo nella fascia o nel passeggino (o per mano, in base all’età), si cammina, si fa una corsa, magari si va al parco e l’umore generale migliora. Non è necessario fare chissà cosa o stare fuori chissà quanto. Bastano anche venti minuti per “rigenerarsi”. Quando è il momento di tornare a casa, si può parlare con il primogenito, dicendo che ci è dispiaciuto non poter giocare con lui e dandosi un appuntamento per giocare insieme al momento giusto.


Se uscire è impossibile, perché un bimbo è malato o perché l’orario non lo consente, si può comunque provare a “cambiare la scena”: invitando tutti a fare qualcosa di diverso insieme. Una soluzione che spesso funziona è quella di spostarsi tutti in cucina: impastare una torta o preparare la pizza è un’attività che in genere piace al primogenito ed è alla portata anche dei più piccoli (pasticceranno, andrà farina sul pavimento, ma è un prezzo accettabile per recuperare la serenità collettiva). Per i bambini è un bel gioco, per la mamma è l’occasione per portarsi avanti con la preparazione della cena (pizza per tutti) e per stare insieme a tutti e due i figli, facendo qualcosa con loro. Un’altra possibilità è quella di preparare la vasca e… bagno per due. Con tanto di giochi, spruzzi e risate.


Fermo restando, naturalmente, che quando sarà possibile si giocherà con il primogenito.

I bambini si comportano come vengono trattati
Se ci aspettiamo che rispettino gli altri, dimostriamo loro il rispetto che meritano.
I bambini imparano dall’esempio
.

John Gray

Il primo insegnamento che noi offriamo ai nostri bambini è l’esempio. I nostri figli ci guardano, sin da quando sono piccolissimi. Ogni giorno, ogni ora, ogni momento trascorso insieme a noi, è per loro una scuola di vita.


Imparano da noi a parlare, a esprimere i sentimenti, a gestire la collera e l’aggressività, a collaborare con gli altri, a rispettarli… Siamo noi i primi maestri dei nostri bambini e gli insegnamenti più significativi e duraturi sono quelli che diamo loro nella quotidianità, senza rendercene conto, con le nostre azioni e i nostri atteggiamenti. Poi, naturalmente, ci sono anche gli insegnamenti teorici, le cose belle che possiamo spiegare loro, i valori che desideriamo trasmettere. Ma l’esempio, si sa, conta più delle parole. Questo in un certo senso ci mette in una posizione delicata: abbiamo infatti una responsabilità immensa nei confronti di queste piccole persone che dobbiamo preparare al meglio per la vita, ma allo stesso tempo è rassicurante sapere che possiamo trasmettere loro molti insegnamenti senza sforzo, semplicemente comportandoci come riteniamo giusto (e come vorremmo che si comportassero anche loro).


In pratica, se vogliamo crescere dei figli educati e rispettosi, sarà sufficiente – o comunque sarà un importante primo passo – trattarli con educazione e rispetto. Se vogliamo insegnare ai nostri figli a comunicare con gli altri senza aggressività, usando modi gentili e pacati, dovremo utilizzare noi per primi queste modalità comunicative con loro5.


E se saremo prodighi di gesti e parole d’affetto, cresceremo bambini abituati a dare e ricevere tanto amore, che probabilmente da adulti non avranno difficoltà ad esprimere e manifestare i propri sentimenti.


E per tornare all’argomento principale di questo capitolo, è chiaro che il nostro esempio e i nostri insegnamenti possono fare molto per favorire l’armonia tra fratelli.


Se in famiglia grandi e piccoli si trattano con gentilezza e rispetto, se si dà importanza alle esigenze e ai sentimenti altrui, diventa più facile per tutti andare d’accordo.


Sin dalla più tenera età i fratelli possono imparare a rispettare i bisogni dell’altro (se il piccolo dorme si parla a voce bassa, se il grande è malato lo si lascia riposare), e possono interiorizzare alcune semplici regole di convivenza, come quella di chiedere con modi gentili quello che desiderano, di non usare parole sgarbate o epiteti antipatici, di aspettare il proprio turno (nel gioco e nella conversazione)…


E qui ogni genitore individuerà le proprie priorità e quei comportamenti che desidera insegnare ai propri bambini. Quei piccoli grandi gesti che possono essere di aiuto per mantenere un clima sereno in famiglia.


Ho fiducia in me e so di poter contare su di voi

I bambini che crescono con uno o più fratelli possono contare su una rosa più ampia di relazioni. I genitori sono le figure che sin dalla più tenera età favoriscono lo sviluppo della fiducia in se stesso del bambino e la maturazione della sua fiducia verso gli altri; il rapporto tra fratelli alimenta e rinforza questa sicurezza.


Se in famiglia le relazioni sono improntate sul rispetto, l’empatia, l’incoraggiamento reciproco (“Ce la puoi fare, sei in gamba, e noi siamo qui, per te ci siamo sempre”), la consapevolezza di poter contare sul sostegno emotivo e pratico di genitori e fratelli, è un’ottima premessa per diventare adulti più sereni e sicuri di sé.


Non uguali, unici!
Cuccioli miei, non dovete aver paura che io voglia più bene a uno di voi: il mio cuore è grande per tutti. Per me siete speciali, unici e meravigliosi…

da Giallo di gelosia6

A volte i genitori si affannano7 nello sforzo di non fare differenze, per timore di essere ingiusti. Spesso la ricerca di uguaglianza nasce proprio dal desiderio di evitare rivalità, confronti o dissapori tra fratelli. Ma quello dell’uguaglianza è un falso mito, per altro assai difficile da perseguire nella realtà quotidiana. Per fortuna, i figli non hanno bisogno di uguaglianza per sentirsi amati dai genitori e per andare d’accordo tra loro! Perché i figli non sono uguali, e non desiderano essere uguali agli occhi dei genitori. Vogliono essere speciali! Che poi è quello che desideriamo tutti quando amiamo qualcuno: vorremmo essere speciali per quella persona.


Come comportarsi dunque? Dando a ogni figlio quello di cui ha bisogno. Che non sarà uguale a quello di cui ha bisogno il fratello, ma sarà la cosa giusta per lui. E quando un figlio può contare sull’accoglienza delle proprie esigenze (non tanto in termini materiali, quanto in termini emotivi, di rassicurazione, tempo, disponibilità da parte dei genitori), non avrà bisogno di andare a controllare cosa riceve il fratello.


A questo proposito, il pediatra Marcello Bernardi considerava:


“Essere imparziali dunque… ma non troppo. La giustizia, contrariamente a quanto ci fanno credere certi bassorilievi che adornano le facciate dei tribunali, non si distribuisce mediante una bilancia. E tanto meno l’amore. Fare a tutti i figli un regalo del medesimo valore o trascorrere con ciascuno di essi esattamente lo stesso numero di ore e di minuti (…) non significa affatto essere giusti e imparziali. Essere giusti e imparziali significa soltanto amare tutti i propri figli con ogni fibra e col medesimo trasporto, comprenderli tutti, aiutarli tutti a seconda delle necessità di ciascuno”8.


Il suggerimento degli esperti per non fare differenze è quindi quello di… fare differenze: adottando comportamenti e regole diverse a secondo dell’età, del temperamento, delle esigenze del singolo bambino, in modo da creare con ogni figlio un rapporto personalizzato, speciale.


Gli psicologi Elisabeth e Jean Patrick Darchis sottolineano:


“Non fare differenze sembra la cosa migliore del mondo, ma può rivelarsi estremamente dannoso se non si riconosce ogni figlio come unico. L’amore dei genitori non si misura in base al tempo trascorso con l’uno o con l’altro, ai regali uguali o agli abiti identici, ma in base alle risposte più adatte ai bisogni”9.

A chi vuoi più bene?

Ed ecco la fatidica domanda cui il genitore potrà trovarsi a dover rispondere: a chi vuoi più bene? Un bisogno di conferme e rassicurazioni che potrebbe essere espresso anche in forma accusatoria: “Vuoi più bene a lui!” o “Tu preferisci lui!”


Adele Faber e Elaine Mazlish offrono uno spunto interessante per rispondere a questo tipo di domande. Anziché affermare che non è vero, che non amiamo di più il fratello, che li amiamo tutti e due nello stesso modo, suggeriscono di concentrarsi sul bambino che ha posto la domanda, sottolineando quanto lo amiamo, quanto lo apprezziamo, indicando gli aspetti di lui che ci piacciono tanto, e dichiarando che per noi è unico e speciale.


In questo modo ci chiamiamo fuori dal confronto tra fratelli (terreno infido) e cogliamo l’occasione per manifestare al bambino il nostro amore (a tutti fa piacere sentirsi dichiarare affetto e stima).


Se questo tipo di interrogativi da parte di un bimbo dovessero ripresentarsi con insistenza, può essere utile un surplus di rassicurazioni, per soddisfare il suo bisogno di conferme.


Bernardo e Costanza si vogliono tanto bene e si cercano sempre, ma a volte sono molto gelosi e hanno bisogno di rassicurazioni! Bernardo mi chiede spesso se gli voglio ancora bene e io gli rispondo sempre che li amo tutti e due e gli racconto di quando era nella mia pancia, che desideravo proprio un bambino come lui con gli occhi grandi e i capelli castani e che, ora che è cresciuto, con lui mi diverto anche di più perché possiamo fare tanti giochi insieme.

Giovanna, mamma di Bernardo, 8 anni, Costanza, 3 anni


I figli più competitivi in casa nostra sono i primi due, sempre a vedere quanto diamo all’uno e all’altro, sempre a misurare e a misurarsi… Io sinceramente non dò molto peso, lascio che, per quanto possibile, se la vedano tra loro. Non penso di dover dimostrare loro niente, io so di voler bene a tutti, non nello stesso modo (sarebbe impossibile), ma a ciascuno per quello che è. Ho sempre cercato di sottrarmi alla logica di “chi è il tuo preferito?”, io li preferisco tutti (ed è proprio così!).

Cristina, mamma di Cecilia, 11 anni, Matteo, 9 e mezzo, Tommaso 7 emezzo, Maria 4, Caterina 2, in attesa del sesto bimbo

Confronti tra fratelli? No, grazie!

Che brutti i confronti tra fratelli. Capitasse a me di essere confrontata con altre persone per esprimere un giudizio su qualche mia caratteristica, competenza o abilità, mi darebbe proprio fastidio. E a voi?


Invece ai bambini, purtroppo, succede spesso. A volte sono i genitori stessi che “ci cascano”, a volte sono parenti e amici. Un tempo si credeva addirittura che i confronti, e la competizione che facilmente ne deriva, fossero efficaci per stimolare i bambini a fare meglio. In realtà, l’obiettivo di ogni figlio dovrebbe essere di fare il meglio che può in base alle sue potenzialità, non di fare meglio del fratello o della sorella.


Cosa c’entrano i risultati dei fratelli? Ogni bambino deve fare del suo meglio, indipendentemente dagli altri.


Questo tipo di confronti rischia di danneggiare l’intesa tra fratelli10, perché non è piacevole essere paragonati a un fratello e uscire sconfitti dal confronto. Anzi, è decisamente mortificante.


Quindi quando vogliamo che un figlio si impegni di più a scuola o cerchi di essere più ordinato, anziché sottolineare quanto è bravo il fratello o come è ordinata la sorella rispetto a lui, semplicemente… chiediamogli di impegnarsi. Per rinforzare la richiesta, spieghiamo le nostre motivazioni (perché studiare e imparare cose nuove è bello e importante, perché abbiamo bisogno della sua collaborazione per tenere la casa in ordine, ecc.). E non dimentichiamo di far capire al bambino che abbiamo fiducia nelle sue capacità, sappiamo che può riuscire a migliorare.


C’è una bella riflessione dello psicologo Steve Biddulph, a proposito del nostro modo di esprimerci:


“Esprimendovi in maniera positiva aiutate i vostri figli a pensare e ad agire positivamente, nonché a sentirsi capaci di affrontare una grande varietà di situazioni: in tal modo, penseranno e immagineranno di riuscire, e riusciranno. Le nostre parole di incoraggiamento li accompagneranno e li sosteranno per tutta la vita”11.


Per quanto riguarda il ruolo di stimolo dei fratelli: ogni figlio è naturalmente di sprone agli altri, poiché i suoi buoni comportamenti fungono da esempio e traino per i fratelli.


Infine, ricordiamo che ogni bambino è unico e diverso e proprio questa sua unicità lo rende tanto speciale!

Ci siamo morsi la lingua evitando di fare paragoni tra loro e, una volta che noi abbiamo imparato a non pensarli nemmeno più i paragoni, abbiamo fatto cerchio contro il mondo che i paragoni li fa pensando che siano un pungolo. Accogliamo le bambine per quello che sono: singolarmente con tutta la loro straordinaria unicità e specialità, non pretendendo mai che si uniformino l’una con l’altra. E ora, davvero ci godiamo lo spettacolo di queste bimbe che trovano piacere a stare l’una con l’altra…

Viviana, mamma di Emma, 5 anni, Nora, 3 anni, Violetta, un anno


I figli hanno temperamenti molti diversi, e sono attratti da cose differenti. A volte questo è un limite, perché bisogna chiedere dei sacrifici a ciascuno. D’altra parte è anche una grande ricchezza, e così cerchiamo di viverla, perché ciascuno può arricchirsi accogliendo e guardando l’altro non come un limite, ma come un’occasione per imparare.

Cristina, mamma di Cecilia, 11 anni, Matteo, 9 e mezzo, Tommaso 7 emezzo, Maria 4, Caterina 2, in attesa del sesto bimbo

Non usiamo “etichette”!

Sei proprio il fratello più testardo. Sei un pigrone che non ha mai voglia di studiare. Sei la sorella più ordinata. Se il fratello più responsabile.


Che fatica per un bambino convivere con le etichette, le definizioni che ti ingabbiano in un ruolo specifico. Che si tratti di un’etichetta positiva non migliora di molto la situazione, poiché si tratta sempre di una limitazione, di un’aspettativa con cui può essere pesante convivere.


Se dobbiamo rimproverare un figlio, molto meglio indicare qual è il comportamento che ci ha infastidito e criticarlo anche con decisione (il comportamento), chiedendo al bambino di comportarsi diversamente (e se necessario ribadendo come).

Siamo incoraggianti!

Quando si parla con i bambini (ma anche con gli adulti) sarebbe importante evitare parole come “sempre” e “mai” (“Sei sempre egoista con tuo fratello”, “Non andrete mai d’accordo!”), altrimenti il rischio è quello di ottenere il risultato contrario rispetto a quello voluto: anziché stimolare i fratelli a fare meglio, togliamo loro ogni speranza di poterci riuscire (e anche la voglia di provarci!).


Sottolineare un difetto del bambino, manifestando sfiducia nelle sue possibilità di migliorare, non ha senso, è doloroso per il piccolo e controproducente. Si incorre infatti nel tranello delle famose profezie auto-avveranti, ovvero di quelle profezie che ripetute più e più volte poi si realizzano perché, come spiega Steve Biddulph, “di solito i bambini, che sono tanto intelligenti e perspicaci, non tradiscono le nostre aspettative12.


Piuttosto ostiniamoci a manifestare la nostra fiducia nelle potenzialità di ogni figlio e siamo prodighi di incoraggiamento!

I PRIVILEGI DELLA FRATELLANZA

Crescere con uno o più fratelli permette di vivere una rosa di esperienze molto ricca che favorisce lo sviluppo di doti personali e competenze sociali.

Doti personali e competenze sociali
Andare d’accordo con gli altri, affrontare gelosie, timori, conflitti, collera e risentimento, condividere piaceri e dispiaceri, compiti e responsabilità, rispettare diritti ed esigenze altrui, tutto questo e altro ancora il bimbo lo impara innanzitutto dai fratelli.

Marcello Bernardi

I fratelli hanno la possibilità di esercitare e maturare l’empatia, la capacità di prendersi cura dell’altro e di tenere in considerazione i suoi desideri e le sue esigenze.


Questo può renderli persone particolarmente gentili, attente e responsabili sin dall’infanzia.


I fratelli si vogliono bene e questo li porta a preoccuparsi della reciproca felicità: se uno di loro è triste o è stato rimproverato, si intristisce anche l’altro. Per quanto riguarda le interazioni sociali, un fratello sviluppa velocemente l’arte della condivisione, impara a far valere le proprie ragioni e ad accogliere i punti di vista altrui. Queste abilità gli tornano utili subito (le insegnanti della scuola d’infanzia, in genere, capiscono in breve tempo se un bimbo ha fratelli) e si rivelano preziose anche a lungo termine, quando il bambino, il ragazzino e poi l’adulto si trovano a vivere una rete di relazioni sempre più ampia e articolata.


Un giorno ho affidato per alcuni minuti Maddalena – che aveva circa otto mesi ed era influenzata –, alle cure di Nicola. Quando sono tornata nella stanza, Nicola mi ha annunciato che la piccola aveva “vomitato un po’”. Ma quando mi sono avvicinata, mi sembrava tutto a posto. Nicola aveva già pulito il viso della sorellina e aveva cercato anche di pulire il tappeto con della carta igienica.

Giorgia, mamma di Mattia, 12 anni, Nicola, 10, Maddalena, 7

Fratelli… si gioca!
Con i genitori non ho mai riso come ridevo con loro, né ho mai giocato agli stessi giochi.
I contatti quotidiani fra noi bambini erano molto più ampi che con i genitori: dormivamo nella stessa camera, facevamo il bagno insieme, andavamo insieme a fare passeggiate, la nostra immaginazione si nutriva degli stessi libri
.

Prophecy Coles

Lo abbiamo già accennato, un fratello è uno splendido compagno di giochi. Prima di tutto è un bambino, e i veri professionisti del gioco sono i bambini. Assolutamente insuperabili: per quanto mamma e papà possano essere volenterosi hanno meno tempo a disposizione e si stancano molto prima di un fratello. I genitori che hanno avuto più di un bimbo lo sanno: è difficile che un secondogenito, e meno ancora un terzogenito, cerchi la mamma quando vuole giocare. Certo, qui conta anche il temperamento individuale e tutti i bimbi sono diversi, ma tendenzialmente quando un bambino che fa parte di una famiglia numerosa vuole giocare, va a chiamare i suoi fratelli. Il che non vuol dire che non potremo più goderci qualche momento di gioco. I bambini sono gentili e sono sempre felici – anzi, molto felici – di poter coinvolgere la mamma e il papà. Ci sarà sempre una macchinina anche per noi o una bambola da pettinare… Soltanto, chi ha un fratello non ha bisogno di molto altro. Horst Petri scrive riferendosi ai giochi tra fratelli e alla madre: “La gioia con cui partecipa e accompagna, e il disinvolto incoraggiamento al contatto tra i figli, sono un inestimabile contributo alla loro crescita serena13.


E poi un fratello è sempre disponibile. Quando sono insieme i fratelli giocano, di mattino, di pomeriggio, di sera. Certo, si può giocare anche da soli, ma giocare in due offre maggior varietà (si può contare sul doppio delle idee, della fantasia e delle soluzioni!), e oltre ad essere divertente è anche una piccola palestra di relazioni sociali. Giocando i fratelli si conoscono e imparano a interpretare e riconoscere le emozioni dell’altro. La convivenza, la condivisione, il gioco permettono ai fratelli di arrivare a conoscersi davvero bene. A unirli c’è un’intimità profonda, che rende solido il loro legame. A volte, mentre stanno giocando, si trovano in disaccordo. Allora discutono, vanno in collera, poi trovano un accordo, fanno pace e riprendono a giocare. Anche quella di fare pace è un’abilità utile per la vita!

Fratelli… si impara!

Quando si ha un fratello, l’imitazione facilita l’apprendimento. E, crescendo, la presenza di uno o più fratelli rafforza l’input positivo ricevuto dalla famiglia: se tutti rifanno il proprio letto, tutti fanno i compiti, tutti aiutano ad apparecchiare, ogni figlio acquisisce e conserva più facilmente queste buone abitudini. Lo stesso discorso vale per gli insegnamenti teorici, i valori che i genitori desiderano trasmettere e che sono determinanti nella formazione della personalità dell’individuo.


Inoltre, il primogenito apre molte porte per il fratellino. Quella della scuola ad esempio. Per chi ha un fratello maggiore non sarà un’esperienza del tutto nuova e sconosciuta: il secondogenito ha già una certa confidenza con il mondo scolastico e quando arriva il suo momento di frequentare l’asilo o la primaria, parte avvantaggiato.

Fratelli… non sentirsi soli
Chi ha fratelli non si stufa mai. E non è mai solo.

Maddalena, 6 anni

Chi ha fratelli non si sente solo. Da bambino non si annoia. Da adulto sa che c’è qualcuno su cui può contare nei momenti difficili e di sconforto.


La mia Greta aveva tre anni e mezzo quando chiese a me e a suo padre di farle una sorellina: “Così quando voi siete impegnati io non sono sola e posso giocare con lei”.

Bianca, mamma di Greta, 5 anni, Viola, 10 mesi

Il conflitto come opportunità
Avere fratelli e sorelle è una prova,che una volta superata diventa una grande ricchezza.

Isabelle Fillozat

Tra i tanti aspetti positivi della relazione tra fratelli, ci sono anche i conflitti. Ebbene sì: quando sentite i vostri bambini che si contendono un giocattolo, quando litigano per qualunque motivo, quando vanno in collera e poi si riappacificano, i vostri bambini si stanno esercitando in “relazioni umane”, stanno facendo pratica per la vita adulta. È una palestra, quella offerta dalla convivenza tra fratelli, assolutamente preziosa!


Quindi non solo è normale che i fratelli abbiano di che discutere, ma è anche molto utile.


Adottando questo punto di vista, forse i genitori riusciranno ad accettare e tollerare con maggior serenità le dispute tra fratelli.


Tra l’altro entrare in conflitto è una modalità per conoscersi, per mettere alla prova se stessi e l’altro, e scoprire le reciproche reazioni. Le dispute sono quindi funzionali a una maggior comprensione, come sottolineano T.Berry Brazelton, pediatra, e J.Sparrow, psichiatra infantile:


“I fratelli imparano l’uno dall’altro a riconoscere i bisogni altrui e a trovare un equilibrio fra questi e i propri. Attraverso sfiancanti battibecchi, si insegnano a vicenda a negoziare e a cercare un compromesso, a tenere conto dell’altro nelle proprie decisioni”14.


E questa scuola di socialità, torna utile a entrambi fuori dalle mura domestiche, nell’infanzia, per rapportarsi con i compagni e gli amici, ma anche nella vita adulta! Come scriveva Bernardi:


“Andare d’accordo con gli altri, affrontare gelosie, timori, conflitti, collera e risentimento, condividere piaceri e dispiaceri, compiti e responsabilità, rispettare diritti ed esigenze altrui, tutto questo e altro ancora il bimbo lo impara innanzitutto dai fratelli.15 (…) è chiaro che questo tirocinio non si svolge di regola in una paradisiaca atmosfera di pace e di tranquillità, ma bensì attraverso innumerevoli tempeste, più o meno turbolente. Ma questo è normale e, fino a un certo punto, utile”16.

È discutendo che i bambini affinano la loro dialettica e la capacità di sostenere e far valere le proprie ragioni; allo stesso tempo imparano a prendere in considerazione il punto di vista dell’altro e si allenano a trovare accordi e compromessi accettabili per entrambi. Ogni conflitto risolto rappresenta un esercizio prezioso, e un insegnamento per la vita: discutere, arrabbiarsi, litigare si può, ma poi torna la pace e si continua a volersi bene come al solito. E questo è molto rassicurante.


Tra l’altro i conflitti tra fratelli sono i migliori in questo senso, i più istruttivi e costruttivi. Uno scontro con i genitori non solo non sarebbe alla pari, ma per il bambino sarebbe fonte di un’inquietudine profonda, dato che lui dipende emotivamente dalle figure di mamma e papà. Litigare con un amico è più rischioso che litigare con un fratello, l’amico il giorno successivo può evitarti, preferire altri amici a te, allontanarsi. Un fratello è sempre lì, non se ne va a casa sua, non sceglie un altro compagno di gioco con cui va più d’accordo, ma soprattutto non c’è il rischio di perdere il suo amore. I fratelli lo sanno, lo sentono, e forse anche per questo quando litigano non hanno bisogno di trattenersi e possono essere se stessi fino in fondo. Una possibilità non da poco, se ci pensiamo.


C’è un interessante riflessione di Libby Purves, scrittrice e giornalista americana, a proposito delle liti tra fratelli:


“Quando si litiga con un fratello o una sorella, si compete in termini strettamente paritari con qualcuno che non potrà mai andarsene e basta: un fratello non potrà mai distruggere completamente l’altro, eppure né l’uno né l’altro si arrenderanno mai. Per questo motivo, le liti tra fratelli sono parabole perfette del più ampio mondo circostante: delle guerre di confine, della rivalità professionale, del matrimonio. Devono finire con la riconciliazione, perché altrimenti nessuno potrà più condurre un’esistenza decente, e la lezione sul come porre termine senza troppo rancore a una lite è una di quelle che accompagneranno per la vita”17.


Infine, i conflitti tra fratelli possono tornare utili anche ai genitori. Lo psicologo Jerry Wyckoff e l’esperta di psicologia Barbara C.Unell, suggeriscono di affrontare i momenti di conflitto tra fratelli come un’opportunità “per aiutarli a imparare a essere parte di una squadra18.

Aiutare i figli a risolvere i conflitti
Il genitore può essere un arbitro sensibile che stimola a ragionare sulle cause del conflitto e a cercare una soluzione.

Dolores Rollo

Le liti tra fratelli sono una basilare educazione alla vita di società (…)”, considera Libby Purves, “riportate calma e buon senso in un litigio tra fratelli, e contribuirete a formare gli uomini e le donne di pace del nostro prossimo e tempestoso futuro19. Questo mi pare un pensiero molto incoraggiante che valorizza i nostri sforzi. Ma come gestire nella pratica, i conflitti tra fratelli?

  • Non intervenire. Il primo suggerimento per aiutare i figli a risolvere i conflitti è… di non fare nulla! Scrive Bernardi: “nella maggior parte dei casi i litigi si risolvono da soli, e spesso tanto più rapidamente quanto meno intervengono i genitori20.

Se i genitori evitano di interferire i bambini sono stimolati a trovare una soluzione in modo autonomo, che sia abbastanza accettabile per entrambi. E in genere… ci riescono molto bene. Meglio di quanto potrebbero aspettarsi i genitori.


Se invece i genitori sono soliti intervenire ai primi segnali di crisi, i bambini si abituano a invocare l’intervento di mamma e papà e perdono l’occasione di imparare a gestire e risolvere i conflitti in modo autonomo. Non solo, ma in genere l’intervento del genitore non risolve effettivamente il conflitto poiché, soprattutto se si dà ragione a un bimbo piuttosto che all’altro, il malumore tende ad aumentare21.


Brazelton e Sparrow sottolineano: “I genitori possono favorire lo sviluppo di un forte legame tra i figli resistendo alle richieste di questi ultimi di prendere le parti dell’uno o dell’altro (…). Ciò che un genitore deve volere è, piuttosto, che i bambini imparino a conoscersi e capirsi a vicenda22.


E se la situazione degenera? Se i bambini sono in evidente difficoltà e la situazione sta sfuggendo loro di mano, allora l’intervento del genitore potrà aiutarli a recuperare la calma. Se i bambini sono venuti alle mani tocca al genitore separarli e ricordare loro che la violenza non è accettata.

L’importante è evitare il più possibile di prendere le parti di uno dei bambini.

Quando si tenta di attribuire torti o ragioni si sconfina, infatti, in un territorio assai insidioso: dato che il genitore non era presente, è difficile se non impossibile ricostruire le dinamiche del litigio (e spesso entrambi i bambini hanno in parte ragione e in parte torto). La psicologa Danielle Dalloz raccomanda: “Visto che non si sa mai chi ha cominciato, né per quale motivo, rimproverando l’uno invece dell’altro si rischia di rafforzare il sentimento di ingiustizia, e dunque di gelosia23.


E ancora Brazelton e Sparrow:


“Spesso, infatti, entrambi i bambini sono sia colpevoli che innocenti allo stesso tempo. I genitori dovranno consolare tutti e due i bambini, delusi per aver rovinato la gioiosa atmosfera del gioco che li stava aiutando a conoscersi meglio ed essere ricaduti nei bisticci e negli strilli”24.


  • Riportare la calma. Quando si litiga si è in preda alle emozioni e diminuisce la capacità di ragionare in modo obiettivo. Il primo passo è dunque quello di riportare la calma e aiutare i figli a chiarire qual è il problema, esprimendo a turno il proprio punto di vista.
    Se i bambini sono piccoli il genitore cercherà di capire cosa sta succedendo e farà il punto della situazione. Ad esempio: “Tu volevi giocare insieme a tuo fratello con le costruzioni. E tu volevi giocare da solo perché stavi finendo di costruire il tuo castello”.
  • Attenzione a non banalizzare o minimizzare il problema. Quella che a noi può sembrare una sciocchezza per cui non val la pena litigare, per i bambini è spesso una questione della massima importanza.
  • Chiarita la situazione e individuato il problema, si potrà invitare i bambini a raggiungere un accordo. Se i bambini non riescono a trovare un buon compromesso, il genitore può suggerire delle possibili soluzioni, lasciando però che siano loro a valutare e decidere. A volte, può capitare che l’accordo non venga raggiunto. Non importa, vorrà dire che i bambini si dedicheranno ad altro e per un po’ (in genere si tratta di pochi minuti!) non giocheranno insieme. Non cediamo alla tentazione di imporre le nostre soluzioni, altrimenti rischiamo di scontentare almeno un bambino (se non entrambi).

Ho gestito i piccoli conflitti incentivando sempre Niccolò e Zoe a comunicare tra di loro anche le emozioni forti come la rabbia. I momenti di gelosia, invece, li ho gestiti lì per lì spiegando loro che la mamma ama entrambi, poi cercando di ricavare del tempo esclusivo per l’uno e per l’altra, in modo da farli sentire al centro della mia attenzione in prima persona. Fino ad oggi ha funzionato.

Eva, mamma di Niccolò 7, anni, Zoe, 3 anni

Se i conflitti sono molto frequenti

Premesso il fatto che i conflitti sono quindi normali e hanno una loro utilità, se la litigiosità in famiglia raggiunge livelli di guardia può essere d’aiuto manifestare spesso il proprio amore per ogni figlio con parole e gesti d’affetto.


Fondamentale è inoltre l’esempio. Se quando siamo in collera riusciamo a mantenere il controllo, se verbalizziamo le nostre emozioni (“Sono veramente arrabbiato, questo atteggiamento/situazione mi dà tantissimo fastidio”) e, infine, se dopo aver perso il controllo e alzato i toni più di quanto avremmo voluto, sappiamo chiedere scusa… I bambini potranno interiorizzare questi comportamenti e farli propri.


E in ogni caso, ricordiamo che anche quando i figli discutono tanto, sono sempre di più i momenti in cui giocano insieme, collaborano, si divertono. Se abbiamo l’impressione che litighino sempre è perché fanno più rumore pochi minuti di conflitto che tante ore di serena convivenza.

Investire nell’ascolto

Quando i fratelli discutono, per rimettere pace velocemente, possiamo essere tentati di somministrare una giustizia un po’ sommaria: “Dài a lui quel gioco, è suo”, oppure “Lascialo a lei, è piccola!” e infine “Basta, non ci gioca più nessuno, è ritirato!”


In qualche caso, in effetti, se i bambini non riescono proprio a trovare un accordo e i toni della discussione non si placano, ritirare l’oggetto del contendere può essere l’unica soluzione. Più spesso, però, può essere di aiuto spendere qualche minuto per ascoltare bene i bambini. Se li aiutiamo a capire qual è la loro reale esigenza, la situazione diventa più chiara per tutti e trovare una soluzione soddisfacente potrebbe rivelarsi più semplice del previsto!


Ricordiamo, a questo proposito, il famoso aneddoto della Scuola di negoziazione di Harvard25: due sorelle litigano perché vogliono l’ultima arancia. Una dice di averla presa per prima, l’altra sostiene che le spetta perché è la maggiore. La mamma, stanca dei loro litigi, decide di dividere l’arancia in due e darne metà a ogni bambina. Una soluzione imparziale che però non accontenta le bambine, che infatti continuano a protestare! Allora interviene la nonna e chiede alle bimbe perché vogliono l’arancia. Una bambina ha sete e vuole berne il succo, l’altra vuole la buccia per fare una torta. La nonna spreme l’arancia e dà il succo alla prima bimba, grattuggia la scorza e la dà alla seconda. Entrambe sono felici perché hanno avuto ciò che desideravano!


Un interessante spunto di riflessione… E se nel nostro caso la soluzione non fosse così a portata di mano, per i bambini sarà comunque un utile esercizio quello di esprimere e chiarire il loro punto di vista e i loro desideri.

Mi piaci perché…
Mi piace il tuo sorriso,
mi piacciono le tue smorfie,
mi piaci quando sbuffi,
mi piaci quando ridi.
(…) Mi piaci quando sei bravo…
e anche quando fai i dispetti
.

Emma Dodd26

Quando capita che le giornate “no” si accumulino e si trasformino in un periodo “no”, può essere utile, prima di tutto per noi genitori, fermarsi a riflettere su tutti i lati positivi della nostra famiglia. Può sembrare banale o scontato, ma non lo è. E mentre riflettiamo su quanto siamo fortunati ad essere i genitori di questi bimbi, belli, allegri, magari un po’ stancanti, ma meravigliosi, può essere l’occasione per fare il “gioco del mi piaci” insieme a loro.


Sediamoci con i nostri bambini – uno alla volta, serve un momento speciale per ognuno – ed elenchiamo tutte le cose che più amiamo di loro. Dal faccino dolce ai ricci pazzi, dal modo in cui ci abbraccia allo sguardo serio di quando si arrabbia, dalla sua risata coinvolgente alla richiesta di rileggere ancora e ancora la stessa storia che ormai sappiamo a memoria… Spieghiamo che amiamo il suo modo di cantare, disegnare, tenerci per mano, salutarci… Mettiamo nell’elenco dell’amore tutto quello che ci viene in mente. Raccontando al nostro bambino le mille cose che apprezziamo di lui, gli regaleremo un momento davvero felice, una bella iniezione di sicurezza ed autostima, e allo stesso tempo richiameremo la nostra attenzione sugli aspetti positivi, entusiasmanti, commoventi del nostro essere genitore.


Un’abitudine che favorisce l’intesa tra fratelli? Sì, anche se indirettamente, perché quando i bambini sono sereni e si sentono amati ed apprezzati, è più facile per loro andare d’accordo.


Cosa fare quando i bambini litigano?

  • Non intervenire, a meno che la situazione stia degenerando. Se i genitori non interferiscono, nove volte su dieci i bambini riescono a trovare un accordo in modo autonomo.
  • Se il nostro intervento diventa necessario, non prendiamo le parti di uno dei due, ma stimoliamo entrambi a trovare una soluzione, mostrando fiducia nella loro capacità di riuscirci.
  • Conserviamo la calma, non urliamo… Siamo lì per insegnare loro a mantenere/recuperare il controllo: iniziamo dando il buon esempio.
  • Sottolineare l’importanza del rispetto reciproco: è importante che i bambini imparino che certe espressioni offendono e fanno soffrire.
  • Non stancarsi di spiegare che le contese si risolvono civilmente, ovvero discutendo e non muovendo le mani. Chiariamo - facendo esempi pratici - quali comportamenti sono ammessi e quali no.


Vicinanza fisica e affettiva
Se il fratellino più grande dorme con il piccolo potrebbero farsi un’ottima compagnia (…). Questi momenti di gioco al mattino creano e rinforzano un rapporto di vero affetto fra i bambini.

Penelope Leach

La vicinanza fisica, i gesti d’affetto e il contatto favoriscono la vicinanza anche emotiva dei fratelli.


Nella nostra società è frequente che i bambini dormano in solitudine: senza i genitori, ma anche separati in camerette diverse. Ovviamente la scelta di dove e come far dormire i bimbi è dei genitori, ma in generale possiamo considerare che la vicinanza notturna è molto gradita ai bambini. Innanzitutto chi dorme con un fratello è in compagnia, e se fosse necessario non è solo ad affrontare i fantasmi della notte (ovvero quei timori che possono rendere un po’ difficile l’addormentamento quando si è bambini), e poi si è visto che la vicinanza fisica, la condivisione di uno spazio notturno, può rafforzare l’intesa tra fratelli.


Sarah J.Buckley, medico, esperta di genitorialità e mamma di quattro figli, racconta: “Abbiamo incoraggiato i fratelli maggiori a condividere il sonno, il che pare facilitare le relazioni diurne!27


Sull’abitudine moderna di riservare una camera a ogni bambino, c’è una riflessione interessante di Bruno Bettelheim, psicoanalista austriaco (1903-1990) che prende in considerazione la situazione abitativa prima della rivoluzione industriale28:


“(…) di solito due o più figli dormivano nello stesso letto. Imparavano così fin da molto piccoli a trovare calore, sicurezza e compagnia gli uni negli altri, a non disturbare il sonno dell’altro e, cosa ancora più importante, a darsi conforto quando qualcuno si svegliava nel cuore della notte in preda a un incubo”29.

Oggi ovviamente la situazione è molto cambiata. Ma forse, come spesso accade per reazione, si è passati da un estremo all’altro.


Bettelheim sottolinea che


“lo stile di vita della nostra società opulenta non è il risultato di una progettazione cosciente mirata a migliorare la vita familiare, bensì una reazione al sovraffollamento abitativo prevalente ancora non molto tempo fa. Allora, la maggior parte della gente non poteva disporre di spazi privati, e oggi, per reazione, noi aspiriamo a dare a ciascun figlio la sua camera e possibilmente la sua stanza da bagno (…). È una vita confortevole, ma anche una vita di relativo isolamento praticamente fin dalla nascita, visto che oggi i lattanti non vengono più tenuti a dormire nel letto dei genitori o nella culla a fianco al letto, come una volta”30.


Bettelheim diffida di questo isolamento che si è verificato “proprio in un’epoca in cui, perché la famiglia abbia un senso, più ci si dovrebbe sentire vicini emotivamente (…) E non può aversi intimità emotiva, dove si desidera la distanza fisica31.


E allora, finché sono bambini forse possiamo lasciare che i fratelli condividano la camera e si facciano compagnia anche durante la notte. Poi, con l’avvicinarsi dell’adolescenza, magari esprimeranno il bisogno di spazi propri. O magari no. Non resta che aspettare e vedere come andrà.

Confidenze nella penombra della sera

La casa è addormentata. Le luci sono spente. Tutto tace, tranne quel bisbiglio sommesso che giunge dalla camera dei nostri figli.


Chiacchierano di cose loro, a volte si scambiano vere e proprie confidenze. E si addormentano così, cullati dall’eco delle loro voci, dall’eco di quei racconti condivisi che cementano il loro legame. Un giorno le ricorderanno, quelle confidenze scambiate nella penombra della sera e saranno un ricordo felice degli anni trascorsi insieme.


I miei bambini litigano parecchio, ma la sera Bernardo accompagna Costanza a letto e le racconta delle storie inventate da lui. Poi sento che le dice “Ti voglio tanto bene” e lei risponde “Anche io”… e questo mi alleggerisce il cuore ogni volta!

Giovanna, mamma di Bernardo, 8 anni, Costanza, 3 anni

Fratelli, un’alleanza per la vita

Tante, troppe volte si parla di fratelli come di rivali. Ma chi ha più di un figlio sa che la parola che meglio descrive il rapporto tra fratelli è alleati. Sin dalla più tenera età, i fratelli si spalleggiano e sono pronti a proteggersi.


Così come capita che si accusino a vicenda in occasione di un litigio, non esitano a difendere l’altro di fronte a un genitore in collera o intenzionato a dare una punizione.


E se la punizione arriva, non è raro che il bambino non direttamente coinvolto cerchi di intercedere per il fratello o, alla peggio, decida di scontarla insieme a lui.


Solidarietà. Affetto. Complicità. Che meraviglia guardare i fratelli che crescono insieme.


A tavola tutti insieme, dico a Niccolò: “Per favore usa la forchetta”. Zoe risponde per lui: “Nooo!”

Niccolò si gira, la bacia, la abbraccia e le dice: “Brava Zoe, così ti voglio!”. L’unione fa la forza, lo stanno scoprendo sempre più!

Eva, mamma di Niccolò 7, anni, Zoe, 3 anni


Vedo che si vogliono un gran bene e, quando sono in difficoltà, cercano di aiutarsi il più possibile. Magari hanno appena finito di litigare tra loro, eppure non esitano a spalleggiarsi, in caso di bisogno.

Cristina, mamma di Cecilia, 11 anni, Matteo, 9 e mezzo, Tommaso 7 emezzo, Maria 4, Caterina 2, in attesa del sesto bimbo

I genitori di domani
Fino all’inizio del secolo, il bambino poteva constatare con i suoi occhi le fatiche e l’impegno che i genitori mettevano nel mantenere la famiglia, e li rispettava per le loro fatiche e per le loro capacità. Nessun figlio poteva rimanere insensibile di fronte al travaglio della madre nel dare alla luce i suoi fratellini, di fronte allo spettacolo della madre che allattava e accudiva un neonato.

Bruno Bettelheim

Tra i tanti vantaggi che comporta il fatto di poter crescere con uno o più fratelli c’è anche quello di poter conoscere le cure e l’accudimento destinate a un bimbo piccino. Nel vedere la mamma che accudisce, allatta e culla il fratellino, il fratello maggiore ha modo di rivivere i gesti di cura di cui è stato oggetto a sua volta, gesti di cui non conserva memoria consapevole ma che fanno parte di lui e sono le fondamenta del suo benessere psicofisico.


Tra l’altro la convivenza con un bambino piccolo favorisce in chi lo accudisce – e quindi anche nei fratelli maggiori – lo sviluppo di doti preziose come l’empatia, la tenerezza, la capacità di sintonizzarsi sui segnali dell’altro per interpretarne i bisogni.


Un tempo, fino alla metà del secolo scorso, per i bambini era normale vedere la mamma, le zie, le vicine di casa accudire un bebè. E quando diventavano genitori a loro volta, il neonato non era una creatura sconosciuta e misteriosa.

Tanta della fatica che raccontano le neomamme di oggi è legata proprio alla mancanza di esperienza, che rende meno sicure di sé e più ansiose.


Crescere con uno o più fratelli, è un’opportunità per non partire da zero, quando in età adulta, ci si trova a stringere il proprio piccino tra le braccia.


Certo, i ricordi dei tempi in cui c’era un fratellino piccolo saranno lontani, in parte ormai sbiaditi, ma non dimenticati. I giorni dell’allattamento, delle ninna nanne, del dondolio di una culla restano in qualche modo nel cuore e nella mente delle sorelle e dei fratelli maggiori. E possono guidarli, quando quei giorni tornano nella loro vita, chiamandoli ad essere mamme e papà.


Alice da poco ha iniziato a giocare con qualche bambola ed è stupenda quando (senza accorgersi che la vedo) allatta la sua bambola o quando mi racconta che da grande anche lei darà la pappa ai suoi bimbi dalle sue peppe (pronuncia la p al posto della t). Che tenerezza infinita!

Maria, mamma di Alessandro, 13 anni, Alice, 2 anni, Lorenzo, 6 mesi


Alice mi imitava in tutto, con la bambola o con un pupazzo, allattava, portava in fascia…

Daria, mamma di Alice, 4 anni, e Elena, un anno


Ieri Sofia Luna è andata dal pediatra, e mentre era in sala d’aspetto ha preso un pupazzo, si è messa sul divanetto e ha zittito tutti con un: “Sshhh! Devo allattare, la fochina ha fame!”

Speriamo che le rimanga dentro, questa cosa dell’allattamento…

Giada, mamma di Sofia Luna, 3 anni, Morgana Maia, 3 mesi

Sorriso di bimbi

Per il nostro anniversario siamo andati a pranzo con Gioia, 4 anni, e abbiamo lasciato il piccolo a casa con la nonna. In auto, Gioia esclama: “Mamma, ma perché non abbiamo portato Luca, mi dispiace tantissimo che lui non ci sia!”

E noi abbiamo risposto che ci faceva piacere passare qualche ora solo con lei. Arrivati al ristorante ci accomodiamo al tavolo, e lei: “Per fortuna lo abbiamo lasciato a casa! Qui non c’è proprio posto per il passeggino!”

Tamara


Matilde, 4 anni e mezzo, quando il suo fratellino Riccardo, un anno, le mette in disordine la cameretta: “Esci dalla mia stanza o ti butto fuori da casa mia!”

Greta


Camilla, 4 anni, chiede: “Mamma ma le femmine da adulte devono per forza sposare un maschio?” “Eh, amore, di solito sì!” (mi ha colto impreparata per ulteriori approfondimenti sull’argomento). “Io voglio sposare un femmina: sposo l’Agata (sua sorella di 16 mesi) perché le voglio troppo bene!”

Valeria


Daniele, 4 anni, qualche sera fa si avvicina a Mattia, 10 mesi, e gli dice all’orecchio: “Mattia lo sai che stai diventando bellissimo e sei straordinario e io ti ho sempre voluto bene?”

Sabrina


Dalla lettera di ringraziamento che Alessandro ha scritto per la Prima Comunione: “Gesù grazie per avermi dato un fratello con cui giocare e litigare”.

Anna

Benvenuto fratellino, benvenuta sorellina - Seconda edizione
Benvenuto fratellino, benvenuta sorellina - Seconda edizione
Giorgia Cozza
Favorire l’accoglienza del nuovo nato e la relazione tra fratelli.Tante informazioni utili, suggerimenti pratici e spunti di riflessione per coinvolgere i fratelli maggiori nell’attesa e nell’accoglienza del nuovo nato. La nascita di un bambino è un evento di grande gioia per tutta la famiglia, un evento che può essere vissuto con partecipazione ed entusiasmo anche dal primogenito, se accompagnato dall’affetto e dalla comprensione di mamma e papà.Il libro Benvenuto fratellino, benvenuta sorellina di Giorgia Cozza risponde ai dubbi e agli interrogativi dei genitori, offrendo utili informazioni e suggerimenti pratici per coinvolgere i fratelli maggiori nell’attesa e nell’accoglienza del nuovo nato. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.